Decreto legislativo - 31/12/1992 - n. 546 art. 48 ter - Definizione e pagamento delle somme dovute 1
1. Le sanzioni amministrative si applicano nella misura del quaranta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio e nella misura del cinquanta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado di giudizio e nella misura del sessanta per cento del minimo previsto dalla legge in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del giudizio di Cassazione4. 2. Il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata deve essere effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo conciliativo di cui all'articolo 48 o di redazione del processo verbale di cui agli articoli 48-bis e 48-bis.1 5. 3. In caso di mancato pagamento delle somme dovute o di una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio provvede all'iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonche' della sanzione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, aumentata della meta' e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta. 4. Per il versamento rateale delle somme dovute si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l'accertamento con adesione dall'articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.
[1] Per l'abrogazione del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 130, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. Vedi, anche, l'articolo 130, comma 3, del D.Lgs. 175/2024 medesimo. [2] Per le nuove disposizioni legislative in materia di giustizia tributaria, di cui al presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2026, vedi l'articolo 102 del D.Lgs. 14 novembre 2024, n. 175. [3] Articolo aggiunto a decorrere dal 1° gennaio 2016 , dall'articolo 9, comma 1, lettera t), del D.lgs. 24 settembre 2015, n. 156. [4] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera z), del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220. Per l'applicazione vedi l'articolo 4, comma 2, del D.Lgs. 220/2023 medesimo. [5] Comma modificato dall'articolo 4, comma 1, lettera h), della Legge 31 agosto 2022, n. 130. Per l'applicazione vedi l'articolo 8, comma 3, della Legge 130/2022 medesima. Inquadramento.La misura delle sanzioni è, per il contribuente, più favorevole che in passato, essendo stabilita una sanzione amministrativa di ammontare variabile in funzione del grado di giudizio in cui è raggiunto l'accordo: 40 per cento, non più dell'ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima», ma del minimo previsto dalla legge, per le singole violazioni, se la conciliazione ha luogo nel primo grado di giudizio; 50 per cento nel secondo grado di giudizio. L'art. 48ter d.lgs. n. 546/1992 prevede anche la dilazione della somma determinata in sede di conciliazione giudiziale, disponendo che la prima rata debba essere versata entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell'accordo stragiudiziale, o dal processo verbale in caso di conciliazione in udienza. Ai sensi dell'art. 8 d.lgs. n. 218/1997, modificato dall'art. 2 comma 2 d.lgs. n. 159/2015, il numero massimo di rate —da versare entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre- sono 8 se l'importo complessivamente rateizzato non è superiore ad euro 50.000, nel qual caso diventano 16. Ove il contribuente non dovesse pagare una o più rate entro la scadenza della rata successiva, sarà possibile iscrivere a ruolo le somme residue (comprese relative sanzioni ed interessi), maggiorate della sanzione per ritardato od omesso versamento, ai sensi dell'art. 13 d.lgs. n. 471/1997, aumentata della metà. Prassi1.11.4 Riduzione delle sanzioni. Il nuovo articolo 48-ter disciplina il pagamento delle somme dovute per effetto dell'intervenuto accordo conciliativo, nonché le modalità di pagamento e di recupero delle somme non versate. Le regole ivi previste si applicano sia alla conciliazione «fuori udienza» che a quella «in udienza». Per quanto concerne la riduzione delle sanzioni, la relativa disciplina è contenuta nel comma 1 dell'articolo 48-ter, che stabilisce la riduzione al quaranta per cento del minimo previsto dalla legge, qualora l'accordo intervenga nel primo grado di giudizio; la percentuale è elevata al cinquanta per cento se la conciliazione avviene in appello. La modalità di determinazione delle sanzioni dovute a seguito dell'accordo conciliativo è stata rideterminata in senso più favorevole per il contribuente, allo scopo di incentivare il ricorso all'istituto in questione. Invero, in base alla pregressa disciplina, in caso di avvenuta conciliazione le sanzioni erano applicabili nella misura del «40 per cento delle somme irrogabili in rapporto dell'ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima» e, in ogni caso, in misura non inferiore al «40 per cento dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo». Il criterio di determinazione delle sanzioni, ora basato sul minimo previsto dalla legge, è lo stesso stabilito in caso di conclusione dell'accertamento con adesione e dell'accordo di mediazione (fatta salva la diversa percentuale della riduzione delle sanzioni, prescritta per il primo al 30 per cento e per la seconda al 35 per cento). A titolo esemplificativo, si ipotizzi che l'atto impositivo impugnato rechi una maggiore imposta ai fini dell'IRAP pari a 10.000 euro, con la relativa sanzione di 24.000 euro, irrogata — nella misura edittale massima del 240 per cento dell'imposta dovuta — ai sensi dell'articolo 1 del d.lgs. n. 471 del 1997. Ammettendo l'ipotesi di una conciliazione in primo grado, nella quale le parti abbiano concordato la rideterminazione del tributo nella misura di 6.000 euro, il beneficio della riduzione della sanzione risulterebbe ratione temporis così individuabile: – sotto il vigore della precedente disciplina, la sanzione ridotta a seguito della conciliazione ammonterebbe a 5.760 euro (vale a dire il 40 per cento di 14.400 euro, che rappresenta, a sua volta, il 240 per cento di 6.000 euro); – in applicazione della nuova disciplina, la sanzione ridotta ammonterebbe, invece, a 2.880 euro (vale a dire il 40 per cento di 7.200 euro, che rappresenta il minimo edittale, cioè il 120 per cento di 6.000 euro). Si evidenzia infine che, a seguito delle modifiche arrecate al sistema sanzionatorio tributario dal d.lgs. n. 158 del 2015, è stato modificato l'articolo 12, comma 8, del d.lgs. n. 472 del 1997, concernente il «concorso di violazioni e continuazione», al fine di specificare che la disciplina del cumulo giuridico in caso di conciliazione è identica a quella prevista per l'accertamento con adesione. In particolare, è stata estesa anche alla conciliazione giudiziale la disciplina recata dal citato articolo 12, comma 8 — secondo cui «le disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica in caso di progressione si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d'imposta». 1.11.5 Pagamento delle somme dovute a seguito della conciliazione. Come detto, sia l'accordo previsto in caso di conciliazione «fuori udienza», sia il processo verbale nel caso di conciliazione «in udienza», costituiscono titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore. Il comma 2 dell'articolo 48-ter stabilisce che il versamento delle intere somme dovute o, in caso di versamento rateale, della prima rata, va effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo, per la conciliazione «fuori udienza», o di redazione del processo verbale, per la conciliazione «in udienza». Ovviamente si ricorda che dagli importi dovuti a titolo di conciliazione vanno computate in diminuzione le eventuali somme versate dal contribuente a titolo di iscrizione provvisoria. Ai sensi del comma 4 dell'articolo 48-ter, per il versamento rateale delle somme dovute «si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l'accertamento con adesione dall'articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218». Il legislatore ha, infatti, inteso uniformare le regole che presiedono alle modalità di pagamento delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione, reclamo/mediazione e conciliazione. Pertanto, in base all'articolo 8, comma 2, del d.lgs. n. 218 del 1997, è ammessa la possibilità di pagamento in forma rateale delle somme dovute, « in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di sedici rate trimestrali se le somme dovute superano i cinquantamila euro»; «Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata». In precedenza, secondo quanto stabilito dal previgente articolo 48 del decreto n. 546, la rateizzazione era ammessa in un massimo di otto rate, elevate a dodici nel caso di somme superiori ai cinquantamila euro. Occorre precisare che la dilazione delle somme secondo le più favorevoli modalità previste dall'articolo 8, comma 2, del d.lgs. n. 218/1997 è sicuramente applicabile alle controversie pendenti alla data del 1° gennaio 2016, per le quali la conciliazione si sia perfezionata a decorrere dalla medesima data. Il comma 3 dell'articolo 48-ter disciplina l'ipotesi di mancato pagamento delle somme dovute entro il termine di venti giorni dalla sottoscrizione dell'accordo o del verbale di conciliazione o, in caso di rateizzazione, di una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, prevedendo l'iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione per omesso versamento, prevista dall'articolo 13 del d.lgs. n. 471/1997, aumentata della metà ed applicata sull'importo residuo dovuto a titolo di imposta. Con riferimento alle controversie aventi ad oggetto avvisi di accertamento esecutivi, emessi ai sensi dell'articolo 29 del d.l. n. 78 del 2010, si precisa che il recupero delle somme non versate a seguito della conciliazione va effettuato mediante l'intimazione ad adempiere al pagamento, prevista dalla medesima norma. Si evidenzia come il regime punitivo risulti mitigato dalla riforma, posto che nella pregressa disciplina la sanzione di cui all'articolo 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 si applicava sul residuo importo in misura doppia. Infine, si deve ritenere che — analogamente con la disciplina prevista per l'accertamento con adesione e il reclamo/mediazione – trovi applicazione anche per la conciliazione giudiziale l'articolo 15-ter, comma 3, del d.P.R. n. 602 del 1973 concernente il cd. «lieve inadempimento» (Circolare 38 Ae 2015-Riforma del Processo Tributario). Articolo 48- ter del d.lgs. n. 546/1992 «Definizione e pagamento delle somme dovute»: l'articolo 9, comma 1, lettera t) del d.lgs. n. 156 del 2015 introduce nel d.lgs. n. 546 del 1992 anche l'articolo 48-ter che disciplina il pagamento delle somme dovute a titolo di conciliazione, stabilendo la percentuale delle sanzioni amministrative dovute, le modalità di versamento e di recupero delle somme non versate. Trattasi di disposizioni comuni alla conciliazione perfezionatasi sia in udienza che fuori udienza. Il comma 1 stabilisce che in caso di conciliazione perfezionata in primo grado le sanzioni sono dovute nella misura del 40% del minimo previsto dalla legge, mentre, ove la conciliazione si sia perfezionata in secondo grado, le sanzioni sono dovute nella misura del 50% del minimo. Il comma 2 prescrive che il versamento delle somme dovute o della prima rata concordata, deve essere effettuato entro 20 giorni dal perfezionamento dell'accordo conciliativo. Il comma 3 prevede che in caso di mancato pagamento delle somme dovute, o di una sola delle rate (compresa la prima) previste entro il termine stabilito per il pagamento della rata successiva, l'ufficio procede al recupero con l'iscrizione a ruolo del residuo dovuto a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione per il ritardato pagamento di cui all'art. 13 d.lgs. n. 471/1997, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta. Il comma 4 prevede che per il versamento si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall'art. 8 del d.lgs. n. 218 del 1997 in tema di accertamento con adesione (Circ. Ag. Dog. 23 dicembre 2015 n. 21/D). Intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi in caso di pagamento rateale delle somme dovute in base agli istituti definitori dell'accertamento e deflattivi del contenzioso. L'articolo 8 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 dispone che l'obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi. Con riferimento a tale previsione normativa sono stati posti dubbi circa l'applicabilità nelle ipotesi in cui il decesso del contribuente intervenga mentre è in corso il pagamento del piano di rateazione delle somme dovute in base ad un istituto definitorio dell'accertamento (ad es. acquiescenza, accertamento con adesione, definizione dell'invito al contraddittorio, definizione del verbale di constatazione) ovvero degli istituti deflativi del contenzioso (reclamo-mediazione e conciliazione giudiziale). È stato infatti evidenziato che, in caso di decesso del contribuente prima che sia completato il pagamento dilazionato delle somme dovute in base ad un accertamento definito mediante uno degli istituti definitori previsti dalla normativa fiscale, potrebbe sorgere il dubbio riguardo alla trasmissibilità o meno agli eredi delle sanzioni consolidate nel piano di ammortamento. I medesimi dubbi sono stati posti quanto alle sanzioni irrogate al de cuius nel caso in cui questi sia incorso, prima del decesso, rispettivamente nelle violazioni di ritardato pagamento della rata e di decadenza dalla rateazione. Si rende pertanto necessario impartire specifiche istruzioni agli uffici. Al riguardo, giova evidenziare come nell'attuale sistema sanzionatorio tributario il principio della intrasmissibilità della sanzione agli eredi, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, assume carattere generale, come peraltro confermato in più occasioni dalla Suprema Corte di Cassazione, secondo cui la trasmissibilità « è prevista solo per le sanzioni civili, quale principio generale in materia di obbligazioni, e non per le altre, per le quali opera il diverso principio dell'intrasmissibilità, quale corollario del carattere personale della responsabilità » (così, anche di recente, Cass. n. 12754/2014). In base a tale principio appare pertanto indubbio che agli eredi non possa essere richiesto il pagamento delle sanzioni, sia con riferimento alle violazioni commesse dal de cuius ed alla base degli atti di acquiescenza, adesione, reclamo-mediazione, conciliazione giudiziale, sia con riferimento alle somme dovute a titolo di sanzione per il ritardo nel pagamento delle rate ovvero in caso di decadenza dal beneficio del piano di rateazione. Diversamente, saranno dovute dagli eredi le sanzioni relative alle rate scadute e non pagate dopo la morte del de cuius. Al riguardo, si rappresenta come già la circolare n. 180 del 10 luglio 1998, nel commentare il citato articolo 8 del decreto legislativo n. 472, aveva avuto modo di chiarire che l'intrasmissibilità della sanzione agli eredi opera indipendentemente dal fatto che la stessa sia stata già irrogata con provvedimento definitivo. Tale precisazione conferma la tesi secondo cui l'intrasmissibilità agli eredi opera anche con riguardo alle sanzioni irrogate in base ad un accertamento resosi definito a seguito dei richiamati istituti definitori della pretesa tributaria e partecipativi del contribuente al procedimento di accertamento, offerti dal decreto legislativo n. 218 del 1997, ovvero nel caso in cui l'autore della violazione deceda prima del totale pagamento della sanzione ed incorra pertanto in ulteriori sanzioni. Tale soluzione interpretativa risulta in linea con la lettera dell'art. 7 del decreto legislativo del 19 giugno 1997, n. 218 ai sensi del quale «Nell'atto [di accertamento con adesione, ndr.] sono indicati, separatamente per ciascun tributo, gli elementi e la motivazione su cui la definizione si fonda, nonché la liquidazione delle maggiori imposte, della sanzione e delle altre somme eventualmente dovute, anche in forma rateale». Peraltro, una diversa soluzione interpretativa determinerebbe una disparità di trattamento tra i contribuenti in funzione della scelta operata dal de cuius di accedere ad un istituto definitorio, invece di instaurare un contenzioso avverso l'atto impositivo e sanzionatorio. Le medesime considerazioni valgono con riguardo agli istituti deflativi del contenzioso previsti dal decreto legislativo del 31 dicembre 1992, n. 546. In linea con tale conclusione, qualora nel corso di una rateazione si verifichi il decesso del contribuente, in relazione alle residue rate ancora da versare, la competente struttura non potrà chiedere agli eredi il pagamento delle somme ancora dovute a titolo di sanzione; è altresì escluso il versamento delle somme dovute a titolo di sanzione per il ritardo nel pagamento delle rate ovvero in caso di decadenza dal beneficio del piano di rateazione. Peraltro, appare opportuno in questa sede evidenziare come la regola generale di cui all'articolo 65 del decreto del 29 settembre 1973, n. 600, in merito alla proroga di sei mesi in favore degli eredi di tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa, possa trovare applicazione anche in relazione ai termini di pagamento delle rate scadenti successivamente al decesso del contribuente, che, per quanto sopra precisato, dovranno includere solo gli importi dovuti a titolo di imposta e interessi. L'ufficio, acquisita notizia del decesso del debitore direttamente o su comunicazione degli eredi, provvederà a predisporre e comunicare alla/e parte/i interessata/e il computo dei nuovi importi delle rate dovute al netto delle sanzioni gravanti sul de cuius. Per gli eredi rimane comunque ferma la facoltà di estinguere il debito tributario residuo in unica soluzione. Coerentemente con quanto già rappresentato, nel caso in cui l'erede non effettui il pagamento della rata entro il termine previsto, anche nel caso lo stesso sia prorogato per effetto del citato articolo 65, troveranno applicazione le sanzioni previste in caso di ritardato pagamento o di decadenza dalla rateazione, qualora ne ricorrano i presupposti (circ. Ag. Ent. 7 agosto 2015 n. 29). [...] 2.1 Atti che consentono la rivalsa e definitività dell'atto Si chiede di conoscere se l'articolo 60, settimo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 si applichi nei casi in cui, in relazione ad un accertamento operato dall'amministrazione finanziaria, il contribuente provveda a definirlo utilizzando uno degli strumenti deflattivi del contenzioso tributario previsti dall'ordinamento. R: L'operatività dell'articolo 60, settimo comma, del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633 presuppone la definizione dell'accertamento ed il pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. Si tratta di quanto dovuto sulla base di un accertamento resosi definitivo attraverso uno degli istituti sotto elencati: - accertamento con adesione, di cui agli articoli 6 e seguenti del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218; -adesione ai contenuti dell'invito al contraddittorio di cui ai commi 1-bis e seguenti, dell'articolo 5 del d.lgs. n. 218 del 1997; - adesione ai processi verbali di constatazione di cui all'articolo 5-bis del d.lgs. n. 218 del 1997; - acquiescenza di cui all'articolo 15 del d.lgs. n. 218 del 1997; conciliazione giudiziale di cui all'articolo 48 del d.lgs. n. 546 del 1992; - mediazione di cui all'articolo 17-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546; o, per mancata impugnazione dell'atto di accertamento nei termini previsti dalla legge, ovvero, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza, nell'ipotesi di contestazione, in sede giudiziale, della pretesa dell'amministrazione finanziaria. Non è, invece, consentita la rivalsa, né l'esercizio del diritto alla detrazione, dell'imposta o della maggiore imposta versata a seguito di atti non divenuti definitivi. Premesso quanto sopra, può concludersi che l'IVA relativa all'accertamento definito mediante uno degli istituti sopra elencati in caso di successivo pagamento delle somme dovute potrà essere addebitata in via di rivalsa, ai sensi dell'articolo 60, settimo comma, del d.P.R. n. 633/1972 (Circ. Ag. Ent. 17.12.2013 n. 35). [...] 10.3. Lo svolgimento successivo della controversia e la disciplina delle spese di giudizio. Successivamente alla costituzione in giudizio delle parti, la Commissione tributaria provinciale procede all'esame della controversia secondo le disposizioni del d.lgs. n. 546 del 1992, tenendo conto, ovviamente, del procedimento di mediazione e delle vicende che l'hanno caratterizzato. A mero titolo esemplificativo, per le controversie rientranti nell'ambito di applicazione dell'articolo 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, il Presidente della Commissione tributaria, nell'effettuare l'esame preliminare del ricorso di cui all'articolo 27 del medesimo d.lgs. n. 546, ovviamente errà conto, ai fini della tempestività del ricorso stesso, della data di notifica dell'istanza. Come già sottolineato in premessa, nelle controversie in esame «è esclusa la conciliazione giudiziale di cui all'articolo 48» (articolo 17-bis, comma 1). (Circ. Ag. ent. 19.3.2012, n. 9/E). [...] 13.5. Litisconsorzio necessario e conciliazione delle controversie. A norma dell'articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 «Ciascuna delle parti (...) può proporre all'altra parte la conciliazione totale o parziale della controversia». Analogamente a quanto stabilito dall'articolo 9-bis del d.lgs. n. 218 del 1997 in materia di accertamento con adesione, alla conciliazione della controversia che riguarda l'atto unico partecipano sia la consolidante che la consolidata costituite in giudizio e l'atto di conciliazione (processo verbale o proposta di conciliazione), sottoscritto anche da una sola di esse, si perfeziona con il versamento delle somme dovute indipendentemente dal soggetto che lo effettua. Per la definizione dell'atto unico mediante conciliazione, sia la consolidata che la consolidante possono formulare, anche disgiuntamente, proposta di conciliazione all'Ufficio; di contro l'Ufficio può proporre la conciliazione ad entrambe le parti costituite. Sarà cura dell'ufficio assicurare che sia la consolidante sia la consolidata vengano coinvolte nel procedimento diretto alla conciliazione. La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale o dalla comunicazione del decreto che dichiara l'estinzione del giudizio dell'intero importo conciliato o della prima rata di esso (nota: Con la prestazione, se del caso, della garanzia), anche se effettuato da parte di una sola delle società costituite nel giudizio. Perfezionata la conciliazione, l'ufficio chiede l'estinzione del giudizio. (circ. Ag. ent. 6 giugno 2011, n. 27). Condanna alle spese. L'articolo 91 c.p.c., come modificato dalla legge n. 69 del 2009, prevede che, in caso di accoglimento della domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa rifiutata senza giustificato motivo, il giudice condanna alle spese del processo la parte che ha opposto rifiuto alla predetta proposta. Considerato che la disciplina generale della condanna alle spese di lite di cui all'articolo 91 c.p.c. trova applicazione, come chiarito dalla Circ. n. 98/E del 23 aprile 1996 (nella parte in commento all'articolo 15 del d.lgs. n. 546 del 1992), anche nel processo tributario, si ritiene che la citata disposizione possa trovare applicazione anche nel processo tributario, ancorché la conciliazione giudiziale di cui all'articolo 48 del d.lgs. n. 546 del 1992 preveda una disciplina diversa dalla proposta conciliativa cui si riferisce l'articolo 91 c.p.c. In attesa che si consolidi al riguardo l'indirizzo della giurisprudenza, gli Uffici, nei casi in cui il contribuente abbia rifiutato la proposta di conciliazione giudiziale formulata, anche a seguito di tentativo di conciliazione esperito d'ufficio dal giudice, avanzeranno richiesta di condanna alle spese subordinandola alla circostanza che la Commissione tributaria decida in senso conforme alla proposta di conciliazione ovvero in termini ancora più favorevoli all'Ufficio. (Circ. 31 marzo 2010, n. 17/E). CasisticaNell'attuale sistema sanzionatorio tributario il principio della intrasmissibilità della sanzione agli eredi, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, assume carattere generale, per cui la trasmissibilità « è prevista solo per le sanzioni civili, quale principio generale in materia di obbligazioni, e non per le altre, per le quali opera il diverso principio dell'intrasmissibilità, quale corollario del carattere personale della responsabilità » (Cass. n. 12754/2014). Non occorre che l'accordo conciliativo riguardi specificamente anche le sanzioni applicabili, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, in quanto la norma in esame ne fa automatica applicazione nella misura da essa indicata, con la conseguenza che le sanzioni applicabili sono successivamente recuperate dall'Ufficio con le consuete tecniche liquidatorie. (Cass. n. 9223/2007). Il tempestivo deposito – con memoria – della disponibilità dell'Ufficio a definire in via conciliativa la controversia con riduzione delle sanzioni al 50% exart. 48-ter d.lgs. n. 546/1992 (già anche formalizzata dall'Ufficio via PEC al contribuente appellante) e la disponibilità dell'appellante ad una soluzione conciliativa della controversia tenendo conto della propria buona fede all'atto di presentazione dell'originaria istanza di conciliazione, fa trovare accoglimento all'appello del contribuente alla luce del principio di legittimo affidamento ai sensi dell'art. 10 Statuto del Contribuente (C.t.r. Friuli Venezia Giulia, n. 89/2016). BibliografiaConsolo –Glendi, Commentario breve alle leggi del processo tributario, III, Padova, 2012; Giuliani, Codice del contenzioso tributario, IV, Milano, 2016. |