Legittimo il recesso del socio se l’assemblea ha deliberato il cambiamento di oggetto sociale
25 Gennaio 2018
Massima
Il cambiamento dell'oggetto sociale per deliberazione dell'assemblea legittima l'esercizio del recesso, perché consente un cambiamento significativo dell'attività della società (cfr. art. 2437 c.c.), senza che occorra verificare se l'operatività degli amministratori successiva alla delibera abbia reso effettivo e attuale il mutamento del settore di attività.
La verifica di compatibilità del recesso parziale con le regole organizzative della singola S.r.l. deve considerare da un lato l'esistenza di limiti statutari espliciti o impliciti alla divisibilità o alla cessione parziale della quota, dall'altro l'esistenza di clausole che diano una forte impronta personalistica alla società e una connotazione unitaria e indivisibile alla partecipazione, ad es. attribuendo al socio "particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione di utili" (art. 2468, comma 3, c.c.) od obbligandolo a conferire la propria opera o servizi a favore della società (art. 2464 c.c.). In assenza dei suindicati limiti e clausole, il recesso parziale è valido ed efficace. Il caso
Un socio recede da una società a responsabilità limitata dichiarando di non consentire al cambiamento dell'oggetto sociale deliberato dall'assemblea. Nella comunicazione precisa che intende esercitare il recesso limitatamente alla quota di Euro 3.150,00 nominali, pur essendo in quel momento titolare di una quota di nominali Euro 3.426,80. Il recesso rimane “quiescente” nei rapporti fra le parti. Qualche anno dopo, il socio receduto conviene in giudizio la società (o meglio, la società che nel frattempo ha incorporato la SRL dalla quale l'attore era receduto) per sentir dichiarare la validità ed efficacia del recesso e ottenere la liquidazione della quota. La società resiste, argomentando, fra l'altro, che nell'operatività successiva alla deliberazione assembleare di modifica dell'oggetto l'attività non era stata estesa a settori diversi da quello in cui essa era già presente; la convenuta contesta, altresì, la legittimità del recesso parziale del socio. Il Tribunale di Torino accoglie la domanda, respingendo tutte le argomentazioni difensive della società.
Le questioni giuridiche
La sentenza annotata affronta, per la prima volta in giurisprudenza a quanto consta, due interessanti questioni in tema di diritto di recesso di un socio di una s.r.l.: la prima è relativa alla modifica dell'oggetto sociale come fonte di legittimazione del recesso del socio non consenziente; la seconda riguarda la validità del recesso parziale. Sulla prima questione, la sentenza afferma che il diritto di recesso sorge in capo al socio di s.r.l. che non abbia consentito all'approvazione della delibera che introduca una “sostanziale” o comunque “significativa” modificazione dell'oggetto sociale e che, a questi fini, non ha rilevanza verificare se, in concreto, la modifica abbia determinato un cambiamento effettivo dell'attività svolta dalla società. Sulla seconda questione, il Tribunale torinese considera sempre possibile il recesso parziale, salvo che lo statuto lo vieti espressamente o contenga clausole dalle quali sia possibile dedurre un principio di indivisibilità della quota e/o un carattere strettamente personale della società. Nella fattispecie, il Tribunale non ha ravvisato l'esistenza di simili clausole nello statuto della società convenuta, che, anzi, richiedeva al socio recedente di indicare “la quota di partecipazione per la quale [il recesso] viene esercitato”: argomenta il giudice torinese che, se si chiede al socio di indicare per quale quota di partecipazione intende recedere, ciò implica che possa farlo anche per una parte di essa, così come - rileva ancora la sentenza annotata - l'art. 2437-bis c.c. prevede, in materia di società per azioni, che il socio recedente debba indicare numero e categoria “delle azioni per le quali il diritto di recesso viene esercitato”. Osservazioni
Il commento alla prima questione va necessariamente diviso in due parti: se il cambiamento dell'oggetto sociale debba essere “qualificato” e se debba essere effettivamente applicato dalla società in seguito all'approvazione della delibera, perché possa sorgere il diritto di recesso del socio non consenziente. Sul primo aspetto, abbiamo visto che il Tribunale torinese ritiene che la modificazione dell'oggetto sociale debba essere “sostanziale” o comunque “significativa”. In realtà, l'art. 2473 c.c. afferma che: “il diritto di recesso compete ai soci che non hanno consentito al cambiamento dell'oggetto o del tipo di società (...)” oppure “al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale”. A sua volta, l'art. 2479, comma 2, n. 5, c.c. dispone che è riservata alla competenza dei soci “la decisione di compiere operazioni che una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo”. Il legislatore ha, dunque, distinto all'interno della s.r.l. il caso in cui la maggioranza approvi, attraverso la modifica dello statuto, un “cambiamento dell'oggetto sociale” (senza aggettivi), dal diverso caso in cui, senza una formale modifica statutaria, vengano compiute operazioni che comportano “una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale” (su questa seconda fattispecie, Trib. Napoli, Sez. III, 11 marzo 2015, ha affermato che “il diritto di recesso sorge solo a seguito di una decisione formale dei soci ai sensi dell'art. 2479 c.c.” in Soc., 2016, 1, 62, con nota di civerra). Nell'ambito delle società per azioni, invece, l'art. 2437 c.c. attribuisce al socio il diritto di recedere se non ha concorso alle deliberazioni riguardanti: “a) la modifica della clausola dell'oggetto sociale, quando consente un cambiamento significativo dell'attività della società”. La dottrina non è unanime sulla interpretazione dell'art. 2473 c.c. Un autore ha infatti osservato che: “non pare possibile svalutare il testo della norma sino a leggervi un implicito riferimento alle sole modifiche «rilevanti» o «sostanziali» dell'oggetto sociale, quale che sia il significato - peraltro non univocamente determinabile - di tali espressioni. Almeno in linea di principio, infatti, il più ampio ambito di applicazione del recesso rispetto alla s.p.a. potrebbe spiegarsi in ragione della maggiore difficoltà, richiamata anche dal legislatore delegante, dei soci di s.r.l. a trovare controparti disposte ad acquistare le proprie quote. Il legislatore, in altre parole, potrebbe aver intenzionalmente differenziato i due tipi di società sul punto al fine di evitare, nelle s.r.l., la necessità di indagare la «misura» della modificazione dell'oggetto sociale” (Venturozzo,Recesso da società a responsabilità limitata e valutazione della partecipazione del socio recedente, in Civ., 2005, 6, II 434 ss.). Altro autore ha invece affermato che l'oggetto sociale indica il programma economico della società al quale i soci decidono di dedicarsi e che “già nel sistema antecedente alla riforma si è ritenuto di dover ricondurre la nozione di «cambiamento dell'oggetto sociale» ai casi in cui, per effetto della modifica statutaria, si determini un mutamento delle condizioni di rischio alle quali il socio risulta originariamente esposto: in tal senso, dunque, può ora essere intesa l'aggiunta all'aggettivo «significativo», nella nuova formulazione dell'art. 2473, riferito alla società per azioni, ma che si può ritenere implicito anche nel disposto dell'art. 2473” (Annunziata, Recesso del socio, inBianchi (a cura di), Società a responsabilità limitata, Commentario alla riforma delle società, Milano, 469). Il Tribunale torinese fa sua questa seconda corrente di pensiero e afferma che “non v'è ragione di distinguere circa la qualità della modificazione richiesta. Anche nel caso di cambiamento di oggetto per deliberazione d'assemblea, il mutamento deve rivestire carattere non formale o lessicale ma "sostanziale", come peraltro prevede l'art. 2437 c.c. in tema di società per azioni ("cambiamento significativo dell'attività della società")”. Il secondo aspetto della prima questione giuridica è l'effettività del cambiamento dell'oggetto nella operatività della società. La risposta negativa del giudice torinese è sicuramente più conforme alla lettera dell'art. 2473 c.c., che non richiede alcuna indagine sul cambiamento effettivo dell'oggetto sociale per legittimare il recesso del socio. A tal fine, é sufficiente, infatti, la formale deliberazione assembleare dei soci, in quanto idonea a modificare il programma economico e consentire - come correttamente si afferma nella sentenza annotata - il compimento di una diversa attività. L'indagine del giudice appare sicuramente necessaria, invece, nel caso del compimento di operazioni che, senza modifica statutaria, “comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale”: in tale ipotesi, infatti, il giudice dovrà necessariamente verificare se le operazioni compiute di fatto o autorizzate dai soci abbiano effettivamente comportato una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo.
Passando alla seconda questione, la validità del recesso parziale del socio di una s.r.l. è un tema che ha diviso la dottrina. Dalla sentenza annotata si può evincere il principio secondo cui il recesso parziale di un socio da una società a responsabilità limitata è sempre possibile, salvo che lo statuto lo vieti espressamente o contenga clausole dalle quali sia possibile dedurre un principio di indivisibilità della quota e/o un carattere strettamente personale della società. La soluzione adottata non è sicuramente conforme alla lettera della norma applicata. Infatti, mentre l'art. 2437 c.c., prevede espressamente il diritto del socio di recedere “per tutte o parte delle azioni”, l'art. 2473 c.c. non prevede questa distinzione, riferendosi piuttosto al diritto di recesso del socio e al rimborso della partecipazione sociale in proporzione al patrimonio. La maggioranza degli autori è schierata in senso contrario al recesso parziale del socio di una società a responsabilità limitata (cfr. Annunziata, op. cit., 514; Di Lizia, Il diritto di recesso, in Bortoluzzi (a cura di), La riforma delle società. Aspetti applicativi, Torino, 2004, 416; Delli Priscoli, sub art. 2473, in Benazzo, Patriarca(diretto da), Codice commentato delle s.r.l., Torino, 2006, 384; Stella Richter, Diritto di recesso e autonomia statutaria, in Rivista del Diritto Commerciale, 2004, I, 410; Zanarone, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata, in Rivista delle Società, 2003, 79). I motivi di questa posizione possono ravvisarsi, in sintesi, sia nella descritta differenza letterale fra l'art. 2437 e l'art. 2473 c.c., sia, sul piano sistematico, perché sono di ostacolo all'ammissibilità del recesso parziale il carattere unitario della partecipazione in società a responsabilità limitata e il rilievo che la natura “personale” della SRL sembra imporre al recedente la scelta tra conservazione e risoluzione unilaterale del rapporto societario. Parte della dottrina è, invece, a favore dell'ammissibilità del recesso parziale anche nella S.r.l. (Bononi, Ammissibilità del recesso parziale del socio nella società a responsabilità limitata, in Società, 2015, 931 ss.; Piscitello, 724; Salanitro, Profili sistematici della società a responsabilità limitata, Milano, 2005, 57). Altro autore ritiene ammissibile il recesso parziale solo se previsto espressamente nello statuto sociale (Venturozzo, op. cit. 457). Il Tribunale torinese sembra spingersi più in là, giungendo ad affermare il principio secondo cui il recesso parziale del socio di s.r.l. è sempre consentito, se non sia espressamente negato dallo statuto, o comunque se non risulti incompatibile con le clausole statutarie.
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