Codice di Procedura Civile art. 191 - Nomina del consulente tecnico.

Laura Mancini
aggiornato da Francesco Agnino

Nomina del consulente tecnico.

[I]. Nei casi previsti dagli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con ordinanza ai sensi dell’articolo 183, quarto comma, o con altra successiva ordinanza, nomina un consulente, formula i quesiti e fissa l’udienza nella quale il consulente deve comparire1.

[II]. Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge espressamente lo dispone.

 

[1] Comma così sostituito dall'art. 46, comma 4, della l. 18 giugno 2009, n. 69 (legge di riforma 2009), con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009, per i giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore. Il testo precedente recitava: «Nei casi di cui agli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con l'ordinanza prevista nell'articolo 187, ultimo comma, o con altra successiva, nomina un consulente tecnico e fissa l'udienza nella quale questi deve comparire». Successivamente modificato dall'art. 3, comma 13, lett. n), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149  che ha sostituito le parole: «dell'articolo 183, quarto comma» alle parole: «dell'articolo 183, settimo comma» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022, il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022,  come modificato dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

Nell'accertamento processuale della responsabilità civile la consulenza tecnica costituisce il principale strumento di indagine in quanto spesso i fatti in cui si sostanziano gli elementi costitutivi dell'illecito – e, in particolare, la colpa, il nesso causale e il danno, tanto patrimoniale, quanto non patrimoniale — non sono di immediata percezione e comprensione e richiedono indefettibilmente l'ausilio di particolari cognizioni tecnico — scientifiche.

L'impiego di conoscenze esperte riguarda anche la valutazione delle prove raccolte (Izzo, 539) e, in particolare la selezione e l'apprezzamento della portata dimostrativa del materiale probatorio acquisito al processo.

Il consulente tecnico d'ufficio, intervenendo ex post, è, infatti, chiamato a svolgere, innanzitutto, un esame in chiave storico-ricostruttiva della documentazione versata in atti e dell'attendibilità di eventuali accertamenti svolti da altri tecnici (si pensi alla c.t.u. medico legale rispetto alle certificazioni, alle cartelle cliniche, ai referti ed alle immagini diagnostiche) di cui normalmente il giudice non è in grado di comprendere il significato e, dunque, la stessa rilevanza probatoria.

Nell'esame tecnico delle risultanze istruttorie l'ausiliario non può che soggiacere alle stesse regole di valutazione della prova cui è soggetto il giudice (Rossetti, Cannavo', Mancini, Mastroroberto, 353).

La consulenza tecnica consente, inoltre, di verificare, attraverso l'ispezione diretta di cose e persone, l'esistenza e la consistenza dei fatti, nonché, con particolare riferimento alla materia della responsabilità civile, di accertare e quantificare in termini monetari il danno.

Di norma la c.t.u. interviene a distanza di tempo dal fatto oggetto di accertamento, allorquando il processo dannoso si è esaurito e i danni — conseguenza si sono stabilizzati o sono stati in tutto o in parte rimossi. L'accertamento tecnico può, tuttavia, essere richiesto anche in via preventiva nelle forme dell'accertamento tecnico preventivo e della consulenza tecnica preventiva ai sensi degli artt. 696 e 696-bis c.p.c.. La recente l. n. 24/2017 (Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie), nel prevedere all'art. 8 comma 1 che «chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente» ha fatto assurgere l'espletamento della consulenza tecnica preventiva ai fini della conciliazione della lite a condizione di procedibilità dell'azione di risarcimento del danno, sia pure in alternativa all'instaurazione del procedimento di mediazione (il secondo comma della disposizione richiamata stabilisce, infatti, che «la presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. È fatta salva la possibilità di esperire in alternativa il procedimento di mediazione ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28»).

La consulenza tecnica d'ufficio non costituisce una prova bensì un mezzo a disposizione del giudice al fine di acquisire dati oggettivi o tecnici per la valutazione di elementi già acquisiti al processo purché non si traduca in una modalità per introdurre fatti costitutivi della pretesa azionata in giudizio, e, quindi, in quanto tale, può essere disposta ex officio dal giudice (App. Perugia, 8 ottobre 2020, n. 450).

Il ruolo centrale della c.t.u. nella materia di responsabilità civile è confermato dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha evidenziato come, specie nell'ambito della responsabilità medica, la consulenza tecnica sia di norma «percipiente» in ragione delle conoscenze tecniche specialistiche che si rendono necessarie non solo per la comprensione, ma per la rilevabilità stessa dei fatti i quali, anche solo per essere individuati, necessitano di specifiche cognizioni e strumentazioni tecniche. In tale ambito, invero, proprio gli accertamenti in sede di consulenza offrono al giudice il quadro dei fattori causali entro il quale far operare la regola probatoria della certezza probabilistica per la ricostruzione del nesso causale (Cass., n. 22225/2014).

Il principio è stato affermato in termini più generali con riferimento al risarcimento del danno, nell'ambito del quale è possibile assegnare alla consulenza tecnica d'ufficio e alle correlate indagini peritali funzione percipiente quando, appunto, essa verta su elementi già allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone (Cass. ., n. 1190/2015).

Quanto al ruolo del c.t.u. nella verifica e nell'apprezzamento del materiale probatorio, la Suprema Corte ha confermato che l'osservanza delle preclusioni assertorie e probatorie e dell'efficacia della prova costituiscono condizione indefettibile della correttezza dell'accertamento del c.t.u. e, di conseguenza, del giudizio che su di esso viene costruito (Cass., n. 6502/2001).

Le conclusioni cui perviene il c.t.u. si fondano, quanto alla ricostruzione fattuale costituente presupposto delle operazioni tecniche da lui compiute, sul presupposto del rebus sic stantibus, con la conseguenza che detto presupposto andrà poi, in sede decisionale, accertato e valutato dal giudice. Se detta valutazione degli elementi probatori sulla ricostruzione del fatto effettuata dal giudice coincide con quella del consulente tecnico (effettuata al solo fine di rispondere ai quesiti), può dirsi che la consulenza si fonda su fatti storicamente esatti, per cui potrà passarsi ad un esame dell'esattezza degli accertamenti tecnici e delle relative conclusioni. Se, invece, detta ricostruzione dei fatti è errata, in quanto non condivisa dal giudice, l'inesattezza del presupposto travolge l'iter argomentativo tecnico sviluppato dal consulente, nella parte in cui si fonda su tali premesse (Cass., n. 6502/2001).

Anche la giurisprudenza di merito ha in più occasioni ribadito che il c.t.u. per rispondere ai quesiti può ritenere esistenti solo i fatti che siano processualmente provati, cioè solo quei fatti che anche il giudice potrebbe porre a fondamento della propria decisione (Trib. Roma, 5 marzo 1996, in Resp. civ. e prev., 1998, 155; Trib. Bologna, 18 marzo 2002, in Ass., 2003, II, 2, 208).

La decisione di disporre o meno la consulenza tecnica d'ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e la motivazione dell'eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (Cass. n.18525/2024, nel caso in esame, ha osservato la Suprema Corte, dalla motivazione posta a fondamento della declaratoria di infondatezza motivi di appello emergono chiaramente, sia pure implicitamente, le ragioni per le quali non è stata disposta la sollecitata consulenza tecnica d'ufficio, consistenti nella assenza dell'esigenza di effettuare accertamenti involgenti valutazioni tecniche al fine di decidere in ordine alle questioni prospettate, stante la natura prettamente giuridica di queste ultime (rilevanza della commissione di estinzione anticipata ai fini della verifica del superamento del cosiddetto tasso soglia; effetti della ritenuta nullità per usura della clausola contrattuale attenente alla determinazione degli interessi moratori; interpretazione della clausola contrattuale determinativa del tasso di interesse pattuito).

Rinvio

Per il commento, v. sub art. 201 c.p.c. - "Istruttoria mediante consulente tecnico"

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