Le pronuncia delle Sezioni Unite sull'usura sopravvenuta

14 Febbraio 2018

L'usura sopravvenuta non causa nullità, inefficacia e illiceità salvo specifici comportamenti scorretti: l'usura non può mai essere sopravvenuta ma solo originaria, ed esigere un tasso divenuto più alto della soglia è normalmente esercizio di un diritto.
Massima

Nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell'usura, come determinata in base alle disposizioni della l. n. 108/1996, non si verifica la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all'entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto.

Il caso

In primo grado, il Tribunale di Milano dichiara la gratuità ex art. 1815, comma 2 c.c. del contratto di mutuo fondiario concluso nel 1990 al tasso fisso del 7,75% che, alla luce della l. n. 108/1996 e delle relative soglie trimestrali di usura, è risultato un tasso superiore alla soglia.

La pronuncia viene ribaltata in Corte di Appello.

La società mutuataria propone ricorso in Cassazione; con ordinanza interlocutoria del 31 gennaio 2017 n. 2484, riscontrato un contrasto di orientamenti tra le diverse sezioni di Cassazione, la pronuncia sul rilievo giuridico della cd. “usura sopravvenuta” viene rimessa alle Sezioni Unite.

La questione

La questione in esame è la seguente: se il tasso pattuito supera la soglia usura in trimestri successivi a quello di conclusione, non configurandosi usura originaria, residuano altre forme di tutela?

Osservazioni

La pronuncia delle Sezioni Unite lascia uno spazio davvero limitato a quell'ancora di salvezza lanciata dalla Corte Costituzionale alla ragionevolezza e costituzionalità di una norma di interpretazione autentica che, invece, quasi obliterava la condotta del “farsi dare”, pur presente nella norma incriminatrice.

Salvo che non voglia immaginarsi una nullità virtuale derivante dal principio di non contraddizione dell'Ordinamento, che vieta di concludere determinati contratti ma al contempo ne permette l'esazione in esecuzione di accordi sorti in maniera legittima, il ricorso al principio di buona fede appare il rimedio più congruo al fine di trasferire all'interno di una rapporto di durata poliennale i vantaggi economici derivanti da una discesa dei tassi di mercato, senza alterare in modo eccessivo l'equilibrio contrattuale, bensì armonizzandolo con la funzione equilibratrice propria di un sistema giuridico assiologicamente orientato.

Potrebbe violare la buona fede il mancato uso delle clausole di salvaguardia spesso presenti nei contratti, in quanto dare effetto ad una clausola di cimatura rientra tra i comportamenti esigibili di cooperazione nell'interesse altrui e in quanto il proprio diritto risulta auto-limitato dalla volontà di rispettare il tasso trimestrale.

Oppure potrebbe violare la buona fede il comportamento di chiedere un tasso divenuto di gran lunga sopra-soglia ed insostenibile a causa della crisi mondiale dei tassi; o ancora, analogamente a tutte le sopravvenienze, vìola la buona fede una preclusione immotivata o motivata dal mero status quo alla rinegoziazione del tasso.

Deve infine rilevarsi che, vista la formula indicata dalla Banca di Italia, che coincide con la più nota formula del TIR che dà peso ai tassi convenuti ma come effettivamente applicati, il TEG reale può essere verificato solo alla fine del rapporto, confrontandolo con il tasso soglia del momento della conclusione del contratto, mentre rimangono irrilevanti i tassi soglia trimestrali successivi.

Di conseguenza, l'interpretazione della natura unicamente originaria della usurarietà del contratto di mutuo, fa tornare in auge la più attenta giurisprudenza di merito che aveva in passato chiarito che «Se il T.I.R. è onnicomprensivo e riguarda la serie completa dei flussi, non è consentito frazionare il giudizio di liceità/usurarietà in funzione delle diverse annualità (o periodi infra-annuali) di durata del finanziamento. L'operazione creditizia o è, nel suo insieme, lecita oppure è, nel suo insieme, in violazione della legge n. 108/96, secondo che il T.I.R. sia inferiore o superiore al tasso soglia» (Trib. Torino, 10 giugno 2015).

Guida all'approfondimento

S. ALECCI, Le Sezioni Unite ed il tramonto della «usura sopravvenuta», in Dir. civ. cont., 30 ottobre 2017;

M. LIBERTINI, Interessi (Voce), in Enc. Dir., Milano, 1972, XXII, 20 e P. BARCELLONA, Frutti (Voce), in Enc. Dir., Milano, 1969, XVIII, 205;

CIVILE - Interessi di Olina Capolino (Anno di pubblicazione: 2000) in Digesto Discipline civilistiche;

S. PAGLIANTINI, L'usurarietà sopravvenuta ed il canone delle SS.UU.: ultimo atto?, in Corriere Giur., 2017, 12, 1484;

A. PANDOLFINI, Gli interessi pecuniari, 2016, Padova.

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