Vincolo di solidarietà, sorpresa geologica e transazione pro quota nel contratto di appalto

24 Novembre 2017

Tra l'appaltatore e il progettista sussiste un vincolo solidale per i difetti di costruzione e i cedimenti del terreno ricollegabili alle caratteristiche del suolo, e l'uno può agire in regresso nei confronti dell'altro in ragione della gravità della colpa e dell'entità delle conseguenze.
Massima

Tra l'appaltatore e il progettista sussiste un vincolo solidale per i difetti di costruzione e i cedimenti del terreno ricollegabili alle caratteristiche del suolo, e l'uno può agire in regresso nei confronti dell'altro in ragione della gravità della colpa e dell'entità delle conseguenze. La transazione intervenuta tra uno dei condebitori e il committente estingue il vincolo di solidarietà e, se operata con riguardo alla sola quota del condebitore stipulante, non comporta l'applicazione dell'art. 1304 c.c., che ha riguardo alla transazione per l'intero debito, bensì dei diversi criteri di ridefinizione delle quote elaborati dalla giurisprudenza.

Il caso

Il committente dei lavori di costruzione di un immobile nel 1997 aveva citato a giudizio innanzi al Tribunale di Vicenza l'appaltatore e titolare dell'impresa edile, nonché il progettista e direttore dei lavori, al fine di ottenere una condanna di entrambi al risarcimento del danno derivante da gravi difetti dell'edificio. In particolare, il pavimento del piano interrato non risultava orizzontale. L'attore e l'appaltatore stipulavano una transazione e il Tribunale dichiarava per l'effetto estinto il giudizio con solo riguardo a questo segmento di causa. Condannava invece il progettista e direttore dei lavori al risarcimento del danno, sulla base delle risultanze del consulente tecnico d'ufficio e detratta la percentuale di responsabilità del 10% dell'appaltatore.

Il condannato ricorreva in appello chiedendo il riconoscimento di una pari efficacia causale del suo contributo e di quello dell'appaltatore, anche alla luce del riporto di terreno che quest'ultimo avrebbe arbitrariamente realizzato. La Corte d'Appello di Venezia, pur non contestando le risultanze della perizia, decideva di ridurre il quantum del danno, detraendone le spese per palificazione e indagini geognostiche. Ciò in quanto la conformazione e la consistenza del terreno non erano state verificate: in particolare il pavimento del piano terra risultava più basso di parecchi centimetri e tale dato avrebbe potuto indirizzare meglio la progettazione della struttura e impedire cedimenti. Secondo la Corte, inoltre, la transazione intercorsa tra committente e appaltatore avrebbe comportato la cessazione del vincolo solidale tra quest'ultimo e il direttore dei lavori e la conseguente necessità di detrarre ai sensi dell'art. 1304 c.c. la somma oggetto della transazione dalla condanna del direttore dei lavori.

La questione

Dal danno complessivo deve essere detratta la sola somma oggetto della transazione con l'appaltatore e non invece l'ammontare corrispondente alla quota del condebitore solidale, ovvero nel caso di specie il 50% del danno? Inoltre la percentuale di responsabilità del direttore dei lavori deve essere ripartita valorizzando l'elemento dell'inadeguata consistenza del terreno e del riporto deciso autonomamente dall'appaltatore?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente alle spese del giudizio. Ciò in quanto non ha ravvisato nella sentenza di secondo grado alcun errore logico o di diritto con riguardo alla valutazione della sussistenza del concorso di più fatti colposi e all'efficienza causale dei diversi contributi.

Ad ogni modo la Suprema Corte, allo scopo di chiarire il quadro normativo di riferimento, ha colto l'occasione per ribadire i principi che regolano la materia. In particolare, la Corte ha osservato come la responsabilità in questione sia qualificabile come contrattuale, in quanto derivante dal contratto di appalto, ma ciononostante sarebbe possibile applicare estensivamente la disciplina del vincolo di solidarietà contemplato dall'art. 2055 c.c. per la responsabilità extracontrattuale. In base a tale norma, sono obbligati in solido al risarcimento del danno tutti coloro ai quali sia imputabile il fatto dannoso. Ognuno di loro ha diritto al regresso nei confronti degli altri in misura della gravità della rispettiva colpa e dell'entità delle conseguenze dannose. Tale vincolo, ad avviso della Corte, è da rinvenire anche nel caso di specie nel rapporto tra l'appaltatore e il progettista e direttore dei lavori, poiché la valutazione di natura e consistenza del terreno rientra tra i doveri di entrambi i soggetti e, dunque, ne rispondono in solido per gli eventuali difetti di costruzione e cedimenti del terreno ricollegabili alle caratteristiche del suolo.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha precisato che, qualora sia stato richiesto dalle parti, è necessario valutare in primo luogo la prova delle diverse entità degli apporti causali, per poi fare ricorso, solo nel caso di dubbio oggettivo e reale all'esito negativo di tale operazione probatoria, al criterio sussidiario della parità delle cause ai sensi del terzo comma dell'art. 2055.

Ciò premesso, la Corte ritiene che le valutazioni operate dai giudici di seconde cure sul punto siano immuni da errori. Si specifica inoltre, sotto il profilo processuale, che il vincolo di solidarietà nel rapporto sostanziale non comporta la configurazione automatica di un litisconsorzio necessario nel rapporto processuale, e ciò in quanto il creditore conserva la facoltà di richiedere l'intero a ciascuno dei condebitori. Tale circostanza consente di svolgere il processo anche solo nei riguardi di un debitore, come avvenuto nel caso di specie, ove, a seguito della transazione tra committente e appaltatore, si è verificata l'estinzione del giudizio nei confronti di quest'ultimo e la condanna del solo progettista per la sua quota di responsabilità. Tale esito, ad avviso della Suprema Corte, ha comportato lo scioglimento del vincolo solidale passivo e la definizione della misura percentuale delle rispettive responsabilità di appaltatore e progettista, con conseguente detrazione della somma transatta dal risarcimento del danno a carico del progettista.

La Corte di Cassazione, pur considerando in linea generale corretti gli apprezzamenti della Corte d'appello, rileva tuttavia un errore nell'applicazione dell'art. 1304, comma 1, c.c., in quanto la norma viene richiamata al di fuori del suo perimetro di applicazione. La disposizione, infatti, fa esclusivo riferimento ai casi di transazione che abbiano ad oggetto l'intero debito e consente in tali ipotesi al condebitore non transigente di avvalersi dell'operazione negoziale. Non riguarda invece, come sottolineato dalla Suprema Corte, le transazioni relative alla sola quota di un condebitore, come nel caso di specie. Ciò sarebbe dimostrato dall'espresso riferimento alla sola quota dell'appaltatore condebitore contenuto nel contratto di transazione.

La verifica della sussistenza dell'ipotesi di transazione per l'intero o solo pro quota è da condurre, ad avviso della Corte, in concreto e sulla base delle regole di ermeneutica di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. Il giudice deve dunque condurre un'indagine sul contenuto del contratto e sulla comune volontà delle parti contraenti, secondo le comuni regole di interpretazione del negozio giuridico, come correttamente operato dalla Corte d'Appello nel caso in questione.

Infine, la Corte di Cassazione osserva come in ipotesi di transazione pro quota sia necessario operare una distinzione tra il caso in cui la transazione abbia ad oggetto una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito, oppure una somma inferiore. Nella prima ipotesi, il debito residuo degli altri condebitori si riduce in misura corrispondente all'importo pagato, mentre nella seconda ipotesi viene ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto. Nel caso di specie, in particolare, ricorrerebbe la prima situazione, in quanto l'appaltatore era tenuto solo per il 10% del debito totale.

Conclusioni

L'ordinanza della Seconda Sezione si distingue per l'intenzione di ricostruire il contesto giuridico di riferimento in tema di responsabilità solidale tra appaltatore e progettista e di effetti su tale rapporto della transazione tra uno dei condebitori e il committente. Le questioni giuridiche che intersecano la pronuncia sono dunque numerose e attengono a diversi piani di indagine.

In primo luogo viene affrontato il profilo della natura giuridica della responsabilità che lega le figure dell'appaltatore, del direttore dei lavori e del progettista. A questo proposito, è necessario evidenziare che l'appaltatore è responsabile dei lavori affidati ai sensi dell'art. 1669 c.c., in virtù del quale qualora l'opera rovini, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, oppure presenti evidenti pericoli di rovina o gravi difetti; ciò configurerà una responsabilità per l'appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa. Come evidenziato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23665/2016, inoltre, l'indagine sulla natura e sulla consistenza del suolo rientra tra i compiti dell'appaltatore, in quanto spetta a quest'ultimo verificare altresì la rispondenza del progetto alle caratteristiche geologiche del terreno.

Il direttore dei lavori, invece, come evidenziato anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza Cass. civ., sez. II, 21 settembre 2016 n. 18521, esercita i poteri di controllo sull'attuazione dell'appalto che il committente ritiene di non poter svolgere di persona. Il contenuto del suo obbligo è dunque di vigilanza sulla conformità dell'opera al progetto, ma non implica di per sé una corresponsabilità con l'appaltatore per i difetti dell'opera derivanti da vizi progettuali, salvo il caso in cui non rivesta anche la qualità di progettista, come ad esempio nel caso di specie. In quest'ultima ipotesi, egli sarà anche responsabile della verifica della fattibilità e dell'esattezza tecnica del progetto.

Questa impostazione è stata confermata anche da Cass. civ., sez. III, 3 maggio 2016 n. 8700, con la quale si è osservato che il direttore dei lavori sarà responsabile a sua volta dei vizi dell'opera qualora si accerti in concreto una sua mancanza di diligenza, ai sensi del combinato disposto dell'art. 1669 c.c. e 1176, comma 2, c.c.

La fattispecie concreta all'esame della Corte e oggetto del presente lavoro ha in particolare riguardo al caso in cui intervengano le c.d. “sorprese geologiche”, ovvero rinvenimenti di difetti di costruzione e cedimenti del terreno derivanti da caratteristiche del suolo non adeguatamente considerate in fase di progettazione e costruzione. In simili ipotesi si configura un vincolo di solidarietà passiva tra l'appaltatore e il progettista e direttore dei lavori, alla luce del fatto che la valutazione relativa alla consistenza del terreno è riconducibile nell'alveo dei doveri di entrambi i soggetti. Tale forma di corresponsabilità fa sì che si applichi l'art. 2055 c.c. e il relativo vincolo solidale ivi contemplato, nonostante sia previsto dal Codice con riferimento alla sola responsabilità extracontrattuale. Saranno dunque obbligati in solido a risarcire il danno tutti coloro ai quali sia imputabile il fatto dannoso, e il condebitore che ha provveduto al risarcimento potrà agire in regresso nei confronti degli altri condebitori, in base alla gravità dell'apporto causale di ciascuno e dell'entità delle conseguenze dannose. Il diritto di regresso potrà invece essere esercitato in base al criterio della parità delle cause di cui all'ultimo comma dell'art. 2055 c.c. esclusivamente in via residuale, ovvero qualora l'analisi delle prove degli apporti causali dei singoli condebitori lasci permanere un dubbio oggettivo e reale sull'esatta quota di ripartizione della colpa di ognuno di loro.

Seguendo il solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale, ribadito anche con Cass. civ., sez. II, 23 luglio 2013 n. 17874 e Cass. civ., sez. II, 27 agosto 2012 n. 4650, la Seconda Sezione ha dunque confermato quel principio di diritto per il quale, qualora gli inadempimenti dei soggetti in questione abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, si applicherebbe in via estensiva la previsione dell'art. 2055 c.c. Tale norma, seppur dettata in tema di responsabilità extracontrattuale, sarà dunque evocabile anche nell'ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale oppure in base a titoli contrattuali diversi. Come evidenziato in dottrina (v. N. SCRIPELLITI, Responsabilità dell'appaltatore e del direttore dei lavori: concorrente o solidale?, in Giustiziacivile.com, 26 settembre 2017), il principio della corresponsabilità anche in presenza di titoli diversi è da ritenere ormai consolidato sia in tema di appalto che con riferimento ad altre situazioni giuridiche.

Tale impostazione è stata confermata anche dalle richiamate sentenze del 2016 (Cass. civ., n. 8700/2016 e Cass. civ., n. 18521/2016), con le quali si è affermato che nel caso di danno a terzi, sussiste la responsabilità di natura extra-contrattuale del direttore dei lavori, concorrente con quella del committente e dell'appaltatore, qualora le azioni od omissioni abbiano concorso in modo efficiente a produrre l'evento dannoso.

La Corte di Cassazione si è inoltre occupata degli effetti della transazione tra il committente e uno dei condebitori, nella specie l'appaltatore, rispetto alla posizione dell'altro condebitore, nella specie il progettista e direttore dei lavori. A questo riguardo la Seconda Sezione ha dato continuità a quel consolidato orientamento giurisprudenziale che ha evidenziato la necessità di prospettare una duplice distinzione, ovvero tra i casi di transazione con oggetto l'intero debito e quelli con oggetto solo una quota di esso, nonché, all'interno di quest'ultimo insieme, tra le transazioni per una somma pari o superiore alla quota di debito e quelle per una somma inferiore. Nel caso di transazione per l'intero debito, tale intenzione deve essere dedotta in via ermeneutica in base agli artt. 1362 ss. c.c., come ribadito anche dalle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., n. 30174/2011) e confermato di recente da Cass. civ., sez. I, n. 23418/2016. In tali ipotesi si applicherà l'art. 1304 c.c., che prevede la possibilità per il condebitore non transigente di avvalersi della transazione operata dall'altro debitore. Nel caso di transazione pro quota, invece, non si applicherà l'art. 1304 c.c., ma il criterio elaborato in giurisprudenza e applicato ormai in via costante, in base al quale nel caso in cui si transiga per una somma pari o superiore alla quota ideale di un condebitore, il debito degli altri condebitori si ridurrà in misura corrispondente all'importo pagato, laddove invece in caso di somma inferiore il debito residuo sarà ridotto in misura pari alla quota oggetto della transazione.

L'ordinanza in commento, infine, affronta altresì gli effetti della transazione sia sul rapporto sostanziale di solidarietà tra i condebitori, sia sul rapporto processuale che lega tali soggetti nel corso del giudizio. Il contratto di transazione, infatti, da un lato comporta la caducazione del vincolo di solidarietà sul piano sostanziale e, dall'altro, conferma la non automatica configurazione di un litisconsorzio necessario tra i condebitori, in quanto è possibile svolgere il processo anche solo nei riguardi di un debitore (cfr. sul punto F. BALLATI, La responsabilità dell'appaltatore e del direttore dei lavori per vizi e difformità delle opere, Camerino, 2006, p. 189 ss.). È quanto avvenuto in effetti nell'ambito della fattispecie all'esame della Suprema Corte, laddove la transazione intervenuta tra committente e appaltatore ha portato all'estinzione di un solo segmento di giudizio, quello nei confronti dell'appaltatore, e alla prosecuzione del processo nei confronti dell'altro condebitore, ovvero il progettista e direttore dei lavori, con riguardo alla sua sola quota di responsabilità.

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