Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 23 - Difesa personale delle partiDifesa personale delle parti
1. Le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore nei giudizi in materia di accesso e trasparenza amministrativa, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri 1. [1] Comma modificato dall'articolo 52, comma 4, lettera a), del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33. InquadramentoNel processo amministrativo la difesa personale è l'eccezione ed è consentita soltanto nei giudizi in materia di accesso e trasparenza amministrativa, in materia elettorale, nonché nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Con l'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo la possibilità di difesa personale viene estesa a tutte le controversie elettorali, ma non è più consentita davanti al Consiglio di Stato. I casi eccezionali in cui è ammessa la difesa personaleL'art. 23 ha codificato alcune eccezioni già vigenti rispetto al principio del necessario patrocinio dell'avvocato, di cui all'art. 22. La giurisprudenza di legittimità ha sempre riconosciuto la discrezionalità del legislatore in tema di disciplina dei casi in cui occorra il patrocinio di un avvocato ed ha considerato che all' art. 24 Cost., ed all' art. 6 n. 3 lett. c),Cedu (che prevede la possibilità di autodifesa esclusiva) non può attribuirsi il significato di riconoscimento di un diritto assoluto di difendersi in giudizio da sé, ma solo quello di riconoscimento di un diritto limitato dalla potestà dello Stato interessato di emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti agli organi giudiziari ( T.A.R.Piemonte I, 21 n. 502/2014). L'assistenza tecnica obbligatoria costituisce il riflesso dell'inviolabilità del diritto di difesa predicato dall' art. 24, comma 2, Cost. e rappresenta una regola generale cui la legge può derogare ma salvo il limite dell'effettività della garanzia della difesa su un piano di uguaglianza. Di conseguenza i casi di difesa personale della parte previsti dall'art. 23 sono da considerare eccezioni alla regola sul patrocinio obbligatorio (in materia di accesso, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell'Unione Europea di circolare nel territorio degli Stati membri), che proprio in quanto tali non ammettono interpretazione estensiva o analogica (Cons. St. V, n. 4146/2015). Tali eccezioni ricorrono, ai sensi dell'art. 23, nei giudizi: in materia di accesso e trasparenza amministrativa; — in materia elettorale; — relativi al diritto dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Ai sensi dell'art. 22 comma 1, nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali è obbligatorio il patrocinio di avvocato, salvo quanto previsto dal successivo art. 23, il quale consente la difesa personale delle parti solamente nei giudizi in materia di accesso ai documenti, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, e non anche per i ricorsi di ottemperanza ( T.A.R.Umbria I, n. 287/2013 ). L'unica novità è costituita dalla generalizzazione della difesa personale per l'intera materia elettorale, mentre l'art. 19 l. T.A.R. prevedeva la non necessità del ministero di procuratore o di avvocato per i giudizi in materia di operazioni elettorali, previsti dall'articolo 6 (controversie in materia di operazioni per le elezioni dei consigli comunali, provinciali e regionali). Inoltre, l'art. 95, comma 6, in base al quale «[a]i giudizi di impugnazione non si applica l'articolo 23, comma 1» ha escluso la possibilità della difesa personale nei giudizi di impugnazione) La necessità della difesa tecnica in appello per i giudizi di impugnazione che si svolgono davanti al Consiglio di Stato è stata confermata, in materia di accesso, dalla giurisprudenza che ha rilevato che l'art. 95, comma 6, stabilisce che « ai giudizi di impugnazione non si applica l'articolo 23, comma 1» (che prevede la possibilità di difesa personale delle parti, tra l'altro, nei giudizi in materia di accesso) così escludendo in maniera tassativa la possibilità di difesa personale delle parti nei giudizi in materia di accesso davanti al Consiglio di Stato (Cons.St., n. 2394/2017; Cons. St. IV n. 3760/2013; Cons. St. V, n. 5623/2011). Tale principio affermato è stato affermato anche in materia elettorale, dove si è dichiarato inammissibile il ricorso in materia elettorale presentato in appello senza il patrocinio di un avvocato quando il ricorrente non ha la qualità per esercitare l'ufficio di difensore (Cons. St. V, n. 2371/2015; Cons. St. V, n. 999/2011). Il Consiglio di Stato ha anche ritenuto manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 95, comma 6, c.p.a. per violazione degli artt. 3 e 76 della Costituzione, rilevando che: a) non sussiste eccesso di delega, atteso che l' art. 44. della l. n. 69 del 2009 indica tra i principi e criteri da seguire, la revisione e razionalizzazione dei riti speciali, e delle materie cui essi si applicano; b) non è irragionevole la disposizione sull'obbligatorietà dell'assistenza tecnica, atteso che il giudizio sull'accesso agli atti amministrativi verte su profili squisitamente tecnici, relativi alla ostensibilità (o meno) di documenti amministrativi. Non vi é nemmeno lesione del diritto di difesa, atteso che esso si caratterizza in primo luogo come diritto alla difesa tecnica, che si realizza mediante la presenza di un difensore dotato dei necessari requisiti di preparazione tecnico — giuridica, in grado di interloquire con le controparti e con il giudice, di modo che le ipotesi di difesa «personale» devono essere considerate, nel nostro ordinamento, eccezioni, proprio in considerazione della natura inviolabile del diritto di difesa e del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (Cons. St. V, n. 5623/2011). Tali principi erano già stati affermati dalla Consulta in relazione alle norme del codice di procedura penale che prevedono la difesa tecnica obbligatoria (Corte cost., n. 125/1979; Corte cost., n. 188/1980, aveva ulteriormente affermato che «spetta al legislatore, considerate le peculiarità strutturali e funzionali ed i diversi interessi in gioco nei vari stadi e gradi del procedimento, il dettare le concrete modalità per l'esercizio del diritto di difesa, alla condizione, s'intende, che esso venga, nelle diverse situazioni processuali, garantito a tutti su un piano d'uguaglianza ed in forme idonee». Anche la Commissione europea dei diritti dell'uomo ha avuto occasione di affermare che il diritto all'autodifesa non è assoluto, ma limitato dal diritto dello Stato interessato ad emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali (ric. 722/60). L'ultima ipotesi di difesa personale è prevista dall' art. 22 del d.lgs. 6 febbraio 2007 n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.), secondo cui i ricorsi, sottoscritti personalmente dall'interessato, possono essere presentati anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana; in tale caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorità giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza. La procura speciale al patrocinante legale è rilasciata avanti all'autorità consolare, presso cui sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento. La giurisprudenza esclude la possibilità che il difetto di procura sia sanato dalla costituzione della parte intimata, non trovando applicazione la norma di cui all' art. 182 c.p.c. Si è in particolare affermato il principio per cui, in tema di attività difensionale svolta da soggetto non abilitato, ai sensi dell'art. 39, le disposizioni del codice di procedura civile, vuoi in quanto compatibili vuoi in quanto espressione di principi generali, si applicano soltanto «per quanto non disciplinato dal presente codice»; e dunque solo in presenza di una lacuna normativa che non sia colmabile mediante il ricorso alla c.d. autointegrazione analogica (cioè interna al codice del processo amministrativo). Tali considerazioni permettono di concludere, avuto riguardo, al comma 1 dell'art. 22 e all'art. 44, comma 4-bis, (principio che è antitetico a quello in proposito vigente nel processo civile), che nel processo amministrativo non è comunque ammissibile la sanatoria retroattiva di cui trattasi ( T.A.R.Lazio, n.. 5130/2016; Cons. giust. amm. Sicilia, n. 117/2014). Anche alla parte che sta in giudizio personalmente si applicano le norme in tema di obbligatorietà del deposito telematico, di cui all'art. 136, comma 2 («i difensori costituiti, le parti nei casi in cui stiano in giudizio personalmente e gli ausiliari del giudice depositano tutti gli atti e i documenti con modalità telematiche. In casi eccezionali, il presidente può dispensare dall'osservanza di quanto previsto dal presente comma, secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all'articolo 13 delle norme di attuazione»; v. commento sub art. 136). Onde evitare che l'adozione di tali modalità processuali possa vanificare di fatto la possibilità per i cittadini di avvalersi della difesa personale, senza affidare l'incarico professionale a un avvocato, nei casi previsti dall' art. 23 c.p.a., è stato previsto il servizio c.d. “mini – URP”, istituito con la circolare del Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa presso tutti gli uffici giudiziari amministrativi, al quale i cittadini non muniti di un indirizzo PEC e della firma digitale potranno rivolgersi al fine di depositare presso il TAR o il Consiglio di Stato il ricorso con modalità cartacea (cfr. in Appendice, la Circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa, 21 febbraio 2017). Segue. Difesa delle P.A. in materia di accesso e qualifica del dipendenteIn materia di accesso, l' art. 25, comma 5-bis, l. n. 241/1990, stabiliva che le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore e che l'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell'ente. L'art. 116, comma 3, del Codice prevede ora che le amministrazioni possono essere rappresentate e difese da un proprio dipendente a ciò autorizzato, senza che sia necessario che lo stesso rivesta la qualifica dirigenziale, come in precedenza previsto. La necessità della qualifica dirigenziale per la difesa tecnica in materia di accesso si poneva in contraddizione con l'assenza di tale limitazione per la difesa della amministrazioni nel processo del lavoro e la modifica riporta a coerenza le due discipline (Nel processo del lavoro, in base all' art. 417-bis c.p.c., l'amministrazione può essere difesa da un proprio dipendente anche privo della qualifica dirigenziale.). Sotto altro profilo, la facoltà per l'amministrazione di essere rappresentata da un proprio dipendente non esenta il ricorrente dal rispetto generale delle norme processuali e, in particolare, di quelle relative alla notificazione del ricorso introduttivo presso la competente Avvocatura dello Stato. La previsione delle norme (oggi art. 23 c.p.a.) secondo cui nei ricorsi in materia di accesso ai documenti amministrativi il ricorrente può stare in giudizio personalmente senza l'assistenza di difensore, e che l'Amministrazione possa essere rappresentata da un proprio dipendente, non vale a superare la necessità che la notificazione del ricorso ad autorità statale debba avvenire presso la competente Avvocatura, a pena di inammissibilità (T.A.R.Calabria (Catanzaro) II, n. 1265/2012). 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