Decreto legislativo - 23/05/2011 - n. 79 art. 47 - (Efficacia e portata della protezione in caso d'insolvenza o fallimento)(Efficacia e portata della protezione in caso d'insolvenza o fallimento) 1. L'organizzatore e il venditore stabiliti sul territorio nazionale sono coperti da contratto di assicurazione per la responsabilita' civile a favore del viaggiatore per il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione dei rispettivi obblighi assunti con i rispettivi contratti. 2. I contratti di organizzazione di pacchetto turistico sono assistiti da polizze assicurative o garanzie bancarie che, per i viaggi all'estero e i viaggi che si svolgono all'interno di un singolo Paese, ivi compresi i viaggi in Italia, nei casi di insolvenza o fallimento dell'organizzatore o del venditore garantiscono, senza ritardo su richiesta del viaggiatore, il rimborso del prezzo versato per l'acquisto del pacchetto e il rientro immediato del viaggiatore nel caso in cui il pacchetto include il trasporto del viaggiatore, nonche', se necessario, il pagamento del vitto e dell'alloggio prima del rientro. 3. Gli organizzatori e gli intermediari possono costituirsi in consorzi o altre forme associative idonee a provvedere collettivamente, anche mediante la costituzione di un apposito fondo, per la copertura dei rischi di cui al comma 2. Le finalita' del presente comma possono essere perseguite anche mediante il coinvolgimento diretto nei consorzi e nelle altre forme associative di imprese e associazioni di categoria del settore assicurativo, anche prevedendo forme di riassicurazione. 4. La garanzia di cui al comma 2 e' effettiva, adeguata al volume di affari e copre i costi ragionevolmente prevedibili, gli importi dei pagamenti effettuati da o per conto dei viaggiatori in relazione a pacchetti, tenendo conto della durata del periodo compreso tra gli acconti e il saldo finale e del completamento dei pacchetti, nonche' del costo stimato per i rimpatri in caso di insolvenza o fallimento dell'organizzatore o del venditore. 5. I viaggiatori beneficiano della protezione in caso d'insolvenza o fallimento dell'organizzatore o del venditore indipendentemente dal loro luogo di residenza, dal luogo di partenza o dal luogo di vendita del pacchetto e indipendentemente dallo Stato membro in cui e' stabilito il soggetto incaricato di fornire protezione in caso di insolvenza o fallimento. 6. Nei casi previsti dal comma 2, in alternativa al rimborso del prezzo o al rientro immediato, puo' essere offerta al viaggiatore la continuazione del pacchetto con le modalita' di cui agli articoli 40 e 42. 7. L'obbligo di cui al comma 1, non sussiste per l'organizzatore e il venditore di uno Stato membro dell'Unione europea che si stabilisce sul territorio nazionale se sussistono le condizioni di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59. 8. Gli organizzatori e i venditori non stabiliti in uno Stato membro che vendono o offrono in vendita pacchetti in Italia o in un altro Stato membro o che, con qualsiasi mezzo, dirigono tali attivita' verso l'Italia o un altro Stato membro sono obbligati a fornire una garanzia equivalente a quella prevista dal comma 2. 9. In ogni caso, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale puo' chiedere agli interessati il rimborso, totale o parziale, delle spese sostenute per il soccorso e il rimpatrio delle persone che, all'estero, si siano esposte deliberatamente, salvi giustificati motivi correlati all'esercizio di attivita' professionali, a rischi che avrebbero potuto conoscere con l'uso della normale diligenza. 10. E' fatta salva la facolta' di stipulare anche altre polizze assicurative di assistenza al viaggiatore1. [1] Articolo sostituito dall'articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 21 maggio 2018, n. 62, a decorrere dal 1° luglio 2018. InquadramentoLa disciplina del viaggio di vacanza «tutto compreso», originariamente contenuta negli articoli da 82 a 100 del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206, c.d. «codice del consumo», è attualmente confluita negli articoli 34 e ss c.d. «codice del turismo» emanato con il d.lgs. n. 23 maggio 2011, n.79. Il predetto contratto di viaggio vacanza «tutto compreso» (c.d. pacchetto turistico o package) si caratterizza per la prefissata combinazione di almeno due degli elementi rappresentati dal trasporto, dall'alloggio e da servizi turistici agli stessi non accessori (itinerario, visite, escursioni con accompagnatori e guide turistiche, ecc.), costituenti parte significativa di contratto, con durata superiore alle ventiquattro ore ovvero estendenti per un periodo di tempo comportante almeno un soggiorno notturno (Cass. n. 16315/2007). In tale tipo contrattuale la «finalità turistica» (o «scopo di piacere») non è un motivo irrilevante, ma si sostanzia nell'interesse preminente che lo stesso è funzionalmente diretto a soddisfare, connotandone la causa concreta e determinando, perciò, l'essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero (Cass. n. 10651/2008; Cass. n. 16315/2007). Il «pacchetto turistico» può essere venduto od offerto al consumatore-viaggiatore nel territorio nazionale sia dall'organizzatore di viaggio che dal venditore; l'organizzazione (tour operator) è il soggetto che realizza la combinazione degli elementi caratterizzati la prestazione e si obbliga in nome proprio e verso corrispettivo forfetario a procurare a terzi pacchetti turistici, mentre il venditore (agenzia turistica) è il soggetto che vende o si obbliga a procurare pacchetti turistici già realizzati dall'organizzatore verso un corrispettivo forfetario. Il quadro normativo prevede che l'attività di vendita di pacchetti turistici possa avvenire direttamente sia da parte dello stesso organizzatore sia tramite un venditore. La normativa prevede, inoltre, una speciale disciplina a tutela del turista — consumatore, quale fruitore di un pacchetto turistico, nei confronti sia dell'organizzatore del viaggio che del venditore. In particolare a carico dell'organizzatore la normativa prevede molteplici obblighi sia nella fase precontrattuale, relativi principalmente alla completa informazione su tutte le caratteristiche del viaggio e dei servizi, in quanto decisivi nella formazione del consenso del consumatore, sia in quella successiva alla conclusione del contratto ed inerenti ad eventuali disagi e disservizi verificatisi nel corso del periodo di fruizione del pacchetto turistico e tali da provocare, in tutto o in parte, un pregiudizio alla vacanza. Inoltre, qualora prima della partenza l'organizzatore abbia necessità di modificare in modo significativo uno o più elementi del contratto ne dia immediato avviso, in forma scritta, al consumatore, indicando il tipo di variazione. Dopo la partenza, qualora una parte essenziale dei servizi non possa essere più effettuata, l'organizzatore è tenuto a predisporre adeguate soluzioni alternative senza oneri a carico del consumatore, rimborsandolo di eventuali differenze tra la prestazioni prevista e quella effettuata, salvo il risarcimento del danno. In merito al mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, l'organizzatore ed il venditore sono tenuti al risarcimento del danno secondo le rispettive responsabilità. Definizione di danno da vacanza rovinataL'art. 47 d.lgs. n. 79/2011 definisce il «danno da vacanza rovinata» come un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all'irripetibilità dell'occasione perduta, a patto che l'inadempimento sia di non scarsa importanza. Trattasi di voce di danno non patrimoniale (nelle sue declinazioni biologiche, morali ed esistenziali) da distinguersi dal vero e proprio danno patrimoniale. Quest'ultimo si traduce in una perdita economica. Pertanto, il «danno da vacanza rovinata» è il pregiudizio risentito dal turista per non avere potuto godere pienamente del viaggio organizzato. La vacanza costituisce occasione di riposo (successivo ad un periodo di lavoro o di studio) o di svago culturale; talvolta può coincidere con un momento importante della propria vita (si pensi al viaggio di nozze). Il danno è la lesione dell'interesse a godere pienamente del viaggio come occasione di piacere senza essere costretto a soffrire il disagio psicofisico che talora si accompagna alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, del programma previsto. Come evidenziato dalla dottrina (Gioia-Spirito, 53), le cause possono essere le più svariate: ritardi eccessivi nelle partenze degli aerei; mancate partenze, dovute all'overbooking o alla cancellazione del volo; mancanza dei servizi essenziali negli alloggi (acqua, corrente elettrica, ecc.); mancanza dei servizi «promessi in contratto»; difformità tra i luoghi di soggiorno rispetto a quelli rappresentati nei cataloghi; insoddisfacente sistemazione alberghiera; inesistenza della stessa struttura turistica (non sono mancati casi di turisti giunti in villaggi-vacanze ancora in costruzione); disservizi riconducibili alla negligenza dell'organizzatore del viaggio e quindi da quest'ultimo evitabili. Il «danno da vacanza rovinata» è quindi stato variamente definito come il «pregiudizio rappresentato dal disagio e dalla afflizione subiti dal turista/viaggiatore per non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago e di riposo conforme alle proprie aspettative»; ovvero come lo stress e il minor godimento della vacanza (Trib. Como, 6 aprile 2005; Trib. Brescia, 28 febbraio 2004; Trib. Roma, 24 aprile 2002). Una parte della dottrina lo ha definito come il pregiudizio derivante dalla lesione dell'interesse del turista di godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere, svago o riposo, senza essere costretto a soffrire quel disagio psicofisico che talora si accompagna alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, del programma previsto, avuto riguardo alla particolare importanza che normalmente si attribuisce alla fruizione di un periodo di vacanza adeguato alle proprie aspettative (Morandi, 638). Esemplificando, il danno in esame può manifestarsi a seguito del c.d. overbooking alberghiero, a causa del quale il turista, che aveva prenotato un soggiorno in un albergo con determinate caratteristiche, è costretto a pernottare in un diverso alloggio, in genere di categoria inferiore. Si badi che, tuttavia, il danno non può essere identificato soltanto nella perdita patrimoniale conseguente al cambio di categoria, bensì anche nello stress subito dal turista per la ricerca della nuova sistemazione e nella delusione derivante dal non aver potuto godere dei servizi che aveva prenotato. Ovvero, il danno da vacanza rovinata può derivare dalla totale perdita della possibilità di godere di quel viaggio, cioè dall'impossibilità di partire per la meta agognata, a causa, per esempio, dell'improvviso cambio di data della partenza ad opera dell'organizzatore. Il contratto di viaggio tutto compreso (pacchetto turistico o package ) è diretto a realizzare l'interesse del turista-consumatore al compimento di un viaggio con finalità turistica o a scopo di piacere, sicché tutte le attività e i servizi strumentali alla realizzazione dello scopo vacanziero sono essenziali. In particolare, pertanto, la circostanza che il turista-consumatore venga alloggiato, per una parte del periodo di soggiorno in una struttura alberghiera di livello qualitativo inferiore rispetto a quella prenotata all'atto dell'acquisto e, per la restante parte del periodo di viaggio, presso questa struttura, ma ancora in fase di ristrutturazione, con molti dei servizi promessi (palestra, spa e piscina, spiaggia attrezzata) non ancora ultimati, diminuisce in misura apprezzabile l'utilità che può trarsi dal soggiorno nella località turistica, dando luogo alla fattispecie della vacanza rovinata (Trib. Napoli, 18 febbraio 2013, n. 2195, nella specie il tribunale, pronunciando su una domanda di classe, rilevando che il consumatore, che aveva acquistato il pacchetto turistico per 1.950,00 euro, ha comunque fruito di un soggiorno con vitto e alloggio per il periodo concordato, ha liquidato equitativamente il danno in 1.300,00 euro). In particolare, il giudice partenopeo ha evidenziato che con il contratto avente ad oggetto un pacchetto turistico «tutto compreso», l'organizzatore o il venditore assumono specifici obblighi soprattutto di tipo qualitativo che vanno esattamente adempiuti. Pertanto, ove la prestazione sulla base di un criterio medio di diligenza ex art. 1176 c.c., non sia puntualmente eseguita, si configura responsabilità contrattuale, tranne nel caso in cui la mancata o inesatta esecuzione del contratto sia imputabile al consumatore o sia dipesa dal fatto di un terzo a carattere imprevedibile o inevitabile, ovvero da un caso fortuito o da forza maggiore. Nell'ambito dell'onere della prova, il creditore istante deve dare la sola prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento o dell'inesatto adempimento, gravando sul debitore l'onere di dimostrare il fatto estintivo costituito dall'avvenuto adempimento. Quanto all'azione di classe prevista dal Codice del Consumo, ai fini della sua ammissibilità, dovrà essere accertata la coincidenza di tutti gli elementi costituitivi dell'azione, sia con riferimento all'an che al quantum del risarcimento. Il contratto di viaggio-vacanza «tutto incluso», osserva il Collegio di Napoli, si caratterizza per la prefissata combinazione di almeno due elementi, rappresentati dal trasporto, dall'alloggio e da servizi turistici. Orbene, prosegue il Tribunale nella disamina della fattispecie, in tale tipo contrattuale la finalità turistica non è un motivo irrilevante ma si sostanzia nell'interesse preminente che lo stesso è funzionalmente diretto a soddisfare. In tale ottica, risultano peculiarmente rilevanti gli obblighi, anche pre-contrattuali, imposti dalla normativa in materia in capo all'organizzatore e al venditore – ciascuno per le rispettive competenze — in tema di completa informazione su tutte le caratteristiche del viaggio e dei servizi, in quanto decisivi alla formazione del consenso del consumatore. Ed effettivamente, laddove l'organizzatore e/o il venditore forniscano prestazioni diverse da quelle promesse, il consumatore avrà diritto a fruire di adeguate soluzioni alternative senza oneri a suo carico, con diritto al rimborso di eventuali differenze tra la prestazione prevista e quella effettuata e salvo il risarcimento del danno. Difatti, osserva il Collegio, col contratto di viaggio turistico il venditore e l'organizzatore assumono un'obbligazione di risultato e, dunque, alla luce dei principi enucleati dalla Suprema Corte in tema di onere della prova, è sufficiente per il creditore dimostrare la sussistenza della fonte negoziale del suo diritto e allegare l'inadempimento o l'inesatto adempimento, mentre grava sul debitore l'onere di provare l'avvenuto esatto adempimento. Non manca una pronuncia della Cassazione penale che riconosce il pregiudizio da vacanza rovinata in conseguenza del reato di violenza sessuale subito da un minore se anche l'episodio si è verificato al termine della vacanza, la stessa deve ritenersi rovinata non solo nella sua parte finale ma anche come ricordo (Cass. pen. n. 19523/2010). I giudici di merito hanno rilevato che il danno da vacanza rovinata va identificato con il pregiudizio psichico-materiale sofferto dal turista per la mancata realizzazione della vacanza programmata, a causa dell'inadempimento dell'organizzatore. Il mancato godimento della vacanza legittima, indipendentemente dalla risoluzione del rapporto, la richiesta di risarcimento, correlata al tempo inutilmente trascorso e all'irripetibilità dell'occasione perduta, quando l'inadempimento o l'inesatta esecuzione delle prestazioni è non di scarsa importanza ai sensi dell'art. 1455 c.c. (App. Genova, 3 agosto 2020, n. 763). Il danno da vacanza rovinata costituisce, quindi, l'esito patologico di un interesse non patrimoniale del turista, che rimane insoddisfatto a causa dell'inadempimento dell'organizzatore o del venditore del viaggio (Spangaro, 719). Evoluzione storica del danno da vacanza rovinataLa storia del «danno da vacanza rovinata» presenta uno sviluppo alquanto articolato e per certi versi controverso, che può essere sintetizzato nel modo seguente: esso prende avvio dalle decisioni volte a negare il risarcimento dei disagi e delle afflizioni subiti dal turista-viaggiatore per non avere potuto godere pienamente della vacanza (in ragione dei limiti alla risarcibilità del danno morale discendenti, secondo l'interpretazione dell'epoca, dal testo dell'art. 2059 c.c. (Trib. Firenze, 20 gennaio 1954; Trib. Roma, 31 marzo 1973; Trib. Venezia, 24 settembre 2000), per approdare alla crescente messe di pronunzie che accordano un ristoro la turista per la mancata fruizione di svago e/o di riposo (anteriormente all'entrata in vigore del codice del turismo, Trib. Monza, 22 giugno 2009, n. 1924: il danno da vacanza rovinata può quindi rientrare nel pregiudizio non patrimoniale unicamente solo laddove si sia risolto nella significativa lesione di un interesse personale costituzionalmente protetto (diritto inviolabile della persona) a tre condizioni: a) che l'interesse leso — e non il pregiudizio sofferto — abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad un'abrogazione per via interpretativa dell'art 2059 c.c., giacche qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile); b) che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all'art. 2 cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza); c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità; Trib. Salerno, 24 gennaio 2011, n. 150: in tema di danno da cd. vacanza rovinata, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata dall'art. 2059 c.c., all'interno del contenuto di danno non patrimoniale che viene definito unitariamente come danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persone, senza che possa essere suddiviso in diverse poste risarcitorie che hanno solo valore descrittivo ed al cui interno, trova allocazione anche il danno da lesione del diritto inviolabile della salute (art. 32 Cost.). pertanto, anche in materia di responsabilità contrattuale è dato riconoscere la risarcibilità dei danni non patrimoniali). La comparsa del danno da vacanza rovinata è connessa soprattutto alla regolamentazione del fenomeno dei viaggi organizzati. L'entrata in vigore della Convenzione internazionale di Bruxelles sul contratto di viaggio (ccv) impresse, in effetti, un impulso decisivo a favore del ristoro per i pregiudizi, non patrimoniali, derivanti al viaggiatore dalla mancata o inesatta esecuzione di quel contratto: l'art. 13, l. 27 dicembre 1977, n. 1084, stabiliva, in particolare, in capo all'organizzatore di viaggi l'obbligo di rispondere di qualunque pregiudizio causato al viaggiatore a seguito dell'inadempimento totale o parziale dei suoi obblighi di organizzazione risultanti dal contratto o dalla stessa Convenzione (Trib. Roma, 6 ottobre 1989; Trib. Rimini, 28 dicembre 2005). Con la Direttiva comunitaria 90/314/Ceein tema di viaggi, tutto compreso venne assicurata poi (rispetto alla situazione normativa precedente) una più spiccata protezione per il turista consumatore, anche sotto il profilo rimediale nelle ipotesi d'inadempimento degli operatori turistici. Il decreto di attuazione della disciplina europea contemplò, anzi, il diritto del consumatore ad essere risarcito di ogni ulteriore danno dipendente dalla mancata esecuzione del contratto (v. art. 13, comma 2, d.lgs. n. 111/1995, confluito, in seguito, prima nell'art. 92, comma 2, d.lgs. n. 206/2005, ed ora nell'art. 42 cod. tur. ove il termine consumatore è stato sostituito con quello di turista), nonché la risarcibilità del danno derivante alla persona dall'inadempimento o dall'inesatta esecuzione delle prestazione che formano oggetto del pacchetto turistico (art. 15, comma 1, d.lgs. n. 111/1995, e, successivamente, prima art. 94, comma 1, d.lgs. n. 206/2005, ed ora art. 44, comma 1, cod. tur.). In giurisprudenza la risarcibilità del danno da vacanza rovinata è stata affermata per la prima volta dalla Corte di Giustizia Europea (CGUE 12 marzo 2002, procedimento C-168/00). La storica sentenza riguarda un caso austriaco, paese in cui manca una norma giuridica che preveda la risarcibilità del «danno morale» da inadempimento per vacanza rovinata. La Corte di Giustizia, invero, non sancisce il risarcimento del danno per garantire il diritto alla vacanza come diritto dell'uomo, ma vuole tutelare la concorrenza nel mercato unico europeo, perché le differenti disposizioni sul danno non patrimoniale dei paesi dell'Unione Europea, provocano una distorsione della concorrenza fra le imprese di viaggi, dato che alcune sono tenute per il loro diritto interno ad una responsabilità più estesa, comprendente anche il risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata, ed altre no. L'armonizzazione delle legislazioni degli stati membri sul punto è necessaria, tenendo conto che la libertà di impresa (id est quella degli operatori turistici) è uno diritti dell'uomo sancito all'art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000. Pertanto, un decisivo riconoscimento al danno da vacanza rovinata – sub specie di danno non patrimoniale — è stato offerto dai giudici comunitari che, alla questione pregiudiziale sottoposta se l'art. 5 della direttiva del Consiglio 13 giugno 1990 90/314/Cee, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso, debba essere interpretato nel senso che è in linea di principio dovuto l'indennizzo a fronte di domande di risarcimento di danni morali, ha affermato: nel settore dei viaggi tutto compreso, l'esistenza di un obbligo di risarcire i danni morali in taluni Stati membri e la sua mancanza in altri avrebbe come conseguenza delle distorsioni di concorrenza notevoli [...]. Si deve inoltre rilevare che la direttiva, e più particolarmente il suo articolo 5, mira a offrire una tutela ai consumatori e che, nell'ambito dei viaggi turistici, il risarcimento del danno per il mancato godimento della vacanza ha per gli stessi un'importanza particolare (Corte di giustizia 12 marzo 2002, procedimento C-168/00). Sul punto, già l'Avvocato generale aveva affermato che la direttiva 90/314/CE è stata adottata ai sensi dell'art. 100 A, il cui n. 3 esige che le misure di armonizzazione in materia di tutela dei consumatori si basino su un livello di protezione elevato, dovendosi inoltre considerare il fatto che il periodo di ferie e i viaggi a scopo di svago sono divenuti così importanti per la qualità della vita della persona (Trib. Roma, 6 ottobre 1989) da far sì che il loro pieno ed effettivo godimento rappresenti di per sé un valore degno di tutela (Mengozzi, 596). È dunque affermata − e non può essere in alcun modo negata − la rilevanza dell'interesse non patrimoniale del turista e la conseguente necessità di offrire allo stesso adeguata tutela risarcitoria. Al riguardo si osserva che per il giudice comunitario, l'articolo 18 del regolamento n. 1215/2012/UE, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che esso stabilisce la competenza sia internazionale sia territoriale del giudice dello Stato membro nella cui circoscrizione è domiciliato il consumatore, qualora tale giudice sia investito da detto consumatore di una controversia tra quest'ultimo e un organizzatore di viaggi a seguito della conclusione di un contratto di pacchetto turistico, e qualora tali due contraenti siano entrambi domiciliati in detto Stato membro, ma la destinazione del viaggio sia all'estero (Corte giustizia UE n. 774/2024). Il danno da vacanza rovinata come danno non patrimonialeTanto il venditore quanto l'organizzatore di viaggi turistici «tutto compreso» rispondono del danno patito dal viaggiatore, in conseguenza del fatto illecito del terzo della cui opera si siano avvalsi, non a titolo di colpa in eligendo o in vigilando, ma in virtù della sola assunzione legale del rischio per i danni che possano accadere al viaggiatore. Il danno è stato innanzitutto di ordine non patrimoniale, essendone rimasta coinvolta l'integrità fisica della persona dell'attrice (danno biologico), ma deve liquidarsi anche il danno non patrimoniale da vacanza rovinata da effettuare in via necessariamente equitativa, per cui si può fare riferimento alla somma che l'attrice aveva pagato per acquistare la vacanza e i giorni rimasti pregiudicati (Trib. Trento, 9 ottobre 2015, n. 928). Il turista-consumatore ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da parte dell'organizzatore o del venditore, anche se la responsabilità sia ascrivibile ad altri prestatori di servizi. Il danno da vacanza rovinata è inquadrabile nell'ambito del danno non patrimoniale e come tale risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c. (Cass. n. 24044/2009). Il danno non patrimoniale da "vacanza rovinata", secondo quanto espressamente previsto in attuazione della direttiva n. 90/314/CEE, costituisce uno dei casi previsti dalla legge ai sensi dell'art. 2059 c.c. di pregiudizio risarcibile, sicché spetta al giudice di merito procedere alla valutazione della domanda risarcitoria alla stregua dei generali precetti di correttezza e buona fede e alla considerazione dell'importanza del danno, fondata sul bilanciamento, per un verso, del principio di tolleranza delle lesioni minime e per l'altro, della condizione concreta delle parti (Cass. n. 17724/2018, nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, consistente nell'omessa valutazione della ripercussione negativa del tardivo ritrovamento del bagaglio sulla prosecuzione del periodo di vacanza). Il diritto al godimento di un periodo di vacanza costituisce espressione di un diritto della persona, perciò, costituzionalmente tutelato e, in quanto tale meritevole di tutela e risarcibile nel caso di sua ingiusta lesione. Più in particolare, l'aspetto della risarcibilità della lesione è agganciato alla condizione che la lesione del diritto testé richiamato deve produrre anche un pregiudizio serio e grave alla personalità, in senso lato, del danneggiato, in quanto superiore al grado di normale tollerabilità nello specifico periodo storico. Inoltre, il ristoro del danno in esame avviene anche in assenza di uno specifico reato e di ogni tipicità in quanto esso sarà risarcibile ogni volta in cui sussiste e sarà provata la lesione di diritti inviolabili della persona, ancor più se la lesione costituisce, a sua volta, inadempimento contrattuale (Trib. Monza, 7 gennaio 2010). Le ferie, infatti, consentono il soddisfacimento di esigenze di rigenerazione di esigenze psicofisiche fondamentali del lavoratore, permettendo, peraltro, allo stesso, di partecipare più incisivamente alla vita familiare e sociale: motivo per cui il diritto al godimento della vacanza non può considerarsi soltanto quale diritto di credito, nascente dal contratto di viaggio e tutelabile a livello contrattuale nei rapporti con l'organizzatore o tour-operator ma anche come diritto assoluto tutelabile in via aquiliana (Trib. Reggio Emilia, 30 marzo 2016, n. 434). Il danno da vacanza rovinata, nella sua dimensione sostanziantesi nelle negative ripercussioni per l'inadempimento dell'operatore turistico sul godimento del pacchetto acquistato dal consumatore, trova il suo fondamento normativo nell'art. 95 d.lgs. n. 206/2005, dal quale si trae la regola della risarcibilità di ogni pregiudizio diverso dal danno alla persona derivante dall'inadempimento delle obbligazioni contrattuali gravanti sull'operatore turistico (Trib. Saluzzo, 25 febbraio 2009, nella specie, un'escursione effettuata su una piccola imbarcazione in condizioni di mare agitato aveva cagionato al turista una frattura di una vertebra lombare che lo aveva costretto all'immobilità per il resto della vacanza). Il danno «da vacanza rovinata», è danno esistenziale: si tratta di un pregiudizio al benessere psicologico che ogni persona ricerca nell'intraprendere un periodo di vacanza, pregiudizio che si aggiunge ai patimenti direttamente legati all'infortunio subito e che ha impedito all'attrice di conseguire quegli obiettivi di svago e riposo che si era prefissata al momento dell'acquisto del pacchetto turistico«. Dunque si tratta di un pregiudizio al benessere »che si aggiunge ai patimenti direttamente legati all'infortunio« e che in concreto consiste nel non aver ottenuto dalla vacanza l'obiettivo prefissato: ovvero, non si tratta tanto di una sofferenza subita, bensì piuttosto di un »mancato guadagno« sul piano del benessere e della qualità della vita, cioè la mancata acquisizione degli effetti di qualità della vita che avrebbe dovuto apportare la vacanza (Trib. Bologna, 7 giugno 2007). In particolare, si è anche proceduti alla condotta per il ritardo nella consegna di un bagaglio contenente un apparecchio medicale, di cui il vettore aveva negato «per motivi di sicurezza» il trasporto in cabina e da cui è derivato un «danno esistenziale specifico», incidente sul diritto della persona alla tutela della sua condizione di salute (Giudice pace Bari, 20 gennaio 2010, n. 399). Nella giurisprudenza di merito deve evidenziarsi anche quella posizione a mente della quale il danno da vacanza rovinata non può sussumersi nella specie del danno esistenziale, ma è un vero e proprio danno morale, che può essere risarcito in quanto trattasi di danno arrecato in violazione del diritto costituzionalmente garantito (ai sensi dell'art. 2 Cost.) a esplicare la propria personalità anche in vacanza (Trib. Marsala, 14 aprile 2007). Il danno non patrimoniale subito dal consumatore e costituito dal mancato godimento delle vacanze derivante dal mancato o dal non corretto adempimento delle prestazioni previste nel viaggio non può essere liquidato nell'ipotesi di acquisto di un biglietto aereo prevedendo sia l'art. 5 della direttiva 90/314 (trasfuso nel d.lgs. n. 206/2005 c.d. codice del consumo) che l'art. 47 d.lgs. n. 79 del 2011 (cd. codice del turismo) solo le ipotesi di acquisto del pacchetto «tutto compreso» venduti od offerti in vendita ad un prezzo forfetario, e di durata superiore alle ventiquattro ore ovvero comprendente almeno una notte, tra: a) trasporto; b) alloggio; c) servizi turistici non accessori al trasporto o all'alloggio che costituiscano parte significativa del pacchetto turistico (Trib. Palermo, 16 gennaio 2013). Nell'ipotesi di smarrimento del bagaglio da parte del vettore aereo, il turista-consumatore ha diritto al risarcimento, oltre che del danno patrimoniale, del danno da vacanza rovinata, il quale è da considerarsi di maggiore gravità qualora si tratti di viaggio di nozze, come nella fattispecie, e, quindi, di occasione assolutamente irripetibile (Trib. Reggio Emilia, 23 febbraio 2013, n. 279). Peraltro, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che il danno da vacanza contrattuale cada nel paradigma dell'art. 1218 c.c.: il danno da vacanza rovinata ha natura contrattuale trovando fondamento nell'inadempimento contrattuale delle obbligazioni assunte dall'agenzia di viaggio e/o dal tour operator relativamente ad un contratto di viaggio e/o pacchetto turistico stipulato con il consumatore (App. Roma, 21 giugno 2013, n. 13664). Nella giurisprudenza si segnalano alcune pronunce che rigettano la domanda di danno non patrimoniale sul rilievo da un lato del consolidato principio della bipartizione tra danni patrimoniali e danni non patrimoniali; dall'altro ricercando le norme espresse che consentano la risarcibilità del danno. Dette disposizioni vengono rinvenute in primo luogo nella direttiva 90/314, art. 5, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» recepita dal legislatore nostrano nel d.lgs. n. 111/1995 trasfuso nel d.lgs. n. 206 del 1995, codice del consumo, art. 94, il quale consente certamente il risarcimento del danno non patrimoniale da «vacanza rovinata» e, in secondo luogo, nella recente disposizione — primizia giurisprudenziale — dell'art. 47 d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79, codice del turismo, che concede al turista (nel caso in cui l'inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico non sia di scarsa importanza) oltre che la risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso e all'irrepetibilità della occasione perduta. Il danno non patrimoniale è subordinato all'esistenza di una previsione espressa ai sensi dell'art. 2059 c.c., ancorché a seguito della rilettura costituzionalmente orientata della norma si debbano distinguere l'ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso e l'ipotesi in cui il fatto illecito vulneri in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione. Nella prima ipotesi rientrano l'art. 5 della direttiva 90/314 recepita dal legislatore con il d.lgs. n. 111 del 1995 trasfuso nel d.lgs. n. 206 del 2005, l'art. 94 cod. consumo, che consente il risarcimento del danno non patrimoniale da «vacanza rovinata», nonché l'art. 47 d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79, codice del turismo (Trib. Palermo, 16 gennaio 2013). In tale direzione, la Corte di Cassazione ha evidenziato che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge (art. 2059 c.c.). La perduta possibilità di godere appieno d'un periodo di vacanza rientra tra tali casi, ma solo quando la domanda di risarcimento sia proposta nei confronti "dell'organizzatore o del venditore" del pacchetto turistico (Cass. n. 24607/2017 che ha richiamato l'art. 93, comma 1, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 206, nel testo applicabile ratione temporis, precisando che tale regola è oggi ribadita dall'art. 47 d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79, c.d. "codice del turismo"). Nella stessa direzione si è previsto che Il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, secondo quanto espressamente previsto in attuazione della direttiva n. 90/314/CEE (ratione temporis applicabile, e successivamente abrogata dalla direttiva n. 2015/2302/UE), costituisce uno dei casi previsti dalla legge ai sensi dell'art. 2059 c.c., ed è, pertanto, risarcibile all'esito del riscontro della gravità della lesione e della serietà del danno, da apprezzarsi alla stregua del bilanciamento del principio di tolleranza delle lesioni minime e della condizione concreta delle parti (Cass. n. 26142/2023, nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva risarcito il danno non patrimoniale patito dai turisti di un campeggio in conseguenza dell'incendio propagatosi da un terreno limitrofo, indipendentemente dal riscontro della ricorrenza di un cd. pacchetto turistico di cui alla direttiva 90/314/CEE, attuata con il d.lgs. n. 111 del 1995). Danno da vacanza rovinata e lesione alla saluteLa Cassazione si è anche occupata delle ipotesi di risarcimento del danno da vacanza rovinata connesse ad un infortunio subito da un turista. In particolare, nel corso di una gita in una barca a motore su un fiume un turista subiva l'amputazione di alcune dita della mano sinistra a causa della collisione del mezzo su cui era a bordo con una barca a vela. Ai fini del risarcimento è stato determinante il mancato assolvimento da parte del tour operator della prova liberatoria prevista dall'art. 17 della Convenzione di Bruxelles che esclude la sua responsabilità nel caso di fatto imputabile al consumatore o ad un terzo, d'imprevedibilità o inevitabilità dell'evento, nonché di caso fortuito o forza maggiore. La Suprema Corte ricorda che «la società (n.d.r. il tour operator) è chiamata, a rispondere delle conseguenze giuridiche, compreso il risarcimento del danno non patrimoniale, della condotta (commissiva od omissiva) dei propri dipendenti ed ausiliari, che configuri un reato e sia stato commesso nell'esercizio delle incombenze cui essi sono adibiti, artt. 185 c.p., artt. 2049 e 2059 c.c. (Cass. n. 19283/2010). Già in precedenza la Suprema Corte aveva confermato una sentenza di merito riguardante una fattispecie molto simile a quella appena citata, in cui è stato riconosciuto il danno da vacanza rovinata per l'infortunio subito da una donna nel corso di un'escursione organizzata, precisando che il danno deve essere risarcito anche se il servizio è qualificato come optional (Cass. n. 24044/2009). Nella giurisprudenza di merito si è affermato che emergendo la piena ed integrale responsabilità dell'operatore turistico per i danni subiti dall'attore e dai suoi familiari a seguito del grave episodio di cui il primo in via diretta e i secondi in via riflessa sono stati vittime non ravvisandosi alcun concorso di colpa a carico del turista che facendo legittimamente affidamento sull'esistenza di servizi di sicurezza, abbia deciso di dormire tenendo la finestra aperta in un villaggio che era o avrebbe dovuto essere, comunque, recintato e sorvegliato, deve risarcirsi il danno da invalidità permanente, il danno biologico, dando rilievo al disagio connesso all'evento, personalizzando la liquidazione, nonché il riconoscimento in favore di ognuno dei componenti il nucleo familiare di una somma a titolo di ristoro del danno c.d. da vacanza rovinata (Trib. Monza, 14 dicembre 2015, n. 3077). L'evoluzione dottrinaleIn dottrina, alcuni autori hanno discusso della patrimonializzazione della vacanza, cioè l'interesse non patrimoniale della vacanza verrebbe implicitamente dedotto nel contratto e quindi patrimonializzato in relazione al costo della vacanza stessa (Ortu). La valutazione economica di una vacanza rovinata si basa sul computo delle ferie «sprecate» dal lavoratore subordinato o sul mancato guadagno del lavoratore autonomo nei giorni infelicemente trascorsi in vacanza. Seguendo tale orientamento, però, l'interesse non patrimoniale non gode di sufficiente considerazione fino al paradosso di penalizzare pensionati, studenti e disoccupati, poiché così l'interesse non patrimoniale alla vacanza risulta strettamente legato alla capacità lavorativa. Tale orientamento oggi è considerato anacronistico, anche perché in contrasto con l'attuale disciplina consumeristica (comprendente anche la normativa sui contratti di viaggio tutto compreso, artt. 82 ss. d.lgs. n. 206/2005) che definisce il consumatore come colui che agisce al di fuori della propria attività commerciale, imprenditoriale o artigianale eventualmente svolta. Attualmente la dottrina prevalente ritiene che sia un danno non patrimoniale derivante da inadempimento contrattuale. La tesi del danno non patrimoniale da vacanza rovinata si è affinata nel tempo parallelamente all'evoluzione giurisprudenziale sull'articolo 2059 c.c., partendo dal presupposto rimasto sostanzialmente «stabile» di una concezione ampia di vacanza, come bene produttivo sia di utilità patrimoniali, che non patrimoniali. Il punto di partenza è la tipicità del danno non patrimoniale prevista nel nostro ordinamento e soddisfatta o da una disposizione legislativa o dalla necessità di tutelare i diritti inviolabili dell'uomo, come precisato dalla c.d. lettura costituzionale dell' art. 2059 c.c. Nel caso della vacanza rovinata si è cercato da un lato di ravvisare nell'articolo 2 Cost. un diritto inviolabile alla vacanza, come momento di esplicazione della personalità dell'uomo, dall'altro, in modo più convincente, è stato utilizzato il rinvio alla Convezione di Bruxelles che si riferisce a «qualunque pregiudizio», includendo così implicitamente anche i pregiudizi non patrimoniali di matrice contrattuale. La teoria del danno non patrimoniale da vacanza rovinata si è evoluta seguendo la scia della teoria generale sul danno non patrimoniale, incontrando particolare successo soprattutto con l'elaborazione del c.d. tertium genus: il danno esistenziale. Fino a quando sono esistite autonome ed indipendenti categorie di danno non patrimoniale è stato liquidato il danno esistenziale da vacanza rovinata, più che il danno morale o il danno biologico. Il danno esistenziale da vacanza rovinata rappresenta un quid pluris rispetto al danno morale, in quanto non è solo una sofferenza interiore del danneggiato (c.d. sentire), ma uno sconvolgimento incidente sulla qualità della vita che può essere oggettivamente rappresentato esteriormente (c.d. dover agire diversamente da quanto programmato). Il danno esistenziale da vacanza rovinata si concreta nel patimento di un danno da stress, nel disagio e frustrazione per la mancata fruizione di un periodo di svago, nella consapevolezza, ad esempio, che la successiva occasione di vacanza potrebbe anche essere molto lontana nel tempo, perché subordinata ad un nuovo periodo di ferie magari coincidente con quello del coniuge, degli amici, delle vacanze scolastiche dei figli etc., oppure addirittura irripetibile, si pensi ad un viaggio di nozze (Venchiarutti, 1081). Soglia minima di offensivitàL'art. 47 d.lgs. n. 79/2011 ha richiamato espressamente l'art. 1455 c.c., secondo cui il contratto non si può risolvere se l'inadempimento ha scarsa importanza avuto riguardo all'interesse dell'altro contraente. I primi commentatori del codice hanno interpretato la disposizione come una conferma espressa del requisito della soglia minima di gravità dell'inadempimento per la configurabilità del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, sancito nel noto arresto del Giudice della nomofilachia in tema di danno non patrimoniale (Cass.S.U., n. 26973/2008). Ora, se non vi è dubbio che fonda il risarcimento del danno l'inadempimento integrale delle prestazioni oggetto del pacchetto di viaggio ovvero che ha determinato la non fruizione integrale del pacchetto (cd danno da mancata vacanza), ricorrente in ipotesi di violazione dell'obbligo informativo sui visti e passaporti per l'espatrio, o di grave danno alla persona con conseguente mancata fruizione della vacanza, ben più difficile è identificare il grado di gravità dell'evento di inadempimento (idoneo a fondare il risarcimento) nelle ipotesi di inadempimento parziale o inesatto adempimento delle prestazioni del pacchetto di viaggio, sul punto oltretutto dovendosi ricordare che l'art. 43 comma 1 d.lgs. n. 79/2011 ha sancito che si considerano inesatto adempimento anche «le difformità degli standard qualitativi promessi o pubblicizzati». In concreto, è stato più volte affermato che certamente non fondano il diritto al risarcimento i meri disagi e fastidi, di natura bagatellare, quali il lieve ritardo nell'imbarco sulla nave da crociera o sull'aereo, per di più giustificato da condizioni meteorologiche, o altri consimili inconvenienti (Giudice pace Roma, 25 novembre 2005; Giudice pace Venezia, 8 giugno 2000) da considerare anche nel contesto delle peculiarità della meta turistica prefissata, della situazione logistica prescelta (App. Roma 22 dicembre 2005). Anche la Corte di legittimità, applicando ratione temporis il d.lgs n. 111/1995, ha affermato che è necessaria una soglia minima di rilevanza della lesività per fondare il diritto al risarcimento del danno, precisando che detto limite non discende né dalla detta norma (all'epoca vigente) né dall'interpretazione della Corte di Giustizia, ma rintracciandolo nell'art. 2 Cost.: «in riferimento al diritto alla vacanza contrattualmente pattuita, invece, la necessità della gravità della lesione dell'interesse e il superamento di una soglia minima di tollerabilità, trova fondamento nella sempre più accentuata valorizzazione della regola di correttezza e buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta, che...accompagna il contratto in ogni sua fase; regola specificativa...degli inderogabili doveri di solidarietà, di cui all'art. 2 Cost., e la cui violazione può essere indice rivelatore dell'abuso del diritto, nella elaborazione teorica e giurisprudenziale. La richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, avuto presente la causa in concreto del contratto, contrasterebbe con i principi di correttezza e buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi contrattualmente pattuiti, e costituirebbe un abuso, in danno del debitore, della tutela accordata al consumatore/creditore. In mancanza di delimitazioni normative, spetta al giudice del merito...individuare il superamento o meno di tale soglia, avuto riguardo alla causa in concreto — costituita dalla finalità turistica, che qualifica il contratto determinando l'essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero« — emergente dal complessivo assetto contrattuale, e considerando l'autonoma valutabilità dell'interesse allo svago e riposo rispetto al danno patrimoniale subito» (Cass. n. 7256/2012). L'interesse del turista che il pacchetto è volto funzionalmente a soddisfare connota dunque la causa concreta del concreto e determina perciò l'essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero (Cass. n. 16315/2007; Cass. n. 7256/2012). Ecco allora che per descrivere il danno e la gravità del danno sofferto dal turista per le aspettative sul viaggio frustrate inevitabilmente è necessario accertare quale sia stato il «preminente scopo vacanziero», e quale o quali siano stati l'inadempimento parziale o inesatti patiti: per fare ciò, il giudice non può che riferirsi al contratto di pacchetto di viaggio, in concreto acquistato (Gioia) La Corte di Cassazione ha affermato che il tour operator risarcisce il danno da vacanza rovinata; tuttavia deve sussistere la gravità della lesione e la serietà del pregiudizio patito dal turista (Cass. n. 6830/2017). La fattispecie affrontata è stata la seguente: un turista convenne in giudizio il tour operator chiedendo che fosse condannato al risarcimento di tutti i danni da lui patiti in occasione della rapina di un orologio d'oro da lui subita, a seguito di un'aggressione con lesioni personali, all'interno di un villaggio turistico durante un periodo di vacanza organizzato dalla società convenuta. Il Tribunale accolse in parte la domanda, poi confermata dalla Corte di appello che accoglieva altresì le ulteriori somme per danno non patrimoniale da vacanza rovinata, per danno da lesioni subite ad opera del rapinatore, nonché per inadempimento contrattuale per il costo della vacanza non goduta. Il tour operator ricorreva in Cassazione. Il Supremo Collegio, rifacendosi ad un precedente arresto del 14 luglio 2015, n. 14662, riconosce il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata purché sussista la gravità della lesione e la serietà del pregiudizio patito dall'istante. Con arresto (non richiamato in sentenza) della III sezione del 10 settembre 2010, n. 19283, il Supremo Collegio aveva stabilito che l'organizzatore o venditore di un pacchetto turistico ... è tenuto a risarcire qualsiasi danno subito dal consumatore, a causa della fruizione del pacchetto turistico, anche quando la responsabilità sia ascrivibile esclusivamente ad altri prestatori di servizi (esterni all'organizzatore turistico), salvo il diritto della stessa a rivalersi nei confronti di questi ultimi. Al riguardo, è opportuno evidenziare l'orientamento della Corte di giustizia Europea, la quale, prendendo le mosse dall'art. 5, direttiva 90/314, ha sancito la responsabilità dell'organizzatore per l'inadempimento o l'inesatto adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto, affermando, di conseguenza, il diritto del consumatore, in tale ipotesi, al risarcimento del danno morale (Corte Giust. CE 12 marzo 2002 C-168/2000). La sentenza non offre davvero altri spunti di motivazione in tema dei soggetti che ne devono rispondere; tuttavia consente di incidere maggiormente nel solco tracciato, in punto di danno, dall'art. 47 del codice del turismo, il quale stabilisce che “nel caso in cui l'inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico non sia di scarsa importanza ai sensi dell'art. 1455 c.c., il turista può chiedere, oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all'irripetibilità dell'occasione perduta. Nella stessa direzione, i giudici di merito rilevano che Il danno da vacanza rovinata va ricompreso nel novero dei danni non patrimoniali cui si riferisce l'art. 2059 c.c. e consiste nel pregiudizio psichico-materiale sofferto dal turista per la mancata realizzazione della vacanza programmata a causa dell'inadempimento dell'organizzatore. Va precisato che non tutti i danni possono essere risarciti ma solo quelli che superino la soglia minima di tollerabilità (imposto dai doveri di solidarietà sociale) e che non siano futili (vale a dire che non consistano in meri disagi o fastidi), secondo una valutazione rimessa al giudice di merito. Quanto all'onere probatorio, questo va così ripartito: il turista danneggiato dovrà dimostrare semplicemente l'inadempimento dell'operatore turistico, senza la necessità di verificare propri stati psichici sottoposti a stress (Trib. Velletri, 14 giugno 2022, n. 1217). Ed ancora il danno patrimoniale e non patrimoniale da c.d. 'vacanza rovinata' va inteso come quel pregiudizio psichico - materiale sofferto dal turista per il mancato godimento della vacanza programmata a causa dell'inadempimento dell'organizzatore. Indipendentemente dalla risoluzione del rapporto, tale nocumento legittima la richiesta di risarcimento - correlata al tempo inutilmente trascorso e all'irripetibilità dell'occasione perduta - se l'inadempimento o l'inesatta esecuzione delle prestazioni è non di scarsa importanza ai sensi dell'art. 1455 c.c. e dell'art. 46 del codice del turismo (Trib. Busto Arsizio, 21 marzo 2022, n. 425). Ed ancora, Il danno non patrimoniale da vacanza rovinata costituisce uno dei casi di pregiudizio risarcibile previsti dalla legge ai sensi dell'art. 2059 c.c. (in ossequio alla direttiva n. 90/314/CEE): così il giudice procederà alla valutazione della domanda risarcitoria considerando i precetti generali di correttezza e buona fede e l'importanza del danno, al fine di accertarne la compatibilità col principio di tolleranza delle lesioni minime (Trib. Reggio Emilia, 29 marzo 2023, n. 238). Legittimazione passivaA mente dell'art. 43 d.lgs. n. 79/2011, n. 79, «in caso di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, l'organizzatore e l'intermediario sono tenuto al risarcimento del danno, secondo le rispettive responsabilità». Ex art. 33 lett. a) d.lgs. n. 79/2011 l'organizzatore del viaggio è «il soggetto che si obbliga, in nome proprio e verso corrispettivo forfetario, a procurare a terzi pacchetti turistici, realizzando la combinazione degli elementi di cui all'art. 34 d.lgs. 23 maggio 2011 n. 79, o offrendo a turista anche tramite un sistema di combinazione a distanza, la possibilità di realizzare autonomamente ed acquistare tale combinazione». L'intermediario, ai sensi dell'art. 33 lett. b), d.lgs. n. 79/2011 è: «il soggetto che, anche non professionalmente e senza scopo di lucro, vende o si obbliga a procurare a terzi pacchetti turistici realizzati ai sensi dell'art. 34 d.lgs. 23/5/2011 n. 79 verso un corrispettivo forfetario o singoli servizi turistici disaggregati». La giurisprudenza ha evidenziato come la dicitura «secondo le rispettive responsabilità» individua una responsabilità non solidale tra i due soggetti bensì funzionale alle rispettive obbligazioni assunte nei confronti del turista consumatore (Trib. Reggio Emilia, 21 febbraio 2004; Trib. Napoli, 17 maggio 2005; App. Firenze, 26 settembre 2001) e che fanno perno, rispettivamente, sull'organizzazione e sulla distribuzione del pacchetto. Di recente si è, comunque, evidenziato che l'organizzatore e il venditore di un pacchetto turistico assumono, nell'ambito del rischio di impresa, un'obbligazione di risultato nei confronti dell'acquirente e, pertanto, la loro responsabilità solidale sussiste ogni qualvolta sia ravvisabile una responsabilità contrattuale diretta del prestatore di servizi nei confronti del consumatore per il servizio resogli (o non resogli), e non è correlata ad un difetto di diligenza nella scelta del prestatore di servizi di cui si avvalga il venditore del pacchetto, ovvero alla possibilità di controllarne in concreto le modalità operative nell'esecuzione della prestazione (Cass. n. 8124/2020). Il giudice della nomofilachia è precisato che l'art. 8, n. 2, Reg. UE n. 1215 del 2012, a cui rinvia l'art. 3, comma 2, l. n. 218 del 1995, non si applica all'azione di garanzia (propria o impropria), se questa è proposta in via autonoma rispetto al giudizio già pendente sul rapporto principale e nei confronti di un soggetto non domiciliato nell'UE. (Cass., S.U., n. 613/2024, nella specie, la S.C. ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano sulla domanda di manleva proposta da un tour operator italiano nei confronti di una società di Hong Kong, venditrice del pacchetto turistico, per le conseguenze pregiudizievoli di un separato giudizio risarcitorio intentato da una viaggiatrice rimasta infortunata). Sotto altro aspetto , la giurisprudenza ha ricondotto la prestazione dell'organizzatore del viaggio alla fattispecie della locatio operis, affermando di conseguenza che l'obbligazione assunta dal tour operator è un'obbligazione di risultato e non di mezzi (Cass. n. 19283/2010; Cass. n. 10651/2008; Cass. n. 21343/2004; Trib. Reggio Emilia, 21 febbraio 2004) e risponde quindi di fronte al turista per qualsiasi difetto di organizzazione o quando esegue direttamente il servizio turistico. Di contro, la prestazione dell'intermediario di viaggio è stata ricondotta alla ipotesi del mandato con rappresentanza (art. 1703 c.c. e ss.), sicché gli effetti dell'acquisto del pacchetto di viaggio si verificano direttamente in capo all'acquirente incombendo di conseguenza sull'intermediario gli obblighi, anche informativi, tipici del mandatario, rispondendo unicamente della violazione delle obbligazioni nascenti dal mandato (Cass. n. 16868/2002; Trib. Torino, 8 ottobre 2007) quali ad es. l'errata compilazione del biglietto, il mancato acquisto del pacchetto prescelto, la mancata previsione di una tempistica adeguata in ipotesi di acquisto di voli in coincidenza, ecc.. Ciò, ha precisato tuttavia la giurisprudenza, a condizione che l'intermediario faccia constare tale sua qualità dai documenti contrattuali forniti, che debbono altresì recare l'identificazione dell'organizzatore del viaggio, perché ove l'intermediario non adempia tale obbligo informativo, ovvero nel caso in cui provveda direttamente ad assemblare ulteriori servizi al pacchetto di viaggio, risponde direttamente come organizzatore del viaggio, incombendo al professionista di provare di avere fornito idonee informazioni sul punto (Cass. n. 696/2010). La legittimazione passiva all'azione risarcitoria dell'organizzatore e dell'intermediario ovviamente può concorrere con quella diretta (contrattuale od extracontrattuale) dello specifico prestatore del servizio turistico, che abbia cagionato il danno (il vettore, l'albergatore, la guida turistica, o i loro ausiliari o prestatori d'opera), fermo restando naturalmente che il perimetro dei danni risarcibili da detti soggetti segue le regole proprie dell'azione contrattuale od extracontrattuale in concreto configurabile e può non coincidere con i danni risarcibili exartt. 42 d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79, Cod. turismo e ss. (Gentile). Quanto agli ausiliari, l'art. 43 comma 2 d.lgs. n. 79/2011 ha stabilito: «l'organizzatore o l'intermediario che si avvale di altri prestatori di servizi è comunque tenuto a risarcire il danno sofferto dal turista, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti». Sul punto, la Corte di legittimità ha affermato che sia il venditore, sia l'organizzatore di viaggi «tutto compreso» rispondono del danno patito dal viaggiatore, in conseguenza del fatto illecito del terzo della cui opera si siano avvalsi non a titolo di colpa in eligendo o in vigilando ma in virtù della sola assunzione legale del rischio per i danni che possano accadere al viaggiatore, in una fattispecie relativa a danni patiti da turista durante trasferimento in taxi, organizzato da tour operator, dall'albergo all'aeroporto (Cass. n. 22619/2012). In applicazione dello stesso principio, è stata ritenuta la responsabilità dell'organizzatore del viaggio per i danni patiti dal turista per la collisione cagionata dal timoniere ed avvenuta tra l'imbarcazione a bordo della quale viaggiava il turista ed altro natante (Cass. n. 19283/2010) e la responsabilità del tour operator per i danni conseguenti al morso di una piccola scimmia che era stata lasciata libera di vagare dal proprietario dell'albergo ove il turista soggiornava allo scopo di divertire i turisti (Cass. n. 25396/2009). Al riguardo, la SC ha precisato che se i servizi erogati dalla struttura alberghiera non sono corrispondenti a quelli offerti sul catalogo e se il livello delle prestazioni riservate agli ospiti è gravemente scadente, si configura il danno da vacanza rovinata. A risarcire il turista insoddisfatto, però, non può essere solo il tour operator: responsabile è anche l'agenzia di viaggi che ha venduto il pacchetto facendo erroneamente affidamento sulla qualità della struttura desumibile solo dal catalogo reso disponibile dal tour operator, senza compiere una verifica in concreto della qualità dei servizi promessi. Infatti, è compito dell'agenzia di viaggi scegliere con oculatezza l'organizzatore (Cass. n. 13511/2022). Nella giurisprudenza di merito si è rilevato che in tema di danno da vacanza rovinata, l'organizzatore (tour operator), ossia colui che si obbliga in nome proprio e verso corrispettivo forfettario a procurare a terzi pacchetti turistici, assume specifici obblighi contrattuali, soprattutto di tipo qualitativo, inerenti, ad esempio, la modalità del viaggio, sistemazione alberghiera, livello dei servizi. Pertanto, tranne che nelle ipotesi di caso fortuito, forza maggiore o responsabilità del consumatore, qualora le prestazioni non siano esattamente adempiute, secondo un criterio medio di diligenza valutabile dal giudice del merito, sussiste in capo all'organizzatore la responsabilità contrattuale e il conseguente obbligo risarcitorio. Tale responsabilità, peraltro, a norma dell'art. 1228 c.c., sussiste anche nell'ipotesi in cui i fatti illeciti siano realizzati dai suoi ausiliari, poiché, nel caso dei contratti turistici 'tutto compreso', il creditore si trova a dover prendere atto dei collaboratori scelti dal tour operator (vettore aereo, albergatore etc.), non avendo alcuna voce in capitolo nella scelta dei medesimi (App. Bari, 16 gennaio 2018, n. 46; App. Ancona, 4 giugno 2018, n. 897: la responsabilità dell'organizzatore e del venditore di pacchetti turistici trova allora fondamento non già nella colpa nella scelta degli ausiliari o nella vigilanza (giusta differente modello di responsabilità, proprio di altre esperienze, invero non accolto in termini generali nel nostro ordinamento) bensì nel rischio connaturato all'utilizzazione dei terzi nell'adempimento dell'obbligazione). Da ultimo, per la SC il contratto di viaggio vacanza "tutto compreso" (cd. pacchetto turistico) si distingue dal contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio (CCV), essendo caratterizzato sia per la "finalità turistica" che sotto il profilo soggettivo ed oggettivo; nel secondo, infatti, le prestazioni e i servizi si profilano come separati, laddove nel "pacchetto turistico" gli elementi costitutivi del trasporto, dell'alloggio e dei servizi turistici agli stessi non accessori, combinandosi in misura prefissata, assumono rilievo non già singolarmente, bensì nella loro unitarietà funzionale, dando luogo ad una prestazione complessa volta a soddisfare la "finalità turistica" che integra la causa concreta del contratto; con la conseguenza che l'organizzatore e il venditore del pacchetto turistico assumono, nell'ambito del rischio di impresa, un'obbligazione di risultato nei confronti dell'acquirente, essendo tenuti a risarcire qualsiasi danno da questi subito a causa della fruizione del pacchetto turistico e rispondono solidalmente ogni qualvolta sia ravvisabile una responsabilità diretta del prestatore di servizi nei confronti del consumatore per il servizio reso o non reso (Cass. n. 1417/2023, in applicazione di tale principio la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la responsabilità solidale dell'Agenzia di viaggi e del Tour operator, in relazione ai danni patiti dagli acquirenti di un "pacchetto turistico" in conseguenza dell'intossicazione alimentare riportata all'interno del villaggio turistico, ritenendo ciascuno responsabile soltanto degli obblighi rispettivamente e personalmente assunti nei confronti del turista). In tale direzione si è precisato che il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, secondo quanto espressamente previsto in attuazione della direttiva n. 90/314/CEE (ratione temporis applicabile, e successivamente abrogata dalla direttiva n. 2015/2302/UE), costituisce uno dei casi previsti dalla legge ai sensi dell'art. 2059 c.c., ed è, pertanto, risarcibile all'esito del riscontro della gravità della lesione e della serietà del danno, da apprezzarsi alla stregua del bilanciamento del principio di tolleranza delle lesioni minime e della condizione concreta delle parti (Cass. n. 2612/2023, nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva risarcito il danno non patrimoniale patito dai turisti di un campeggio in conseguenza dell'incendio propagatosi da un terreno limitrofo, indipendentemente dal riscontro della ricorrenza di un cd. pacchetto turistico di cui alla direttiva 90/314/CEE, attuata con il d.lgs. n. 111 del 1995). Onere della provaIn materia di danno non patrimoniale «da vacanza rovinata», inteso come disagio psicofisico per la mancata realizzazione, in tutto o in parte della vacanza programmata, la prova dell'inadempimento esaurisce in sé la prova anche del danno, non potendo formare oggetto di prova difettagli stati psichici dell'attore, desumibili, peraltro, dalla mancata realizzazione della «finalità turistica» e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle attività e dei servizi prestati, essenziali alla realizzazione dello scopo vacanziero (Cass. n. 7256/2012; nella giurisprudenza di merito Trib. Salerno, 26 novembre 2014, n. 5613; Trib. Milano, 15 maggio 2014, n. 5036: in tema di danno non patrimoniale «da vacanza rovinata», inteso come disagio psicofisico conseguente alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza programmata, la raggiunta prova dell'inadempimento esaurisce in sé la prova anche del verificarsi del danno, atteso che gli stati psichici interiori dell'attore, per un verso, non possono formare oggetto di prova diretta e, per altro verso, sono desumibili dalla mancata realizzazione della «finalità turistica» (che qualifica il contratto) e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle diverse attività e dei diversi servizi, in ragione della loro essenzialità alla realizzazione dello scopo vacanziero). La responsabilità dell'organizzatore di una crociera turistica è contraddistinta dal colpevole e negligente venire meno degli obblighi direttamente assunti con il cliente, ovvero a principi di generale diligenza del buon padre di famiglia, cosa che si risolve, sul piano dell'onere probatorio, nell'obbligo per il cliente insoddisfatto danneggiato, di provare il danno e la sua causa, mentre chi fornisce il servizio deve provare di aver adempiuto puntualmente gli obblighi assunti e l'assenza di una propria responsabilità circa la causazione del danno (Trib. Genova, 19 febbraio 2007). I disagi sopportati dal turista a causa dell'inadempimento di obblighi contrattuali del tour operator configurano un danno da vacanza rovinata, inteso quale pregiudizio non patrimoniale derivante da inadempimento contrattuale, la cui risarcibilità trova fondamento nel d.lgs. n. 111 del 1995, nel cui art. 16 l'espressione «qualsiasi altro pregiudizio» rappresenta il fondamento normativo richiesto dall'art. 2059 c.c. per consentire il risarcimento del danno non patrimoniale (Trib. Verbania, 23 aprile 2002). Il minore godimento della vacanza e i disagi sopportati dal turista a causa dell'inadempimento dell'agenzia di viaggi e/o del tour operator si estrinsecano in un danno non patrimoniale (c.d. danno da «vacanza rovinata») non risarcibile, essendo la risarcibilità del danno «non patrimoniale» limitata alle sole conseguenze penali degli illeciti aquiliani ex art. 2059 c.c. (Trib. Venezia, 24 settembre 2000). In merito all'azione giudiziale promossa al fine di veder risarciti i danni da cd. «vacanza rovinata», derivanti dall'inesatto o mancato adempimento delle obbligazioni assunte dal tour operator che, all'atto della stipula del contratto abbia venduto un pacchetto turistico comprensivo di ogni confort, sussiste la responsabilità contrattuale del tour operator nel caso in cui quanto pubblicizzato, non rispecchi affatto la realtà dei fatti. Ne consegue che in applicazione dell'art. 14 d.lgs. n. 111 del 1995, in caso di inadempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, l'organizzatore ed il venditore sono tenuti al risarcimento del danno secondo le rispettive responsabilità ove non provino che il mancato o inesatto adempimento sia stato determinato da un'impossibilità della prestazione per cause a loro non imputabili (Trib. Bologna, 16 giugno 2010). La responsabilità per il danno cagionato al viaggiatore, da parte del tour operator, in relazione alla c.d. vacanza rovinata (ovvero rispetto a tutti i disagi subiti nel corso del viaggio e riconducibili all'inadempimento dell'operatore turistico), deve essere qualificata come responsabilità contrattuale la cui risarcibilità trova la sua origine nell'ambito del d.lgs. n. 111 del 1995. La prova circa l'esistenza di siffatto danno può essere raggiunta anche in via presuntiva e la quantificazione deve essere valutata rifacendosi a considerazioni personalissime in relazione alla rilevanza oggettiva e soggettiva che l'inadempimento del tour operator ha assunto nel contesto del viaggio (Trib. Padova, 19 marzo 2010). In materia di astratta risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali, il danno non patrimoniale derivante dall'inadempimento contrattuale del convenuto deve essere risarcito in quanto riconducibile nell'alveo dell'art. 2059 c.c. Nel caso di «vacanza rovinata» il danno, consistente nel pregiudizio rappresentato dal disagio e dalla afflizione subiti dal turista/viaggiatore per non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago e di riposo conforme alle proprie aspettative perché rovinato da imprevisti, difficoltà e ritardi, è risarcibile grazie alla raggiunta prova dell'inadempimento contrattuale che esaurisce in sé la prova del verificarsi del danno. Invero il valore sociale usualmente riconosciuto all'evento viaggio o all'evento matrimonio, caratterizza la funzione dei singoli negozi stipulati generando una sorta di «patrimonializzazione» dell'interesse non patrimoniale attraverso la sua deduzione nella causa in concreto del contratto medesimo. Dalla lettura degli articoli 1223 c.c. e 1225 c.c., è dunque da ritenere che il danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale sia risarcibile indipendentemente dalla lesione di un interesse inviolabile coperto dalla costituzione, da leggi speciali o da norme imperative, sempre che sussistano i presupposti della risarcibilità dettati dagli artt. 1218 ss. c.c. (Trib. Teramo, 14 gennaio 2015, n. 33). Tale orientamento ha ricevuto l'avvallo della Corte di Cassazione: in tema di danno non patrimoniale da vacanza rovinata, inteso come disagio psicofisico conseguente alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza programmata, la raggiunta prova dell'inadempimento esaurisce in sé la prova anche del verificarsi del danno, atteso che gli stati psichici interiori dell'attore, per un verso, non possono formare oggetto di prova diretta e, per altro verso, sono desumibili dalla mancata realizzazione della finalità turistica (che qualifica il contratto) e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle diverse attività e dei diversi servizi, in ragione della loro essenzialità alla realizzazione dello scopo vacanziero (Cass. n. 7256/2012). Nella giurisprudenza di legittimità deve segnalarsi, tuttavia, un orientamento più restrittivo, avulso dal danno in re ipsa, a mente del quale l'acquirente di biglietto aereo che chieda la condanna dell'agente di viaggi al risarcimento del danno non patrimoniale da «vacanza rovinata» ha l'onere di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entità del pregiudizio, in base alla disciplina codicistica del risarcimento del danno da inadempimento contrattuale (Cass. 12143/2016). Il c.d. danno da vacanza rovinata non può essere risarcito in difetto di elementi probatori che consentano di individuare il progetto forzatamente abbandonato e le eventuali ricadute economiche, conseguenti a scelte alternative, forzatamente adottate (Cass. n. 17227/2012, nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta la domanda di risarcimento avanzata dall'acquirente di un camper per i fastidiosi incombenti, le perdite di tempo e per la mancata possibilità di andare in vacanza a seguito della risoluzione del contratto per inadempimento del venditore). Ad ogni modo la risarcibilità del danno deve essere esclusa se per la durata programmata della vacanza sono state fornite, regolarmente e soddisfacentemente, tutte le prestazioni promesse nel pacchetto turistico, giacché in tale evenienza non può ravvisarsi la ricorrenza del cd. danno da «vacanza rovinata» ove il viaggio di rientro subisca un contenuto ritardo (nella specie di un giorno) rispetto al termine originariamente pattuito con il tour operator, non potendo una siffatta situazione incidere negativamente sulla vacanza già interamente fruita e ciò soprattutto allorché nel giorno di prolungata permanenza vengano forniti adeguati servizi di supporto (App. Milano 4 maggio 2015, n. 1914). Il danno non patrimoniale da vacanza rovinata richiede la verifica della gravità della lesione e della serietà del pregiudizio patito dall'istante, al fine di accertarne la compatibilità col principio di tolleranza delle lesioni minime (precipitato, a propria volta, del dovere di solidarietà sociale previsto dall'art. 2 Cost.), e si traduce in un'operazione di bilanciamento demandata al prudente apprezzamento del giudice di merito, il quale, dalla constatazione della violazione della norma di legge che contempla il diritto oggetto di lesione, attribuisce rilievo solo a quelle condotte che offendono in modo sensibile la portata effettiva dello stesso (Cass. n. 14662/2015). In altri termini, nell'ipotesi di danno da vacanza rovinata il pregiudizio non patrimoniale che ne scaturisce non è di per risarcibile (sebbene oggetto di espressa previsione legislativa), occorrendo pur sempre un'indagine sulla gravità della lesione e sull'intensità del pregiudizio lamentato, onde verificane la compatibilità con il principio di tolleranza delle lesioni minime che si fonda, a sua volta, sul dovere di solidarietà sociale previsto dall'art. 2 della Costituzione. Nella stessa direzione si è osservato che nell'ambito del danno per vacanza rovinata per il caso di inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto di un pacchetto turistico la richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, avuto presente la causa in concreto del contratto, contrasterebbe con i principi di correttezza e buonafede e di contemperamento dei contrapposti interessi contrattualmente pattuiti, e costituirebbe un abuso, in danno del debitore, della tutela accordata al consumatore/creditore. In mancanza di delimitazioni normative, spetta al giudice del merito — salvo il controllo di legittimità in ordine alla logicità della motivazione — individuare il superamento o meno di tale soglia, avuto riguardo alla causa in concreto, costituita dalla «finalità turistica», che qualifica il contratto «determinando l'essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero» emergente dal complessivo assetto contrattuale, e considerando l'autonoma valutabilità dell'interesse allo svago e riposo rispetto al danno patrimoniale subito, atteso che il primo, a seconda del peso della prestazione contrattuale non adempiuta, può ben superare il secondo e non può appiattirsi su questo (Cass. n. 7256/2012). Quantificazione del dannoCome già riferito la giurisprudenza ha, da anni, riconosciuto il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall'impossibilità di vivere un sereno periodo di vacanza perché rovinato da imprevisti, difficoltà e ritardi; tante sono state le proposte per tale fattispecie di danno: talvolta si è considerato un danno di origine per così dire «biologica» definito come emotional distresses (stress emotivo), altre volte la perdita della vacanza è stata considerata quale perdita di chance di godere di un periodo di svago e riposo, opportunità che potrebbe non ripresentarsi. Ed ancora, la fattispecie del danno da «vacanza rovinata» è stata ricondotta nell'ambito del pregiudizio materiale, di natura essenzialmente biologica, derivante dalla lesione arrecata a un bene (la vacanza, appunto) non suscettibile di immediata valutazione economica, altri l'hanno, invece, ricompresa nell'ambito del pregiudizio non patrimoniale, pur riconoscendone la risarcibilità. Posto, dunque, che già da tempo il danno da vacanza rovinata è pacificamente riconosciuto sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza, il problema più insidioso è rimasto quello della quantificazione monetaria del danno risarcibile. Sono, infatti, due le voci di danno da prendere in considerazione: il pregiudizio economico (gli esborsi ulteriori sostenuti dal viaggiatore) ed il danno non patrimoniale dovuto alla delusione ed allo stress subiti a causa del disservizio. È ovvio che il pregiudizio economico è la voce di danno più facilmente quantificabile, perché generalmente corrisponde al prezzo del viaggio acquistato (in caso di mancato godimento della vacanza) ovvero ad una riduzione del prezzo medesimo (nel caso in cui il consumatore non abbia potuto godere pienamente della vacanza, in quanto rovinata da disservizi, contrattempi o altri disguidi). Quanto al danno non patrimoniale, in sede di valutazione equitativa da parte del giudice, negli ultimi anni si sono moltiplicate gli elementi da prendere in considerazione per determinare il danno: le aspettative deluse precedenti al viaggio, i disagi ricevuti durante il viaggio, le conseguenze subite dal turista a causa dell'inesatto adempimento. La liquidazione equitativa dei danni, ai sensi dell'art. 1226 c.c., è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, non soltanto quando la determinazione del relativo ammontare sia impossibile, ma anche qualora la stessa si presenti particolarmente difficoltosa in relazione alla peculiarità del caso concreto (Trib. Como, 18 luglio 2014, n. 1304, nella specie, il Tribunale ha accolto la domanda risarcitoria nei confronti del tour operator, in quanto l'Hotel, presentato in catalogo come 5 stelle, non presentava le caratteristiche pubblicizzate e le scarse condizioni igieniche dello stesso avevano causato una patologia all'attore, con conseguenti danni da c.d. «vacanza rovinata»). Il turista ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, il quale deve essere liquidato in via equitativa, qualora lo stesso abbia trascorso la vigilia di Capodanno e il primo giorno dell'anno in aeroporto a causa di un significativo ritardo aereo (Trib. Grosseto, 19 giugno 2012, n. 686). In tema di danno da vacanza rovinata, non deve confondersi la compensazione pecuniaria prevista dal Regolamento Comunitario 261/05 esclusivamente nei casi di negato imbarco e cancellazione del volo, con il risarcimento del danno previsto anche in caso di ritardo aereo, ma esclusivamente da parte della convenzione di Montreal del 1999, ratificata in Italia il 14 giugno 1998, in quanto in caso di ritardata partenza detto Regolamento prevede soltanto uno specifico diritto del passeggero ad ottenere dalla compagnia aerea una congrua assistenza ed informativa in relazione alla durata ed alle condizioni di attesa. (Trib. Roma, 22 gennaio 2013, n. 1213, nella specie, in assenza di prove circa l'imprevedibilità dell'inconveniente di volo e l'adozione delle misure necessarie ad impedire il ritardo, è stata condannata la compagnia aerea al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale da vacanza rovinata in favore della famiglia, cui era stato impedito di trascorrere il capodanno nella destinazione prescelta). Il risarcimento in caso di distruzione, perdita o ritardo nella consegna dei bagagli è di 1000 euro e ricomprende sia i danni patrimoniali sia i non patrimoniali. La Convenzione di Montreal (ratificata con l. n. 12/2004) non fa distinzione tra danno materiale e morale e demanda ai singoli ordinamenti nazionali la facoltà di disciplinare ulteriori danni; spetta quindi al giudice nazionale prevedere o meno il risarcimento del danno non patrimoniale derivanti da perdita o ritardo nella riconsegna del bagaglio (Cass. n. 14667/2015). In materia di contratto di trasporto aereo di persone deve essere applicato il Reg. n. 889/2002, che recepisce la Convenzione di Montreal. Queste norme tuttavia non specificano espressamente se siano risarcibili i soli danni patrimoniali o anche quelli non patrimoniali (Trib. Milano 25 giugno 2015, uniformandosi alla giurisprudenza sovranazionale, il giudice ambrosiano ha stabilito che l'importo previsto dalla Convenzione (1000 Dsp) debba considerarsi omnicomprensivo: esso vale come limite per tutti i danni, patrimoniali e non, escludendo quindi la possibilità di risarcire anche il danno non patrimoniale). Ad ogni buon conto, è ovvio che la richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, contrasterebbe con i principi di correttezza e buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi professionista-consumatore; pertanto spetta al giudice, caso per caso, individuare il superamento o meno di tale soglia, costituita dalla «finalità turistica» che qualifica il contratto determinando l'essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero» (Cass. n. 16315/2007) emergente dal complessivo assetto contrattuale. In tale direzione nella giurisprudenza di merito si è osservato che il danno non patrimoniale da vacanza rovinata costituisce uno dei casi di pregiudizio risarcibile previsti dalla legge ai sensi dell'art. 2059 c.c. (in ossequio alla Dir. n. 90/314/CEE): così il giudice procederà alla valutazione della domanda risarcitoria considerando i precetti generali di correttezza e buona fede e l'importanza del danno, al fine di accertarne la compatibilità col principio di tolleranza delle lesioni minime (Trib. Ravenna, 29 marzo 2023, n. 238). Prescrizione del danno da vacanza rovinataSecondo parte della giurisprudenza, il diritto al risarcimento si prescrive nel termine triennale, di cui all'art. 94, comma 2, d.lgs. n. 206/2005 (cod. consumo) − già art. 15, comma 2, d.lgs. n. 111/1995 − poiché, pur non trattandosi di un pregiudizio corporale, si tratta di un danno alla persona, quale evento che va comunque ad incidere sul benessere psicologico della stessa (Trib. Genova, 2 marzo 2005). In dottrina, al contrario, è stata posta l'attenzione sull'imprecisione terminologica delle espressioni usate negli artt. 94 e 95 del Codice del consumo (già artt. 15 e 16 d.lgs. n. 111/1995), rispetto alla terminologia utilizzata nella direttiva 90/314/CE. Tali norme, infatti, parlano rispettivamente di «danni alla persona» e «danni diversi da quelli alla persona». Alla luce di queste sole espressioni, la tesi su esposta sarebbe effettivamente coerente; tuttavia, l'art. 5 della Direttiva 90/314/CE non parla di «danni alla persona» e «danni diversi da quelli alla persona», bensì di danni derivanti «dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione del contratto» (commi 2 e 4, art. 5) e di «danni diversi da quelli corporali», pur sempre «derivanti dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del servizio tutto compreso» (comma 5, art. 5). Se, quindi, al comma 5, si parla di «danni diversi da quelli corporali», pare potersi desumere che, nei commi precedenti, il legislatore comunitario abbia voluto riferirsi ai soli danni corporali. Conseguentemente, si deve ritenere che la vacanza rovinata rientri, secondo la terminologia utilizzata nella direttiva, tra i danni non corporali di cui all'art. 5, comma 5. Tornando alla terminologia utilizzata dal legislatore nazionale, l'art. 94, comma 2, d.lgs. n. 206/2005 (cod. consumo), esprimendosi in termini di «danno alla persona», sembra allora potersi riferire ai soli «danni corporali», di cui all'art. 5, commi 2 e 4, della direttiva. Ad esso non può quindi essere ricondotto il danno da vacanza rovinata, danno pur attinente alla persona, ma non «corporale», per il quale, perciò, si deve applicare il termine di prescrizione annuale, di cui all'art. 95, comma 4 (che pur formalmente si riferisce ai «danni diversi da quelli alla persona», ma che, in via interpretativa, deve intendersi riferito a tutti i danni «non corporali», quindi anche ai danni inerenti la persona, che pur non concretino una lesione fisica (Botti, 121). Tale ricostruzione appare corretta anche sotto il profilo della proporzionalità. Il termine prescrizionale più lungo si giustifica, infatti, alla luce della maggiore gravità del danno, appunto «corporale», mentre, per il danno da vacanza rovinata, che consiste in meri disagi (certo pur sempre spiacevoli), appare congruo concedere un termine prescrizionale non particolarmente esteso, essendo in gioco interessi certo meritevoli di tutela, ma non equiparabili a quelli inerenti l'incolumità della persona. Tuttavia, la Corte di Cassazione è di contrario avviso atteso che in tema di "vacanza rovinata", l'art. 44 del d.lgs. n. 79 del 2011 va interpretato nel senso che tra i pregiudizi risarcibili è compreso anche il danno di natura non patrimoniale ex art. 2059 c.c. - categoria ampia ed unitaria che include la lesione di interessi inerenti alla persona -, con la conseguenza che al relativo diritto risarcitorio è applicabile il termine di prescrizione triennale (previsto dalla menzionata norma) e non quello annuale di cui all'art. 45, comma 3, del citato d.lgs. per i "danni diversi da quelli alla persona" (Cass. n. 5271/2023). Il nuovo decreto legislativo n. 62/2018Il D.Lgs. 21 maggio 2018, n. 62 – entrato in vigore il 1° luglio 2018 - recante l'attuazione della direttiva europea 2015/2302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga la direttiva 90/314/CEE del Consiglio, ha modificato alcune norme del D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79. Tra queste l'art. 47 d.lgs. n. 79/2011, laddove la nuova disposizione – segnatamente art. 46, rubricato risarcimento del danno da vacanza rovinata, così recita: nel caso in cui l'inadempimento delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto non è di scarsa importanza ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile, il viaggiatore può chiedere all'organizzatore o al venditore, secondo la responsabilità derivante dalla violazione dei rispettivi obblighi assunti con i rispettivi contratti, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all'irripetibilità dell'occasione perduta. Ciò posto, la direttiva n. 2015/2302 si propone di assicurare la tutela dei viaggiatori e lo sviluppo del mercato attraverso il passaggio da una "armonizzazione minima" a una "armonizzazione forte" delle normative nazionali. E' stata perciò adottata una disciplina dettagliata e prescrittiva volta a definire un contesto di maggiore omogeneità normativa fra gli Stati membri. La direttiva 90/3124/CEE, al contrario, contenendo principi di carattere generale, non ha potuto impedire una sensibile diversificazione dei regimi giuridici tra i diversi paesi, rivelandosi nel corso degli anni uno strumento insufficiente a governare con efficacia le dinamiche del settore. Il leit motiv seguito dal legislatore è quello volto a stabilire maggiori diritti per i viaggiatori e più responsabilità per venditori ed organizzatori - come dimostrato dall'introduzione in caso di recesso, per l'aumento del prezzo del pacchetto oltre l'8% e non più oltre la misura del 10% - al fine di privilegiare un mercato più equo e trasparente. In tale ottica, si comprende per organizzatori e venditori la previsione di forme obbligatorie di assicurazione per la responsabilità civile, volte a rafforzare le garanzie per il viaggiatore in caso di insolvenza o fallimento, anche in presenza di “servizi turistici collegati”, che non costituiscono un “pacchetto” e comportano la conclusione di contratti distinti, ragione per cui è stato previsto uno specifico obbligo di informazione gravante sugli organizzatori. Tra le novità contenute nel decreto di recepimento della direttiva si annovera l'ampliamento della nozione di “pacchetto turistico”: si elimina il riferimento ai contratti conclusi nel territorio dello Stato, nell'esplicita finalità di coprire un elenco più ampio di fattispecie, al contempo chiarendo che sono ricompresi: --a) i contratti on-line; --i) i pacchetti “su misura”; --c) i pacchetti “dinamici”. Si è proceduto altresì ad offrire una dettagliata definizione di “pacchetto turistico” che rappresenta la combinazione di almeno due tipologie di servizi turistici di trasporto, alloggio, noleggio veicoli o altro servizio turistico ai fini del medesimo viaggio, qualora combinati da un unico professionista, ovvero, anche se siano conclusi contratti separati con singoli fornitori di servizi turistici, siano acquistati presso un unico punto vendita, oppure offerti ad un prezzo forfettario, ovvero pubblicizzati sotto denominazione di “pacchetto” o denominazione analoga oppure, infine, combinati entro 24 ore dalla conclusione di un primo contratto, anche con processi collegati di prenotazione on-line. Al contrario è esclusa la disciplina dei pacchetti turistici qualora le combinazioni in cui i servizi turistici diversi dal trasporto, alloggio e noleggio veicoli siano di scarsa rilevanza, e cioè che non rappresentino almeno il 25% del valore della combinazione. Il legislatore ha previsto specifici obblighi informativi: in presenza di pacchetti turistici, l'organizzatore e il venditore forniscono prima della conclusione del contratto, ai viaggiatori, un modulo informativo standard, nonché una serie di informazioni, più ampie rispetto a quelle previste dalla disciplina ancora vigente, sulle principali caratteristiche dei servizi turistici offerti, quali ad esempio, in merito alla lingua in cui sono prestati i servizi ovvero se il viaggio sia idoneo a persone con mobilità ridotta. E' anche previsto un significativo impianto sanzionatorio qualora il professionista, venditore od organizzatore omettano di fornire le informazioni necessarie al viaggiatore, oppure ostacolino l'esercizio del diritto di recesso o di risoluzione del rapporto, forniscano informazioni incomplete, errate o non rispondenti al vero, ovvero non rimborsino al consumatore le somme da quest'ultimo corrisposte. In tali ipotesi il rispetto degli obblighi contrattuali è infatti presidiato da sanzioni amministrative pecuniarie di importo variabile, unitamente alle sanzioni amministrative accessorie in caso di la violazione degli obblighi di assicurazione consistenti nella sospensione dell'esercizio dell'attività, ovvero di cessazione di quest'ultima in caso di recidiva. La competenza per l'applicazione delle sanzioni amministrative è dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. È rafforzata la responsabilità dell'organizzatore per inesatta esecuzione del pacchetto: viene garantita al viaggiatore una riduzione del prezzo, oltre all'eventuale risarcimento dei danni e alla possibilità di recedere dal contratto. Viene, peraltro, prevista la possibilità per il viaggiatore stesso di porre rimedio al difetto di conformità. La tutela del consumatore si consolida anche sotto il profilo del termine di prescrizione: vengono ampliati, e risultano pari a 3 anni per il danno alla persona, invece 2 per gli altri danni (a fronte del termine di 2 anni ed 1 anno rispettivamente previsti dalla normativa vigente). Sotto altro aspetto, si stabilisce una disciplina specifica per la responsabilità del venditore di pacchetti e di singoli servizi turistici, in linea con la tradizionale qualificazione del contratto come rapporto di mandato. Viene, inoltre, previsto che il venditore sia, da un lato, responsabile dell'esecuzione del mandato conferitogli dal viaggiatore e, dall'altro, sia considerato come organizzatore (con le conseguenti responsabilità) qualora ometta di fornire al viaggiatore tutte le informazioni relative all'organizzatore. In tale direzione il nuovo decreto prevede, in capo ad organizzatori e venditori, forme obbligatorie di assicurazione per la responsabilità civile e garanzie maggiori a favore del viaggiatore in ipotesi di insolvenza o fallimento degli stessi. Inoltre, sono introdotti i servizi turistici collegati che rappresentano una nuova categoria normativa, e consistono nella combinazione di due differenti tipologie di servizi turistici, i quali tuttavia non costituiscono un “pacchetto” e comportano la conclusione di contratti distinti. A siffatti servizi turistici collegati vengono estese le misure di protezione in ipotesi di insolvenza ovvero fallimento, e vengono espressamente previsti obblighi di informazione sulla circostanza che non si tratti di pacchetti turistici, che qualora violati comportano per il professionista la sottoposizione alle previsioni in materia di pacchetti. La Corte di Cassazione ha già avuto più volte modo di affermare, nel contratto di viaggio vacanza "tutto compreso" (c.d. "pacchetto turistico" o package introdotto dal d.lgs. n. 111 del 1995 - emanato in attuazione della Direttiva n. 90/314/CEE, la cui disciplina è poi confluita nel d.lgs. n. 206 del 2005 - c.d. Codice del consumo, nella specie ratione temporis applicabile (e quindi, per i contratti stipulati a decorrere dal 1 luglio 2018 d.lgs. n. 62 del 2018 , ex art. 3, comma 1, nella disciplina di cui al d.lgs. n. 79 del 2011 , artt. 32 ss. -c.d. Codice del turismo-), che si distingue dal contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio (CCV) di cui alla Convenzione di Bruxelles del 23 dicembre 1970 (resa esecutiva in Italia con l. n. 1084 del 1977 ), diversamente da quest'ultimo essendo caratterizzato dalla "finalità turistica" che ne connota la causa concreta e assume rilievo come elemento di qualificazione (nonché relativamente alla sorte) del contratto, ex art. 1176 c.c. , comma 2 e art. 2236 c.c. l'organizzatore e il venditore di pacchetti turistici sono tenuti ad una prestazione improntata alla diligenza professionale qualificata dalla specifica attività esercitata, in relazione ai diversi gradi di specializzazione propri del rispettivo specifico settore professionale, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura della rispettiva attività esercitata, volto all'adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell'interesse creditorio del turista-consumatore di pacchetti turistici, nonché ad evitare possibili eventi dannosi (Cass. n. 32826/2023). Il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 "Decreto Cura Italia"Sulla gazzetta Ufficiale n. 70 del 17 marzo 2020 è stato pubblicato il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 "Decreto Cura Italia" che prevede per coloro che non abbiano potuto viaggiare o usufruire di pacchetti turistici a causa delle misure di contenimento e di prevenzione della diffusione del Covid- 19 specifiche forme di compensazione. In particolare, l'art. 88, intitolato rimborso dei contratti di soggiorno e risoluzione dei contratti di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura, così dispone: 1 Le disposizioni di cui all'articolo 28 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9 si applicano anche ai contratti di soggiorno per i quali si sia verificata l'impossibilità sopravvenuta della prestazione a seguito dei provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 3 del decreto legge 23 febbraio 2020 n.6. 2. A seguito dell'adozione delle misure di cui all'articolo 2, comma l, lettere b) e d) del decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2020 e a decorrere dalla data di adozione del medesimo decreto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura. 3. I soggetti acquirenti presentano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, apposita istanza di rimborso al venditore, allegando il relativo titolo di acquisto. Il venditore, entro trenta giorni dalla presentazione della istanza di cui al primo periodo, provvede all'emissione di un voucher di pari importo al titolo di acquisto, da utilizzare entro un anno dall'emissione. 4. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano fino alla data di efficacia delle misure previste dal decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2020 e da eventuali ulteriori decreti attuativi emanati ai sensi dell'articolo 3, comma l, del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6. L'ipotesi di annullamento di un pacchetto turistico per causa di forza maggiore, dovuta all'epidemia da Covid-19, è stata già presa in considerazione dal Dl 9 del 2 marzo 2020, segnatamente art. 28, con il quale il Governo è intervenuto disciplinando in modo specifico tale eventualità e riconoscendo il diritto di recesso per sopravvenuta impossibilità in capo a coloro che abbiano acquistato pacchetti turistici per viaggi in aree interessate dal contagio del coronavirus, o comunque abbiano programmato dei viaggi con partenza da (o arrivo in) tali aree. A fronte della richiesta di risoluzione del contratto formulata dal viaggiatore, l'organizzatore del viaggio dovrà provvedere al rimborso integrale del pacchetto turistico, eventualmente anche sotto forma di voucher di importo pari al dovuto, da utilizzare entro un anno dall'emissione. Detto ciò, va sottolineato che ora, a seguito dell'emanazione del Dl 18/2020, alle stesse conseguenze soggiace anche il titolare della struttura alberghiera per il caso in cui il cliente, a causa dell'emergenza epidemiologica, receda dal periodo di soggiorno già prenotato In altri termini il Covid-19 equivale alla “forza maggiore”: nell'ipotesi in cui l'annullamento sia deciso d'imperio dalle autorità statali, come ad esempio il blocco dei voli aerei per la Cina e le gite scolastiche, chi ha raccolto la prenotazione non può pretendere il pagamento e, qualora il corrispettivo sia stato già incassato, scatta il dovere di rimborsare quanto è stato già versato dal consumatore, a prescindere dalle regole in ambito di disdetta che il singolo servizio prevedeva. Più in particolare, nelle aree dove è stato istituito il divieto in accesso ed in uscita, sono state adottate misure che riguardano anche i trasporti, quale ad esempio la cancellazione delle fermate: il rimborso scatta essendo la cancellazione presa in un provvedimento d'autorità. Quindi, il residente nella “zona rossa”, che non può muoversi per la durata del provvedimento, pur se non avesse acquistato un biglietto in modalità rimborsabile, ha comunque diritto al rimborso, essendo l'impedimento a viaggiare ricollegato a una decisione d'Autorità. Stesso dicasi per il rimborso dei biglietti delle manifestazioni sportive annullate d'imperio dal D.L. n. 6/2020 e dai provvedimenti successivi. Quando l'annullamento del viaggio è deciso per scopi precauzionali dal tour operator, come pure nel caso di eventi da parte dell'organizzatore, il rimborso ricade interamente sullo stesso. L'ultima fattispecie enucleabile è quella della disdetta decisa in autonomia dal potenziale fruitore, indipendentemente dalle decisioni prese dall'Autorità o dall'ente organizzatore, in altre parole per timore del contagio: se il servizio in pratica è attivabile, bensì è il consumatore a optare per la rinuncia (per timore di contagio), non potrà ambire al rimborso, ma contare soltanto sulla eventuale previsione dello stesso, nei termini e condizioni afferenti al singolo servizio. Il Codice del Turismo (Allegato 1 del D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79, modificato dal D.Lgs. 21 maggio 2018, n. 62, che ha recepito la direttiva UE 2015/2302), prevede che, seppur il pacchetto turistico non sia stato cancellato dall'organizzatore, il consumatore vanta comunque il diritto ad esercitare la disdetta ai sensi dell'articolo 41: in caso di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un'incidenza sostanziale sull'esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione, il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto, prima dell'inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non ha diritto a un indennizzo supplementare” (comma IV); l'organizzatore procede a tutti i rimborsi prescritti a norma dei commi 4 e 5 (…) senza ingiustificato ritardo e in ogni caso entro quattordici giorni dal recesso. Nei casi di cui ai commi 4 e 5, si determina la risoluzione dei contratti funzionalmente collegati stipulati con terzi” (comma VI). L'epidemia rappresenta infatti una circostanza straordinaria, pertanto il consumatore può contare sul rimborso integrale degli importi anticipati, ma a condizione che si siano verificate le circostanze esplicitate dalle norme, nel luogo di destinazione ovvero nelle sue immediate vicinanze. Ove invece il pacchetto sia stato soppresso dal tour operator, permane il diritto al rimborso integrale entro 14 giorni dal recesso (comma VI), senza indennizzi supplementari al rimborso, poiché l'annullamento non dipende dalla volontà del medesimo tour operator, bensì risulta giustificato dalle circostanze inevitabili e straordinarie contemplate al comma IV.
Con il d.l. n. 9/2020 e con il d.l. n. 18/2020 sono state, quindi, dettate regole per disciplinare le ipotesi in cui le persone siano costrette ad annullare la propria prenotazione; a questa disciplina si è sovrapposta quella dettata dagli artt. 88 e 88 bis, d.d. CuraItalia, convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2020, in vigore dal 30 aprile 2020. Alla luce di tali provvedimenti, e in particolare della legge 24 aprile 2020 n. 27 i viaggi da effettuarsi per finalità turistiche, potranno essere annullati e attribuiranno il diritto a ricevere un rimborso nei tempi e nelle modalità stabilite dalla legge n. 27/2020 suddetta per quanto riguarda i trasporti, i soggiorni e i pacchetti turistici prenotati. La conversione del decreto CURA ITALIA in legge ha comportato sostanziali modifiche nella disciplina dei rimborsi includendo tra le ipotesi in cui il prezzo del viaggio/pacchetto turistico/soggiorno potrà essere rimborsato tramite voucher anche la cancellazione del viaggio, soggiorno o pacchetto turistico effettuata dai vettori, strutture ricettive e organizzatori. Per le cancellazioni effettuate dai professionisti prima del 30 aprile, data dell'entrata in vigore della legge n. 27/2020, si ritiene che debbano continuare a trovare applicazione i regolamenti europei relativi ai diritti dei passeggeri nei trasporti e l'art. 41 commi 4 e 5 del Codice del Turismo, che non contemplano la possibilità di restituire il prezzo del servizio di trasporto/pacchetto tramite voucher.
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