Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 134 - Materie di giurisdizione estesa al merito

Roberto Chieppa

Materie di giurisdizione estesa al merito

 

1. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto:

a) l'attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato nell'ambito del giudizio di cui al Titolo I del Libro IV;

b) gli atti e le operazioni in materia elettorale, attribuiti alla giurisdizione amministrativa;

c) le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti e quelle previste dall'articolo 1231;

d) le contestazioni sui confini degli enti territoriali;

e) la classificazione delle opere cinematografiche per la visione dei minori di cui al decreto legislativo attuativo della delega di cui all'articolo 33 della legge 14 novembre 2016, n. 220 2

[1] Lettera modificata dall'articolo 1, comma 1, lettera mm), del D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195. La Corte Costituzionale, con sentenza 27 giugno 2012, n. 162 (in Gazz. Uff., 4 luglio, n. 27), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del TAR Lazio - sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB). Da ultimo, la Corte Costituzionale, con sentenza 15 aprile 2014, n. 94 (in Gazz.Uff., 23 aprile, n. 18), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della presente lettera, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, e alla competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - sede di Roma le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Banca d'Italia.

Inquadramento

Accanto alla giurisdizione generale di legittimità, avente ad oggetto la contestazione — per uno dei tre tradizionali vizi di legittimità appunto — di provvedimenti amministrativi lesivi di una posizione di interesse legittimo, al giudice amministrativo può essere attribuita una giurisdizione estesa al merito, che si aggiunge a quella di legittimità e da ritenersi eccezionalmente limitata ai tassativi casi indicati dalla legge, in cui il g.a. ha un potere diretto di accertamento con possibilità di sostituzione della p.a. e diretta riforma degli atti impugnati.

Nella giurisdizione estesa al merito il potere del giudice non è limitato alla valutazione della legittimità del provvedimento impugnato, ma si può estendere alla opportunità dello stesso, al merito appunto.

Il merito quale limite esterno della giurisdizione amministrativa

Un limite esterno alla giurisdizione amministrativa è rappresentato dal c.d. merito amministrativo: il giudice amministrativo può, di regola, solo sindacare la legittimità del provvedimento, e non anche la sua opportunità, con la conseguenza che il merito delle scelte discrezionali compiute dalla p.a. sfugge, di regola, al controllo giurisdizionale.

Si parla, proprio per questo, di giurisdizione generale di legittimità, rispetto alla quale la giurisdizione estesa al merito costituisce una eccezione.

La violazione dei limiti esterni della giurisdizione integra gli estremi di una questione di giurisdizione ed è deducibile ai sensi dell' art. 362 c.p.c.

Va evidenziato come la tendenza verso un sindacato effettivo del g.a. (descritta oltre) rischi di essere frenata da una giurisprudenza della Cassazione, che, nell'interpretare in maniera estensiva il proprio controllo sui limiti esterni della giurisdizione, ha annullato alcune decisioni del Consiglio di Stato per il superamento di detti limiti, affermando che il sindacato che il g.a. è chiamato a compiere sulle valutazioni anche tecniche della p.a. deve essere mantenuto sul piano della «non pretestuosità» della valutazione degli elementi di fatto compiuta e non può pervenire ad evidenziare una mera «non condivisibilità» della valutazione stessa; l'adozione del criterio della «non condivisione» si traduce in uno sconfinamento nell'area della discrezionalità amministrativa, ossia in un superamento dei limiti esterni della giurisdizione tale da giustificare l'annullamento della pronuncia del g.a., e non in un semplice errore di giudizio, che sarebbe insindacabile davanti alla Cassazione (Cass.S.U., n. 2312/2012, che ha annullato una sentenza del Consiglio di Stato, con cui era stata annullata l'esclusione da una gara di una impresa per gravi pregresse inadempienze nei confronti della p.a., ritenute insussistenti dal g.a. anche all'esito di una Ctu; per una applicazione dei limiti esterni con riferimento al sindacato del g.a. sugli atti del Csm v. Cass.S.U., n. 19787/2015, che anche annulla una sentenza del g.a. per aver operato una valutazione di merito su una delibera del Csm, apprezzandone la ragionevolezza; per questo tipo di contenzioso).

Una siffatta dilatazione del controllo della Cassazione sui limiti esterni comporta il rischio di affievolire l'intensità del sindacato del g.a. sulla discrezionalità, anche tecnica, della p.a. in modo di dubbia compatibilità con i principi costituzionali e della giurisprudenza della Cedu, che proprio in una controversia relativa ad un settore in cui si è posto il problema del sindacato sulla c.d. discrezionalità tecnica (controversie in materia di sanzioni antitrust), ha rilevato che proprio il controllo di piena ed effettiva giurisdizione esercitato in concreto dal Consiglio di Stato conduce ad escludere la violazione dell' art. 6 della Cedu (CorteEdu, 27 settembre 2011, A. Menarini Diagnostics S.R.L. c. Italia).

Il concetto di merito amministrativo e il rapporto tra discrezionalità

Il concetto di merito amministrativo, pur essendo in genere impostato in contrapposizione a quello di legittimità, viene spesso tratteggiato in via residuale, dopo aver definito la discrezionalità amministrativa.

Tradizionalmente, si indica con il merito la conformità della scelta discrezionale alle regole non giuridiche di buona amministrazione, che attengono ai profili di opportunità e di convenienza del provvedimento amministrativo (Mortati).

Per altra parte della dottrina (Benvenuti) il merito è il momento più interno della fase ponderativa degli interessi, che coincide con quella parte dell'atto o dell'attività che non è disciplinata in modo diretto ed espresso dalle norme. Per Giannini, invece, le regole relative al merito amministrativo dovevano essere identificate nel momento pregiuridico di ponderazione. Virga ritiene che il merito esprima la corrispondenza tra il contenuto dell'atto e il risultato a cui esso dovrebbe tendere e il raffronto alla stregua delle c.d. regole di buona amministrazione, che sono regole di opportunità pratica. Alla giurisprudenza amministrativa e alle Autorità di controllo è consentito, di regola, solo il sindacato sulla legittimità e non già quello sul merito, essendo estraneo al sindacato di legittimità il giudizio circa il risultato che il provvedimento dovrebbe conseguire; solo eccezionalmente è consentito un controllo sul merito e cioè sulla opportunità, convenienza ed adeguatezza.

Dal variegato panorama della dottrina si può trarre l'indicazione che l'esercizio del potere discrezionale avviene secondo regole di merito e di legittimità.

La legittimità attiene alla rispondenza dell'atto alle regole giuridiche, che governano l'esercizio del potere amministrativo, mentre il merito è costituito da prescrizioni non giuridiche, che indirizzano l'autorità amministrativa verso una scelta opportuna e conveniente per l'interesse pubblico tutelato.

Nella legittimità rientrano tutti i parametri, cui deve uniformarsi la scelta discrezionale: rispondenza all'interesse pubblico, imparzialità, logicità, adeguatezza e proporzionalità, il cui rispetto può essere controllato dal giudice, mentre le valutazioni di merito rappresentano la sfera libera dell'azione amministrativa discrezionale, non soggetta normalmente al sindacato del giudice (ad eccezione dei casi di giurisdizione estesa al merito).

Ciò premesso, non può non essere evidenziato come i confini del merito amministrativo siano stati progressivamente erosi sia dalla l. n. 241/1990, che ha codificato i criteri di economicità ed efficacia, cui deve essere improntata l'azione amministrativa, sia dalla giurisprudenza, che ha sottratto dal merito quegli ambiti, quali ad esempio la discrezionalità tecnica o il vizio di non proporzionalità del provvedimento, in passato ritenuti non sindacabili in sede giurisdizionale.

L'affinamento delle tecniche di controllo giurisdizionale sta quindi consentendo una progressiva estensione dell'area della legittimità ad opera della giurisprudenza e una restrizione delle ipotesi di aspetti di merito delle scelte amministrative, insindacabili (v. al riguardo il commento all'art. 29 e, in particolare, il par. “Le figure sintomatiche dell'eccesso di potere e il controllo sulla discrezionalità della p.a.”).

La riduzione delle ipotesi di giurisdizione estesa al merito

L'affinamento delle tecniche di controllo giurisdizionale sta quindi consentendo una progressiva estensione dell'area della legittimità ad opera della giurisprudenza e una restrizione delle ipotesi di aspetti di merito delle scelte amministrative, insindacabili.

Ciò ha determinato una riduzione delle ipotesi di giurisdizione estesa al merito; tale riduzione non è quindi l'effetto di un intervento del legislatore volto a contenere i poteri del giudice amministrativo, ma costituisce una conseguenza dell'ampliamento del concetto di discrezionalità sempre sindacabile dal giudice e della contrazione della sfera dell'attività amministrativa sottratta al sindacato perché rientrante nel merito amministrativo.

L'attuazione da parte del Codice del criterio di delega di riduzione della giurisdizione di merito.

In coerenza con la descritta tendenza, l' art. 44, comma 2, lett. b), n. 2, l. n. 69/2009 ha dettato, quale criterio di delega, quello di riordinare i casi di giurisdizione estesa al merito, anche mediante soppressione delle fattispecie non più coerenti con l'ordinamento vigente.

Va, in primo luogo, sottolineato l'utilizzo del termine giurisdizione «estesa al merito», a conferma del fatto che quella di merito non è una giurisdizione a sé stante, ma è riferita a fattispecie in cui il giudice amministrativo estende il proprio ordinario sindacato di legittimità ai profili di merito.

In secondo luogo, il criterio di riordino è chiaramente finalizzato ad una contrazione delle ipotesi, facendo espresso riferimento alla soppressione delle fattispecie non più coerenti con l'ordinamento vigente.

Il Codice attua in pieno tale criterio, lasciando sopravvivere solo cinque fattispecie ed eliminando tutte le altre.

Nella stessa relazione viene detto che, in ossequio allo specifico criterio di delega recato dall' art. 44, comma 2, lett. b), n. 2, l. n. 69/2009, sono state ridimensionate drasticamente le materie di giurisdizione di merito del giudice amministrativo in passato contemplate dall' art. 7, l. n. 1034/1971, mediante rinvio all' art. 27, r.d. n. 1054/1924 ed all' art. 1, r.d. n. 1058/1924.

Le fattispecie di giurisdizione estesa al merito

I casi di giurisdizione estesa al merito, che sono eccezionali e tassativi, sono stati sensibilmente ridotti con l'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo.

Le fattispecie previste dall'art. 134 sono le seguenti:

a) l'ottemperanza;

b) gli atti e le operazioni in materia elettorale, attribuiti alla giurisdizione amministrativa;

c) le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti, e quelle previste dall'articolo 123;

d) le contestazioni sui confini degli enti territoriali;

e) la classificazione delle opere cinematografiche per la visione dei minori di cui al decreto legislativo attuativo della delega di cui all'articolo 33 della legge 14 novembre 2016, n. 220.

Il giudizio di ottemperanza.

La fattispecie principale di giurisdizione estesa al merito resta il giudizio di ottemperanza e ciò è confermato dalla indicazione come prima fattispecie delle controversie aventi ad oggetto «a) l'attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato nell'ambito del giudizio di cui al Titolo I del Libro IV» (si rinvia al commento agli artt. 112 e ss.).

È questo il caso principale in cui il giudice amministrativo, anche attraverso l'ausilio del commissarioad acta, esercita poteri anche di merito in luogo dell'amministrazione.

Al riguardo, si rinvia al commento degli artt. 112 e ss.

Il contenzioso elettorale.

Nelle altre ipotesi di giurisdizione estesa al merito a ben vedere, la ragione dell'inclusione non risiede tanto nell'esigenza di rimettere al giudice il sindacato sulle valutazioni di merito, ma piuttosto nella necessità di consentire che il giudice possa adottare poteri sostitutivi dell'amministrazione.

Nel contenzioso elettorale, la proclamazione degli eletti da parte del giudice avviene in sostituzione della proclamazione risultata viziata.

Si rinvia al commento agli artt. 126 e ss.

Le controversie sulle sanzioni pecuniarie.

L'unica estensione da parte del Codice della giurisdizione estesa al merito è costituita dalla lettera c), inerente le «sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti».

La norma non è attributiva della giurisdizione, nel senso che deve preesistere altrove (in particolare, v. art. 133) una specifica disposizione che attribuisce al giudice amministrativo la cognizione sulle contestazioni di sanzioni pecuniarie.

Quando la giurisdizione amministrativa sussiste, il g.a. ha gli stessi poteri del g.o. per la rideterminazione delle sanzioni; esercita cioè i poteri previsti dall' art. 23 l. n. 689/1981 (ora abrogato; v. art. 6, comma 12,  del d. lgs. n. 150/2011), che stabilisce che con la sentenza il giudice [ordinario] può rigettare l'opposizione, ponendo a carico dell'opponente le spese del procedimento o accoglierla, annullando in tutto o in parte l'ordinanza o modificandola anche limitatamente all'entità della sanzione dovuta.

Non si tratta di una novità assoluta nel processo amministrativo, in quanto la giurisprudenza era giunta all'applicazione di tale disposizione in ordine al sindacato esercitato dal g.a. sulle sanzioni pecuniarie irrogate dall'autorità garante della concorrenza e del mercato.

È noto che alle Autorità indipendenti è spesso attribuito il potere di irrogare alle imprese sia sanzioni ripristinatorie sia sanzioni afflittive.

Com'è noto, a differenza delle sanzioni afflittive, che sono dirette a punire in modo immediato il comportamento illecito del soggetto agente, le c.d. misure ripristinatorie non assumono, in realtà, carattere sanzionatorio, poiché, più che a punire l'autore dell'illecito, mirano a soddisfare interessi pubblici (Casetta, 598).

Ad esempio, la l. n. 287/1990 affida all'Autorità antitrust il potere di comminare una misura ripristinatoria consistente nella diffida alla rimozione dell'infrazione, la cui effettività è rafforzata dalla presenza di sanzioni amministrative pecuniarie nel caso di gravità e perduranza dell'illecito e di sanzioni interdittive, consistenti nella sospensione dell'attività di impresa, che si applicano, ad esempio, nei casi di reiterata inottemperanza.

Nell'ordinamento italiano in base alla distinzione tra sanzioni afflittive e ripristinatorie opera il riparto della giurisdizione tra giustizia ordinaria e amministrativa (giudice amministrativo per le sanzioni ripristinatorie e giudice ordinario per le sanzioni afflittive).

Il diverso riparto di giurisdizione si giustifica sul fatto che le sanzioni amministrative c.d. ripristinatorie o restitutorie sono rivolte a realizzare il medesimo interesse pubblico al cui soddisfacimento è preordinata la funzione amministrativa assistita dalla sanzione; in questi casi la posizione soggettiva ha natura e consistenza di interesse legittimo. Le sanzioni amministrative afflittive o punitive sono invece destinate a garantire solo il rispetto della norma posta a tutela dell'interesse pubblico e — poiché è esclusa ogni discrezionalità in ordine alla loro irrogazione se non quanto alla misura — la contestazione dell'intimato si risolve nel dedurre il proprio diritto soggettivo a non subire l'imposizione di prestazioni patrimoniali fuori dei casi espressamente previsti dalla legge; queste danno luogo appunto a posizioni di diritto soggettivo, tutelabili innanzi al giudice ordinario (Cfr., Cass.S.U.,n. 660/1989; Cons. St. IV, n. 112/1999).

Proprio per quanto concerne le sanzioni previste dalla disciplina antitrust italiana, si era in passato posta la questione del difficile coordinamento tra l' art. 33 della l. n. 287/1990, che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativa i ricorsi avverso i provvedimenti adottati dall'Autorità antitrust e l'art. 31 della stessa legge, che contiene un richiamo alla l. n. 689/1981, che attribuisce al giudice ordinario le controversie in materia di opposizione alle ordinanze ingiunzioni che comminano sanzioni amministrative pecuniarie.

La norma, testualmente, dispone che «Per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione della presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689».

La questione è stata ormai chiarita nel senso della prevalenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a partire dalla sentenza della Cass.S.U., n. 52/1994, che ha evidenziato come il richiamo alla l. n. 689/1981 è limitato alle sole disposizioni sostanziali, e non alle norme in materia di giurisdizione ( Cass.S.U., n. 52/1994, in Foro it., 1994, I, 732, con nota di Barone).

Ulteriore problema interpretativo era costituito dai limiti del sindacato giurisdizionale ed, in particolare, dall'applicabilità dell' art. 23, comma 11, della l. n. 689/1981, che prevede che il potere del giudice di annullare in tutto o in parte (l'ordinanza) o di modificarla anche limitatamente all'entità della sanzione dovuta.

Il Consiglio di Stato ha da tempo aderito alla tesi dell'applicabilità del citato art. 23 e della conseguente giurisdizione di merito sulle sanzioni pecuniarie irrogate dall'Autorità (con possibilità quindi di modificarle in sede giurisdizionale), richiamando sia il principio di legalità, che tutela il diritto del privato a non subire imposizioni patrimoniali al di fuori dei casi previsti dalla legge ( art. 23 Cost.), sia la compatibilità con i principi della l. n. 287/1990 dell'art. 23 della l. n. 689/1981, sia infine la diversità del potere esercitato dall'Autorità per l'applicazione di una sanzione amministrativa tipicamente punitiva, quale quella pecuniaria (cfr. da ultimo, Cons. St. VI n. 896/2011, e Cons. St. VI, n. 289/2016, secondo cui l'esercizio del sindacato giurisdizionale di merito sui provvedimenti dell'antitrust, che sfocia nella modificazione dell'entità della sanzione in sostituzione della correlativa determinazione dell'Autorità, si risolve nell'adozione di una sentenza ad efficacia costitutiva, a completamento della fattispecie sostanziale, con riferimento al quantum della sanzione quale rideterminata in sede giudiziale).

Il riconoscimento di tale tipo di sindacato giurisdizionale è coerente con i principi affermati in materia dalla giurisprudenza comunitaria, che ha sempre ritenuto la sussistenza di una competenza di merito del giudice, che consenta anche la modifica delle sanzioni irrogate dalla Commissione (Trib. Ce, 11 marzo 1999, T-141/94, Thyssen Stahl AG, par. 646 e 674 e Cgce, 16 novembre 2000, C-291/98, Sarriò —Cartoncino, par. 70-71).

Ciò risulta inoltre coerente con l'armonizzazione del diritto della concorrenza, tenuto conto che l'art. 31 del regolamento CE n. 1/2003 prevede che la Corte di Giustizia possa estinguere, ridurre o aumentare le ammende irrogate dalla Commissione, qualificando tale competenza giurisdizionale «di merito».

Al riguardo, va segnalata la singolarità della disposizione nella parte in cui è prevista la possibilità di aumento della sanzione, che, se intesa in senso letterale, si porrebbe in contrasto con il principio della domanda e della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Unica possibilità di rendere compatibile la norma con il suddetto principio è riferirla alla possibile domanda di altra parte del giudizio, che è però difficile che possa essere la Commissione, che ha stabilito l'entità dell'importo in sede amministrativa, mentre si potrebbe ipotizzare una domanda in tal senso di soggetti controinteressati, che ritengono esigua la sanzione inflitta.

La riconosciuta possibilità (sia per il giudice comunitario che per i giudici interni) di modificare l'importo della sanzione fa emergere l'esigenza che il controllo giurisdizionale, benché esteso al merito, avvenga attraverso la verifica della congruità e della correttezza dei criteri utilizzati dall'Autorità per determinare l'importo delle sanzioni.

È nota la giurisprudenza comunitaria, secondo cui in una decisione di irrogazione di ammende a molteplici imprese per un'infrazione alle norme comunitarie che disciplinano la concorrenza, l'obbligo di motivazione non comporta la redazione di un elenco vincolante o esauriente dei criteri tenuti in considerazione ( Cgce, ord. 25 marzo 1996, causa C-137/95 P, Spo, punto 54); inoltre, nel fissare l'importo di ciascuna ammenda, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità e non la si può considerare tenuta ad applicare, a tale scopo, una formula matematica precisa (Trib. Ce, 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli, punto 59; 11 marzo 1999 Thyssen Stahl cit. punti 605 e ss.).

Tuttavia, nei casi citati gli organi di giustizia comunitaria hanno anche ritenuto che, se è auspicabile che le imprese interessate e, ove necessario, il Tribunale siano messi in condizioni di controllare che il metodo di calcolo utilizzato e i passaggi seguiti dalla Commissione siano privi di errori e compatibili con le disposizioni e i principi applicabili in materia di ammende, in particolare con il divieto di discriminazioni, deve tuttavia consentirsi la spiegazioni dei criteri utilizzati da parte della Commissione in corso di giudizio. In ogni caso, l'assenza di idonea motivazione circa la quantificazione della sanzione non comporta l'annullamento della sanzione, ma la verifica della congruità della stessa da parte del giudice, che sul punto esercita un sindacato pieno, come descritto in precedenza.

Le conclusioni cui si è giunti in ordine al riparto di giurisdizione per le sanzioni irrogate dall'Autorità antitrust devono oggi essere estese anche alle controversie inerente sanzioni comminate da altre autorità indipendenti.

Il Codice perché ha esteso espressamene la natura di giurisdizione estesa al merito per ogni contestazione di sanzione pecuniaria, anche irrogata da una amministrazione, che non è un autorità indipendente ed aveva esteso la giurisdizione esclusiva del g.a. anche alle sanzioni irrogate da Consob e Banca d'Italia

Successivamente, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 133, comma 1, lettera l), 135, comma 1, lettera c), e 134, comma 1, lettera c), nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del T.A.R. Lazio (Roma), le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Consob e dalla Banca d'Italia ( Corte cost. n. 162/2012 relativa alle sanzioni della Consob e Corte cost., n. 94/2014 relativa alle sanzioni di Banca d'Italia; secondo la Corte, il c.p.a., incidendo profondamente sul precedente assetto, ha trasferito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative alle sanzioni inflitte da Consob e Banca d'Italia, eccedendo i limiti della delega e innovando rispetto alla situazione antecedente e alla giurisprudenza della cassazione, che invece avrebbe dovuto orientare l'intervento del legislatore delegato, secondo quanto prescritto dalla delega).

Con il decreto correttivo è stato precisato che la giurisdizione di merito del giudice amministrativo è estesa alla irrogazione delle sanzioni di cui all'articolo 123, quando il contratto sia considerato efficace, almeno per un certo periodo di tempo, nonostante gravi violazioni commesse dalla stazione appaltante.

In realtà, in questo caso più che di una giurisdizione estesa al merito si tratta della diretta attribuzione al g.a. del potere di irrogare sanzioni di carattere amministrativo all'esito di un giudizio in materia di appalti (si rinvia all'art. 123).

Le contestazioni sui confini degli enti territoriali

Anche per le controversie aventi ad oggetto le contestazioni sui confini degli enti territoriali la ragione della inclusione tra i casi di giurisdizione estesa al merito è quella di consentire che il giudice possa adottare poteri sostitutivi dell'amministrazione.

In questo caso la sostituzione consiste appunto nella rideterminazione dei confini degli enti territoriali.

La soluzione di contestazioni del genere non implica interventi costitutivi o modificativi dei confini, poiché l'attività da svolgere ha natura ricognitoria ed un oggetto analogo all'actio finium regundorum (Proietti, 1349). Stessa dottrina evidenzia che la giurisprudenza aveva interpretato in modo restrittivo tali ipotesi, precisando che non rientrava nella fattispecie normativa dell'art. 27, n. 3, r.d. n. 1054/1927 il distacco di una frazione (Cons. St. V, n. 577/1961) e l'aggregazione di territorio ad un Comune (Cons. St. IV, n. 685/1962) ed aggiunge che per la verità, sulla vigenza di queste ipotesi e di quelle di cui al n. 11 del citato articolo 27 dell'abrogato r.d. n. 1054/1927, vi era in precedenza qualche dubbio poiché, pur non essendovi la esplicita previsione normativa di attribuzione (anche) alla giurisdizione esclusiva, come invece per le materie ex art. 29, a seguito della legge di riforma del 1923, il giudizio di merito non ha comportato alcuna sostituzione nell'attività della pubblica amministrazione, ma si esauriva nell'accertamento delle rispettive posizioni di diritto. In sostanza, in tale giudizio non si eseguono valutazioni di opportunità o convenienza, considerando che l'apprezzamento dei fatti avviene in applicazione di regole tecniche che esulano dal merito amministrativo (Proietti, 1349 richiama Amorth, 31).

La classificazione delle opere cinematografiche per la visione dei minori

Altra ipotesi di giurisdizione estesa al merito è stata inserita dal Governo in difformità rispetto alla bozza di Codice predisposta dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato e in recepimento di una osservazione formulata dalla Commissione Giustizia della Camera.

Si tratta delle controversie proposte avverso il diniego di nulla osta cinematografico, contemplato dall' art. 8, l. 21 aprile 1962, n. 161; la lett. e) è stata poi modificata. dall’art. 13, d.lgs. 7 dicembre 2017, n. 203 e ora l’attuale dizione è “classificazione delle opere cinematografiche per la visione dei minori di cui al decreto legislativo attuativo della delega di cui all'articolo 33 della legge 14 novembre 2016, n. 220”.

La disciplina richiamata impone di verificare la presenza nel film di aspetti pregiudizievoli della tutela morale del minore tenendo conto della sensibilità dell'età evolutiva e dell'effettiva esigenza di tutela della morale dei minori rispetto ai messaggi provenienti dal film ( Cons. St. IV, n. 139/1996). In sostanza, il giudice amministrativo può riesaminare le valutazioni eseguite dalle commissioni di censura di primo e secondo grado, senza necessità di disporre accertamento peritale, laddove non si tratti di utilizzare metodologie sconosciute al giudice ( Cons. St. IV, n. 583/1998).

La normativa in materia attribuisce al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione di merito, il compito di controllare le valutazioni espresse dal Comitato facendo applicazione di criteri relativi alle esigenze riconducibili alla “particolare sensibilità dell'età evolutiva” ed alla sua “tutela morale”, assumendo il ruolo di “interprete” dei valori espressi dal corpo sociale in un dato momento storico secondo il criterio dela “accettabilità” ed “il criterio normale dell’uomo di media cultura e di sani principi”  - parametro del “bonus pater familias” (T.A.R. Lazio, 14 novembre 2018, n. 11007, che dopo il sotto riportato excursus della giurisprudenza, ha affermato che il criterio della “tutela della morale” in società pluralistica e multietnica deve essere applicato alla luce del principio di ragionevolezza e proporzionalità, che impone di individuare, nei “contrapposti modelli ideali di comportamento”, un “giusto punto di equilibrio” che sia accettabile dai diversi gruppi al fine di mantenere la coesione sociale e contenere le spinte disgregatrici di visioni contrapposte sulla formazione morale dei giovani).

Cons. St. IV, n. 583/1998  aveva già chiarito che il giudice amministrativo è chiamato “a pronunziarsi con la sensibilità media del bonus pater familias” e basarsi sul “comune sentire”, per cui è stato ritenuto legittimo il divieto di visione del film “Arancia Meccanica” ai minori di 18 anni, in considerazione del «totale contrasto con i doveri minimi di solidarietà di qualsiasi cittadino» e l'impossibilità di ricondurre talune scene del film al mondo famigliare per gli adolescenti «alla stregua del sentire comune» (cfr. Cons.St. IV, n. 584/1998, che conferma il divieto ai minori degli anni quattordici del film "Ritorno dal nulla", in cui ricorrono frequenti scene riguardanti l'uso di sostanze stupefacenti). Il concetto è stato ulteriormente precisato da Cons. StIV, n. 1005/2000, in cui viene operata la fondamentale distinzione tra “i parametri di giudizio basati sulla cultura e sulla morale dell'uomo medio che assiste alla proiezione nelle sale cinematografiche e sulla sua capacità di filtrare i messaggi che gli vengono inviati dalle immagini e dalla scene cui egli assiste” e la diversa capacità dei “critici dello spettacolo”, che possono ben addivenire ad un diverso apprezzamento della stessa opera cinematografica, in ragione del “più elevato grado di cultura e senso critico delle persone appartenenti al mondo dello spettacolo e dell'arte, come lo sono i critici che hanno valutato il film positivamente o gli spettatori che hanno assistito alla sua proiezione nelle manifestazioni e ne hanno tratto giudizi favorevoli”).

La dottrina ha analizzato il ruolo del giudice amministrativo in questa materia, concentrando l’attenzione, in particolare, sul riferimento al concetto di “buon costume” – che consente non solo di limitare la visione a determinate fasce di età di utenti, ma addirittura di vietare la proiezione in pubblico delle opere ritenute ad esso contraria – precisando, anche in tempi recenti, che tale concetto “si fonda essenzialmente sul sentimento morale (che si ritiene che sia) diffuso nella popolazione e sulla capacità (anche questa, ovviamente, come giudicata dall'autorità pubblica competente) di un ipotetico uomo medio di accettare con relativa tranquillità l'impatto di determinate rappresentazioni: è quindi, per definizione, un parametro valutativo dotato della massima flessibilità, capace di evolversi (quasi per accumulazione) nel tempo, ma la cui applicazione non richiede conoscenze tecnico-specialistiche”.

Si tratta pertanto di un’operazione interpretativa, non creativa, con cui il giudice è chiamato a rinvenire il canone di giudizio dal comune sentimento sociale del suo tempo secondo il criterio del buon pater familias, facendosi interprete dei valori espressi dal corpo sociale. In particolare è stato chiarito il proprium della giurisdizione di merito nel settore in esame, che si caratterizza proprio perché l’oggetto ed il criterio di valutazione sono profondamente diversi da quelli tipici del giudizio di legittimità sull’atto amministrativo evidenziando che nel giudizio sul nulla osta alla proiezione dei film le valutazioni delle Commissioni sono analoghe a quelle dei giudici: “quel che cambia è solo la composizione materiale dei collegi giudicanti, non il metro del giudizio”.

Ovviamente il criterio “morale” su cui si basa l'art. 9 del d.P.R 11 novembre 1963, n. 2029 non può essere “declassato” a quello meramente “statistico” dei costumi più diffusi in determinati momenti storici, ma va individuato sulla base della “accettabilità” secondo “il criterio normale dell’uomo di media cultura e di sani principi” – alla stregua dei valori espressi dal corpo sociale - dei comportamenti rappresentati come “modello” nel film esaminato.

La normativa in materia attribuisce al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione di merito, il compito di controllare le valutazioni espresse dal Comitato facendo applicazione di criteri relativi alle esigenze riconducibili alla “particolare sensibilità dell'età evolutiva” ed alla sua “tutela morale”, assumendo il ruolo di “interprete” dei valori espressi dal corpo sociale in un dato momento storico secondo il criterio dela “accettabilità” ed “il criterio normale dell'uomo di media cultura e di sani principi”  - parametro del “bonus pater familias (Tar Lazio, 14 novembre 2018, n. 11007, che dopo il sotto riportato excursus della giurisprudenza, ha affermato che il criterio della “tutela della morale” in società pluralistica e multietnica deve essere applicato alla luce del principio di ragionevolezza e proporzionalità, che impone di individuare, nei “contrapposti modelli ideali di comportamento”, un “giusto punto di equilibrio” che sia accettabile dai diversi gruppi al fine di mantenere la coesione sociale e contenere le spinte disgregatrici di visioni contrapposte sulla formazione morale dei giovani).

Cons. St. IV n. 583/1998  aveva già chiarito che il giudice amministrativo è chiamato “a pronunziarsi con la sensibilità media del bonus pater familias” e basarsi sul “comune sentire”, per cui è stato ritenuto legittimo il divieto di visione del film “Arancia Meccanica” ai minori di 18 anni, in considerazione del «totale contrasto con i doveri minimi di solidarietà di qualsiasi cittadino» e l'impossibilità di ricondurre talune scene del film al mondo famigliare per gli adolescenti «alla stregua del sentire comune» (cfr. Cons. St., Sez. IV, 10.4.1998 n. 584, che conferma il divieto ai minori degli anni quattordici del film "Ritorno dal nulla", in cui ricorrono frequenti scene riguardanti l'uso di sostanze stupefacenti). Il concetto è stato ulteriormente precisato da Consi. St., sez. IV, 24 febbraio 2000, n. 1005, in cui viene operata la fondamentale distinzione tra “i parametri di giudizio basati sulla cultura e sulla morale dell'uomo medio che assiste alla proiezione nelle sale cinematografiche e sulla sua capacità di filtrare i messaggi che gli vengono inviati dalle immagini e dalla scene cui egli assiste” e la diversa capacità dei “critici dello spettacolo”, che possono ben addivenire ad un diverso apprezzamento della stessa opera cinematografica, in ragione del “più elevato grado di cultura e senso critico delle persone appartenenti al mondo dello spettacolo e dell'arte, come lo sono i critici che hanno valutato il film positivamente o gli spettatori che hanno assistito alla sua proiezione nelle manifestazioni e ne hanno tratto giudizi favorevoli”).

La dottrina ha analizzato il ruolo del giudice amministrativo in questa materia, concentrando l'attenzione, in particolare, sul riferimento al concetto di “buon costume” – che consente non solo di limitare la visione a determinate fasce di età di utenti, ma addirittura di vietare la proiezione in pubblico delle opere ritenute ad esso contraria – precisando, anche in tempi recenti, che tale concetto “si fonda essenzialmente sul sentimento morale (che si ritiene che sia) diffuso nella popolazione e sulla capacità (anche questa, ovviamente, come giudicata dall'autorità pubblica competente) di un ipotetico uomo medio di accettare con relativa tranquillità l'impatto di determinate rappresentazioni: è quindi, per definizione, un parametro valutativo dotato della massima flessibilità, capace di evolversi (quasi per accumulazione) nel tempo, ma la cui applicazione non richiede conoscenze tecnico-specialistiche”.

Si tratta pertanto di un'operazione interpretativa, non creativa, con cui il giudice è chiamato a rinvenire il canone di giudizio dal comune sentimento sociale del suo tempo secondo il criterio del buon pater familias, facendosi interprete dei valori espressi dal corpo sociale. In particolare è stato chiarito il proprium della giurisdizione di merito nel settore in esame, che si caratterizza proprio perché l'oggetto ed il criterio di valutazione sono profondamente diversi da quelli tipici del giudizio di legittimità sull'atto amministrativo evidenziando che nel giudizio sul nulla osta alla proiezione dei film le valutazioni delle Commissioni sono analoghe a quelle dei giudici: “quel che cambia è solo la composizione materiale dei collegi giudicanti, non il metro del giudizio”.

Ovviamente il criterio “morale” su cui si basa l'art. 9 del D.P.R 11 novembre 1963, n. 2029 non può essere “declassato” a quello meramente “statistico” dei costumi più diffusi in determinati momenti storici, ma va individuato sulla base della “accettabilità” secondo “il criterio normale dell'uomo di media cultura e di sani principi” – alla stregua dei valori espressi dal corpo sociale - dei comportamenti rappresentati come “modello” nel film esaminato.

Ai sensi dell' art. 8 l. 21 aprile 1962 n. 161, il giudice amministrativo pronuncia anche in merito sui ricorsi avverso provvedimenti del ministero del turismo e spettacolo in materia di proiezioni in pubblico dei film e di ammissione ad esse dei minori di 18 o di 14 anni: può pertanto, nell'ambito dei suoi poteri, annullare i divieti disposti, ma anche sostituire le determinazioni amministrative ( T.A.R. Lazio (Roma), III 19 giugno 1989 n. 1184).

Ai sensi dell'art. 13, comma 2 del d.lgs. n. 203/2017 (“Riforma delle diposizioni legislative in materia di tutela dei minori nel settore cinematografico e audiovisivo”), a decorrere dalla data di adozione del regolamento di funzionamento della Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche (approvato con decreto del direttore generale Cinema, sentito il Consiglio superiore del cinema e l'audiovisivo, entro trenta giorni dalla data di insediamento della Commissione stessa), la lett. e) del comma 1 dell'articolo 134  è sostituita dalla seguente: «e) la classificazione delle opere cinematografiche per la visione dei minori di cui al decreto legislativo attuativo della delega di cui all'articolo 33 della legge 14 novembre 2016, n. 220

Con la modifica una delle ipotesi di giurisdizione estesa al merito viene adeguata alla riforma della disciplina in materia di tutela dei minori nella visione di opere cinematografiche e audiovisive; di conseguenza il contenzioso davanti al giudice amministrativo non verterà più sul diniego di rilascio di nulla osta cinematografico, ma sulla classificazione delle opere cinematografiche, che, ai sensi dell'art. 2 dello stesso d.lgs. n. 203/2017, avviene tra le seguenti categorie: a) opere per tutti; b) opere non adatte ai minori di anni 6; c) opere vietate ai minori di anni 14; d) opere vietate ai minori di anni 18.

La classificazione è effettuata dalla Commissione prevista dall'art. 3 dello stesso decreto, che deve adottare un proprio regolamento di funzionamento, approvato con decreto del direttore generale Cinema, sentito il Consiglio superiore del cinema e l'audiovisivo, entro trenta giorni dalla data di insediamento della Commissione stessa (la nomina della Commissione deve avvenire entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del d.lgs., che è stato pubblicato in G.U. il 28 dicembre 2017).

La modifica della lett. e) del comma 1 dell'art. 134 decorre dalla data di adozione del citato regolamento.

In sostanza, la modifica non ha alcun riflesso processuale, se non quello di adeguare la indicazione della fattispecie già esistente di giurisdizione estesa al merito al nuovo sistema e il giudizio di merito verterà sulla classificazione delle opere.

Le fattispecie di giurisdizione di merito eliminate

Si pone l'attenzione sul fatto che, rispetto al testo approvato dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato, è stata eliminata la fattispecie delle controversie aventi ad oggetto «i provvedimenti anche contingibili ed urgenti, emanati dal Sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, di edilità e di polizia locale, d'igiene pubblica e dell'abitato».

Dopo l'entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, il sindacato del g.a. sulle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti, ex art. 50 t.u.e.l., non è più esteso anche al merito; l'art. 134 del codice non include, infatti, tali atti tra quelli relativamente ai quali la cognizione è estesa anche al merito, per cui detti provvedimenti non possono più essere pienamente sindacati dal g.a. non solo con riferimento a tutti gli aspetti concernenti la legittimità, ma anche ai profili relativi alla sufficienza ed alla attendibilità delle disposte istruttorie ed alla convenienza, opportunità ed equità delle determinazioni adottate (T.A.R. Abruzzo (Pescara) I, 22 aprile 2011, n. 264).

Si allega la seguente tabella di raffronto da cui emergono le disposizioni di giurisdizione di merito del g.a. eliminate dal Codice.

 

Precedente Disciplina Codice
L. Tar (l. n. 1034/1971) Art. 134 Materie di giurisdizione estesa al merito
Art. 7. Il tribunale amministrativo regionale esercita giurisdizione di merito nei casi preveduti dall'articolo 27 r.d. n. 1054/1924, ed in quelli previsti dall'articolo 1 r.d. n. 1058/1924. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione di merito nelle controversie aventi ad oggetto: (l'elenco non segue la numerazione presente nel Codice, individuabile comunque dalle lettere)
Il tribunale amministrativo regionale giudica anche in merito nei casi previsti dall'articolo 29, numeri 2), 3), 4), 5) e 8) r.d. n. 1054/1924.  
TU Consiglio di Stato (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054)  
Art. 27. (Art. 23 r.d. n. 638/1907; artt. 5 e 6 r.d. n. 2840/1923; art. 71 del r.d.l. n. 2161/1919). — Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale decide pronunciando anche in merito:  
1) dei sequestri di temporalità, dei provvedimenti concernenti le attribuzioni rispettive delle podestà civili ed ecclesiastiche, e degli atti provvisionali di sicurezza generale relativi a questa materia;  
2) dei ricorsi per contestazioni fra Comuni di diverse Province per l'applicazione della tassa istituita dalla l. n. 5784/1870, allegato O;  
3) dei ricorsi per contestazioni sui confini di Comuni o di Province; d) le contestazioni sui confini degli enti territoriali;
4) dei ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi, in quanto riguarda il caso deciso, al giudicato dei Tribunali che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico; a) l'attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato nell'ambito del giudizio di cui al Titolo I del Libro IV;
5) dei ricorsi in materia di consorzi per strade, le quali tocchino il territorio di più Province;  
6) dei ricorsi contro il diniego dell'autorizzazione a stare in giudizio ad enti morali giuridici, sottoposti alla tutela della pubblica amministrazione;  
7) dei ricorsi sopra tutte le questioni che per leggi speciali non peranco abrogate nelle diverse Province del Regno siano state di competenza dei Consigli e delle Consulte di Stato;  
8) dei ricorsi contro il decreto emanato dal Prefetto per provvedere, ai termini del terzo capoverso dell'art. 132 della legge comunale e provinciale, T.U. 4 febbraio 1915, n. 148, all'amministrazione della proprietà od attività patrimoniali delle frazioni o agli interessi dei parrocchiani, che fossero in opposizione con quelli del Comune o di altre frazioni del medesimo;  
9) dei ricorsi in materia di consorzi per opere idrauliche per le quali provvede lo Stato in concorso delle Province e degli enti interessati, o alle quali concorre lo Stato nell'interesse generale;  
10) dei ricorsi in materia di concorso di spesa per opere di bonifica di prima categoria costruite dallo Stato direttamente o per sua concessione da enti o privati, nonché in materia di consorzi per opere di bonifica della stessa categoria, ai termini dell'art. 56, comma primo e secondo del r.d. n. 3256/1923;  
11) dei ricorsi intorno alla classificazione delle strade provinciali e comunali;  
12) dei ricorsi contro provvedimenti della pubblica amministrazione in merito ad opere di privato interesse, esistenti o che potessero occorrere, attorno alle strade nazionali, od alla costruzione o riparazione dei muri od altri sostegni attorno alle strade medesime;  
13) dei ricorsi contro i provvedimenti del Prefetto e contro le deliberazioni in materia di apertura, ricostruzione o manutenzione delle strade comunali e provinciali;  
14) dei ricorsi contro le deliberazioni in materia di pedaggi sui ponti e sulle strade provinciali e comunali;  
15) dei ricorsi contro provvedimenti ordinati dal Prefetto a norma di quanto è prescritto nell'art. 378 l. n. 2248/1865, allegato F, sui lavori pubblici, relativi ad opere pubbliche delle Province e dello Stato, eccettuati quelli indicati nella seconda parte della lettera b) dell'art. 70 r.d.l. n. 216/1919;  
16) dei ricorsi contro le decisioni pronunziate dalle giunte provinciali amministrative in sede giurisdizionale nei casi in cui le giunte stesse esercitano giurisdizione anche nel merito;  
17) dei ricorsi relativi a tutte le controversie, che da qualsiasi legge generale o speciale siano deferite alla giurisdizione del Consiglio di Stato anche per il merito.  
Nulla è innovato, anche per le materie prevedute in questo articolo, alle disposizioni delle leggi vigenti, per quanto riguarda la competenza giudiziaria.  
Art. 29. (Art. 8 r.d. n. 2840/1923) — Sono attribuiti all'esclusiva giurisdizione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale:  
2) i ricorsi contro i provvedimenti che autorizzano o negano la fondazione di istituzioni pubbliche di beneficenza, o di istituzioni pubbliche di istruzione e di educazione, o che ne approvano o modificano gli statuti;  
3) i ricorsi relativi al concentramento, al raggruppamento, alla fusione, alla trasformazione, alla costituzione in consorzio o alla federazione delle istituzioni pubbliche indicate nel numero precedente o ad esse equiparate a norma dell'art. 91 l. n. 6972/1890;  
4) le controversie tra lo Stato ed i suoi creditori riguardanti la interpretazione dei contratti di prestito pubblico, delle leggi relative a tali prestiti e delle altre sul debito pubblico; nonché le controversie indicate nell'art. 14 l. n. 3048/1885;  
5) i ricorsi circa la competenza passiva delle spese ritenute rispettivamente obbligatorie per lo Stato, per la Provincia e per il Comune, ai termini delle leggi vigenti in materia di sanità pubblica;  
8) i ricorsi contro il decreto del Prefetto che, in seguito al reclamo di parte o d'ufficio, abbia provveduto per regolare o vietare l'esercizio d'industrie insalubri o pericolose ai termini degli artt. 32, 33 e 34 l. n. 6144/1889 sulla pubblica sicurezza, e dell'art. 68 della legge sanitaria, r.d. n. 636/1907;  
9) i ricorsi contro le decisioni delle giunte provinciali amministrative emesse in materia di loro esclusiva giurisdizione.  
I ricorsi previsti dai nn. 1, 6 e 7 del presente articolo sono ammessi soltanto per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge.  
Su quelli previsti dai nn. 2, 3, 4, 5, 8 e 9, il Consiglio di Stato pronunzia anche in merito, salvo pei ricorsi di cui al n. 9 quanto è disposto in contrario dal secondo comma dell'art. 22 del testo unico delle leggi sulla giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale.  
R.d. 26 giugno 1924 n. 1058  
Approvazione del testo unico delle leggi sulla Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale  
1. (Art. 1 r.d. n. 639/1907; art. 32 r.d. n. 2839/1923) — La Giunta provinciale amministrativa è investita di giurisdizione amministrativa per decidere, pronunciando anche in merito, dei ricorsi che non siano di competenza dell'Autorità giudiziaria, né appartengono alla giurisdizione od alle attribuzioni contenziose di corpi o collegi speciali, relativi alle materie seguenti:  
1° Ricorsi contro le deliberazioni dei Consigli comunali relative alle istituzioni fatte a pro delle generalità degli abitanti dei Comuni o delle loro frazioni, alle quali non siano applicabili le regole degli istituti di carità e di beneficienza, come pure agli interessi dei parrocchiani, alla sorveglianza ed alla revisione dei conti delle opere di carità e di beneficienza, delle chiese parrocchiali e delle altre amministrazioni sussidiate dal Comune, ai termini degli artt. 132, 133 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato col r.d. n. 148/1915.  
2° Ricorsi contro le deliberazioni dei Consigli provinciali o comunali relative all'esecuzione di opere attorno a costruzioni di cui le leggi pongono eventualmente il ristabilimento o la riparazione a carico rispettivamente della Provincia o del Comune a mente dell'art. 307 del testo unico succitato.  
3° Ricorsi contro i provvedimenti contingibili ed urgenti di sicurezza pubblica, emanati dal Sindaco sulle materie di edilità e di polizia locale ed in materia d'igiene pubblica, attribuite per legge ai Comuni, contro l'ordine da essi emanato, di esecuzione dei provvedimenti stessi a spese degli interessati, nonché contro l'ordinanza del sottoprefetto, che rende esecutoria la nota delle medesime, ai termini di quanto è disposto nell'art. 153 del testo unico suddetto, modificato dall'art. 32 r.d. n. 2839/1923.  
4° Ricorsi contro i provvedimenti emanati dal Sindaco in materia d'igiene dell'abitato, secondo le attribuzioni che gli sono conferite negli articoli 69, 70 e 71 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con r.d. n. 636/1907.  
5° Ricorsi in materia di consorzi fra Provincia, Comuni, enti morali o privati, per opere stradali che non escono dai limiti del territorio della provincia; e contro i provvedimenti previsti dall'art. 17 del d.lt. n. 1446/1918, circa i consorzi per la manutenzione e la ricostruzione delle strade vicinali.  
6° Ricorsi in materia di consorzi per opere idrauliche, poste per legge a carico esclusivo dei proprietari frontisti, senza concorso obbligatorio dello Stato nell'interesse generale.  
7° Ricorsi in materia di bonifica di seconda categoria.  
8° Ricorsi contro i provvedimenti ordinati dai Sindaci per contravvenzione alla l. n. 2248/1865 (legge sui lavori pubblici), allegato F, relative alle opere pubbliche dei Comuni.  
L. Tar (l. n. 1034/1971)  
Art. 6. Il tribunale amministrativo regionale è competente a decidere sui ricorsi concernenti controversie in materia di operazioni per le elezioni dei consigli comunali, provinciali e regionali. b) gli atti e le operazioni in materia elettorale, attribuiti alla giurisdizione amministrativa;
Con la decisione dei ricorsi il tribunale amministrativo regionale esercita i poteri e adotta i provvedimenti di cui all'articolo 84 del testo unico approvato con d.P.R. n. 570/1960, modificato dalla l. n. 1147/1966.  
Rimangono salve, per le azioni popolari e le impugnative consentite agli elettori, le norme dell'articolo 7 l. n. 1147/1966, e dell'art. 19 l. n. 108/1968.  
84. Il Tribunale, la Corte di appello, la Sezione per il contenzioso elettorale, il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione, quando accolgono i ricorsi correggono il risultato delle elezioni e sostituiscono ai candidati illegalmente proclamati, coloro che hanno diritto di esserlo.  
Le sentenze e le decisioni devono essere immediatamente comunicate al sindaco, che subito ne cura la notificazione, senza spese, agli interessati. Eguale comunicazione deve essere data al prefetto.  
L'esecuzione delle sentenze emesse dal tribunale civile resta sospesa in pendenza di ricorso alla Corte di appello.  
L. 21 novembre 1967 n. 1185  
Norme sui passaporti  
11. Sui ricorsi contro i provvedimenti definitivi in materia di passaporti ha giurisdizione esclusiva il Consiglio di Stato, che decide pronunciandosi anche in merito.  
La decisione del Consiglio di Stato deve essere eseguita dall'amministrazione entro quindici giorni dalla comunicazione della decisione stessa.  
L. 21 aprile 1962 n. 161 e) la classificazione delle opere cinematografiche per la visione dei minori di cui al decreto legislativo attuativo della delega di cui all'articolo 33 della legge 14 novembre 2016, n. 220.
Revisione dei film e dei lavori teatrali.  
8. Ricorso al Consiglio di Stato.  
Il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale è ammesso nei modi di legge.  
Il Consiglio di Stato decide pronunciando anche nel merito.  
I termini di cui agli articoli 36 e 37 r.d. n. 1054/1924, sono ridotti a metà.  
L'udienza di discussione è fissata d'ufficio entro 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, e la decisione deve essere pubblicata entro dieci giorni dalla udienza di discussione.  
Quando il Consiglio di Stato pronunzia nel merito, la decisione, se favorevole alla concessione del nulla-osta, tiene luogo di questo a tutti gli effetti e senza altre formalità.  
Art. 31 Reg. CE n. 1/2003 (concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato). La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un'ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l'ammenda o la penalità di mora irrogata. l. n. 287/1990 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato). Art. 33.1. I ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi adottati sulla base delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV della presente legge rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Essi devono essere proposti davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Art. 31 Per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione della presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della l. n. 689/1981. Art. 23 l. n. 689/1981. Con la sentenza il giudice può rigettare l'opposizione, ponendo a carico dell'opponente le spese del procedimento o accoglierla, annullando in tutto o in parte l'ordinanza o modificandola anche limitatamente all'entità della sanzione dovuta. c) le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti e quelle previste dall’articolo 123.

Bibliografia

Amorth, Il merito dell'atto amministrativo, Milano, 1939; Benvenuti, La discrezionalità amministrativa, Padova, 1986; Casetta, Sanzione amministrativa, in Digesto delle discipline pubblicistiche, XIII, Torino, 1997, 598; Mortati, Discrezionalità, Nndi, V, Torino, 1960, 1099; Proietti, Materie di giurisdizione estesa al merito, in Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, 1338.

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