Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 14 - Commissione per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato

Ines Simona Immacolata Pisano

Commissione per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato

 

1. Presso il Consiglio di Stato, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e ogni tribunale amministrativo regionale e relative sezioni staccate è istituita una commissione per l'ammissione anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato, composta da due magistrati amministrativi, designati dal presidente, il più anziano dei quali assume le funzioni di presidente della commissione, e da un avvocato, designato dal presidente dell'Ordine degli avvocati del capoluogo in cui ha sede l'organo. Per ciascun componente sono designati uno o più membri supplenti. Esercita le funzioni di segretario un impiegato di segreteria, nominato dal presidente. Al presidente e ai componenti non spetta nessun compenso né rimborso spese. I verbali e i provvedimenti della commissione sono sottoscritti con firma digitale del presidente e del segretario. Le sedute della commissione si tengono con strumenti di collegamento da remoto. Si dà atto nel verbale della seduta delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti e della loro libera volontà, anche ai fini della disciplina sulla protezione dei dati personali 1

Inquadramento

Secondo le disposizioni originarie del T.U. spese di giustizia, anche nei giudizi proposti innanzi al giudice amministrativo l'istanza di ammissione al gratuito patrocinio andava proposta, previa sottoscrizione dell'interessato a pena di inammissibilità con firma autenticata dal difensore ovvero con le modalità di cui all' art. 38, comma 3, del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445- al Consiglio dell'ordine degli avvocati territorialmente competente. Su tale disciplina si sono innestate regole speciali per il processo amministrativo, introdotte dall' art. 1, comma 1308, l. n. 296/2006, trasfuse con significative modifiche nell' art. 14 disp.att.c.p.a.

L' art. 14, disp. att. c.p.a. disciplina la composizione della commissione per l'ammissione anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato, di cui agli artt. 74 ss. d.P.R. n.115/2002 ( T.U. spese di giustizia).

Si tratta in realtà di distinte commissioni, ognuna delle quali è istituita rispettivamente presso il Consiglio di Stato, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e presso ogni tribunale amministrativo regionale e relative sezioni staccate.

Ogni commissione, che presta la sua attività gratuitamente e senza rimborso spese, è composta da due magistrati amministrativi, designati dal presidente, il più anziano dei quali assume le funzioni di presidente della commissione, e da un avvocato, designato dal presidente dell'Ordine degli avvocati del capoluogo in cui ha sede l'organo. Per ciascun componente sono designati uno o più membri supplenti. Esercita le funzioni di segretario un impiegato di segreteria, nominato dal presidente. È bene evidenziare che l' art. 14 disp. att. c.p.a. indica esclusivamente la composizione e la competenza della commissione, ma non ne regola il procedimento: esso segue, pertanto, le regole generali di cui al d.P.R. n. 115/2002.

Come oggi espressamente chiarito dall' art. 14, disp. att., c.p.a. (così risolvendo pregressi dubbi esegetici) e come precisato anche dal parere reso dall'Ufficio Studi della Giustizia amministrativa prot.0001469 del 9 marzo 2016, l'ammissione al gratuito patrocinio da parte della commissione è solo anticipata e provvisoria: la decisione definitiva spetta infatti al Collegio in sede di decisione del ricorso. Nell'ambito del processo amministrativo il ricorrente viene infatti ammesso solo provvisoriamente al patrocinio a spese dello Stato, giusto provvedimento della relativa Commissione, che va confermato in via definitiva dal Giudice Amministrativo in sede di decisione della causa nel merito (T.A.R. Sicilia (Palermo), n. 725/2020). Qualora l’istanza sia stata presentata innanzi alla competente Commissione e questa, al momento della decisione della causa nel merito, non si sia ancora espressa, può pronunciarsi il Giudice del merito (T.A.R. Lombardia (Brescia) II, n. 28/2022). 

Ai sensi dell’art. 136, d.P.R. n. 115 /2002 affinché il magistrato possa revocare il beneficio del patrocinio a spese dello Stato preventivamente concesso dall’apposita Commissione, oltre al requisito reddituale, è necessaria la manifesta infondatezza della causa ovvero l’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.

Il carattere provvisorio dell'ammissione da parte della commissione comporta da un lato che la parte non ammessa dalla Commissione può chiedere il riesame al Giudice che procede; dall'altro, che il medesimo Giudice potrebbe disporre la revoca dell'ammissione, ove rilevi la carenza dei requisiti necessari. Se peraltro in sede di decisione della controversia il Collegio nulla dispone, l'ammissione al gratuito patrocinio disposta in via anticipata e provvisoria dalla Commissione si intende tacitamente confermata.

Nel richiamato parere dell'Ufficio Studi del 9 marzo 2016, si evidenzia come in più occasioni nelle sedi giudiziarie si è posto il tema della sussistenza di una possibile causa di incompatibilità del magistrato che, quale componente della Commissione per il patrocinio a spese dello Stato abbia pronunciato sull'ammissibilità della relativa domanda — pronunciandosi anche sulla non manifesta infondatezza ex art. 74 del T.U. spese di giustizia- a decidere il processo quale componente del collegio giudicante.

L' art. 51, comma 1, numero 4), del c.p.c., applicabile al rito amministrativo giusta il richiamo operato dall' art. 17 del c.p.a. tipizza con tratto di tassatività (Cons. St. VI, n. 325/2015), tra le cause di astensione obbligatoria, quella dell'aver conosciuto come magistrato in altro grado del processo. Secondo l'interpretazione dell'Ufficio Studi tuttavia, nel caso in esame, per un verso l'attività ammissiva anticipata e provvisoria spesa dal magistrato che compone la Commissione per il gratuito patrocinio ha natura amministrativa e non giurisdizionale e, per altro verso, di norma, la successiva decisione, anche implicita, del Collegio non assume i caratteri di una impugnazione di quel provvedimento, cosicché non viene in rilievo l'ipotesi di astensione sopra evocata. Più specificatamente, interessa soprattutto il primo degli aspetti considerati con riguardo all'ipotesi di riproposizione al Giudice del processo dell'istanza respinta o dichiarata inammissibile in via anticipata e provvisoria dalla Commissione ( art. 126, comma 3, d.P.R. n. 115/2002), laddove comunque la rinnovata valutazione in ordine alla non manifesta infondatezza delle ragioni dell'istante avviene in un contesto processuale, connotato da poteri di cognizione piena e contrassegnato dal contraddittorio e, a seconda del momento della riproposizione, dall'eventuale arricchimento istruttorio. Il problema dell'incompatibilità può invece venire in rilievo nell'ipotesi in cui avverso il provvedimento di pagamento del compenso al difensore sia proposta l'opposizione prevista dall' art. 84 d.P.R. n. 115/2002 e regolata dal successivo art. 170.

Il patrocinio a spese dello Stato

Il patrocinio a spese dello Stato (cd. “gratuito patrocinio”) trova il suo fondamento normativo nel Testo Unico in materia di spese di giustizia ed è finalizzato a garantire il diritto di difesa, costituzionalmente tutelato dall' art.24 Cost., anche ai meno abbienti. A norma dell' art. 74, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 il patrocinio a spese dello Stato, nei processi diversi da quello penale, è assicurato per la difesa del cittadino non abbiente le cui ragioni risultino non manifestamente infondate.

Anche per quanto attiene al processo amministrativo, i presupposti per beneficiare del gratuito patrocinio sono indicati nell' art. 76 d.P.R. n. 115/2002 innanzitutto con riferimento al parametro del reddito e, in secondo luogo, alla non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere ( art. 90 d.P.R. n. 115/2002).

Al fine dell'ammissione al gratuito patrocinio è necessario presentare apposita istanza, il cui contenuto è regolato dagli artt. 79 e 122 d.P.R. n. 115/2002.

L'istanza è redatta in carta semplice e, a pena di inammissibilità, contiene:

a) la richiesta di ammissione al patrocinio e l'indicazione del processo cui si riferisce, se già pendente;

b) le generalità dell'interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali;

c) una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato, ai sensi dell' art. 46, comma 1, lett. o), d.P.R. n. 445/2000, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell' art. 76, d.P.R. n. 115/2002;

d) l'impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell'istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione.

Per i redditi prodotti all'estero, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione Europea correda l'istanza con una certificazione dell'autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato ( art. 79, comma 2 d.P.R. n. 115/2002).

Gli interessati, se il Giudice procedente o la Commissione competente a provvedere in via anticipata e provvisoria lo richiedono, sono tenuti, a pena di inammissibilità dell'istanza, a produrre la documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto in essa indicato ( art. 79, comma 3 d.P.R. n. 115/2002).

Ai sensi dell' art. 122 d.P.R. n. 115/2002 (Contenuto integrativo dell'istanza), l'istanza contiene inoltre, sempre a pena di inammissibilità, le enunciazioni in fatto e in diritto utili a valutare la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere, con la specifica indicazione delle prove di cui si intende chiedere l'ammissione.

L'istanza è presentata esclusivamente dall'interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, alla competente commissione ex art. 14 disp. att. c.p.a. ( art. 124 d.P.R. n. 115/2002): da ciò si desume che l'istanza di ammissione al gratuito patrocinio non può essere proposta, per la prima volta, direttamente al Giudice che procede nel merito.

  In tema di patrocinio a spese dello Stato, se il soggetto non percepisce alcun reddito, ai sensi dell'art. 79, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 115/2002 (Testo unico sulle spese di giustizia), può depositare, unitamente all'istanza, «c) una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato, ai sensi dell'art. 46, c. 1, lett. o) del D.P.R. 29 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini». T.A.R. Campania (Napoli), n. 59/2022

L'incompletezza dell'istanza, anche nei casi in cui sia sanabile, non può essere di ostacolo alla definizione della lite ai sensi dell' art. 60 c.p.a., ostandovi il principio di autoresponsabilità e la prevalenza, ex lege, dell'interesse a che gli incidenti cautelari siano risolti con sentenza in forma semplificata per ragioni di certezza dei rapporti giuridici sostanziali (che coinvolgono interessi pubblici) e di tutela del valore costituzionale della ragionevole durata del processo in relazione alla scarsità della risorsa giustizia in quanto tale ( Cons. St. Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5).

Per quanto attiene al procedimento, nei dieci giorni successivi a quello in cui l'istanza di ammissione è stata presentata o è pervenuta, la Commissione, verificatane l'ammissibilità, ammette l'interessato in via anticipata e provvisoria al patrocinio se, alla stregua della dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista, ricorrono le condizioni di reddito cui l'ammissione al beneficio è subordinata e se le pretese che l'interessato intende far valere non appaiono manifestamente infondate.

La richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello stato va respinta se le pretese che l'istante intende far valere in giudizio appaiono manifestamente infondate (art. 126, comma 1, d.P.R. n. 115 del 2002) in relazione ai motivi di ricorso prospettati (T.A.R. Veneto (Venezia) III,  n. 500/2022.

Copia dell'atto con il quale la Commissione accoglie, respinge, ovvero dichiara inammissibile l'istanza, è trasmessa all'interessato e al magistrato (art. 126, commi 1 e 2 d.P.R. n. 115/2012). Se la commissione respinge o dichiara inammissibile l'istanza, questa può essere riproposta al magistrato competente per il giudizio, che decide con decreto ( art. 126, comma 3 d.P.R. n. 115/2002).

Il Giudice che procede viene dunque investito della questione relativa all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato in due ipotesi:

- se l'istanza è respinta o dichiarata inammissibile dalla Commissione e viene riproposta dall'interessato direttamente al giudice ( art. 126, comma 3 d.P.R. n. 115/2002);

- se l'istanza è accolta in via provvisoria dalla commissione: in tal caso il magistrato revoca l'ammissione al patrocinio se sopravvengono modifiche delle condizioni reddituali rilevanti ai fini dell'ammissione al gratuito patrocinio ( art. 136, comma 1, d.P.R. n. 115/2002) ovvero se risulta l'insussistenza dei presupposti per l'ammissione, o se la parte ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave ( art. 136, comma 2 d.P.R. n. 115/2002).

La competenza è attribuita al Giudice che procede, e dunque, nel processo amministrativo, al Collegio, fatta eccezione per la competenza del presidente in sede monocratica per i casi di emanazione di decreti decisori (sulla natura giurisdizionale del procedimento avviato ex art.126 comma 3 v. Corte cost., ord. n. 128/2016).

La revoca ha effetto retroattivo, salvo il caso che sia pronunciata per modifiche reddituali sopravvenute: in tale ultima ipotesi essa ha effetto dal momento dell'accertamento delle modificazioni reddituali.

È da ritenere che la data dell'accertamento delle modificazioni reddituali sia quella della dichiarazione dei redditi o degli accertamenti dell'amministrazione finanziaria, sicché la revoca produce effetti da tali date. Se si fosse inteso dare effetto alla revoca dalla data dell'accertamento del giudice, si sarebbe più semplicemente statuito che la revoca produce effetto dalla data della pronuncia del giudice.

La revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio incide solo sul carico delle spese, che rimangono in capo alla parte e non sono sopportate dallo Stato, ma non incide sulla procura alle liti conferita dalla parte al difensore scelto nell'elenco dei difensori che esercitano il patrocinio a spese dello Stato.

Ciò in quanto l'ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato comporta la gratuità della prestazione professionale espletata nel processo, le cui spese (in parte anticipate, in parte prenotate a debito) sono poste a carico dell'Erario, ma tale ammissione non equivale ad una procura alle liti, in quanto la designazione del difensore è rimessa alla scelta dell'assistito; ne consegue che la revoca del provvedimento di ammissione, disposta ai sensi dell' art. 136, d.P.R. n. 115/2002 ha l'unico effetto di ripristinare l'obbligo della parte assistita in giudizio di sopportare personalmente le spese della sua difesa, ma non incide sulla validità della procura alle liti e dell'attività processuale svolta (Cass. I, n. 5364/2010).

Compete al magistrato la verifica della sussistenza dei presupposti richiesti per l'ammissione al beneficio, sia per quel che attiene alle condizioni reddituali e alla loro permanenza, sia per quel che riguarda la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere, con la possibilità di revoca dell'ammissione provvisoriamente disposta (artt. 127 e 136 d.P.R. n. 115/2002).

Rammenta il Consiglio di Stato che per poter beneficiare del patrocinio a spese dello Stato è necessaria la contestuale sussistenza di due requisiti, e cioè che il reddito sia inferiore ad una certa soglia prestabilita e che la domanda sia “non manifestamente infondata”. Quanto al requisito “negativo” della "non manifesta infondatezza" della pretesa azionata, tenuto conto della rilevanza costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.), sebbene nella stragrande maggioranza dei casi il rigetto dell'impugnativa è correlato alla manifesta infondatezza della pretesa, nondimeno possono sussistere casi in cui vi siano margini di incertezza sull'interpretazione delle disposizioni applicabili, in cui vi sia un orientamento non sempre conforme da parte della giurisprudenza, tanto da poter giustificare, anche in caso di rigetto del ricorso, la conferma dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato in considerazione della "non manifesta infondatezza" della pretesa azionata” (Cons. St., III, n.1036/2020).

Per quanto riguarda la richiesta di riesame del decreto della Commissione, rivolta al Giudice che procede, o l'istanza di ammissione al patrocinio gratuito rivolta direttamente al Giudice che procede, vi è un limite temporale massimo, costituito dalla definizione della lite: l'istanza può pertanto essere rivolta al giudice che procede solo finché il processo pende, e non dopo la sua definizione con sentenza definitiva (Cons. St. VI, decr. n. 403/2010; Cons. St. VI, decr. n. 2656/2011). Per il caso di omessa pronuncia sull'istanza di gratuito patrocinio, sia da parte della Commissione sia da parte del Giudice che procede (come nel caso in cui questi, definendo la lite con sentenza in forma semplificata, non decida sull'istanza) si segnala che secondo Cons. St., III, ord. n. 1577/2013 la contestazione relativa all'omessa pronuncia da parte del Giudice sull'istanza di ammissione al gratuito patrocinio deve essere definita mediante il procedimento di correzione di errori materiali della sentenza, e non attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio qualificarsi come domanda autonoma.

Ricorda Cons.St., IV, n. 5682/2018 che  nel caso in cui l'istanza sia stata ab origine respinta dalla Commissione, ove ripresentata dall'appellante direttamente al Giudice che procede ai sensi degli artt. 83, comma 3 bis e 126, comma 3 del d.P.R. 30 maggio 2002, gli effetti dell'eventuale ammissione decorreranno non dalla data di presentazione della originaria istanza ma dalla data di presentazione dell'istanza direttamente al giudice del merito (cfr. parere reso dall'Uffici Studi del Consiglio di Stato n. 1469 del 9 marzo 2016).

Chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, istituiti presso i consigli dell'ordine del distretto di Corte di appello nel quale ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo ( art. 80, comma 1, d.P.R. n. 115/2002). Ove, in assenza dell'indicazione da parte dell'interessato, sia la Commissione a scegliere il difensore è prassi di alcuni T.AR. (tra questi il T.A.R Lombardia — Milano) nominarlo seguendo l'ordine alfabetico dell'elenco e, ove il termine utile per la proposizione non consenta la nomina da parte della Commissione, questa è compiuta dal Presidente della stessa salvo ratificai. Se procede il Consiglio di Stato, gli elenchi sono quelli istituiti presso i consigli dell'ordine del distretto di Corte di appello del luogo dove ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ( art. 80, comma 2 d.P.R. n. 115/2002). Chi è ammesso al patrocinio può inoltre nominare un difensore iscritto negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato scelto anche al di fuori del distretto individuato secondo le regole appena esaminate ( art. 80, comma 3 d.P.R. n. 115/2002). L'elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato è formato dagli avvocati che ne fanno domanda e che siano in possesso dei requisiti previsti specificamente ( art. 81, comma 1 d.P.R. n. 115/2002). In particolare, l'inserimento nell'elenco è deliberato dal consiglio dell'ordine, il quale valuta la sussistenza dei seguenti requisiti e condizioni:

a) attitudini ed esperienza professionale specifica, distinguendo tra processi civili, penali, amministrativi, contabili, tributari ed affari di volontaria giurisdizione;

b) assenza di sanzioni disciplinari superiori all'avvertimento irrogate nei cinque anni precedenti la domanda;

c) iscrizione all'Albo degli avvocati da almeno due anni ( art. 81, comma 2 d.P.R. n. 115/2002).

Per quanto attiene alla permanenza delle condizioni reddituali, CGARS ord. n.51/2019 ha respinto la richiesta di revoca del beneficio di ammissione al gratuito patrocinio statale, ex art. 98 del d.P.R. n. 115/2002, proveniente dall'Amministrazione finanziaria, fondata sull'accertamento del reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito riferito alla beneficiaria e ai componenti il nucleo familiare della stessa effettuato due anni dopo rispetto al momento in cui la parte era stata ammessa al beneficio. Contra T.A.R. Lazio, III bis, dec.pres. n .12554/2018ritiene che la mancata dimostrazione, a seguito di richiesta del Giudice,  della persistenza delle condizioni reddittuali che avevano giustificato l'ammissione provvisoria al beneficio ne giustifica la revoca.  Quanto alla non manifesta infondatezza della pretesa, secondo T.A.R. Sicilia (Catania), IV, decr. pres. n. 138/2019va disposta la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato a seguito di rigetto del ricorso perché manifestamente infondato dichiarato con sentenza pronunciata ai sensi dell'art.60 c.p.apoiché la ricorrente ha agito con colpa grave”, ai sensi dell'art.136 T.U. d.P.R. n. 115/2002; nel senso della revoca del beneficio a seguito di reiezione del ricorso perché “manifestamente infondatoT.A.R. Emilia Romagna (Bologna)sent. n.63/2019mentreT.A.R. Toscana, II, sent.n.113/2019, ha ritenuto di revocare il beneficio a seguito di mera reiezione del ricorso perché “ab origine infondato”. Contra T.A.R. Calabria (Catanzaro), sent. 101/2019, che non ha ritenuto ostativo alla liquidazione del difensore ammesso al gratuito patrocinio la reiezione del ricorso nel merito.

È cancellato di diritto dall'elenco l'avvocato per il quale è stata disposta una sanzione disciplinare superiore all'avvertimento ( art. 81, comma 3, d.P.R. n. 115/2002).

L'elenco è rinnovato entro il 31 gennaio di ogni anno, è pubblico e si trova presso tutti gli uffici giudiziari situati nel territorio di ciascuna provincia ( art. 81, comma 4 d.P.R. n.115/2002).

La normativa vigente ha esteso espressamente il trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di patrocinio a spese dello Stato ad altre categorie soggettive — quali lo straniero regolarmente soggiornante sul territorio (art. 119) e gli enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica — subordinando tuttavia l'ammissione al beneficio innanzitutto alla sussistenza dei presupposti di carattere generale, sanciti precisamente per la categoria soggettiva di riferimento del cittadino italiano, cui si aggiungono quelli, specifici, riferibili ai soli enti o associazioni o allo straniero.

La disposizione contenuta nel comma 2 dell'art. 79 d.P.R. n. 115/2002, secondo la quale "per i redditi prodotti all'estero, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea correda l'istanza con una certificazione dell'autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato", presenta profili di illegittimità rispetto agli artt. 3,24,113 e 117, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui subordina l'apprestamento di mezzi per l'accesso alla tutela giurisdizionale da parte dei non abbienti ad incombenti documentali che, pur se pertinenti alla prova delle condizioni reddituali, esulano dalla loro sfera di dominio, profili alla luce dei quali si impone la rimessione alla Corte costituzionale delle relative questioni, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). T.A.R. Piemonte, n. 142/2020

Per quanto riguarda la possibilità per enti o associazioni di essere ammessi al gratuito patrocinio, la Commissione per il patrocinio a spese dello Stato istituita presso il T.A.R. Lombardia (Milano), dec. n.58/2018 ha di recente precisato che è vero che le associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica sono ammesse al gratuito patrocinio, occorre anche sottolineare che l'aiuto economico pubblico può essere riconosciuto solo se le suddette associazioni dimostrino di non essere ordinariamente in grado di affrontare le spese di giudizio senza mettere a rischio il perseguimento delle finalità statutarie; la modalità principale di reperimento delle risorse necessarie è la riscossione della quota associativa, e a questa si affiancano i contributi pubblici e le donazioni private, ed eventuali proventi di attività non commerciali: di conseguenza è necessario che l'associazione richiedente dimostri l'impossibilità di perseguire gli scopi statutari facendo leva sulle predette fonti di finanziamento. La Commissione per il patrocinio a spese dello Stato istituita presso il T.A.R. Lazio (Roma), dec. n.42/2018 ha escluso l'ammissione al beneficio per una associazione dai cui bilanci depositati si evince l'esercizio di attività economica in contrasto con quanto previsto dall'art. 119 T.U. d.P.R. n.115/2002 nonché quando i ricavi dell'associazione medesima, risultanti dal bilancio consuntivo ed equiparabili al reddito imponibile delle persone fisiche ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (art. 76, co.1, DPR 115/2002) sono superiori alla soglia ivi prevista (Comm. Grat.patr. presso il T.A.R. Lazio (Roma), dec. n.40/2018). Si segnala che il T.A.R. Marche, ord. n. 272/2017ha sollevato questione di costituzionalità dell'articolo 119, ultima parte, del d.p.r. n. 115 del 2002 per violazione degli artt. 2,3 e 24 della Costituzione nella parte in cui nel consentire l'accesso al gratuito patrocinio ad una persona fisica che eserciti attività economica non lo consente ad un ente che eserciti la stessa attività. In ogni caso, affinché un'associazione possa essere ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, non è sufficiente la duplice condizione negativa dell'assenza dello scopo di lucro e dell'esercizio dell'attività economica «ma risulta necessaria anche la concomitante sussistenza delle ulteriori condizioni previste dalla legge, ovvero il rispetto dei limiti reddituali e la non manifesta infondatezza della pretesa» (Corte cost. Ordinanza, n. 128/2016).

Sulla questione della spettanza o meno del gratuito patrocinio al cittadino extracomunitario non regolarmente soggiornante in Italia, che impugna davanti al giudice amministrativo il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno si è espresso, in senso favorevole, Cons. St., III, n. 59/2015 secondo cui l' art. 24 della Costituzione garantisce la difesa in giudizio a “tutti” (e non solo ai cittadini); pertanto, se l'ordinamento ritiene che il patrocinio a spese dello Stato sia una implicazione necessaria del diritto alla difesa costituzionalmente garantito, tale diritto non può essere negato allo straniero che non sia “regolarmente soggiornante”, tale espressione dovendosi intendere estensivamente comprensiva anche dello straniero che abbia in corso un procedimento amministrativo e/o giurisdizionale al cui esito possa sortire il rilascio del permesso di soggiorno. Tale interpretazione ha trovato riscontro, di recente, in Cass. II, n. 164/2018 secondo cui in tema di gratuito patrocinio, ove lo straniero abbia agito per ottenere l'autorizzazione temporanea all'ingresso od alla permanenza in Italia per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del figlio minore, ex art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, il suo regolare soggiorno sul territorio nazionale non costituisce presupposto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato giacché tale requisito, previsto in via generale dall'art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002 per l'accesso degli stranieri a detto beneficio, da un lato si identifica esattamente con il bene della vita ottenibile in forza dell'art. 31, comma 3, cit. e, dall'altro, va interpretato in via estensiva, comprendendovi anche lo straniero che abbia in corso un procedimento amministrativo o giurisdizionale dal quale possa derivare il rilascio del permesso di soggiorno. In senso contrario si era espressa giurisprudenza risalente, tra cui T.a.r. Parma, n. 171/2008, con riferimento specifico alle controversie relative alla regolarizzazione prevista dalla l. n. 222/2002 ma anche T.a.r, Catania, n.632/2012, secondo cui l'impugnativa del diniego di emersione, rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno (precisandosi che, per quanto attiene al rinnovo, fa eccezione l'ipotesi in cui si tratti di straniero che chiede il rinnovo prima della scadenza del titolo o comunque entro i termini di legge) non rientra in alcuna delle previsioni che ammettono lo straniero al gratuito patrocinio, non trattandosi di cittadino italiano (art. 74 D.P.R. n. 115/2002 - T.U. Spese di giustizia), né di straniero regolarmente soggiornante (art. 119 del medesimo D.P.R.), né di soggetto destinatario di un provvedimento di espulsione (art. 142). In definitiva, l'accesso dello straniero al beneficio del gratuito patrocinio è riconosciuto in via eccezionale, con conseguente inapplicabilità di esso al di fuori dei casi contemplati (sulla questione v.anche parere Ufficio Studi della G.A., De Nictolis, 2010, pubblicato sul sito web istituzionale della G.A.).

 

Più di recente, il   T.a.r Piemonte,   ord. n.380/ 2020,   invocando  una pronuncia additiva della Corte,  ha  dubita to  della legittimità costituzionale della disciplina del Testo unico delle spese di giustizia nella parte in cui prevede l'obbligo del  cittadino extra UE  che presenti istanza per l'accesso al gratuito patrocinio, di produrre, anche in presenza di specifiche difficoltà,  l'attestazione consolare  del Paese di provenienza circa l'assetto dei requisiti richiesti.   La norma è ritenuta in contrasto con la Carta fondamentale e irragionevole sotto diversi profili allorché non consente, per l'ipotesi di impossibilità di ottenere la certificazione consolare, di considerare tale impossibilità quale causa di esclusione dell'obbligo e comunque presupposto per avvalersi degli strumenti alternativi di  decertificazione.

 

 

Si evidenzia che ai fini della determinazione del reddito da prendere a riferimento gli artt. 9, comma 1-bis e 76 d.P.R. n. 115/2002 anche per il cittadino straniero  richiedono che il reddito da considerare sia quello complessivo del nucleo familiare, compreso il ricorrente (T.a.r.. Roma I, n. 7284/2013) e che quanto al cittadino extracomunitario è richiesta, ai sensi dell'art.79 d.P.R. n.115/2002, la produzione in giudizio di una autocertificazione sostitutiva di certificazione attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione al beneficio ed impone, per quelli prodotti all'estero, che l'autorità consolare competente attesti la veridicità di quanto dichiarato della certificazione consolare attestante l'insussistenza di redditi prodotti all'estero (Comm. per il patrocinio a spese dello Stato presso il T.a.r. Liguria dec. n.3/2019). Considerata l'estrema difficoltà di reperire tale documentazione il T.a.r. Lazio, II ter, decr.n.10237/2018 ha, nel caso di specie, ritenuto sufficiente l'attestazione resa dalla competente ambasciata.  E tuttavia sempre T.A.R. Lazio, II ter, decr. n. 6192/2018 precisa che l'attestazione dell'autorità consolare sulla veridicità dell'autocertificazione relativa al reddito non è di per sé idonea a determinare l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, atteso che è necessaria l'individuazione, anche in forma sintetica, dei concreti elementi acquisiti in merito, al fine di consentire gli eventuali ed opportuni controlli. Ne consegue che l'autorità consolare, al fine di una attestazione utile all'interessato, non può limitarsi a raffrontare l'autocertificazione con i dati di cui eventualmente disponga, ma, in conformità al principio di leale collaborazione tra Stati, ha l'onere di verificare nel merito il contenuto dell'autocertificazione, indicando gli accertamenti eseguiti.

Con circolare Prot. n. 3284 del 16 febbraio 2015 il Segretariato Generale della G.A. ha dettato Regole operative in materia di ammissione al patrocinio a spese dello Stato e di giudizi in cui sia parte una amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito. Inoltre, a seguito di quesiti sollevati dagli uffici giudiziari, è stato reso un dettagliato parere dall'Ufficio Studi della Giustizia amministrativa (prot.0001469 del 9 marzo 2016).

La quantificazione e la liquidazione dell'onorario al difensore

Con la l. n. 208/2015 (c.d. di stabilità per l'anno 2016), strumento per antonomasia della politica economica del paese, sono state introdotte, tra l'altro, significative novità destinate ad incidere sul “servizio giustizia” allo scopo di rendere più efficaci ed immanenti i generali principi di effettiva tutela dei non abbienti da conseguirsi anche attraverso una più puntuale risposta alle aspettative economiche degli avvocati. In base alla disposizione di cui all' art. 82, comma 1, d.P.R. n. 115/2002, l'onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità, tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa.

Il nuovo comma 3 bis dell' art. 83 d.P.R. n. 115/2002 stabilisce, in particolare, che “ Il decreto di pagamento è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta”. Secondo l'interpretazione del già richiamato parere dell'Ufficio Studi del Consiglio di Stato del 9 marzo 2016, la formulazione della disposizione — da coordinare necessariamente con la previsione del primo periodo del comma 2 («La liquidazione è effettuata al termine di ciascuna fase o grado del processo e, comunque, all'atto della cessazione dell'incarico, dall'autorità giudiziaria che ha proceduto») — contiene una specificazione che, ad una prima lettura, sembra avere lo scopo di assicurare al difensore di ottenere dal Giudice, a richiesta, non soltanto la liquidazione al termine di ogni fase o grado processuale, ma anche contestualmente al provvedimento che quella fase (ad esempio, cautelare) definisce.

Dunque, il Collegio dovrà — a richiesta di parte — pronunciare, in uno al provvedimento che definisce le singole fasi del processo (e a maggior ragione il grado), anche sulla liquidazione delle spese, non più rinviabile ad un momento successivo all'adozione dei detti provvedimenti.

Il mancato rispetto, per qualsiasi ragione, di questa prescrizione temporale, non dovrebbe determinare alcuna decadenza in capo al difensore dal potere di richiederla e di ottenerla con provvedimento successivo.

Si evidenzia chel'art.130 bis, comma 1,  d.P.R., n. 115/2002, inserito dall'art.15, comma 1, del d.l. n.113/2018, conv. con mod. dalla l. n.132/2018 (c.d. “Decreto Sicurezza”) ha previsto che  quando l'impugnazione anche incidentale, è dichiarata inammissibile, al difensore non è liquidato alcun compenso. La norma mira a responsabilizzare il difensore escludendo il diritto al compenso nel caso in cui l'impugnazione sia dichiarata inammissibile, così da indurlo ad una attenta valutazione delle ragioni del cliente nel proporre l'impugnazione medesima, imposta dall'essere a carico dello Stato la spesa per i compensi dovuti al difensore medesimo. L'eliminazione, in sede di conversione, dell'incipit “Nel processo civile” contenuto nel richiamato art.15 d.l. n.113/2018, implica l'applicazione di tale disposizione anche nel giudizio di secondo grado del processo amministrativo.

In virtù del comma 2 del medesimo art.130 bis del d.P.R. n. 115/2002, inoltre, non possono essere liquidate le spese sostenute per le consulenze tecniche di parte che, all'atto del conferimento dell'incarico, apparivano irrilevanti o superflue ai fini della prova. In proposito, quanto alla analoga disposizione già prevista per il processo penale, Corte cost. n. 178/2017 ha dichiarato incostituzionale l'art. 106 bis del d.P.R. n. 115/2002, come introdotto dell'art. 1, comma 606, lett. b), l. n. 147/2012, nella parte in cui non escludeva che la diminuzione di un terzo degli importi spettanti al consulente tecnico di parte fosse operata in caso di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell'art. 54 del d.P.R. n. 115/2002.

Sebbene la disposizione sia inserita immediatamente dopo quella, di applicazione generale, dell'art.130  (secondo cui gli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono ridotti della metà), ragioni di carattere letterale e sistematico inducono a ritenere che quantomeno il comma 1 dell'art.130 bis del d.P.R. n. 115/2002 possa trovare applicazione limitatamente   al processo civile: la disposizione mira infatti ad armonizzare tale disciplina con quella già prevista per il processo penale. Al riguardo è importante segnalare che Corte cost. n. 16/2018, con riferimento alla norma già in vigore nel processo penale (art. 106, comma 1, d.P.R. n. 115/2002) ha ritenuto non preclusa una interpretazione che consenta di distinguere fra le cause che determinano l'inammissibilità dell'impugnazione, e ciò si può verificare nel caso in cui la ragione dell'inammissibilità risiede in una carenza d'interesse a ricorrere sopravvenuta per ragioni del tutto imprevedibili al momento della proposizione del ricorso.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che la competenza ad effettuare la liquidazione definitiva spetti, in relazione all'incidente cautelare, al giudice di primo grado anche quando sia intervenuta una pronuncia cautelare del giudice di appello, tanto nel decisivo presupposto che l'organo giudicante che procede deve essere individuato nel giudice che pronuncia la sentenza che definisce il grado di giudizio (Cons. St. IV, ord. n. 5626/2012).

Con riferimento ai criteri di quantificazione, l'onorario e le spese sono liquidati osservando la tariffa professionale (ora i parametri per la liquidazione degli onorari agli avvocati di cui D.M. 10 marzo 2014, n. 55), in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità (ora valori medi dei parametri), tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa ( art. 82, comma 1, d.P.R. n. 115/2002). In base alle specifiche disposizioni di cui al d.m. n. 55/2014 «ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, dell'importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell'affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate.

Tenendo conto dei parametri di cui all'art.4, comma 1, d.m. n. 55/2014, il T.A.R. Lazio, II-quater, decr. coll. n. 6847/2017, ha parametrato il compenso spettante al difensore ammesso al gratuito patrocinio sia considerando la difficoltà dell'affare e i contrasti giurisprudenziali, che la quantità e il contenuto della corrispondenza che è risultato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti. Il giudice ha tenuto conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all'80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Il T.A.R Lazio (Roma), II ter, n.3237/2017 nel ricordare che sia l'onorario che le spese sono liquidati osservando la tariffa professionale  in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative a onorari, diritti ed indennità (ora valori medi dei parametri), ha ulteriormente rammentato che l'art.82 comma 1 d.P.R. n.115/2002 va interpretato nel senso che la media dei valori tariffari funge da limite massimo, non nel senso che la liquidazione debba avvenire necessariamente secondo la media delle tariffe, potendo il compenso essere liquidato anche in misura inferiore (così Cass. Civ. Sez. VI, ord. n. 26643/2011).

Nel caso in cui il difensore nominato dall'interessato sia iscritto in un elenco degli avvocati di un distretto di Corte d'appello diverso da quello in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo, non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale ( art. 82, comma 2, d.P.R. n. 115/2002).

Va evidenziato che nella specifica materia del patrocinio a spese dello Stato nel processo amministrativo, gli importi spettanti al difensore sono ridotti della metà ( art. 130 d.P.R. n.115/2002).

Infine, come rilevato nel richiamato parere, è utile segnalare che il difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non può chiedere la distrazione delle spese in proprio favore (Cass. Pen., III, n. 9178/2009).

Infatti, il sistema del patrocinio a spese dello Stato, escludendo ogni rapporto fra il difensore della parte non abbiente assistita e la parte soccombente non assistita, è incompatibile con l'istituto della distrazione delle spese previsto dall' art. 93 c.p.c., il quale eccezionalmente istituisce un rapporto obbligatorio tra il difensore della parte vittoriosa e la parte soccombente con la conseguenza che il relativo credito sorge direttamente a favore del primo nei confronti della seconda (T.A.R. Calabria Reggio Calabria, n. 573/2011).

Può essere oggetto di ricorso di ottemperanza la liquidazione del compenso professionale dell'avvocato nominato difensore d'ufficio e delle spese processuali correlate, e nel caso di sussistenza di tutti i presupposti per l'accoglimento della domanda, il Ministero della Giustizia deve essere condannato all'esatto adempimento del ricorso ex art. 702-bis c.p.c. non empiuto in ordine alle spettanze del legale (T.A.R. Sardegna (Cagliari) II, n. 587/2021).

Secondo quanto previsto dalla circolare del Segretariato generale della Giustizia amministrativa n. 3284 del 16 febbraio 2015, resta sempre ferma per il Giudice la possibilità di liquidare l'onorario del difensore in misura equitativa.

Nella richiamata circolare Prot. n. 3284 del 16 febbraio 2015 il Segretariato Generale della G.A. viene citato l' art. 172 del d.P.R. n. 115/2002, che testualmente prevede: « I magistrati e i funzionari amministrativi sono responsabili delle liquidazioni e dei pagamenti da loro ordinati e sono tenuti al risarcimento del danno subito dall'erario a causa degli errori e delle irregolarità delle loro disposizioni, secondo la disciplina generale in tema di responsabilità amministrativa».

L'opposizione al decreto di liquidazione

Il codice del processo amministrativo e le relative norme di attuazione non contengono una esplicita disciplina relativa all'opposizione al decreto di liquidazione degli onorari spettanti al difensore dei patrocinati a spese dello Stato, tanto che secondo una risalente giurisprudenza, i decreti pronunziati nel processo amministrativo in materia di gratuito patrocinio non sarebbero reclamabili innanzi al Giudice amministrativo (v., seppure con riferimento alla liquidazione del compenso degli ausiliari del Giudice, Cons. St. V,  n. 401/2014; nel senso della insindacabilità del decreto di liquidazione del compenso al difensore T.A.R. Campania Napoli IV, n. 62/2006).

Di diverso avviso il parere dell'Ufficio Studi del 9 marzo 2016, che non pone in dubbio che contro il decreto di pagamento, ai sensi dell' art. 84 del d.P.R. n. 115/2002 sia consentita opposizione a norma dell'art. 170 del medesimo decreto. Il rito del procedimento di opposizione, è lo stesso che si applica in caso di opposizione a decreti di pagamento di spettanze a c.t.u., verificatori, commissari ad acta, che è stato riscritto dal d.lgs. n. 150/2014.

Si evidenzia che qualora la contestazione abbia ad oggetto la mancata liquidazione al difensore del rimborso forfettario delle spese generali (oggi pari al 15% del compenso ex art. 2, comma 2, del d.m. n. 55 del 2014), come ha affermato la Cass. III, n. 18518/2013 lo strumento a cui il difensore dovrà ricorrere non è il reclamo ai sensi dell'art.170 d.P.R. n.115/2002 ma  occorre invece fare ricorso alla procedura della correzione di errore materiale, trattandosi di una componente delle spese generali, la cui misura è predeterminata dalla legge.

Di tale avviso anche la giurisprudenza del T.A.R. Campania (Napoli) I, ord. n. 3961/2016 che ritiene direttamente applicabile nel processo amministrativo il procedimento di cui all' art. 170 d.P.R. n. 115/2002 in virtù della previsione di cui all'art. 2, comma 1, del medesimo d.P.R. da considerarsi tuttora vigente in quanto non contemplato negli artt. 3 e 4 dell'All. 4 al c.p.a. (Norme di coordinamento e abrogazioni). La competenza funzionale a decidere, sempre secondo il TAR Napoli, spetta al Presidente dell'ufficio giudiziario in composizione monocratica, con riferimento non solo all'ufficio ma anche alla persona del titolare di questo (Corte cost. n. 52/2017 e Corte cost. n. 53/2005; Cass. pen. S.U., n. 6817/2007). Il procedimento ha natura di «autonomo giudizio contenzioso avente ad oggetto controversia di natura civile incidente su situazione soggettiva dotata della consistenza di diritto oggettivo patrimoniale», attribuita alla giurisdizione esclusiva del G.A.

Il Tar Napoli rammenta che ai sensi dell' art. 133 d.P.R. n. 115/2002 il Giudice, con il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio a spese dello Stato la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa, deve disporre che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato. Inoltre, l' art. 134, comma 1, del d.P.R. n. 115/2002 prevede che se lo Stato non recupera ai sensi dell'articolo 133 e se la vittoria della causa o la composizione della lite ha messo la parte ammessa al patrocinio in condizione di poter restituire le spese erogate in suo favore, su di questa lo Stato ha diritto di rivalsa.

Ai sensi dell' art. 133, d.P.R. n. 115/2002, nell'ambito del procedimento per gratuito patrocinio le spese anticipate dall'Erario nei confronti della parte ammessa al gratuito patrocinio possono essere dallo stesso recuperate in ipotesi di condanna del soccombente al pagamento delle spese nei confronti della parte ammessa al gratuito patrocinio. Tale disposizione normativa — applicabile anche al processo amministrativo — preclude la liquidazione delle spese processuali in capo alla parte vittoriosa ammessa al gratuito patrocinio, disponendo che tali spese debbano liquidarsi in favore dello Stato quale soggetto titolare ex lege del diritto di rivalsa (T.A.R. Campania Salerno I, n. 527/2014).

La giurisprudenza civile (Cass. VI, n. 13925/2014) ha precisato che «In difetto di un provvedimento espresso, ai sensi dell' art. 136 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, di revoca dell'ammissione di una parte al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, la condanna pronunciata a carico dell'altra a rifondere direttamente alla prima — e non allo Stato — le spese di giudizio non integra una revoca implicita del beneficio, ferma restando la facoltà dello Stato di esercitare il diritto di rivalsa per il recupero delle spese, ex art. 134 del d.P.R. n.115 del 2002». Anche la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare che «Ai sensi dell' art. 133, d.P.R. n. 115/2002, nell'ambito del procedimento per gratuito patrocinio le spese anticipate dall'Erario nei confronti della parte ammessa al gratuito patrocinio possono essere dallo stesso recuperate in ipotesi di condanna del soccombente al pagamento delle spese nei confronti della parte ammessa al gratuito patrocinio» (T.A.R. Lazio II, n. 1226/2013) e che «La logica che si evince dall' art. 133 d.P.R. n. 115/2002 è quella per cui la parte vittoriosa ammessa al gratuito patrocinio da un lato non subisce alcun esborso in quanto si vede riconoscere il pagamento degli onorari dell'avvocato a carico dell'erario, dall'altro non può nemmeno arricchirsi in caso di favorevole condanna alle spese incamerando la somma liquidata, di cui deve appunto essere disposto il rimborso in favore dell'erario anticipatario, il quale con essa coprirà sia le spese anticipate che quelle prenotate a debito ai sensi dell' art. 131, d.P.R. n. 115 del 2002».

In sostanza, il sistema è costruito in modo tale che se la parte ammessa al gratuito patrocinio è vittoriosa, lo Stato possa recuperare dalla parte soccombente il costo del giudizio; se invece le spese vengono compensate, esse rimarranno a carico dello Stato» (T.A.R. Lazio II, n. 285/2013).

La giurisprudenza più recente ritiene, in conformità a quanto argomentato da Cass.  S.U., n. 26907/2016 al contrario ritiene che il reclamo/opposizione avverso il decreto di liquidazione del compenso al difensore in materia di gratuito patrocinio costituisce questione sottratta alla cognizione del Giudice Amministrativo: in tal senso, T.A.R. Puglia (Lecce), III, n. 1061/2017 secondo cui spetta al Giudice Ordinario conoscere dell'opposizione proposta avverso il decreto di liquidazione del compenso in favore di un Avvocato per l'attività da lui prestata, nell'interesse di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in un procedimento svoltosi davanti al Giudice Amministrativo, atteso che quello al compenso è un diritto soggettivo non degradabile ad interesse legittimo; né la menzionata disposizione, qualificabile come norma sulla competenza e non anche sulla giurisdizione, ha introdotto un'ulteriore, eccezionale ipotesi di giurisdizione esclusiva del G.A che, peraltro, ove ricorresse, comporterebbe una diminuzione di tutela, in quanto, giusta l'art. 111, comma 2, Cost., contro le decisioni di quest'ultimo il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione. Nello stesso senso, T.A.R. Lazio (Roma), I-ter, n. 5163/2017. In particolare, osserva il Giudice capitolino che il diritto al compenso dei difensori di una parte ha natura di diritto soggettivo e non può essere degradato ad interesse legittimo, essendo estraneo rispetto alle materie di competenza del T.A.R. La proponibilità del ricorso al “capo dell'Ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento”, conseguentemente, non significa che lo stesso debba necessariamente coincidere con quello davanti al quale si è svolto il giudizio concernente il beneficiario del patrocinio a spese dello Stato. Il d.lgs. n. 150/2011, art. 15 è infatti certamente volto a valorizzare (così come il previgente art. 15 del d.P.R. n. 115 del 2002) la prossimità organizzativa tra primo decidente e Giudice dell'opposizione (cfr. anche, in tal senso, Cass. n. 23020/2015), ma sempre sul presupposto che entrambi detti giudici appartengano al medesimo plesso giurisdizionale.

La FAQ n. 32 precedentemente  pubblicata e ora non più presente nella sezione FAQ del sito istituzionale della Giustizia Amministrativa chiariva i dubbi in merito al rapporto tra istanza di ammissione al gratuito patrocinio e entrata in vigore del PAT. In particolare, alla domanda “Come possono essere lavorate con S.I.G.A. le istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato? (2-1-2017)” la FAQ n. 50 delle “Istruzioni interne in materia di processo amministrativo telematico”rispondeva: Le istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato vengono gestite dal Servizio Ricevimento Ricorsi — SRR (e non più dal Protocollo di Segreteria Generale) sia se cartacee (inserirle in Istanze – Deposito istanza cartacea e poi scegliere dal menù a tendina Istanza di ammissione al patrocinio spese dello Stato), sia se trasmesse telematicamente: per quelle cartacee il SRR ne deve curare la scansione e inserirla in S.I.G.A.

Si precisa che in via sperimentale il Sistema consente di gestire dalla SdM del Presidente della Commissione l'emissione dell'eventuale provvedimento (c.d. “decreto”) che potrà essere firmato digitalmente dal solo presidente e dal segretario della commissione che ne cura la pubblicazione. Il decreto sarà poi associato al ricorso, come normalmente avviene per gli ante causam, attraverso il protocollo AGID.

La successiva FAQ n. 51, alla domanda “Si possono accettare le domande per l'ammissione al patrocinio a spese dello stato con modalità cartacea o solo telematica? (7-1-2017)” rispondeva: Facendo seguito alla FAQ n. 32, si precisa che si possono accettare le domande per l'ammissione al patrocinio a spese dello stato con modalità cartacea atteso che il procedimento relativo al patrocinio a spese dello Stato non è parte del “processo amministrativo” e quindi non rientra nel “PAT”. La procedura è stata digitalizzata ed inserita nel “PAT” per comodità degli uffici e degli avvocati che vogliano avvalersi della modalità telematica ma non sussiste per questi alcun obbligo.

La trattazione della seduta con modalità telematiche

L 'emergenza sanitaria Covid-19  ha costituito l'occasione per un ripensamento delle tradizionali modalità di svo lg imento del  procedimento di ammissione al gratuito patrocinio, consentendo il superamento - seppur ancora solo parziale- delle tradizionali modalità cartacee  a favore di un procedimento informatizzato  ( come peraltro già da tempo auspicato, per tutti i procedimenti amministrativi, dal Codice dell'amministrazione digitale ) .

Del resto, già l'art.4 del d.l. n.28/2020 , nel modificare l'art.13 allegato 2 c.p.a.,  recante le norme di attuazione al c.p.a.,  aveva  ampliato l'ambito applicativo delle Regole tecniche del processo amministrativo dalla originaria estensione,  limitata allo svolgimento del processo telematico vero e proprio,  anche ai “procedimenti connessi, attualmente non informatizzati”    tra cui rientra, a pieno titolo, il procedimento di ammissione al gratuito patrocinio.    

La l. n.113/2021 ha dunque ritenuto di tradurre  in norma primaria  quanto già  disciplinato   in  sede di circolare del Segretario  Generale del Consiglio di Stato, seppur limitatamente alla fase emergenziale - e che, ai sensi del richiamato art.13 allegato 2 c.p.a. ben avrebbe potuto essere oggetto della normat iva regolamentare  attuativa  sul processo telematico   - inserendo nell'art.14 disp. Att. c.p.a le previsioni che:  a)   i verbali e i provvedimenti della commissione sono sottoscritti con firma digitale del presidente e del segretario ; b) l e   sedute della commissione si tengono con strumenti di collegamento da   remoto ; c) s i da' atto nel verbale della seduta delle modalita' con cui   si accerta l'identita' dei soggetti partecipanti e della loro libera   volonta' , anche ai fini della disciplina sulla protezione dei dati   personali» .

Va al riguardo  evidenziato  che, costituendo la  seduta della Commissione la fase di un procedimento amministrativo,  alla stessa  non  appare  applica bile  l'art.13 quater all.2 c.p.a., relativo alla trattazione da remoto   delle udienze, camere di consiglio ed adunanze previste dalla legge processuale , con la quale  costituisce tratto comune la previsione  normativa  secondo cui “si da' atto nel verbale della seduta delle modalita' con cui si accerta l'identita' dei soggetti partecipanti e della loro libera volonta', anche ai fini della disciplina sulla protezione dei dati personali».  Al riguardo, giova osservare che il concetto di  “libera volontà” è verosimilmente termine atecnico per indicare la necessità che chi partecipa alla  trattazione con modalità da remoto presti il consenso all'eventuale trattamento con modalità telematiche dei propri dati personali (tra cui rientrano  le immagini), secondo quanto previsto  in generale  dalla vigente normativa in materia di protezione dei dati personali , benchè nel caso in esame, trattandosi di trattamento con modalità telematiche previsto per finalità contempl a te  dalla legge,  connesse al trattamento per ragioni di giustizia,   tale consenso esplicito appaia  a ben vedere  superfluo  alla luce della normativa vigente  (v . artt.2 ter, 2 duodecies d.lg. n.10 1/2018 e 23 paragrafo 1 Reg.UE 2016 /679), che esclude la necessità del consenso ove il trattamento avvenga per l 'esecuzione di un compito di interesse pubblico .

Quanto alla previsione normativa per cui il verbale redatto con modalità telematiche  venga firmato “con firma digitale del presidente e del segretario”, ciò significa- oltre al superamento delle  diverse  prassi dei  Tribunali amministrativi regionali, in alcuni dei quali tali verbali venivano firmati da tutti i componenti della Commissione di cui all'art.14 disp. att. c.p.a.-    che il verbale dovrà anche essere redatto in formato originale digitale , poiché la norma esige la firma digitale, incompatibile con la formazione di un verbale in formato originale  analogico sottoscritto con firma autografa .

Si attendono, quindi,  al riguardo le Regole tecniche operative attuative, da emanarsi con d.P.C.S. ai sensi del richiamato art.13 disp.att.c.p.a.          

Bibliografia

Chieppa, Il processo amministrativo dopo il correttivo al codice, Milano, 2012.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario