Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 12 - Assistenza tecnica 1 2 31. Le parti, diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato. 2. Per le controversie di valore fino a tremila euro le parti possono stare in giudizio senza assistenza tecnica. Per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore e' costituito dalla somma di queste. 3. Sono abilitati all'assistenza tecnica, se iscritti nei relativi albi professionali o nell'elenco di cui al comma 4: a) gli avvocati; b) i soggetti iscritti nella Sezione A commercialisti dell'Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili; c) i consulenti del lavoro; d) i soggetti di cui all'articolo 63, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; e) i soggetti gia' iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioniere limitatamente alle materie concernenti le imposte di registro, di successione, i tributi locali, l'IVA, l'IRPEF, l'IRAP e l'IRES; f) i funzionari delle associazioni di categoria che, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, risultavano iscritti negli elenchi tenuti dalle Intendenze di finanza competenti per territorio, ai sensi dell'ultimo periodo dell'articolo 30, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636; g) i dipendenti delle associazioni delle categorie rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (C.N.E.L.) e i dipendenti delle imprese, o delle loro controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, primo comma, numero 1), limitatamente alle controversie nelle quali sono parti, rispettivamente, gli associati e le imprese o loro controllate, in possesso del diploma di laurea magistrale in giurisprudenza o in economia ed equipollenti, o di diploma di ragioneria e della relativa abilitazione professionale; h) i dipendenti dei centri di assistenza fiscale (CAF) di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e delle relative societa' di servizi, purche' in possesso di diploma di laurea magistrale in giurisprudenza o in economia ed equipollenti, o di diploma di ragioneria e della relativa abilitazione professionale, limitatamente alle controversie dei propri assistiti originate da adempimenti per i quali il CAF ha prestato loro assistenza. 4. L'elenco dei soggetti di cui al comma 3, lettere d), e), f), g) ed h), e' tenuto dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze che vi provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministero della giustizia, emesso ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate le modalita' di tenuta dell'elenco, nonche' i casi di incompatibilita', diniego, sospensione e revoca della iscrizione anche sulla base dei principi contenuti nel codice deontologico forense. L'elenco e' pubblicato nel sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze. 5. Per le controversie di cui all'articolo 2, comma 2, primo periodo, sono anche abilitati all'assistenza tecnica, se iscritti nei relativi albi professionali: a) gli ingegneri; b) gli architetti; c) i geometri; d) i periti industriali; e) i dottori agronomi e forestali; f) gli agrotecnici; g) i periti agrari. 6. Per le controversie relative ai tributi doganali sono anche abilitati all'assistenza tecnica gli spedizionieri doganali iscritti nell'apposito albo. 7. Ai difensori di cui ai commi da 1 a 6 deve essere conferito l'incarico con atto pubblico o con scrittura privata autenticata od anche in calce o a margine di un atto del processo, nel qual caso la sottoscrizione autografa e' certificata dallo stesso incaricato salvo che il conferente apponga la propria firma digitale. All'udienza pubblica l'incarico puo' essere conferito oralmente e se ne da' atto a verbale. Il difensore, quando la procura è conferita su supporto cartaceo, ne deposita telematicamente la copia per immagine su supporto informatico, attestandone la conformità ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, con l'inserimento della relativa dichiarazione4. 7-bis. La procura alle liti si considera apposta in calce all'atto cui si riferisce quando è rilasciata su un separato documento informatico depositato telematicamente insieme all'atto cui la stessa si riferisce ovvero quando è rilasciata su foglio separato del quale è effettuata copia informatica, anche per immagine, depositata telematicamente insieme all'atto cui la stessa si riferisce5. 8. Le Agenzie delle entrate, delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, possono essere assistite dall'Avvocatura dello Stato. 9. I soggetti in possesso dei requisiti richiesti nei commi 3, 5 e 6 possono stare in giudizio personalmente, ferme restando le limitazioni all'oggetto della loro attivita' previste nei medesimi commi. 10. Si applica l'articolo 182 del codice di procedura civile ed i relativi provvedimenti sono emessi dal presidente della commissione o della sezione o dal collegio.
[1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo. [2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 57 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. [3] Articolo modificato dall' articolo 69, comma 3, lettera a), del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 , dall' articolo 12, comma 1, lettera a), del D.L. 8 agosto 1996, n. 437 , dall' articolo 16-ter, comma 1, del D.L. 28 dicembre 2001, n. 452, dall' articolo 3-bis, comma 9, lettere a) e b), del D.L. 30 settembre 2005, n. 203 e successivamente sostituito dall'articolo 9, comma 1, lettera e), del D.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016. [4] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n.220. Per l'applicazione vedi l'articolo 4, comma 2, del D.Lgs. 220/2023 medesimo. [5] Comma aggiunto dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n.220. Per l'applicazione vedi l'articolo 4, comma 2, del D.Lgs. 220/2023 medesimo. Inquadramento.Con il d.lgs. n. 156/2015, il legislatore ha riformulato il testo dell'art. 12 in commento, innalzando minimamente la soglia oltre la quale scatta l'obbligatorietà dell'assistenza tecnica per il privato nel contenzioso tributario: da euro 2.582,28 ad euro 3.000,00 (a partire dall'1 gennaio 2016). L'utilità di un tale innalzamento francamente sfugge. Rammentasi, oltretutto, che, nella vigenza del vecchio d.P.R. n. 636/1972, neppure era previsto un limite di valore ed «i ricorsi anche di elevato importo ovvero di particolare complessità non richiedevano il patrocinio di un professionista abilitato alla difesa»; infatti, solo «a partire dal 1° aprile 1996, con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 546/1992, il legislatore ha introdotto l'obbligo dell'assistenza tecnica» (Conigliaro, 4523). Ad ogni buon conto, forse anche per via della regolamentazione passata, il limite di valore applicabile al processo tributario è più alto rispetto a quello del rito civile ordinario, ove, però, la disciplina è in realtà più complessa: infatti, avuto riguardo all'art. 82 c.p.c., è ben vero che «davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede euro 1.100,00» (comma 2); ma è anche vero che pur «negli altri casi», in cui «le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l'assistenza di un difensore», detto giudice, «in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona» (comma 2). Siffatta autorizzazione, inopportunamente, non è contemplata nel processo tributario. Il d.lgs. n. 156/2015, inoltre, ha inserito nel testo della disposizione l'esplicito richiamo all'art. 182 c.p.c. in tema di difetto di rappresentanza o di autorizzazione. Il comma 10, infatti, prevede che laddove il privato, pur essendovi tenuto, ometta di nominare un difensore, il presidente della commissione o della sezione o del collegio invita le parti a regolarizzare gli atti e i documenti, assegnando un termine perentorio per sanare il vizio. Nella relazione al d.lgs. n. 156/2015 si legge che il rinvio all'art. 182 c.p.c. ha la funzione di anticipare quanto più possibile la regolarizzazione degli atti, al fine di dimezzare i tempi di giudizio. Un'ulteriore novità introdotta dal d.lgs. n. 156/2015 riguarda l'ampliamento dei soggetti abilitati all'assistenza tecnica avanti alle commissioni tributarie. In particolare, sono stati ricompresi nell'elenco di cui al comma 3, lett. h), i dipendenti dei CAF, limitatamente alle controversie originate da adempimenti per cui il CAF ha già prestato assistenza alla parte privata; al comma 6, inoltre, figurano gli spedizionieri doganali iscritti ad apposito albo per le controversie relative a tributi doganali. Per l'effetto la giurisdizione tributaria, che è caratterizzata da un grado di tecnicismo fuori dal comune, è coltivata da soggetti totalmente privi di idonea preparazione non tanto fiscale quanto propriamente giuridica. Ci si può domandare se questo sia il modo migliore per andare incontro alle esigenze in specie di contribuenti che si suppone non abbiano disponibilità sufficienti a sostenere gli onere di una difesa tecnica propriamente detta; altro discorso ovviamente vale per le Amministrazioni, dalle quali è esigibile un grado di professionalità tale da coprire anche l'area del giudizio. Il comma 4 ha accentrato presso il Dipartimento delle Finanze del MEF la gestione dell'elenco dei soggetti di cui al comma 3, lett. d), e), f), g) e h), abilitati alla difesa tecnica avanti agli organi di giustizia tributaria e ne ha previsto la pubblicazione sul sito del Ministero. Le modalità di tenuta degli elenchi, le cause di incompatibilità, diniego, sospensione e revoca sono affidate alla formulazione di un regolamento del Ministero, ex art. 17, comma 3, l. n. 400/1988. Sul punto, sino all'entrata in vigore del d.m. previsto, restano applicabili le norme previgenti. Da ultimo, tra le novità introdotte dal legislatore del 2015, rientra la previsione del comma 8, per cui le Agenzie delle entrate, delle dogane e dei monopoli hanno la possibilità di stare in giudizio con l'assistenza dell'Avvocatura dello Stato: la professionalità delle PP.AA., cui si accennava, riconoscersi essere talvolta pur'essa insufficiente, in guisa da necessitare del soccorso della struttura all'uopo deputata alla difesa tecnica delle Amministrazioni dello Stato. Questioni di legittimità costituzionaleLe questioni di legittimità costituzionale analizzate di seguito riguardano il testo previgente dell'art. 12 in commento, ma possono essere ritenute ancora valide per chiarire la portata delle previsioni contenute nella formulazione attuale dello stesso. La Corte cost. ha dichiarato non fondata la questione di legittimità inerente l'abilitazione all'assistenza tecnica nel contenzioso tributario agli iscritti nei ruoli di periti ed esperti delle camere di commercio alla data del 30 settembre 1993 e non anche agli iscritti in data successiva. Tale preclusione è stata ritenuta legittima in quanto «la scelta del legislatore di chiudere il ruolo dei c.d. “tributaristi” (periti tributari svolgenti funzioni di assistenza tecnica nel processo tributario), [...] si pone come disciplina eccezionale di mediazione tra l'interesse della categoria — che aveva fino ad allora svolto attività difensiva — e l'interesse dei contribuenti parti nel processo tributario»: un interesse, quest'ultimo, che per l'effetto si deduce essere proiettato al massimo grado di professionalità nella difesa tecnica (Corte cost. n. 208/2002, con nota di Cardillo, Legittima la limitazione dell'abitazione all'assistenza tecnica ai tributaristi iscritti nei ruoli camerali al 30 settembre 1993, in Dir. e prat. trib. 2003, 3, 689). La pronuncia rileva ai fini della formulazione del comma 3, lett. e) attualmente in vigore. Parimenti, la Corte Cost. ha dichiarato non fondata la questione concernente la competenza dei consulenti del lavori, che, nel processo tributario, è, per vero congruamente, limitata alle materie delle ritenuta alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilabili e agli obblighi relativi ai sostituti d'imposta. A tali soggetti, seppure abilitati alla difesa tecnica avanti alle commissioni tributarie, ai sensi del comma 2 nella precedente formulazione e dell'art. 30, comma 1, lett. i), l. n. 413/1991, non può essere riconosciuta una competenza piena, «in quanto la non omogeneità della categoria dei consulenti del lavoro rispetto alle categorie professionali cui è attribuita una generale abilitazione difensiva dinanzi alle commissioni tributarie esclude di per sé la violazione del principio di eguaglianza” (Corte cost. n. 328/1998). In tema di diritto di difesa ex art. 24 Cost., è stata dichiarata nuovamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 nella parte in cui non prevede l'esclusiva abilitazione degli avvocati all'assistenza tecnica davanti alle commissioni tributarie. Sul punto, la Corte cost. ha affermato che il diritto di difesa è diversamente modulabile da parte del legislatore, il quale può «disciplinarne l'esercizio secondo valutazioni discrezionali con il [solo] limite della non irrazionalità delle scelte». L'abilitazione alla difesa tecnica estesa a categorie diverse dagli avvocati, dunque, è ragionevole, tra l'altro alla luce della peculiarità della materia tributaria, che all'evidenza involge competenze non esclusivamente giuridiche (Corte cost. n. 210/1998; Corte cost. n. 251/1994). Da ultimo, è stata dichiarata, al solito, non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 18, laddove prevedevano l'inammissibilità del ricorso oltre l'allora vigente soglia di 5.000.000 delle vecchie lire proposto dal solo ricorrente sfornito di difensore senza consentirgli di nominare un difensore in un momento successivo, essendo possibile un'interpretazione delle norme denunciate conforme alla previsione costituzionale del diritto di difesa (Corte cost. n. 202/2002; Corte cost. n. 189/2000). Costituzione in giudizio e notificazioniLa costituzione in giudizio avviene con il deposito di copia conforme del ricorso presso la segreteria della Commissione tributaria, sottoscritta in originale dal ricorrente o dal suo difensore (Glendi-Bruzzone, 1004). In giurisprudenza si è affrontato il tema della mancata o illeggibile sottoscrizione del ricorso da parte del privato o del suo difensore. L'orientamento maggioritario della Corte di Cassazione ritiene che tali ipotesi costituiscano mere irregolarità e non comportino l'inammissibilità del ricorso, ex art. 18, comma 4, in quanto «il principio di effettività della tutela giurisdizionale impone di interpretare in senso restrittivo le previsioni di inammissibilità» (Cass. V, n. 16758/2016, e Cass. V, n. 407/2015, la quale, in particolare, osserva che, nel caso di mancata sottoscrizione del ricorso depositato, la controparte potrà verificare l'esistenza della firma su quello ad essa pervenuto; contra, però, un orientamento meno recente, espresso da Cass. V, n. 14117/2009, e Cass. V, n. 4051/2001). Può contribuire a risolvere la questione la riflessione per cui, nel processo tributario, ai sensi dell'art. 22 d.lgs. n. 546/1992, il ricorrente deve attestare la conformità del ricorso depositato presso la commissione a quello notificato a controparte, a pena addirittura di inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio: dalla lettura congiunta degli artt. 18 e 22 sembrerebbe, dunque, che l'originale del ricorso sia quello che viene notificato alla controparte e non quello da depositare in segreteria; pertanto l'apposizione in originale della firma del ricorrente o del difensore dovrebbe avvenire quantomeno sul ricorso notificato. Tuttavia parte della giurisprudenza ha affermato che neppure la mancata sottoscrizione del ricorso notificato a controparte comporti l'inammissibilità, dovendosi la firma ritenere «presente per relationem attraverso il rinvio implicito all'originale depositato presso la segreteria della Commissione» (Cass. V, n. 15444/2010; Cass. V, n. 12185/2008; Cass. V, n. 6391/2006): in definitiva, sembra di poter dire che è sufficiente che la firma figuri su uno dei due ricorsi, a prescindere dalla qualifica come originale o copia, notificato alla controparte o depositato. Con una recente sentenza, la Cassazione ha affermato che quando la scelta tra il patrocinio dell'Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l'Agenzia e l'Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell'Agenzia a mezzo dell'una o dell'altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità (Cass. VI-T, n. 31917/2022). Nel dettaglio, l'Agenzia delle Entrate ricorreva con un unico motivo avverso la sentenza della Commissione Territoriale Regionale che aveva accolto l'eccezione del contribuente di irritualità della costituzione di Agenzia delle Entrate con avvocato del libero foro. La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata. In particolare, il Supremo Collegio ha richiamato l'insegnamento giurisprudenziale delle Sezioni Unite, secondo cui ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l'Agenzia delle Entrate–Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell'Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell'art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all'organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall'dall'art. 43, comma 4, r.d. cit. - nel rispetto degli articoli 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell'art. 1, comma 5 del d.l. 193 del 2016, conv. in l. n. 225 del 2016 - in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all'Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. In tema di notificazioni, si applicano le disposizioni contenute negli artt. 170 e 285 c.p.c. La notificazione del ricorso deve essere fatta, a pena d'inammissibilità, all'ufficio che ha emesso l'atto impugnato, «a nulla valendo la costituzione in giudizio dell'ufficio competente», posto che gli artt. 10, 11 e 12 attribuiscono la capacità di stare in giudizio agli uffici finanziari (Cass. V, n. 9395/2007). Diversamente, la notificazione fatta ad un ufficio dell'Agenzia delle entrate non territorialmente competente, non determina «né la nullità né la decadenza dall'impugnazione», posto il carattere unitario di tale ente (Cass. V, n. 29465/2008). La nullità della notificazione del ricorso introduttivo può essere sanata retroattivamente se la parte si costituisce in giudizio, anche al solo scopo di eccepire tale nullità (Cass. V, n. 8777/2008). La notificazione della sentenza fatta alla parte personalmente e non al procuratore costituito, tuttavia, «non è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione» (Cass. V, n. 25376/2008; Cass. V, n. 12269/2007; contra, però, Cass. V, n. 7059/2014). Parimenti la notificazione dell'atto di impugnazione è inesistente se fatta presso il procuratore a cui sia stato revocato il mandato e sostituito da altro, laddove la parte abbia avuto conoscenza legale di tale sostituzione (Cass. III, n. 759/2016; Cass. V, n. 13477/2012). Diversamente, non è afflitto da un vizio di inesistenza ma di nullità l'appello notificato al difensore del contribuente cancellatosi volontariamente dall'albo professionale di appartenenza, dopo la pubblicazione della decisione della Commissione tributaria provinciale. Conseguentemente, la costituzione del contribuente sana tale vizio di nullità avendo la notificazione dell'impugnazione raggiunto lo scopo cui era stata destinata (Cass. VI, n. 9104/2020). Per quanto attiene le variazioni del domicilio eletto o della residenza o della sede (a norma dell'art. 17, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992), queste sono efficaci nei confronti delle controparti costituite dal decimo giorno successivo a quello in cui sia stata loro notificata la denuncia di variazione; tale onere è previsto per il domicilio autonomamente eletto dalla parte, mentre l'elezione del domicilio dalla medesima operata presso lo studio di qualsiasi difensore, ex art. 12 del citato D.Lgs., ha la mera funzione di indicare la sede dello studio del procuratore medesimo. In tale caso, il difensore domiciliatario non ha a sua volta l'onere di comunicare il cambiamento di indirizzo del proprio studio ed è, invece, onere del notificante di effettuare apposite ricerche per individuare il nuovo luogo di notificazione, ove quello a sua conoscenza sia mutato, dovendo la notificazione essere effettuata al domicilio reale del procuratore anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte (Cass. V, Ord., n. 7320/2021; conf. Cass. V, Ord., n. 10565/2022). La difesa tecnica: obbligoCome in passato, il comma 1, siccome novellato nel 2015, prevede l'obbligatorietà per il privato di essere assistito nel giudizio tributario da un difensore abilitato (Beccalli, 6795). Dal combinato disposto con il comma 2, ricavasi che tale obbligo riguarda le controversie di valore superiore a euro 3.000,00; per quelle di valore inferiore, infatti, il privato può stare in giudizio senza procuratore (Cass. V, n. 2825/2012). Quanto specificamente alle controversie di valore superiore, introdotte pur tuttavia dal privato personalmente, il giudice deve fissargli un termine perentorio entro cui lo stesso ha l'onere di nominare un difensore ovviamente abilitato. La concessione di un termine per beneficiare dell'assistenza tecnica è posto a presidio dell'effettività del diritto di difesa nel processo tributario, che, «dovendo essere introdotto attraverso un meccanismo impugnatorio di determinati atti impositivi, da esercitarsi entro brevissimi termini di decadenza, già comporta, rispetto al modello classico del processo civile, fortissime compressioni [delle] garanzie professionali» (Cass. S.U., n. 22601/2004, con nota di Cantillo, 1, 225). A seguito dell'inottemperanza del privato nel termine, il ricorso diviene inammissibile, recte, a voler essere precisi, improcedibile per inammissibilità sopravvenuta (Cass. V, n. 15029/2014; Cass. V, n. 29587/2011; Cass.S.U., n. 22601/2004, cit.; cfr. anche Cass. V, n. 13202/2007, secondo cui, in ipotesi di cassazione senza rinvio della sentenza del giudice tributario d'appello, il quale abbia rilevato l'errore del giudice di primo grado nel dichiarare inammissibile il ricorso per difetto di procura senza fissare un termine in sanatoria, la causa va rimessa avanti alla commissione tributaria provinciale). L'obbligo del giudice di fissazione del termine sussiste laddove il difetto di assistenza tecnica sia ravvisato ab initio, quando la controversia è proposta, mentre non concerne il secondo grado, allorquando è rituale l'automatica dichiarazione di inammissibilità dell'impugnazione (Cass. V, n. 26851/2014; Cass. V, n. 20929/2013; Cass. V, n. 21139/2010). La sanatoria del difetto ad opera del privato che in termine provveda alla nomina di difensore comporta per il medesimo il vantaggioso effetto che le preclusioni processuali decorrono dal primo atto del difensore, «pur vigendo in linea generale il principio secondo cui l'oggetto del giudizio è circoscritto dai motivi del ricorso introduttivo» (Cass. V, n. 23315/2013). L'omissione da parte del giudice tributario, per le controversie oltre soglia, dell'intimazione al ricorrente di munirsi di un difensore entro un termine stabilito, ai sensi del comma 10, che richiama l'art. 182 c.p.c., è stata qualificata come ipotesi di nullità. Sul punto, parte della giurisprudenza opina che tale nullità sia relativa e vada ad incidere sulla sentenza, senza però inficiare la costituzione del contraddittorio (Cass. V, n. 34713/2019;Cass. V, n. 3120/2016; Cass. V, n. 26851/2014; Cass. V, n. 11986/2011; Cass. V, n. 3051/2008): sicché essa può – ma per ciò stesso altresì deve – essere eccepita in sede di gravame dalla parte che ritenga leso il proprio diritto, ancorché non incida sul decorso dei termini di impugnazione; la parte, infatti, a seguito della notifica del ricorso e del deposito dello stesso presso la commissione tributaria provinciale competente, ex art. 22, comma 1, può ritenersi ritualmente costituita in primo grado e, quindi, a conoscenza del processo (Cass. V, n. 839/2014; Cass. V, n. 3266/2012; Cass. V, n. 5255/2008). Altra parte della giurisprudenza, invece, ritiene che la mancata fissazione del termine si traduca in un vizio del contraddittorio, con conseguente nullità del procedimento e della sentenza (Cass. V, n. 11986/2011; Cass. V, n. 620/2006; Cass. V, n. 519/2002). Il comma 9 dispone che gli iscritti agli albi possano stare in giudizio personalmente, anche in ipotesi in cui un soggetto abilitato sia il legale rappresentante di una società o di un ente (Cass. V, n. 13210/2001). In questo ultimo caso (rappresentanza processuale della persona giuridica), quando la fonte del suo potere rappresentativo derivi da un atto soggetto a pubblicità legale, spetta alla controparte, qualora contesti che colui che ha sottoscritto la procura possa agire in giudizio in rappresentanza della società, provare l'irregolarità dell'atto di conferimento. Nel caso in cui, invece, la firma di chi ha conferito la procura sia illeggibile e non sia stato indicato il suo nominativo nel mandato o nell'intestazione dell'atto, il giudice deve invitare la parte alla regolarizzazione, e, solo in caso di inottemperanza, può emettere una pronuncia in rito di inammissibilità del ricorso, stante l'applicabilità dell'art. 182 c.p.c. al processo tributario, prevista dal d.lgs. n. 156/2015 che ha modificato l'art. 12 del d.lgs.n. 546 del 1992 (Cass. V, n. 6799/2020). Diversamente, è considerato vera e propria parte del processo tributario il concessionario del servizio di riscossione e, pertanto, anche per tale soggetto vale l'obbligo di munirsi di difesa tecnica oltre la soglia di euro 3.000,00 di valore della controversia. Il concessionario, infatti, non rientra tra i soggetti abilitati a stare in giudizio senza l'assistenza di un difensore (Cass. V, n. 21459/2009; Cass. V, n. 27035/2005). Un'ipotesi peculiare riguarda l'assistenza tecnica prestata dal curatore fallimentare iscritto e abilitato alla difesa ex comma 3. La giurisprudenza osserva che egli non può assumere la veste di difensore del fallito nel processo tributario e che la relativa incompatibilità, ai sensi dell'art. 31, comma 3, n. 6, r.d. n. 267/1947 è riferita a tutte le categorie abilitate ex art. 12 in commento (Cass. V, n. 4560/2010; Cass. V, n. 18419/2004). Diversi “gradi” di abilitazione alla difesa tecnica e conseguenze rispetto alle relative violazioni I commi 3, 5 e 6 prevedono un elenco dei soggetti abilitati. La relazione illustrativa della novella, disposta con l'art. 9, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 156/2015, divide tali soggetti in tre categorie: quelli che possono assistere i contribuenti nella generalità delle controversie [comma 3, lett. da a) a d)]; quelli che sono abilitati alla difesa in materie specifiche [comma 3, lett. e); comma 5, lett. da a) a g); comma 6]; quelli che possono assistere soltanto alcune categorie di contribuenti [comma 3, lett. da e) a h)]. l'art. 10 d.lgs. n. 156/2015, inoltre, ha modificato l'art. 63, commi 3, 4 e 5 d.P.R. n. 600/1973, nel senso che il Ministero dell'economia e delle finanze può autorizzare a svolgere assistenza tecnica dinnanzi le Commissioni tributarie i funzionari e i dirigenti di enti impositori e del Ministero, nonché gli ufficiali e gli ispettori della guardia di finanza che abbiano cessato l'impiego e abbiano prestato servizio per almeno vent'anni, di cui gli ultimi dieci nell'esercizio di attività connesse ai tributi. Con riferimento all'esercizio dell'assistenza tecnica da parte di periti e geometri, soggetti che rientrano nella categoria di assistenza limitata in materie specifiche, la giurisprudenza afferma che il superamento dei limiti delle materie di competenza comporta la nullità delle attività poste in essere da tali soggetti (Cass. V, n. 5188/2000; Cass. V, n. 3845/2000). L'insegnamento della S.C. ha carattere generale il compimento, da parte del difensore, di attività cui non è abilitato, anche per difetto originario dei requisiti, è causa di nullità delle stesse. Il Regolamento recante disposizioni in materia di abilitazione all'assistenza tecnica innanzi alle Commissioni tributarie (D.M. 5 agosto 2019, n. 106).Nella Gazzetta Ufficiale n. 233 del 4 ottobre 2019 è stato pubblicato il D.M. 5 agosto 2019, n. 106, con cui il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha dettato le disposizioni in materia di abilitazione all'assistenza tecnica innanzi alle Commissioni tributarie. In particolare, il Decreto individua le modalità di rilascio dell'abilitazione all'assistenza tecnica innanzi alle Commissioni tributarie, le modalità di tenuta dell'elenco dei soggetti abilitati, i casi di incompatibilità, diniego, sospensione, revoca dell'iscrizione, anche sulla base dei principi contenuti nel codice deontologico forense, in applicazione dell'art. 12, comma 4, D.Lgs. n. 546/1992. L'elenco è tenuto dal Dipartimento delle Finanze, Direzione della giustizia tributaria, del Ministero dell'Economia e delle finanze. Costituiscono requisiti generali per l'iscrizione (art. 3 Decreto): a) essere cittadino italiano o di Stato appartenente all'Unione europea; b) godere del pieno esercizio dei diritti civili e politici; c) non trovarsi in una delle condizioni di incompatibilità (previste nell'art. 9 del medesimo Decreto); d) non essere iscritto in nessuno degli albi professionali relativi a avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro; e) non essere sottoposto ad esecuzione di pene detentive, di misure cautelari o interdittive; f) non avere riportato condanne definitive, salvo gli effetti della riabilitazione, per taluni reati (di cui all'articolo 51, comma 3-bis, c.p.p. o dei reati previsti dagli articoli 372,373,374,374-bis, 377,377-bis, 380 e 381 del c.p., nonché per uno dei reati contro la pubblica amministrazione, per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a due anni; g) non aver subito la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso. Tali requisiti devono essere posseduti alla data di presentazione della domanda. Gli iscritti hanno l'obbligo di comunicare, senza indugio, alla Direzione della giustizia tributaria il venir meno degli stessi, nonché il sopraggiungere di cause di incompatibilità. La domanda di iscrizione è compilata utilizzando l'apposito modulo pubblicato sui siti istituzionali del Ministero dell'Economia e delle Finanze. La Direzione della giustizia tributaria, in seguito all'iscrizione, rilascia la tessera di difensore abilitato all'assistenza tecnica innanzi alle Commissioni tributarie. La tessera nominativa, munita di foto contiene l'indicazione della sezione dell'elenco nella quale il soggetto è iscritto, il numero di iscrizione e l'eventuale termine di validità. Per quanto attiene alle incompatibilità (art. 9 Decreto), l'attività di assistenza tecnica non può essere esercitata nella regione o nelle province, con essa confinanti, in cui gli iscritti abbiano con i giudici delle Commissioni tributarie provinciali rapporti di coniugio, convivenza e parentela fino al secondo grado e di affinità in primo grado o siano con gli stessi uniti civilmente e nella regione, o in quelle confinanti, in cui gli iscritti abbiano con i giudici delle Commissioni tributarie regionali rapporti di coniugio, convivenza e parentela fino al secondo grado e di affinità in primo grado o siano con gli stessi uniti civilmente. L'attività di assistenza tecnica è, altresì, incompatibile: a) con l'esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale, svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui; b) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o amministratore di società di persone, aventi quale finalità l'esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L'incompatibilità non sussiste se l'oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all'amministrazione di beni, personali o familiari, nonché' per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico; c) con lo svolgimento di lavoro subordinato (salvi i casi di rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, comma 2, Decreto. Il Decreto in commento prevede, poi, una serie di doveri e di regole deontologiche (art. 10 Decreto). L'attività di assistenza tecnica deve essere espletata in piena indipendenza e fondata sull'autonomia del giudizio intellettuale ed esercitata con coscienza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza, assicurando la qualità della prestazione professionale anche attraverso un continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale. L'iscritto è tenuto ad uniformarsi, in quanto compatibili, ai principi contenuti nel codice deontologico forense che stabilisce le norme di comportamento da osservare in via generale e, specificamente, nei rapporti con il cliente, con la parte assistita, con la controparte e con gli altri professionisti. L'iscritto è libero di accettare l'incarico. Il rapporto con la parte assistita e con il cliente è fondato sulla fiducia. La violazione dei doveri può comportare, a seconda della gravità, la sospensione o la revoca dell'iscrizione. La sospensione consiste nell'esclusione temporanea, da due mesi a cinque anni, dall'esercizio dell'assistenza tecnica e si applica in caso di comportamenti e responsabilità gravi, tenendo conto dei principi di gradualità di cui al codice deontologico forense, in quanto applicabili. Il soggetto sospeso è tenuto ad astenersi dall'esercizio della assistenza, senza necessità di alcun ulteriore avviso (art. 13 Decreto). La revoca dell'iscrizione, invece, è disposta dalla Direzione della giustizia tributaria, quando viene meno uno dei requisiti o nelle ipotesi di accertamento della falsità delle dichiarazioni circa la sussistenza dei requisiti e delle condizioni prescritti per l'iscrizione. La revoca è disposta, altresì, nei casi di violazioni molto gravi che rendono incompatibile la permanenza dell'iscritto nell'elenco. La Direzione della giustizia tributaria, a seguito del provvedimento di revoca, cancella l'iscritto dall'elenco. L'iscritto cancellato può presentare una nuova domanda qualora dimostri la cessazione delle cause che hanno determinato la cancellazione, purché sia in possesso dei requisiti di cui all'articolo 3 del Decreto. La cancellazione avviene, altresì, o per decesso o per modifiche di legge o su richiesta dell'iscritto (art. 16 Decreto). Infine, la Direzione della giustizia tributaria, può disporre la sospensione cautelare, al verificarsi delle seguenti ipotesi: a) applicazione di misura cautelare detentiva o interdittiva irrogata in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello; b) irrogazione, con la sentenza penale di primo grado, della pena accessoria di cui all'articolo 35 c.p. (anche se è stata disposta la sospensione condizionale della pena); c) applicazione della misura di sicurezza detentiva; d) condanna in primo grado per i reati previsti dagli articoli 372,374,377,378,381,640 e c.p., se commessi nell'ambito dell'esercizio dell'attività di rappresentanza e assistenza tecnica, nonché' dagli articoli 244, 648-bis e 648-ter del medesimo codice; e) condanna in primo grado per uno di reati contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo ad anni due ovvero non aver beneficiato dell'applicazione della pena, ai sensi dell'articolo 444 c.p.p.; f) condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni. La sospensione viene adottata con provvedimento motivato, previo contraddittorio con l'iscritto; può avere una durata non superiore a un anno ed è esecutiva dalla data della notifica all'interessato. La sospensione perde efficacia qualora entro sei mesi dal relativo provvedimento, la Direzione della giustizia tributaria non emani il provvedimento sanzionatorio. La sospensione può essere revocata o modificata nella sua durata, d'ufficio o su istanza di parte, qualora, anche per circostanze sopravvenute, non appaia più adeguata ai fatti commessi (art. 15 Decreto). La forma della procuraLe modalità di conferimento dell'incarico al difensore sono contenute nel nuovo comma 7. La procura deve rilasciata con atto pubblico o scrittura privata autenticata, o anche in calce o a margine dell'atto processuale. In quest'ultima ipotesi, ma solo in essa, la sottoscrizione autografa è autenticata dallo stesso incaricato (Aiudi, 144; Azzoni, 516). La disposizione consente che il conferimento dell'incarico al difensore possa essere anche fatto oralmente con dichiarazione verbalizzata in udienza (Cass. VI, n. 25469/2014). Si applica l'art. 83 c.p.c. (Cass. V, n. 6912/2013; Cass. V, n. 29591/2011; Cass. V, n. 20520/2006; Cass. V, n. 3537/2002). In tema di sottoscrizione e autenticazione della firma, è stato rilevato che non rileva la mancata sottoscrizione della procura sull'originale del ricorso notificato, in quanto sono sufficienti l'apposizione in originale e l'autenticazione nella copia del fascicolo depositato (Cass. V, n. 1166/2012; Cass. V, n. 5371/2010). Con riferimento alla procura rilasciata in calce o a margine del ricorso, la mancata autenticazione da parte del difensore della sottoscrizione apposta dalla parte non determina la nullità dell'atto, laddove non vi sia contestazione dell'autenticità della sottoscrizione (Cass. V, n. 15029/2014; Cass. V, n. 11446/2010; Cass. V, n. 6591/2008). La firma apposta dal difensore ai fini di autenticazione è stata ritenuta come elemento atto ad attribuire al difensore stesso la paternità del ricorso (Cass. VI, n. 18491/2013; Cass. V, n. 21326/2006). Nel caso in cui nell'intestazione di un atto giudiziario sia indicata una determinata persona quale rappresentante legale della società cui l'atto è riferibile e la procura alle liti rilasciata a margine o in calce all'atto stesso risulti invece sottoscritta da un soggetto diverso, la discordanza configura un mero errore materiale che non incide sulla validità dell'atto, qualora si accerti che la procura è stata rilasciata da colui che riveste la qualità di legale rappresentante della società (Cass. Sez. un., Ord., 12445/2022). È utile evidenziare che l'ipotesi di sottoscrizione illeggibile della procura conferita da una persona giuridica e la non immediata riferibilità della stessa ad un soggetto munito dei poteri di rappresentanza della società o ente non precludono una valutazione del giudice di merito in base a tutti gli elementi acquisiti al processo: così, per esempio, è valida la sottoscrizione pur illeggibile se il soggetto conferente è comunque identificabile alla stregua del contesto dell'atto (Cass. V, n. 14005/2003; Cass. V, n. 6350/2002; contra, però, Cass. V, n. 16991/2003, espressiva di un indirizzo rigoroso, secondo cui il mandato sottoscritto in modo illeggibile è invalido e l'atto affetto da nullità assoluta e dunque insanabile). Il ricorso proposto da difensore senza mandato è inammissibile (Cass. V, n. 23763/2010). L'assistenza tecnica della Pubblica AmministrazioneL'ente locale sta in giudizio mediante l'organo di rappresentanza previsto dal proprio ordinamento (recita infatti art. 11, comma 3: «L'ente locale nei cui confronti è proposto il ricorso può stare in giudizio anche mediante il dirigente dell'ufficio tributi, ovvero, per gli enti locali privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa in cui è collocato detto ufficio»). In particolare, il funzionario dell'Ufficio per i tributi del Comune, nominato dal Sindaco, è legittimato a rappresentare il Comune, con la conseguenza che questo è parte sostanziale del processo, mentre detto funzionario è parte legittimata a stare in giudizio (Cass. V, n. 3245/2005; Cass. V, n. 20042/2004; Cass. V, n. 19080/2003, che affronta il tema del rapporto di servizio tra l'ente locale ed i suoi funzionari). Una linea di giurisprudenza ormai risalente riteneva però che il funzionario potesse stare in giudizio per il Comune solo per l'attività successiva alla costituzione in giudizio, la quale invece può essere fatta solo dal Sindaco, unico ad avere il potere di impegnare ab initio l'ente (Cass. V, n. 17708/2004; Cass. V, n. 15858/2001). Ad ogni modo, il funzionario può sottoscrivere un atto del processo tributario, in quanto, ex art. 74 d.lgs. n. 507/1997, il Comune ha la facoltà di conferirgli il corrispondente potere (Cass. V, n. 1855/2010; Cass. V, n. 15639/2004). Ciò non significa però che è preclusa all'ente locale la possibilità di nomina di un difensore esterno iscritto all'albo (Cass. V, n. 14827/2010; Cass. V, n. 22196/2004). In realtà tale preclusione non sussiste neppure per gli uffici finanziari statali. Invero «né il comma primo dell'art. 12 — che stabilisce, per le parti diverse dall'ufficio del Ministero delle finanze o dall'ente locale, l'obbligo dell'assistenza tecnica — né il successivo comma 4 della norma stessa — che [nella formulazione previgente] prevede[va] la facoltà, per i soli uffici finanziari, di farsi assistere, nei giudizi di appello, dall'Avvocatura dello Stato [oggi rileva il comma 8, secondo cui le Agenzie fiscali possono tout court essere assistite dall'Avvocatura dello Stato]- impediscono che gli uffici finanziari o gli enti locali possano farsi assistere in giudizio da difensori abilitati, anche privati, ponendo, peraltro, una diversa interpretazione dubbi di legittimità costituzionale in riferimento all'art. 24, secondo comma, Cost.» (Cass. V, n. 22804/2006; Cass. V, n. 17936/2004; Cass. V, n. 18541/2003). Quanto all'ente locale, in linea teorica, la nomina di un difensore esterno dovrebbe promanare dal sindaco. Nondimeno è stata ritenuta legittima la nomina promanante da un semplice funzionario, in virtù di delega sindacale, laddove però detta delega contenga la specificazione dei poteri spettanti al funzionario e non si estenda al generale potere di rappresentanza del Comune, che in quanto tale spetta solo al Sindaco (Cass. V, n. 22197/2004; Cass. V, n. 5463/2004). Dal canto loro, le Agenzie fiscali, già a norma dell'art. 72 d.lgs. n. 300 del 1999 ed ora a norma del comma 8 dell'art. in commento possono avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ex art. 43 del testo unico approvato con il r.d. n. 1611 del 1933 e successive modificazioni: in data 29 ottobre 2001 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa con l'Avvocatura dello Stato, in forza del quale questa ha assunto la rappresentanza e la difesa delle Agenzie fiscali in modo organico ed esclusivo, senza che sia necessario, per ciascun atto proveniente dall'Avvocatura dello Stato, un preciso mandato ad litem, essendo sufficiente che consti la qualità del sottoscrittore dell'atto stesso (Cass. V, n. 4424/2005). Tale facoltà (di farsi assistere anche dall'Avvocatura dello Stato), non sta ad indicare una facoltà "residuale" quanto, piuttosto, una facoltà "aggiuntiva" per detti uffici finanziari, fermo restando che nessuna norma impedisce che questi o gli agenti della riscossione o gli enti locali possano farsi assistere da difensori abilitati anche privati, posto che una simile limitazione mal si concilierebbe con l'art. 24, comma 2, Cost. (Cass. VI, Ord., n. 8671/2021; conf. Cass. VI, Ord., n. 5693/2021). Infine, per quanto concerne il concessionario del servizio di riscossione, oltre il limite previsto dal comma 2, esso deve essere assistito in giudizio da un difensore tecnico, in quanto le disposizioni che prevedono la possibilità per alcuni soggetti di non avvalersi della difesa tecnica sono di stretta interpretazione (Cass. V, n. 27035/2005). Contributo unificatoSi accenna al profilo del contributo unificato, in quanto con il d.lgs. n. 147/2015 è intervenuta in materia una modifica di radicale portata, incidente però non sull'art. 12, ma sull'art. 11. Invero l'ultimo periodo del comma 2 dell'art. 11 prevede ora che «stanno ... in giudizio direttamente le cancellerie o segreterie degli uffici giudiziari per il contenzioso in materia di contributo unificato»: talché detti organi per un verso assurgono al piano della legitimatio ad litem e per altro verso vi assurgono «direttamente», ossia – e qui sta il punto d'incontro con l'art. 12 – senza necessità dell'assistenza di un difensore. Non consta casistica, anche per la comprensibile scarsa propensione delle gerarchie di cancelleria e segreteria ad assumere – in difetto di adeguata preparazione – responsabilità processuali suscettibili di essere loro rimproverate in sede contabile a fronte di questioni spesso di difficile soluzione. Una di esse concerne ad esempio l'ipotesi di ricorso cumulativo, con riferimento alla quale, per la determinazione dell'importo del contributo unificato, s'è deciso che «il valore della controversia è costituito dalla somma dei vari tributi (al netto di sanzioni, interessi ed accessori) oppure, in caso di atti contenenti solo sanzioni, dalla somma delle sanzioni, sì che detto contributo unificato deve essere commisurato non già alla somma dei contributi unificati che dovrebbero essere corrisposti se i singoli atti fossero impugnati separatamente, ma unicamente al valore della lite determinato sommando i tributi contenuti nei singoli atti impugnati» (C.t.p. Catania, XII, 9 gennaio 2017, n. 153; conf. C.t.p. Campobasso I, 19 luglio 2013, n. 120; sull'argomento, in dottrina, Bruzzone, 283). Il ragionamento sottostante a tale conclusione trova appiglio nel rilievo che, in forza del generico rilievo dell'art. 1, viene in linea di conto l'art. 104 c.p.c., il quale impone l'osservanza dell'art. 10, comma 2, c.p.c., secondo cui il valore della causa ai fini dell'individuazione del giudice competente, in caso di pluralità di domande, è determinato dalla somma del valore di ciascuna, sempre che siano proposte con il medesimo atto introduttivo (Cass. V, n. 26089/2005; Cass. V, n. 4960/2003; Cass. V, n. 4325/2000). Nondimeno, problematicamente, in senso contrario, può rilevarsi come il cumulo non modifica numero e natura delle azioni, trasformandole da plurime in unitaria: così opinando, tanti sono gli atti impugnati e tante le azioni, il contributo unificato dovendosi per l'effetto commisurare a ciascuna. La riforma della giustizia tributariaLa riforma della giustizia tributaria si inscrive nell'alveo delle riforme di sistema che lo Stato italiano ha inteso attuare nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). In considerazione dell'impatto che la giustizia tributaria ha sulla fiducia degli operatori economici, il Governo ha definito con la Commissione europea l'obiettivo di realizzare una riforma dell'intero sistema della giustizia tributaria, focalizzandosi in particolare sulla riduzione del numero di ricorsi alla Corte di Cassazione e sulla maggiore celerità della loro trattazione (si ricorda, a tale proposito, che il contenzioso tributario costituisce una componente importante dell'arretrato della Cassazione, con 50.000 ricorsi pendenti nel 2020, e che le decisioni della Cassazione portano in quasi la metà dei casi (47% nel 2020) all'annullamento delle decisioni delle Commissioni tributarie regionali, cfr. Rel. Ill. Senato, 13 dicembre 2023, A.G. 99). Con l'entrata in vigore, il 16 settembre 2022, della legge n. 130 del 2022, recante disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari, è stato conseguito l'obiettivo posto dal PNRR di attuare una completa riforma delle commissioni tributarie di primo e secondo grado entro la fine del 2022. La legge n. 130 del 2022, anzitutto, persegue la razionalizzazione del sistema della giustizia tributaria attraverso la professionalizzazione del giudice di merito, con la previsione della figura del magistrato tributario professionale, e apporta le conseguenti modifiche alle norme che disciplinano il reclutamento, la nomina alle funzioni direttive e le progressioni in carriera dei componenti delle commissioni tributarie. La legge, intervenendo sul decreto legislativo n. 545 del 1992, ha modificato la denominazione delle commissioni tributarie in corti di giustizia tributaria (di primo e di secondo grado) e ha stabilito che la giurisdizione tributaria sia esercitata dai nuovi magistrati tributari a tempo pieno, reclutati mediante procedure concorsuali appositamente disciplinate. È inoltre prevista la possibilità, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili o militari, non collocati in quiescenza, presenti nel ruolo unico nazionale dei componenti delle commissioni tributarie all'entrata in vigore della legge n. 130 da almeno cinque anni ed in possesso di determinati requisiti, di optare per il definitivo transito nella giurisdizione tributaria che avrà luogo a seguito di una procedura di interpello bandita dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. La riforma, poi, modifica le attribuzioni del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, prevedendo che esso vigili sul funzionamento dell'attività giurisdizionale delle corti di giustizia tributaria e possa disporre ispezioni nei confronti del personale giudicante. A tal fine è istituito un apposito Ufficio ispettivo; è inoltre istituito l'Ufficio del massimario nazionale, con la funzione di provvedere a rilevare, classificare e ordinare in massime le decisioni delle corti di giustizia tributaria di secondo grado e le più significative tra quelle emesse dalle corti di giustizia tributaria di primo grado. Con specifico riguardo agli aspetti processuali della riforma, la legge n. 130 apporta una serie di modifiche al decreto legislativo n. 546 del 1992, che disciplina, appunto, il processo tributario. Innanzitutto, come già accennato, ogni riferimento alle commissioni tributarie provinciali e regionali viene sostituito dal riferimento alle Corti di giustizia tributaria di primo grado e secondo grado Di indubbio rilievo è il superamento del divieto di assunzione della prova testimoniale nel processo tributario. È infatti introdotta la possibilità per il giudice tributario di ammettere la prova testimoniale, in forma scritta, in presenza di specifici presupposti. Sempre in tema di prova, la riforma formalizza la regola secondo cui l'amministrazione finanziaria ha l'onere di provare in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato. La riforma dà grande impulso all'istituto della conciliazione, introducendo la conciliazione su proposta del giudice tributario, che, qualora accettata, determina l'estensione il giudizio è dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere. Ancora, è prevista la condanna al pagamento delle spese di giudizio per la parte soccombente in caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione, qualora in giudizio siano in accolte le ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione; le spese di giudizio sono inoltre maggiorate del 50% per la parte che, non avendo accettato una proposta di conciliazione, si veda riconosciuta nel merito una pretesa inferiore a quanto previsto in sede di conciliazione. Significativa, ai fini del raggiungimento dell'obiettivo di deflazionare il contenzioso delle Corti di giustizia tributaria di primo grado, l'attribuzione alla competenza del giudice monocratico in primo grado le controversie entro il limite di 3.000 euro di valore, così sottraendo alla giudice collegiale la decisione su controversie di modico valore. Con la medesima finalità deflattiva, la riforma ha istituito presso la Corte di cassazione una sezione civile specifica per la trattazione delle controversie in materia tributaria. In particolare la riforma ha introdotto un sistema per agevolare la chiusura delle liti pendenti in Cassazione, disponendo che in caso di integrale o parziale soccombenza dell'Agenzia delle entrate in uno o più gradi di giudizio la lite possa essere definita, su richiesta del contribuente, attraverso il pagamento di un importo pari al 5% o al 20% del valore della controversia, a seconda del valore della medesima e dei gradi di giudizio nei quali l'Agenzia è risultata soccombente. Il primo presidente della Corte di cassazione è chiamato ad adottare i provvedimenti organizzativi adeguati al fine di stabilizzare gli orientamenti di legittimità e agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la Corte in materia tributaria, favorendo l'acquisizione di una specifica competenza da parte dei magistrati assegnati alla suddetta sezione. Riforma fiscale e il “nuovo” art. 12, applicabile dal 1° settembre 2024Con legge 9 agosto 2023, n. 111 è stata conferita al Governo la delega per la riforma fiscale. I princìpi e criteri direttivi generali, osservati nell'esercizio di tale delega, sono stati i seguenti: a) fermi restando i princìpi della progressività e dell'equità del sistema tributario, stimolare la crescita economica e la natalità attraverso l'aumento dell'efficienza della struttura dei tributi e la riduzione del carico fiscale, soprattutto al fine di sostenere le famiglie, in particolare quelle in cui sia presente una persona con disabilità, i giovani che non hanno compiuto il trentesimo anno di età, i lavoratori e le imprese; b) prevenire, contrastare e ridurre l'evasione e l'elusione fiscale, anche attraverso: 1) la piena utilizzazione dei dati che affluiscono al sistema informativo dell'anagrafe tributaria, il potenziamento dell'analisi del rischio, il ricorso alle tecnologie digitali e alle soluzioni di intelligenza artificiale, nel rispetto della disciplina dell'Unione europea sulla tutela dei dati personali, nonché il rafforzamento del regime di adempimento collaborativo ovvero l'aggiornamento e l'introduzione di istituti, anche premiali, volti a favorire forme di collaborazione tra l'Amministrazione finanziaria e i contribuenti; 2) la piena utilizzazione dei dati resi disponibili dalla fatturazione elettronica e dalla trasmissione telematica dei corrispettivi nonché la piena realizzazione dell'interoperabilità delle banche di dati, nel rispetto della disciplina dell'Unione europea sulla tutela dei dati personali; c) fermo restando il rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica e di riduzione del debito, prevedere la possibilità di destinare alla compensazione della riduzione della pressione fiscale le risorse, accertate come permanenti ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo degli obblighi tributari; d) razionalizzare e semplificare il sistema tributario anche con riferimento: 1) all'utilizzazione efficiente, anche sotto il profilo tecnologico, da parte dell'Amministrazione finanziaria, dei dati ottenuti attraverso lo scambio di informazioni; 2) all'individuazione e all'eliminazione di micro-tributi per i quali i costi di adempimento dei contribuenti risultano elevati a fronte di un gettito trascurabile per lo Stato, assicurando le opportune misure compensative nell'ambito dei decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge; 3) alla normativa fiscale riguardante gli enti del Terzo settore e quelli non commerciali, assicurando il coordinamento con le altre disposizioni dell'ordinamento tributario nel rispetto dei princìpi di mutualità, sussidiarietà e solidarietà; e) rivedere gli adempimenti dichiarativi e di versamento a carico dei contribuenti prevedendo: 1) la riduzione degli oneri documentali anche mediante il rafforzamento del divieto, per l'Amministrazione finanziaria, di richiedere al contribuente documenti già in suo possesso; 2) nuove e più efficienti forme di erogazione di informazioni e di assistenza; 3) percorsi facilitati per l'accesso ai servizi da parte delle persone anziane o con disabilità; f) assicurare un trattamento particolare per gli atti di trasferimento o di destinazione di beni e diritti in favore di persone con disabilità, fermo restando quanto previsto dagli articoli 5 e 6 della legge 22 giugno 2016, n. 112; g) assicurare la piena applicazione dei princìpi di autonomia finanziaria degli enti territoriali di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, al decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, e agli statuti speciali per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, con riferimento: 1) ai princìpi generali di cui all'articolo 2, comma 2, lettera t), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e ai princìpi di manovrabilità e flessibilità dei tributi di cui agli articoli 7 e 12 della medesima legge, in termini almeno equivalenti rispetto a quanto previsto dalla normativa statale vigente; 2) all'attribuzione dei gettiti da recupero fiscale su tributi e compartecipazioni; 3) all'attuazione, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, dell'articolo 39, comma 3, del decreto legislativo n. 68 del 2011; 4) alla partecipazione agli indirizzi di politica fiscale, tramite la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica; 5) allo sviluppo dell'interoperabilità delle banche di dati del sistema informativo della fiscalità per la gestione e l'accertamento dei tributi di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), della legge n. 42 del 2009; 6) all'opportunità di considerare le eventuali perdite di gettito rispetto a quanto previsto a legislazione vigente ai fini dell'adeguatezza dei servizi relativi ai livelli essenziali delle prestazioni e al servizio del trasporto pubblico locale, nel rispetto dei princìpi indicati dalla giurisprudenza costituzionale e dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196; 7) alla garanzia della previsione di meccanismi perequativi in conformità ai princìpi di cui all'articolo 9 della legge n. 42 del 2009, con riferimento in particolare all'attuazione delle previsioni di cui all'articolo 15 del decreto legislativo n. 68 del 2011.
Con particolare riferimento alla revisione della disciplina e dell'organizzazione del contenzioso tributario, l'articolo 19 della l. delega prevede i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) coordinare con la nuova disciplina di cui all'articolo 4, comma 1, lettera h), altri istituti a finalità deflativa operanti nella fase antecedente la costituzione in giudizio di cui all'articolo 23 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ai fini del massimo contenimento dei tempi di conclusione della controversia tributaria; b) ampliare e potenziare l'informatizzazione della giustizia tributaria mediante: 1) la semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione del processo; 2) l'obbligo dell'utilizzo di modelli predefiniti per la redazione degli atti processuali, dei verbali e dei provvedimenti giurisdizionali; 3) la disciplina delle conseguenze processuali derivanti dalla violazione degli obblighi di utilizzo delle modalità telematiche; 4) la previsione che la discussione da remoto possa essere chiesta anche da una sola delle parti costituite nel processo, con istanza da notificare alle altre parti, fermo restando il diritto di queste ultime di partecipare in presenza; c) modificare l'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, prevedendo che le opposizioni regolate dagli articoli 615, secondo comma, e 617 del codice di procedura civile siano proponibili dinanzi al giudice tributario, con le modalità e le forme previste dal citato decreto legislativo n. 546 del 1992, se il ricorrente assume la mancata o invalida notificazione della cartella di pagamento ovvero dell'intimazione di pagamento di cui all'articolo 50, comma 2, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973; d) rafforzare il divieto di produrre nuovi documenti nei gradi processuali successivi al primo; e) prevedere la pubblicazione e la successiva comunicazione alle parti del dispositivo dei provvedimenti giurisdizionali entro sette giorni dalla deliberazione di merito, salva la possibilità di depositare la sentenza nei trenta giorni successivi alla comunicazione del dispositivo; f) accelerare lo svolgimento della fase cautelare anche nei gradi di giudizio successivi al primo; g) prevedere l'impugnabilità dell'ordinanza che accoglie o respinge l'istanza di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato; h) prevedere interventi di deflazione del contenzioso tributario in tutti i gradi di giudizio, ivi compreso quello dinanzi alla Corte di cassazione, favorendo la definizione agevolata delle liti pendenti; i) al fine di assicurare la parità delle parti in giudizio e il diritto alla difesa, garantire che le sentenze tributarie presenti, in forma digitale, nelle banche di dati della giurisprudenza delle corti di giustizia tributaria, gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze, siano accessibili a tutti i cittadini; l) ridefinire l'assetto territoriale delle corti di giustizia tributaria di primo grado e delle sezioni staccate delle corti di giustizia tributaria di secondo grado anche mediante accorpamenti delle sedi esistenti, sulla base dell'estensione del territorio, dei carichi di lavoro e degli indici di sopravvenienza, del numero degli abitanti della circoscrizione, degli enti impositori e della riscossione; m) disciplinare le modalità di assegnazione dei magistrati e dei giudici tributari e del personale amministrativo interessati al riordino dell'assetto territoriale di cui alla lettera l), al fine di garantire la continuità dei servizi della giustizia tributaria delle corti di primo e di secondo grado alle quali sono trasferite le funzioni degli uffici accorpati o soppressi, assicurando ai magistrati e ai giudici tributari l'attribuzione delle medesime funzioni già esercitate presso le corti accorpate o soppresse.
In attuazione della delega cit., è stato emanato il Decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 220, recante “Inizio modulo Fine modulo Disposizioni in materia di contenzioso tributario” (pubblicato nella G.U. 3 gennaio 2024, n. 2). Le nuove disposizioni apportano una serie di modifiche al decreto legislativo n. 31 dicembre 1992, n. 546, al fine di ampliare e potenziare l'informatizzazione della giustizia tributaria, mediante la semplificazione della normativa processuale e l'obbligo di utilizzo di modelli predefiniti per la relazione degli atti processuali e dei provvedimenti giurisdizionali. La novella si propone, altresì, lo scopo di snellire, accelerare ed arricchire la fase cautelare prevedendo l'impugnabilità delle ordinanze cautelari del giudice di primo grado, nonchè interventi di deflazione del contenzioso e di rafforzamento del divieto di produzione documentale in secondo grado. Viene, inoltre, introdotta una disciplina specifica per l'udienza a distanza, anche a richiesta di una sola delle parti costituite, con la previsione di strumenti volti a garantire la partecipazione di tutte le parti sia in presenza che da remoto. Con particolare riferimento all'art. 12 in commento, in attuazione del criterio direttivo di cui all'articolo 19, comma 1, lettera b), nella medesima ottica di digitalizzazione del sistema processuale, al comma 7, viene introdotta la possibilità per il conferente di apporre la firma digitale all'incarico attribuito al difensore. Con la modifica attuata all'art. 12, il criterio di digitalizzazione, pertanto,si dirige ad informare l'assistenza tecnica, introducendo in una norma primaria la possibilità, già prevista dall'art. 4 del regolamento del PTT (adottato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 23 dicembre 2013, n. 163), di conferire la procura alle liti o l'incarico di assistenza e difesa su supporto informatico, sottoscritti con firma digitale dal ricorrente. Inoltre, viene attribuita al difensore la possibilità di deposito telematico della procura conferita su supporto cartaceo, attestandone la conformità ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, con l'inserimento della relativa dichiarazione. Infine, viene introdotto un nuovo comma 7-bis, il quale prevede che la procura alle liti si considera apposta in calce all'atto cui si riferisce nei casi in cui venga rilasciata su un separato documento informatico, depositato telematicamente insieme all'atto cui si riferisce ovvero quando è rilasciata su foglio separato del quale è effettuata copia informatica, anche per immagine, depositata telematicamente insieme all'atto cui la stessa si riferisce. Quanto all'entrata in vigore delle suddette novità e alla decorrenza dei relativi effetti, a norma dell'art. 4 del d.lgs. n. 220/2023, “Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 2. Le disposizioni del presente decreto si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificatosuccessivamente al 1° settembre 2024, fatta eccezione per quelle di cui all'articolo 1, comma 1, lettere d), e), f), i), n), o), p), q), s), t), u), v), z), aa), bb), cc) e dd) che si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione, a decorrere dal giorno successivo all'entrata in vigore del presente decreto.”. In riferimento all'art. 12, pertanto, le modifiche ivi apportate dall'art. 1, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220, si applicano ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024. BibliografiaAiudi, Sulla procura alle liti, quale requisito di ammissibilità del ricorso tributario, in Boll. trib. d'inf. 2017, 2, 144; Azzzoni, In tema di validità del ricorso tributario contenente una procura alle liti non autenticata, in Boll. trib. d'inf., 2010, 7, 516; Beccalli, Obbligo di difesa tecnica nel processo tributario ed inammissibilità del ricorso, in Il Fisco 2009, 41, 6795; Bruzzone, Il ricorso cumulativo sconta il «contributo unificato tributario» per ciascun atto impugnato, in Corr. trib. 2014, 4, 283; Conigliaro, Ampliata la platea dei difensori tributari ed elevato il limite per il patrocinio obbligatorio, in Il Fisco 2015, 47-48, 4523; Cantillo, Una sentenza non persuasiva delle Sezioni Unite: nel processo tributario, nelle controversie diverse da quelle cosidette minori, la difesa tecnica diviene obbligatoria dopo la presentazione del ricorso, in Rass. trib. 2005, 1, 225; Cardillo, Legittima la limitazione dell'abitazione all'assistenza tecnica ai tributaristi iscritti nei ruoli camerali al 30 settembre 1993, in Dir. e prat. trib. 2003, 3, 689; Glendi-Bruzzone, Processo tributario - Costituzione in giudizio, in Riv. giur. trib. 2013, 12, 1004. |