Temporale estivo: il Comune risponde degli allagamenti

Antonio Scalera
02 Gennaio 2018

Una pioggia intensa e persistente, anche dal carattere eccezionale, che provoca l'allagamento dei locali di un'abitazione privata, quando può essere considerata caso fortuito?
Massima

L'eccezionalità e imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono configurare caso fortuito o forza maggiore idonei ad escludere la responsabilità del custode per il danno verificatosi solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l'evento, nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia da parte del medesimo dei sistemi di smaltimento delle acque piovane.

Il caso

La Corte d'Appello di Bari, rigettato quello incidentale del Comune di Terlizzi, in accoglimento del gravame in via principale interposto dal sig. D.D.N. e in conseguente riforma della pronunzia del Tribunale di Trani, ha condannato il primo al pagamento di una somma in favore di quest'ultimo a titolo di risarcimento dei danni subiti dalle strutture murarie del locale interrato di sua proprietà adibito ad autorimessa e deposito (nonché dai mobili ivi allocati), sito in via De Pretis di Terlizzi invaso da acqua mista a fango in conseguenza dell'allagamento delle strade dovuto al temporale del 30 luglio 2002.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il Comune di Terlizzi ha ricorso per cassazione.

In particolare, il ricorrente si duole che la corte di merito (diversamente dal giudice di prime cure) abbia erroneamente escluso la ricorrenza nel caso del caso fortuito, laddove nel caso non si era trattato «semplicemente» di «una pioggia persistente ... la cui intensità e durata sia soltanto fuoriuscita dai normali canoni meteorologici» bensì di «un fenomeno brevissimo ma di inaudita intensità, certamente imprevedibile ed incontrollabile (una cosiddetta "bomba d'acqua" piovuta dal cielo, con effetti decisamente devastanti)».

La questione

La questione che la Suprema Corte si trova a dover risolvere è la seguente: una pioggia intensa e persistente, anche dal carattere eccezionale, che provoca l'allagamento dei locali di un'abitazione privata, quando può essere considerata caso fortuito?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha affermato che l'eccezionalità e imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono configurare caso fortuito o forza maggiore idonei ad escludere la responsabilità del custode per il danno verificatosi solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l'evento (v. Cass. civ., 24 settembre 2015, n. 18877; Cass. civ., 9 marzo 2010, n. 5658; Cass. civ., 22 maggio 1998, n. 5133; Cass. civ., 11 maggio 1991, n. 5267; nonché, da ultimo, Cass. civ., 24 marzo 2016, n. 5877), nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia da parte del medesimo dei sistemi di smaltimento delle acque piovane (v. Cass. civ., 9 marzo 2010, n. 5658).

Un temporale di particolare forza ed intensità, protrattosi nel tempo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, si è affermato poter integrare il fortuito (o la forza maggiore) laddove non vi siano condotte idonee a configurare una corresponsabilità del soggetto che invoca l'esimente (v. Cass. civ., 24 marzo 2016, n. 5877).

In altri termini, che il custode non sia in colpa. Quest'ultimo è, pertanto, tenuto a dimostrare di aver mantenuto la condotta diligente nel caso concreto dovuta (con particolare riferimento alla manutenzione e alla pulizia delle strade), e che le piogge sono state talmente intense che gli allagamenti si sono ciononostante, e nella stessa misura, verificati (v. Cass. civ., 9 marzo 2010, n. 5658).

Sono opportune, a questo punto, alcune brevi considerazioni sulla natura della responsabilità da cose in custodia.

Secondo una prima ricostruzione, prevalente nella dottrina meno recente, l'art. 2051 c.c. integra un'ipotesi di responsabilità per colpa presunta. Muovendo dal presupposto per cui non è configurabile una responsabilità senza colpa, in ossequio alla dottrina tedesca ed in analogia rispetto alle regole cardine dell'illecito penale, tale linea di pensiero rinviene il criterio di imputazione della responsabilità in esame nell'elemento soggettivo, valorizzando la previsione della prova liberatoria imperniata sulla valutazione del comportamento diligente del custode. Il danneggiato godrebbe, pertanto, di una tutela più ampia, non essendo tenuto a provare la colpa del danneggiante, presunta ex lege, mentre quest'ultimo sarebbe liberato dalla responsabilità ascrittagli dimostrando l'assenza di colpa, ovvero di aver tenuto un comportamento diligente. In quest'ottica, il caso fortuito sarebbe da intendersi quale esimente del giudizio di colpevolezza.

Questa tesi è recepita anche dalla prevalente, ancorché più risalente, giurisprudenza che ravvisa nella fattispecie in esame una responsabilità per colpa presunta, il cui fondamento sarebbe pur sempre il fatto dell'uomo (nella specie, il custode), venuto meno al suo dovere di controllo e di vigilanza affinché la cosa non produca danni a terzi (Cass. civ. n. 11264/1995; Cass. civ. n. 6125/1995; Cass. civ. n. 1332/1994; Cass. civ. n. 3129/1987). Detto orientamento, però, presenta una contraddizione evidente ed insuperabile, in quanto, pur muovendo da una visione colpevolistica della fattispecie, non attribuisce alcun rilievo alla dimostrazione dell'assenza di colpa in capo al custode. Se si sostiene la natura soggettiva della responsabilità del custode, si dovrebbe, invece, concludere che il caso fortuito consista nella prova dell'assenza di colpa. Inoltre, anche il dato letterale dell'art. 2051 non attribuisce alcuna rilevanza alla condotta del custode; infatti, responsabile del danno cagionato dalla cosa è colui che essenzialmente ha la cosa in custodia, ma il termine non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire la cosa e quindi non rileva la violazione di detto obbligo (Cass. civ. n. 5031/1998).

La tesi maggiormente accreditata, da ritenersi ormai pacificamente affermata nella giurisprudenza più recente, sostiene invece la natura oggettiva della responsabilità e muove dal dato letterale della norma, che richiede quale prova liberatoria in capo al custode la dimostrazione del caso fortuito, a nulla rilevando la diligenza prestata o l'approntamento di misure idonee ad evitare il danno da parte del custode. Come tale, essa prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del danneggiante, necessitando per la sua configurabilità del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento. Si distingue, così, tra “fatto della cosa” e “fatto dell'uomo”, dovendosi considerare il danno cagionato per gli effetti di cui all'art. 2051 c.c. quando esso è prodotto dalla cosa, a prescindere da un'azione diretta del custode (al riguardo si richiamano le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che per la prima volta operarono tale interpretazione, superando in definitiva l'orientamento precedente, pur con alcune successive oscillazioni giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. Un. Sent. 11 novembre 1991, n. 12019). Come chiarito di recente dalla Suprema Corte, la radicale oggettivazione dell'ipotesi normativa, insita nella prospettiva adottata, rende pertanto più congruo parlare di rischio da custodia (piuttosto che di colpa nella custodia) e di presunzione di responsabilità (piuttosto che di colpa presunta), non essendo necessaria per la sua affermazione un'attività o una condotta colposa del custode. Sicché, in definitiva, il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la cosa ha provocato danni a terzi (Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279);

Pertanto, affinché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza da parte dello stesso (Cass. civ., ord. n. 1765/2016, secondo cui, una volta accertata l'esistenza del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, è onere del custode, per sottrarsi alla responsabilità, provare la colpa esclusiva o concorrente del danneggiato, che può desumersi anche dalla agevole evitabilità del pericolo; Cass. civ. 10860/2012; Cass. civ., n. 993/2009; Cass. civ. n. 5741/2009).

È rimasta, infine, isolata una terza ricostruzione che ha ipotizzato l'esistenza di un modello misto di “responsabilità semioggettiva” (BUSNELLI, in Bigliazzi, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto Civile 3, Obbligazioni e contratti, Torino, 1989, 750-753) al fine di sottolineare come la prova del caso fortuito possa dirsi raggiunta non solo attraverso l'identificazione di una causa estranea (forza maggiore, fatto del terzo, fatto del danneggiato), ma anche attraverso la prova della condotta diligente del custode, valida come presunzione semplice, ai sensi dell'art. 2729 c.c., per inferire da un fatto noto, attraverso un ragionamento sillogistico, il fatto non provato (così CHINÉ in Manuale di diritto civile, 2012, 2183).

Osservazioni

Con la sentenza in rassegna la Suprema Corte mostra di seguire la tesi della natura colposa della responsabilità da cose in custodia.

Ciò, in particolare, si evince dal fatto che, secondo la Suprema Corte, ai fini della prova liberatoria, il custode è tenuto a dimostrare di aver mantenuto la condotta diligente nel caso concreto dovuta (con particolare riferimento alla manutenzione e alla pulizia delle strade), e che le piogge sono state talmente intense che gli allagamenti si sono ciononostante, e nella stessa misura, verificati (v. Cass. civ., 9 marzo 2010, n. 5658).

Più in generale, la sentenza in commento afferma che il custode è tenuto, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza (in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto) nonché in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. Deve cioè dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative (nel caso di specie, art. 14 Cds), e già del principio generale del neminem laedere (v. Cass. civ., 20 febbraio 2006, n. 3651).

In base a tale impostazione – che indubbiamente alleggerisce l'onere della prova liberatoria del danneggiante - non occorre, dunque, dimostrare che vi sia stata interruzione del nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, essendo sufficiente la prova dell'assenza di colpa da parte del custode.

Guida all'approfondimento

ALPA, BESSONE E ZENO-ZENCOVICH, I fatti illeciti, in Tratt. Rescigno2, 14, Torino, 1995, 342;

BAFFI E NARDI, La responsabilità da custodia della p.a.: prospettive di analisi economica del diritto, in Danno e Resp., 2016, 4, 337;

BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, 718;

CORSARO, «Responsabilità civile I) Diritto civile», in Enc. giur., XXVI, 1991, Roma, 25;

FRANZONI, Dei fatti illeciti, in Comm. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1993, 544;

GERI, La responsabilità civile da cose in custodia, animali e rovina di edificio, Milano, 1972;

MARTINI,Laresponsabilità civile e gestore di autostrade - carico rovesciato e caso fortuito per il gestore dell'autostrada, in Giur. It., 2017, 4, 834;

SPALLAROSSA, Danno cagionato da cose in custodia, in Alpa e Bessone, La responsabilità, II, 2, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1987, 531;

VOZZA, Danni da pioggia intensa: responsabilità e caso fortuito, in Danno e Resp., 2016, 8-9, 839.

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