Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 99 - Deferimento all'adunanza plenaria

Roberto Chieppa

Deferimento all'adunanza plenaria

 

1. La sezione cui è assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o d'ufficio può rimettere il ricorso all'esame dell'adunanza plenaria. L'adunanza plenaria, qualora ne ravvisi l'opportunità, può restituire gli atti alla sezione 1.

2. Prima della decisione, il presidente del Consiglio di Stato, su richiesta delle parti o d'ufficio, può deferire all'adunanza plenaria qualunque ricorso, per risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali.

3. Se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall'adunanza plenaria, rimette a quest'ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.

4. L'adunanza plenaria decide l'intera controversia, salvo che ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente.

5. Se ritiene che la questione è di particolare importanza, l'adunanza plenaria può comunque enunciare il principio di diritto nell'interesse della legge anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l'estinzione del giudizio. In tali casi, la pronuncia dell'adunanza plenaria non ha effetto sul provvedimento impugnato 2.

Inquadramento

Nella giustizia amministrativa, come avviene per la Cassazione con le Sezioni Unite, il ruolo di nomofilachia viene svolto dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. a cui possono essere deferite le controversie vertenti su questioni che hanno dato luogo o possono dare luogo a contrasti giurisprudenziali.

Il ruolo di nomofilachia dell'Adunanza plenaria è rafforzato dalla previsione, secondo cui se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall'adunanza plenaria, rimette a quest'ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.

Non è quindi possibile una decisione diversa in assenza di remissione, anche se il principio è attenuato quando viene in gioco una questione di diritto dell'Unione europea (v. oltre).

In caso di rimessione all'Adunanza plenaria, questa decide comunque l'intera controversia, salvo che ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente

In analogia con quanto previsto per la Cassazione, se ritiene che la questione è di particolare importanza, l'adunanza plenaria può comunque enunciare il principio di diritto nell'interesse della legge

Il deferimento all'adunanza plenaria da parte di una Sezione del Consiglio di Stato

Al fine di assicurare uniformità alla giurisprudenza del Consiglio di Stato viene confermata la peculiare funzione nomofilattica dell'Adunanza Plenaria.

Si prevede che il deferimento della controversia all'Adunanza Plenaria possa essere disposto dalla sezione cui è assegnato il ricorso o dal presidente del Consiglio di Stato.

Va segnalato che nel corso dei lavori della Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato era stata valutata la possibilità di prevedere come obbligatorio il deferimento all'adunanza plenaria nel caso in cui una sezione del Consiglio di Stato non condividesse un principio già affermato alla plenaria.

Tale soluzione non era prevalsa, ma è stata poi inserita dal Governo, che, recependo un'osservazione formulata dalla Commissione Affari costituzionali del Senato — e al precipuo fine di rendere effettivo il carattere di giurisdizione superiore del Consiglio di Stato, in coerenza con gli artt. 103, comma 1, 125 e 135, comma 1, della Costituzione — ha previsto che la sezione cui è assegnato il ricorso, se ritiene di non condividere un principio di diritto formulato dall'Adunanza Plenaria, rimette a quest'ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.

Il vincolo del precedente espresso dall'Adunanza Plenaria non può ritenersi lesivo del principio di cui all'art 101, comma 2, Cost., secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge, poiché la Sezione del Consiglio di Stato, ove non condivida il principio espresso dalla Plenaria, non è tenuta a decidere in modo difforme dal proprio convincimento, dovendo invece interpellare la stessa Plenaria con ordinanza motivata (Cons. St. VI, n. 6858/2018). Peraltro, l'eventuale violazione delle norme del codice di rito amministrativo sul vincolo alle sezioni semplici del principio di diritto pronunciato dall'adunanza plenaria si risolverebbe in un ipotetico error in iudicando, tutto interno alla giurisdizione speciale e così insuscettibile di assurgere a presupposto del peculiare - ed ormai, dopo la citata Corte cost. n. 6/2018, assolutamente residuale - ricorso ai sensi dell'art. 111 co. 8 Cost. (Cass. S.U., n. 30869/2018).

In ogni caso, la violazione dell'art. 99 comma 3, che impone a una sezione del Consiglio di Stato di rimettere la questione all'adunanza plenaria se ritenga di non condividere un principio di diritto già affermato dalla stessa adunanza plenaria, non costituisce motivo per proporre il ricorso per revocazione per errore di fatto ( Cons. St. III, n. 4185/2014).

È sorto un dubbio circa la competenza a interpretare le decisioni della Plenaria e la questione è stata rimessa alla stessa Plenaria al fine di stabilire se l'interpretazione del principio di diritto da essa enunciato, ove ne sia in discussione la “portata” competa alla medesima Adunanza Plenaria, cui il giudice remittente, ove abbia perplessità (ex officio o a ciò sollecitato dalle parti), è tenuto a rimettere la questione, ovvero se tale interpretazione possa essere svolta dalla stessa Sezione cui è assegnato il ricorso, esulando tale fattispecie dall'obbligo di cui all'art. 99, comma 3 (Cons. St. IV, ord. n. 3805/2017).

Con l'entrata in vigore dell'art. 99 è stato ritenuto che gli strumenti a disposizione del Consiglio di Stato – giudice di vertice della giurisdizione amministrativa – per perseguire la propria funzione nomofilattica vengono equiparati a quelli della Corte di cassazione (Travi, 313).

 E' stato posto il problema circa gli effetti di un cambio di orientamento del giudice della nomofilachia (se solo futuri o anche applicabili ai rapporti in corso) e la risposta è stata nel senso della non limitazione ai soli rapporti futuri, avendo gli enunciati giurisprudenziali natura formalmente dichiarativa; una diversa opinione «finisce per attribuire alla esegesi valore ed efficacia normativa in contrasto con la logica intrinseca della interpretazione e con il principio costituzionale della separazione dei poteri venendosi a porre in sostanza come una fonte di produzione». Affinché un orientamento del giudice della nomofilachia possa avere efficacia solo per il futuro devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: «a) che si verta in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; b) che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso; c) che il suddetto overruling comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte» (Cons. St. Ad. Plen., n. 1/2018, che richiama Cass. 11 marzo 2013, n. 5962).

Nelle more della soluzione, in un diverso giudizio di una rimessione all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, è possibile la c.d. sospensione impropria “in senso lato” del processo, ossia disposta, in un dato giudizio, avente carattere pregiudiziale anche nel giudizio de quo, costituisce, al pari della c.d. sospensione impropria, che va adottata previo contraddittorio ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a. e solo se le parti o almeno una di esse non chiedano di poter interloquire davanti alla Plenaria, nel qual caso va disposta una nuova rimessione (Cons. St. Ad. Plen. n. 4/2024).

Il deferimento all'adunanza plenaria da parte del Presidente del Consiglio di Stato

Il deferimento di una controversia all'Adunanza plenaria può avvenire anche da parte del Presidente del Consiglio di Stato, su richiesta delle parti o d'ufficio al fine di risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali.

Va innanzitutto precisato che sul punto il Codice non ha innovato, essendosi limitato a riprodurre una norma esistente (art. 39 T.U. Cons. Stato) e che analogo potere è attribuito al Presidente della Suprema Corte di Cassazione dall'art. 374 c.p.c.

Al riguardo, sono stati sollevati dubbi sul fatto che tale potere possa essere ritenuto violativo del principio del giudice naturale.

In realtà, non si tratta di un potere «libero», ma rimesso a determinati presupposti: risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali.

Inoltre, il principio del giudice naturale non può essere invocato per contestare l'attribuzione di una controversia all'Adunanza plenaria anziché ad una sezione del Consiglio di Stato, in quanto il giudice naturale precostituito per legge è l'ufficio giudiziario individuabile secondo i criteri di competenza previamente stabiliti, rispetto a fattispecie astratte, dall'ordinamento processuale; e non ricorrono rapporti di competenza tra le varie sezioni in cui si articolano gli uffici giudiziari complessi (Corte cost. n. 271/1989).

Il principio della precostituzione per legge del giudice naturale è leso soltanto quando il giudice è designato in modo arbitrario e «a posteriori», oppure direttamente dal legislatore in via di eccezione singolare alle regole generali, ovvero attraverso atti di soggetti ai quali sia attribuito il relativo potere in violazione della riserva assoluta di legge stabilita dall' art. 25, comma 1, Cost., ma non anche qualora l'identificazione del giudice competente sia operata dalla legge sulla scorta di criteri dettati preventivamente, oppure con riferimento ad elementi oggettivi capaci di costituire un «discrimen» della competenza o della giurisdizione dei diversi organi giudicanti ( Corte cost. n. 176/1998).

Per un caso di rimessione d'ufficio v. Cons. St., d.P.C.d.S., 24 maggio 2021 n. 160 per la questione della disapplicazione delle norme con cui sono state introdotte proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime.

Il giudizio davanti alla Adunanza Plenaria e il principio di diritto

Allo scopo di assicurare la ragionevole durata del processo evitando decisioni frazionate della lite, si prevede che l'Adunanza Plenaria decida l'intera controversia, anche se con il secondo correttivo ( d.lgs. 14 settembre 2012, n. 160) è stato aggiunto che l'adunanza plenaria, qualora ne ravvisi l'opportunità, può restituire gli atti alla sezione.

Ai sensi dell'art. 99, comma 4, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, investita di una questione oggetto di contrasto giurisprudenziale, in omaggio al principio di economia processuale e per esigenze di celerità, di regola decide la controversia anche nel merito, salva la necessità di ulteriori esigenze istruttorie, nel caso di specie insussistenti ( Cons. St.  Ad. plen. , n. 31/2012 e Cons. St.  Ad. plen. , n. 22/2012).

Inoltre, in conformità a quanto stabilito dall' art. 363 c.p.c. ed in coerenza con la natura delle giurisdizioni superiori, viene previsto che l'Adunanza Plenaria, nei casi in cui definisce il giudizio con una sentenza di rito, possa enunciare comunque il principio di diritto nell'interesse della legge.

Si ricorda che tale facoltà era stata esercitata dalla cassazione proprio in occasione di una importante decisione sulla c.d. pregiudiziale amministrativa ( Cass.  S.U.,n. 30254/2008). L' art. 99, comma 5, d.lgs. n. 104/2010 attribuisce la facoltà all'Adunanza plenaria di esprimere principi di diritto, qualora ritenga la questione di particolare importanza anche quando dichiari il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l'estinzione del giudizio ( Cons. St.  Ad. plen. , n. 14 /2011).

Con riguardo alla possibilità che la Adunanza plenaria enunci il solo principio di diritto è stata posta la questione del carattere astratto o concreto del principio di diritto e della idoneità del principio di diritto ad assumere valore di cosa giudicata e fungere così da parametro per l'ipotesi revocatoria di cui all'art. 395 n. 5 c.p.c.,

Al riguardo, va rilevato che in caso di remissione la Adunanza plenaria ha le seguenti alternative:

a) decidere l'intera controversia, in particolare laddove non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto;

b) enunciare il principio di diritto e rimettere per il resto il giudizio alla Sezione remittente, alla quale spetterà, evidentemente, il compito di contestualizzare il principio espresso in relazione alle peculiarità del caso sottoposto al suo giudizio o, comunque, enunciare il principio di diritto nell'interesse della legge anche laddove l'Adunanza plenaria dichiari il ricorso inammissibile o improcedibile ovvero dichiari l'estinzione del giudizio.

La stessa Adunanza plenaria ha precisato che l'articolo 99, comma 4 deve essere inteso nel senso di rimettere all'Adunanza plenaria la sola opzione fra l'integrale definizione della controversia e l'enunciazione di un principio di diritto, mentre non è predicabile (per ragioni sia testuali, che sistematiche) l'ulteriore distinzione in princìpi di diritto di carattere astratto e princìpi maggiormente attinenti alle peculiarità del caso concreto, aggiungendo che ai princìpi di diritto enunciati dall'Adunanza plenaria non può essere riconosciuta l'autorità della cosa giudicata e che l'attività di contestualizzazione e di sussunzione del principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria in relazione alle peculiarità del caso concreto spetta alla Sezione cui è rimessa la decisione del ricorso (Cons. St. Ad. Plen., n. 2/2018) v. il commento di De Siano.

Ciò significa che laddove l'Adunanza plenaria ritenga di poter dettare conclusivamente la regola del caso concreto, potrà (e dovrà) semplicemente avvalersi del potere di integrale definizione della controversia.

Le pronunce dell'Adunanza Plenaria, specie nel caso in cui la stessa enunci un principio di diritto, hanno natura essenzialmente interpretativa e, analogamente alle sentenze di annullamento e a quelle di incostituzionalità, hanno efficacia nei giudizi in corso; In taluni casi tuttavia, la medesima esigenza di certezza del diritto che muove all'enunciazione del principio può indurre l'Adunanza Plenaria a stabilire che la propria decisione produca effetti unicamente pro futuro, escludendone la retroattività mediante il ricorso al c.d. prospective overruling, istituto creato nel diritto nordamericano degli anni trenta proprio per mitigare gli effetti della naturale retroattività̀ dei revirement delle corti supreme (Cons. St. VI, n. 6858/2018).

Per configurare il c.d. prospective overruling, è necessaria la concomitante presenza dei seguenti tre presupposti:

1) l'esegesi deve incidere su una regola del processo;

2) l'esegesi deve essere imprevedibile ovvero seguire ad altra consolidata nel tempo tale da considerarsi diritto vivente e quindi da indurre un ragionevole affidamento;

3) l'innovazione comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa.

L'enunciazione da parte dell'Adunanza plenaria di un principio di diritto non determina nei confronti della Sezione remittente un vincolo di giudicato; infatti, l'enunciazione da parte dell'Adunanza plenaria di un principio di diritto nell'esercizio della propria funzione nomofilattica non integra l'applicazione alla vicenda per cui è causa della regula iuris enunciata e non assume quindi i connotati tipicamente decisori che caratterizzano le decisioni idonee a far stato fra le parti con l'autorità della cosa giudicata con gli effetti di cui all'articolo 2909 c.c. e di cui all'articolo 395, n. 5) c.p.c. .

Il vincolo del giudicato può pertanto formarsi unicamente sui capi delle sentenze dell'Adunanza plenaria che definiscono – sia pure parzialmente – una controversia, mentre tale vincolo non può dirsi sussistente a fronte della sola enunciazione di princìpi di diritto la quale richiede – al contrario – un'ulteriore attività di contestualizzazione in relazione alle peculiarità della vicenda di causa che non può non essere demandata alla Sezione remittente.

Nelle ipotesi in cui l'Adunanza plenaria (avvalendosi di un potere decisorio certamente ammesso dall'articolo 99, comma 4) si sia avvalsa della facoltà di definire con sentenza non definitiva la controversia, restituendo per il resto il giudizio alla Sezione remittente (se del caso, previa enunciazione di un principio di diritto), il giudice a quo potrà definire con la massima latitudine di poteri decisionali i capi residui della controversia che gli sono stati demandati, restando tuttavia astretto al vincolo del giudicato formatosi sui capi definiti dall'Adunanza plenaria.

Del resto, anche la giurisprudenza della Cassazione ha affermato in coerenza con tali principi che: le sentenze di cassazione con rinvio non costituiscono giudicato, potendosi quest'ultimo formare soltanto sulla sentenza che decide definitivamente la causa nel merito (Cass. n. 19301/2014) e che il giudicato può formarsi soltanto sui capi della sentenza aventi contenuto decisorio e non anche sui princìpi di diritto autonomamente considerati (Cass. n. 21561/2010).

In coerenza con tale orientamento, la stessa Cassazione ha affermato che allorquando l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato non opta per la risoluzione della controversia ma si limita alla sola enunciazione di un principio di diritto, la relativa statuizione è  priva dei caratteri della decisorietà e definitività e, inidonea a divenire giudicato, non è suscettiva di immediata ricorribilità per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, in particolare sotto il profilo dell'eccesso di potere giurisdizionale (Cass. S.U., n. 27842/2019).

Con riferimento alla fase cautelare è stato precisato che la pubblicazione dell'ordinanza di rimessione all'Adunanza plenaria non può essere equiparata, ai fini della decorrenza di un nuovo termine a difesa ex art. 55, comma 5, alla proposizione del ricorso introduttivo di un autonomo giudizio, inserendosi, al contrario, in via incidentale, nell'ambito del medesimo processo già incardinato presso la Sezione rimettente (Cons. St. Ad. Plen., ord. n. 1/2018).

In diversi casi la Adunanza plenaria ha restituito gli atti del giudizio alla sezione deferente ex art. 99, comma 1, ultima parte, quando la questione posta alla sua attenzione non presenti i requisiti della esaustività dell'esposizione e della rilevanza (Cons. St. Ad. Plen. , ord. n. 14/2023) ; ove la questione posta alla sua attenzione sia da scrutinare solo dopo il preventivo vaglio, per ragioni di priorità logica o graduazione dei motivi, di altre questioni dedotte con il medesimo ricorso (Cons. St. Ad. Plen. , ord. n. 13/2023) ; qualora la Sezione abbia deferito all'Adunanza plenaria questioni concernenti l'applicazione e l'interpretazione del principio di diritto già in precedenza affermato dalla stessa con valenza nomofilattica (Cons. St. Ad. Plen. , ord. n. 11/2023) .

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato  ha ribadito che l'art. 28, comma 2, del codice del processo amministrativo va interpretato nel senso che – nel giudizio proposto da altri avverso un atto generale o ad effetti inscindibili per una pluralità di destinatari – è inammissibile l'intervento adesivo-dipendente del cointeressato che abbia prestato acquiescenza al provvedimento lesivo e ha aggiunto che qualora sia pendente innanzi all'Adunanza Plenaria un giudizio nel quale si faccia questione di profili di illegittimità di un atto generale regolatorio, avente effetti nei confronti di una intera categoria di operatori economici, è inammissibile l'intervento – innanzi alla medesima Adunanza Plenaria ‒ di chi abbia impugnato il medesimo atto con un ricorso ancora pendente innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (Cons. St. Ad. plen., n. 15/2024; v. il commento all'art. 28 anche con riferimento all'annullamento di una sentenza della Plenaria da parte della Cassazione per violazione delle norme sull'intervento).

Il contrasto con il diritto dell'U.E. quale limite al ruolo di nomofilachia della Adunanza plenaria

È stato evidenziato come in presenza di un principio affermato dalla Plenaria le Sezioni semplici del Consiglio di Stato non possono discostarsi ma possono solamente rimettere nuovamente la questione alla Adunanza plenaria.

Tale regola subisce una attenuazione se il dubbio della Sezione del Consiglio di Stato riguarda un possibile contrasto con il diritto dell'Unione europea.

Al riguardo, con riferimento ad alcune questioni relative al rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale in materia di appalti (v. il commento all'art. 42), la Corte di Giustizia ha precisato che il vincolo nomofilattico derivante dalle decisioni della Adunanza plenaria non può limitare le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato nel sottoporre direttamente questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia, qualora ritengano il principio espresso dalla Plenaria in contrasto con il diritto comunitario o nel dare diretta applicazione del diritto dell'U.E., la cui interpretazione è già stata chiarita dai giudici di Lussemburgo (Corte giust. UE, Grande Camera, 5 aprile 2016, C-689/13, Puligienica Facility Esco).

Alla luce dell'orientamento espresso dalla Corte di giustizia nella citatasentenza 5 aprile 2016, C-689/13, l' art. 99, comma 3, c.p.a. deve, dunque, essere interpretato nel senso che:

a) la Sezione cui è assegnato il ricorso, qualora non condivida un principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria su una questione vertente sull'interpretazione o sulla validità del diritto dell'Unione Europea, può adire la Corte di giustiziaexart. 267Tfueai fini di una pronuncia in via pregiudiziale, anche senza rimettere previamente la questione all'Adunanza plenaria affinché questa riveda il proprio orientamento;

b) la Sezione cui è assegnato il ricorso, dopo aver ricevuto la risposta della Corte di giustizia ad una questione vertente sull'interpretazione del diritto dell'Unione Europea da essa sottopostale, o allorché la giurisprudenza della Corte di giustizia abbia già fornito una risposta chiara alla suddetta questione, deve essa stessa fare tutto il necessario affinché sia applicata tale interpretazione del diritto dell'Unione Europea.

I principi così enunciati consentono, dunque, alle Sezioni cui è assegnato il ricorso sia di poter adire direttamente la Corte di giustizia, senza dovere prima rimettere la questione all'Adunanza plenaria, sia di poter disattendere il principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria, ove esso risulti manifestamente in contrasto con una interpretazione del diritto dell'Unione già fornita, in maniera chiara ed univoca, dalla giurisprudenza comunitaria ( Cons. St.Ad. plen., n. 19/2016, secondo cui ciò non toglie, tuttavia, che l'Adunanza plenaria, nei casi, come quello del presente giudizio, in cui sia stata investita dalla sezione cui è assegnato il ricorso di una questione diretta a provocare in senso lato un «ripensamento» (una revisione o anche solo una specificazione, una mitigazione oppure semplicemente un chiarimento) su un principio di diritto precedentemente enunciato, possa pronunciarsi sulla relativa questione, eventualmente anche dando seguito ai dubbi di corretta interpretazione del diritto dell'Unione Europea prospettati dalle Sezione, rimettendo alla Corte di giustizia la questione pregiudiziale ai sensi dell' art. 267 Tfue.).

Per una prima applicazione di questi principi v. Cons. St. VI, ord. coll., n. 167/2017, che ha sollevato questione pregiudiziale ex art. 267 Tfue in un caso in cui era intervenuta una sentenza non definitiva dell'Adunanza plenaria, che dopo aver enunciato il principio di diritto aveva restituito gli atti alla sezione remittente. La VI Sezione ha rilevato che all'ammissibilità del rilievo della questione pregiudiziale non osta la circostanza che sull'oggetto del contendere si sia espressa l'Adunanza plenaria con una pronuncia da qualificare come sentenza non definitiva ai sensi degli articoli 33, comma 1, lettera a), e 36, comma 2, su cui si è formato il giudicato interno nel senso di esplicare effetti vincolanti all'interno del processo e di precludere, secondo le norme processuali di diritto nazionale, ogni correlativo riesame. Infatti, l'Adunanza plenaria – la quale, ai sensi dell'articolo 99, comma 4, è investita del potere decisorio sull'intera controversia, salvo che (come nel caso di specie) ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla Sezione remittente – con l'enunciazione dei richiamati principi di diritto ha definito le correlative questioni di merito con statuizione di natura decisoria che, nel presente processo, acquista efficacia di giudicato interno.

Si trattava, quindi, di un caso in cui la sentenza dell'Adunanza plenaria non era munita della sola autorità dellostare decisis sancita dall'articolo 99, comma 3 in correlazione alla funzione nomofilattica ad essa attribuita, laddove è previsto che le Sezioni del Consiglio di Stato, qualora ritengano di non condividere un principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria (evidentemente, nell'ambito di un processo diverso da quello trattato dalla Sezione), rimettono a quest'ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso (autorità dello stare decisis che, secondo la citata sentenza della Corte giustizia UE 5 aprile 2016, C-689/13 è «cedevole» in caso di sospettato contrasto della sentenza dell'Adunanza plenaria con il diritto euro-unitario), ma era anche munita di efficacia di giudicato interno con l'effetto, sancito dal diritto processuale interno, di precludere il riesame di ogni relativa questione nell'ambito del presente giudizio.

Anche tale elemento non è stato ritenuto preclusivo dal Consiglio di Stato per sollevare la questione pregiudiziale, sulla base del rilievo che la Corte di giustizia UE – facendo ricorso alla sua nota impostazione secondo cui, pur in mancanza di una (anche soltanto implicita) competenza comunitaria in materia processuale, l'effettività del diritto comunitario comporta che l'autonomia procedurale lasciata agli stati membri incontri i limiti della parità di trattamento tra situazioni interne e situazioni comunitarie (principio di equivalenza) e della garanzia della loro effettiva tutela (principio di effettività), essendo altrimenti il giudice obbligato ad interpretare le regole processuali in modo conforme ad assicurare l'effettiva applicazione del diritto UE – ha ripetutamente affermato il principio secondo cui può essere messo in discussione anche l'accertamento compiuto nella sentenza del giudice nazionale passata in giudicato, perché in contrasto con il diritto dell'Unione, su cui non sia stato effettuato un rinvio pregiudiziale, al fine di consentire l'effettiva e corretta applicazione della normativa euro-unitaria (v., ex plurimis, Corte giustizia UE, 3 settembre 2009, in causa C- 2/08, Olimpiclub; Corte giustizia CE, 14 dicembre 1995, in causa C-312/93, Peterbroeck; Corte giustizia CE, 16 dicembre 1976, in causa C-33/76, Rewe).

Una forma speciale di rimessione per saltum alla Adunanza plenaria

Con il d.l. 31 agosto 2016 n. 168, conv. l. 25 ottobre 2016, n. 197 era stata introdotta in via temporanea una speciale ipotesi di rimessione per saltum alla Adunanza plenaria da parte del Tar delle questioni processuali concernenti il processo amministrativo telematico per garantirne l'uniforme applicazione (norma non prorogata e quindi non più in vigore)..

L' art. 7 del citato d.l. n. 168/2016 introduce l'art. 13-bisdelle disposizioni di attuazioni del Codice del processo amministrativo e stabilisce che «Per un periodo di tre anni a decorrere dal 1° gennaio 2017, il collegio di primo grado cui è assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame e vertente sull'interpretazione e sull'applicazione delle norme in tema di processo amministrativo telematico ha già dato luogo a significativi contrasti giurisprudenziali rispetto a decisioni di altri tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato, tali da incidere in modo rilevante sul diritto di difesa di una parte, con ordinanza emanata su richiesta di parte o d'ufficio e pubblicata in udienza, può sottoporre al presidente del Consiglio di Stato istanza di rimessione del ricorso all'esame dell'adunanza plenaria, contestualmente rinviando la trattazione del giudizio alla prima udienza successiva al sessantesimo giorno dall'udienza in cui è pubblicata l'ordinanza. Il presidente del Consiglio di Stato comunica l'accoglimento della richiesta entro trenta giorni dal ricevimento, e in tal caso nell'udienza davanti al tribunale il processo è sospeso fino all'esito della decisione dell'adunanza plenaria. La mancata risposta del presidente del Consiglio di Stato entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta equivale a rigetto. L'adunanza plenaria è convocata per una data non successiva a tre mesi dalla richiesta e decide la sola questione di diritto relativa al processo amministrativo telematico.»

L'introduzione dell'istituto è stata ispirata al modello francese della demande de avis (Code de justice administrative, art. L. 113, secondo cui giudici di grado inferiore possono chiedere al Conseil d'Etat un parere su di «una questione di dritto nuova, che presenti serie difficoltà e che si ponga in numerosi giudizi»). Secondo il citato d.l. la decisione della Plenaria è vincolante per il giudice remittente, mentre nel sistema francese il parere non è vincolante, anche se è generalmente seguito dai giudici remittenti.

Bibliografia

Briguglio, Appunti sulle sezioni unite civili, in Riv. dir. proc. 2015, 16; De Siano, Il principio di diritto espresso dall'Adunanza plenaria quale norma giuridica, nota a Cons. St., Ad. Plen., 23 febbraio 2018, n. 2, in Giur. it., 2018, 7, 1687; Fornaciari, La decisione della cassazione a seguito della riforma del 2006: l'enunciazione del principio di diritto, l'accoglimento con rinvio ed il vincolo delle sezioni semplici al precedente delle sezioni unite, in Giusto processo civ. 2013, 1091; Lipari, Impugnazioni in generale, in Quaranta - Lopilato (a cura di), Il processo amministrativo, Milano 2011; Morelli, L'enunciazione del principio di diritto, in Aa.Vv., La Cassazione civile. Lezioni dei magistrati della Corte suprema italiana, Bari, 2015, 415; Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino 2010.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario