Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 82 - Perenzione dei ricorsi ultraquinquennaliPerenzione dei ricorsi ultraquinquennali
1. Dopo il decorso di cinque anni dalla data di deposito del ricorso, la segreteria comunica alle parti costituite apposito avviso in virtù del quale è fatto onere al ricorrente di presentare nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura di cui all'articolo 24 e dal suo difensore, entro centoventi giorni dalla data di ricezione dell'avviso. In difetto di tale nuova istanza, il ricorso è dichiarato perento 1. 2. Se, in assenza dell'avviso di cui al comma 1, è comunicato alle parti l'avviso di fissazione dell'udienza di discussione nel merito, il ricorso è deciso qualora il ricorrente dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione; altrimenti è dichiarato perento dal presidente del collegio con decreto. [1] Comma modificato dall'articolo 17, comma 7, lettera a) punto 3) del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2021, n. 113. Note operative
InquadramentoAccanto alla perenzione ordinaria, disciplinata dall'art. 81, il Codice ha confermato l'istituto della perenzione quinquennale (in origine era decennale), in base al quale è richiesto alle parti un nuovo atto di impulso del processo amministrativo per quei giudizi più vecchi per i quali il tempo trascorso può far dubitare della permanenza di un interesse alla decisione. L'istituto ha un chiaro intento deflativo del contenzioso e si differenzia dalla ipotesi di perenzione ordinaria in ragione del fatto che: i) l'atto di impulso è prerogativa esclusiva del ricorrente (e non delle altre parti costituite); ii) sussiste un onere di firma congiunta, per cui l'istanza di fissazione deve recare sia la firma della parte sia del difensore. La perenzione ultraquinquennaleUna speciale forma di perenzione venne introdotta dall' art. 9, comma 2, della legge n. 205 del 2000 per i ricorsi pendenti da oltre un decennio (periodo temporale poi ridotto ad un quinquennio dall' art. 54, d.l. 25 giugno 2008, n. 112). Per tali giudizi, a cura della segreteria deve essere notificato alle parti costituite, dopo il decorso di cinque anni dalla data di deposito dei ricorsi, apposito avviso in virtù del quale è fatto onere alle parti ricorrenti di presentare nuova istanza di fissazione dell'udienza con la firma delle parti entro sei mesi dalla data di notifica dell'avviso medesimo. I ricorsi per i quali non sia stata presentata nuova domanda di fissazione vengono, dopo il decorso infruttuoso del termine assegnato, dichiarati perenti. La perenzione ultraquinquennale costituisce una causa estintiva del giudizio rilevabile d'ufficio ai sensi dell' art. 83 dello stesso c.p.a., fondata su una presunzione di carenza di interesse conseguente al decorso di un lungo lasso di tempo dal deposito del ricorso, che spetta alla parte ricorrente superare con un'espressa manifestazione d'interesse alla decisione del merito. In tale evenienza, a nulla peraltro rileva la circostanza per cui nelle more della scadenza del termine, era stata fissata l'udienza di discussione – Cons. St. V, n. 2584/2015 ovvero che prima del compimento del quinquennio e che venisse recapitato il relativo avviso era stata depositata una istanza di prelievo e/o di fissazione di udienza, Cons. St. III, n. 5034/2014. La perenzione quinquennale può essere evitata solo dalla parte ricorrente attraverso la presentazione della nuova istanza di fissazione (Caringella-Protto, Manuale, 700). Qualora il ricorrente, una volta ricevuto l'apposito avviso di c.d. perenzione ultraquinquennale comunicato dalla Segreteria, non presenti nel termine di 120 giorni (termine ridotto dai precedenti 180 giorni dalla modifica dell'art. 82, apportata dall'articolo 17, comma 7, lettera a) punto 3) del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2021, n. 113) dalla data di ricezione dell'avviso una nuova istanza di fissazione di udienza (che deve essere sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura e dal suo difensore), il giudice dichiara l'estinzione del ricorso ( Cons. St. IV, n. 2204/2016; Cons. St. V, n. 5350/2014). Anche in relazione al termine di 180 giorni, previsto per la dichiarazione di interesse a seguito della comunicazione del decreto di perenzione, trova applicazione la sospensione feriale ( T.A.R. Lazio (Roma) III, 13 aprile 2016 n. 4376). La riduzione ad un quinquennio del periodo preso a riferimento per tale forma di perenzione aveva fatto sorgere il problema della possibilità, o meno, di definire i giudizi pendenti da oltre un quinquennio, fissati per la discussione di merito in assenza dell'avviso specifico da parte delle segreteria. Un orientamento teso a ritenere necessario l'avviso anche in caso di fissazione di udienza ha determinato una ulteriore modifica della norma, avvenuta ad opera del comma 1 dell' art. 57 della l. 18 giugno 2009, n. 69, con cui è stato stabilito che se, in assenza dell'avviso, è comunicata alle parti la fissazione dell'udienza di discussione nel merito, i ricorsi sono decisi qualora almeno una parte costituita dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione; altrimenti sono dichiarati perenti con decreto del presidente del collegio. Il Codice ha confermato tale sistema, imponendo una verifica della perduranza dell'interesse al giudizio dopo il decorso di un quinquennio dalla vocatio iudicis e prevedendo il verificarsi della perenzione qualora, dopo l'avviso trasmesso dalle segreterie, non sia presentata, entro centottanta giorni, una nuova istanza di fissazione di udienza sottoscritta dalla parte personalmente e dal suo difensore. L'istituto opera anche in appello. La perenzione deve ritenersi legittimamente dichiarata, una volta decorso il termine quinquennale dal deposito dell'appello senza aver presentato una nuova istanza di fissazione di udienza, previo avviso di segreteria ed all'esito dello spirare del termine di 180 giorni dalla comunicazione di tale avviso previsto per presentare una nuova istanza (ciò ai sensi degli artt. 82 comma 1 e 38, Cons. St. V, n. 177/2016). Deve essere dichiarato estinto per perenzione l'appello principale allorché l'appellante, una volta ricevuto l'apposito avviso di cd. perenzione ultraquinquennale abbia omesso di presentare una nuova istanza di fissazione di udienza, senza che possa evitare tale conclusione la presentazione dell'istanza di fissazione d'udienza da parte dell'appellato ( Cons. St. III, n. 3526/2013). In dottrina si è posta la questione se l'istituto sia applicabile anche al ricorrente incidentale (oltre che a quello principale), il quale anche sarebbe chiamato a proporre istanza di fissazione o manifestare il perdurante interesse alla causa. La questione appare risolta nel senso di escludere, in primo grado, il ricorrente incidentale da tale onere (sulla base del rilievo per cui il suo ricorso è sempre subordinato a quello principale). In sede di appello, invece, si equipara al ricorrente l'appellante incidentale autonomo (De Nictolis, Proc. amm., 1434) In caso di avviso di pendenza ultraquinquennale comunicato senza esito al solo appellante principale, in presenza di un appello incidentale, deve ritenersi che l'avviso relativo alla perenzione va comunicato anche all'appellante incidentale, in quanto la perenzione non è come l'improcedibilità, che può riguardare solo un ricorso, ma è un fatto estintivo dell'intero processo. Se un soggetto legittimato dà al processo l'impulso processuale, il processo resta in vita e per tutti. Si dovrebbe, tuttavia, distinguere tra appellante incidentale improprio e appellante incidentale proprio (ovvero condizionato) o appellante tardivo; solo nel primo caso l'appellante incidentale ha un potere di impulso, che prescinde dalla volontà dell'appellante principale e, quindi, solo nel primo caso va inviato il menzionato avviso. La nuova istanza di fissazione dell'udienza di discussione è incombente necessario ad evitare la perenzione dei ricorsi ultraquinquennali e deve essere firmata personalmente dal ricorrente, potendo ammettersene la sottoscrizione da parte del suo difensore solo se questi sia munito di procura speciale ad hoc. Ai sensi dell'art. 82 comma 1, la nuova istanza di fissazione d'udienza, da presentare dopo il decorso di cinque anni dalla data di deposito del ricorso ed entro 180 giorni dalla data di ricezione dell'avviso di segreteria, deve essere firmata non solo dal difensore ma anche dal ricorrente con la conseguenza che, ove manchi una delle due sottoscrizioni, il ricorso deve essere dichiarato perento ( Cons. St. V, n. 539/2011). Si tratta di un onere formale, quello della firma congiunta, giustificato dall'eccezionalità dell'istituto, più volte ribadito in giurisprudenza, dove si è anche precisato che, nel caso di ricorsi collettivi, l'istanza di fissazione di udienza deve essere presentata da tutti i ricorrenti (le posizioni soggettive di ciascuno dei ricorrenti rispetto all'atto impugnato non si comunicano agli altri, stante la pluralità di azioni autonome che si verifica). È, dunque, possibile che alcuni ricorrenti abbiano interesse alla prosecuzione del giudizio e decidano, quindi, di firmare l'istanza di fissazione di udienza ed altri, invece, di non coltivare più il giudizio ( T.A.R. Lazio (Roma), III 15 ottobre 2014, n. 10355). Ai sensi del comma 2, se in luogo dell'avviso di perenzione è comunicata alle parti la fissazione dell'udienza, per evitare la perenzione occorre che il ricorrente dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, il persistente interesse alla decisione. Ai sensi dell'art. 82 comma 2, qualora, in assenza dell'avviso di cui al precedente comma, sia comunicato alle parti l'avviso di fissazione dell'udienza in relazione ad un ricorso ultraquinquennale, la causa deve essere decisa solo se il ricorrente dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione. In difetto di tale dichiarazione, il ricorso deve essere dichiarato perento (T.A.R. Calabria (Catanzaro) II, 8 novembre 2010, n. 2668). La dichiarazione resa in udienza da parte del ricorrente con la quale manifesta la persistenza di interesse al ricorso, integra una condizione ostativa alla dichiarazione di perenzione del ricorso ultraquinquennale ( T.A.R. Lazio (Roma) II, 26 aprile 2016, n. 4760). La perenzione è una conclusione del giudizio senza una sentenza di merito e, di conseguenza, la sua applicazione va rigorosamente limitata alla sussistenza dei presupposti previsti dalla vigente disciplina, specie se si tratta di perenzione diversa da quella ordinaria. Pertanto, la peculiarità dell'istituto della perenzione c.d. quinquennale impone che vi sia piena certezza riguardo alla correttezza ed effettività della comunicazione dell'avviso di segreteria da cui dipende il decorso del termine per la riproposizione dell'istanza di fissazione ( Cons. St. VI, n. 3410/2016). Conseguentemente, se la notifica del decreto di perenzione da parte della segretaria non è regolare, non si può porre a carico della parte l'intervenuto decorso del termine entro il quale il difensore ha l'onere di depositare una dichiarazione sottoscritta dalla parte e dal difensore medesimo e notificata alla controparti, attestante il persistente interesse alla trattazione della causa ( Cons. St. III, n. 1326/2016) L'efficacia della comunicazione effettuata, ai sensi dell'art. 136, attraverso posta elettronica certificata non è condizionata alla indicazione da parte del difensore del proprio indirizzo Pec; pertanto il decreto di perenzione quinquennale, emanato ai sensi dell'art. 82, è validamente comunicato via Pec anche al difensore che non abbia indicato il suo relativo indirizzo Pec ( Cons. St. Ad. plen., n. 33/2014 che precisa che in caso di tardività dell'opposizione rispetto a tale comunicazione, non può essere concesso il beneficio dell'errore scusabile). Ciò vale pur a fronte di richiesta di parte a che le comunicazioni via pec siano effettuate presso il difensore e non presso il mero domiciliatario. In tal caso, la comunicazione ex art. 82 c.p.a., ai fini della manifestazione di interesse diretta a evitare la perenzione, è validamente effettuata presso il domiciliata rio (non ritenendo che, in mancanza di abrogazione esplicita, sia venuto meno l'obbligo per la parte di eleggere domicilio in Roma per i giudizi dinanzi al Consiglio di Stato) (Cons. St. IV, n. 4465/2016). In caso di pluralità di difensori della parte. è sufficiente che l'avviso di perenzione sia comunicato anche ad uno solo di essi ( Cons. St. V, n. 1606/2015) Nel caso di cessazione dell'attività dell'avvocato domiciliatario della parte ricorrente, l'avviso di perenzione va inviato al numero di fax del difensore, utilizzando il numero da quest'ultimo indicato nell'intestazione degli atti difensivi. Al riguardo, non rileva se tale ultimo numero sia diverso e non coincidente con quello risultante dall'albo, dovendosi dare rilievo, in virtù del generale principio dell'apparenza, a quello da questi indicato in giudizio ( T.A.R. Toscana I, 7 maggio 2015 n. 732). In caso di difensore revocato (ma in mancanza di una sua sostituzione), si ritiene valido il recapito dell'avviso di perenzione eseguito presso il suo studio, persistendo in capo all'originario difensore la legittimazione a ricevere gli atti nell'interesse della parte (T.A.R. Sicilia (Catania) IV, 25 settembre 2013, n. 2265). Non costituisce impedimento tale da consentire la rimessione in termini ai fini della manifestazione di interesse alla decisione del ricorso, il collocamento in quiescenza del co-difensore, qualora l'avviso sia stato notificato all'indirizzo PEC dell'amministrazione indicato negli atti di costituzione (T.A.R. Puglia (Bari) II, ord. 3 gennaio 2018 n. 7). In generale, è stato rilevato che l'istituto della perenzione ha una “doppia anima”, quella privatistica, legata alla constatazione di una tacita rinuncia agli atti del giudizio, e quella pubblicistica, la cui ratio è individuabile nell'esigenza di definizione delle controversie che vedano coinvolta la pubblica amministrazione nell'esercizio di poteri amministrativi. Tale causa di estinzione del giudizio risponde ad un superiore interesse pubblico alla definizione delle situazioni giuridiche inerenti l'esercizio del potere amministrativo entro termini ragionevoli in ossequio al principio costituzionale di ragionevole durata del processo; di conseguenza, non è ipotizzabile, perché nessuna norma lo prevede, sospendere o interrompere il corso del termine di centottanta giorni sancito dall'art. 82, comma 1, c.p.a. (Cons. St. IV, n. 3017/2018). Il rapporto tra la perenzione ultraquinquennale e la perenzione speciale prevista dall'art. 2 delle disposizioni transitorieSi rinvia al commento all' art. 1 disp. trans. c.p.a. per la speciale disposizione, concernente la definizione dei ricorsi pendenti da più di cinque anni alla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo. Ci si limita qui a segnalare che in tale sede è stato previsto che, nel termine di centottanta giorni dall'entrata in vigore del codice, le parti devono presentare una nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura e dal suo difensore, relativamente ai ricorsi pendenti da oltre cinque anni e per i quali non è stata ancora fissata l'udienza di discussione. In difetto, il ricorso è dichiarato perento con decreto del presidente. Tale meccanismo, severo nella sua applicazione, è temperato dalla ulteriore previsione, secondo cui se, nel termine di centottanta giorni dalla comunicazione del decreto, il ricorrente deposita un atto, sottoscritto dalla parte personalmente e dal difensore e notificato alle altre parti, in cui dichiara di avere ancora interesse alla trattazione della causa, il presidente revoca il decreto disponendo la reiscrizione della causa sul ruolo di merito. A differenza di quello contenuto nell'art. 85 comma 3,il meccanismo di cui all'art. 1 comma 2, disp. trans., prevede che il decreto di perenzione venga revocato nel caso in cui il ricorrente depositi atto di interesse entro 180 giorni dalla comunicazione del decreto, notificato alle altre parti ma tale atto di interesse deve essere non solo depositato, ma anche notificato a tutte le parti del giudizio, anche se non costituite (Cons. St. V, n. 2248/2015). Circa il rapporto tra le due forme di perenzione speciale, va esaminato il caso di avviso di pendenza ultraquinquennale antecedente meno di sei mesi al 16 settembre 2010; in questo caso l'onere di cui all'art. 1 disp. trans. è aggiuntivo e non assorbente rispetto a quello dell'art. 82. Se il termine per la istanza di fissazione di udienza era pendente alla data di entrata in vigore del codice, esso continua a decorrere, come si desume anche dall'art. 2 disp. trans. circa i termini già pendenti. Quindi, prevale la perenzione «ordinaria» ultraquinquennale, rispetto a quella prevista dalle norme transitorie; del resto, la perenzione ex art. 82 conclude il processo salvo opposizione e deve, quindi, prevalere su quella ex art. 1 delle norme transitorie, essendo quest'ultima solo una perenzione condizionata alla mancanza nei 180 giorni di una dichiarazione di interesse alla decisione del ricorrente. Inoltre, l'opposizione al decreto di perenzione pronunciato ai sensi dell' art. 82 c.p.a. deve contenere contestazioni sulla regolarità della procedura seguita o altre censure, non potendosi limitare ad esporre la persistenza di interesse alla trattazione della causa e a chiedere la revoca del decreto e la reiscrizione della causa sul ruolo; invece, per l'opposizione al decreto di perenzione pronunciato ai sensi dell' art. 1, comma 1, dell'allegato 3 al c.p.a. è sufficiente il deposito di un atto sottoscritto dalla parte e dal difensore (notificato alle parti) con cui si dichiara la persistenza di interesse alla trattazione della causa per ottenere la revoca del decreto di perenzione e la reiscrizione della causa sul ruolo (Cons. St. V, n. 5350/2014). 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