Legge - 27/07/2000 - n. 212 art. 11 - (Interpello) 1 2 3 (A).

Mario Cavallaro
aggiornato da Sara Piancastelli

(Interpello)123(A).

1. Il contribuente può interpellare l'amministrazione finanziaria per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente alla:

a) applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla loro corretta interpretazione;

b) corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie ad esse applicabili;

c) disciplina dell'abuso del diritto in relazione a una specifica fattispecie (B);

d) disapplicazione di disposizioni tributarie che, per contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del contribuente altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi;

e) sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti dalla legge;

f) sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge ai fini dell'articolo 24-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

2. L'interpello di cui alla lettera e) del comma 1 è riservato ai soggetti che aderiscono al regime di cui agli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, e ai soggetti che presentano le istanze di interpello di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.

3. La presentazione dell'istanza di interpello è in ogni caso subordinata al versamento di un contributo, destinato a finanziare iniziative per implementare la formazione del personale delle agenzie fiscali, la cui misura e le cui modalità di corresponsione sono individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in funzione della tipologia di contribuente, del suo volume di affari o di ricavi e della particolare rilevanza e complessità della questione oggetto di istanza.

4. Agli effetti del comma 1, non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza quando l'amministrazione finanziaria ha fornito, mediante documenti di prassi o risoluzioni, la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente.

5. L'amministrazione finanziaria, ferma la facoltà di chiedere documentazione integrativa da produrre secondo le modalità e i termini di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, risponde alle istanze di interpello nel termine di novanta giorni che, in ogni caso, è sospeso tra il 1° e il 31 agosto e ogni volta che è obbligatorio chiedere un parere preventivo ad altra amministrazione. Se il parere non è reso entro sessanta giorni dalla richiesta, l'amministrazione risponde comunque all'istanza di interpello. Il termine per la risposta che cade il sabato o un giorno festivo è senz'altro prorogato al primo giorno successivo non festivo. La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo dell'amministrazione finanziaria con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza e limitatamente al richiedente. Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione della soluzione prospettata dal contribuente da parte dell'amministrazione. Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono annullabili. Gli effetti della risposta alla istanza di interpello si estendono ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie già oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell'istante.

6. La presentazione della istanza di interpello non incide sulle scadenze previste dalle norme tributarie né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

7. La risposta alla istanza di interpello non è impugnabile.

8. Le disposizioni di cui all'articolo 32, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 52, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non si applicano a dati, notizie, atti, registri o documenti richiesti dall'amministrazione nel corso dell'istruttoria delle istanze di interpello.

 

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(A) Per la prassi di riferimento, prima della sostituzione del presente articolo a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera n), del D.Lgs. 219/2023, vedi versione previgente.

(B) Per l'operazione di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento (cd. merger leveraged buy out) a cui partecipa il medesimo soggetto che controlla la target - Variazione del controllo della target rispetto alla situazione preesistente - Non abusività dell'operazione - di cui alla presente lettera, vedi: Risposta Agenzia delle Entrate 9 dicembre 2024, n. 251.

[1] Per la sospensione dei termini di cui al presente articolo, vedi l'articolo 67, comma 1, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27.

[2] Articolo sostituito dall'articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e successivamente dall'articolo 1, comma 1, lettera n), del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219.

Inquadramento

L'art. 11 post riforma fiscale

Al fine di dare attuazione al principio e criterio direttivo inerente la razionalizzazione della disciplina degli interpelli, di cui all'art. 4, comma 1, lett. c) della legge delega in materia di riforma fiscale (l. n. 111/2023), l'art. 1, comma 1, lett. n), del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, ha integralmente modificato l'art. 11 dello Statuto del contribuente, il quale contiene l'indicazione delle singole tipologie di interpello che il contribuente può presentare all'Amministrazione finanziaria.

La novellata disciplina contiene, altresì, delle disposizioni volte a ridurre il ricorso alla disciplina dell'interpello, in attuazione della legge delega che, oltre a prevederne la razionalizzazione, ne ha disposto anche una riduzione. Infatti, la sempre maggiore diffusione dello strumento dell'interpello è attestata da un numero crescente di istanze presentate, che rappresenta un significativo aggravio dell'attività amministrativa, soprattutto laddove i dubbi rappresentati dai contribuenti possano trovare soluzione in atti interpretativi a carattere generale ovvero attraverso forme di dialogo più snelle: nell'anno 2022, ad esempio, l'Agenzia delle entrate ha fornito complessivamente 17.731 risposte ad altrettante istanze di interpello. In particolare, gli interpelli ordinari rappresentano la gran parte delle istanze presentate e hanno registrato un significativo incremento nel corso degli ultimi anni, passando dalle 7.108 unità del 2018 alle 15.707 unità del 2022. Al tal fine, la novella prevede che la presentazione delle istanze di interpello sia subordinata al versamento di un contributo unificato destinato a finanziare iniziative per implementare la formazione del personale delle agenzie fiscali.

La nuova disciplina dell’interpello

L'art. 11 post riforma fiscale

L'articolo in commento  contiene la nuova disciplina dell'istituto dell'interpello, ovvero - secondo la definizione dell'Agenzia delle entrate – dell'istanza che il contribuente rivolge all'Agenzia delle Entrate prima di attuare un  comportamento fiscalmente rilevante, per ottenere chiarimenti in relazione a un caso concreto e personale in merito all'interpretazione, all'applicazione o alla disapplicazione di norme di legge di varia natura relative a tributi erariali.

In particolare, il comma 1 specifica che il contribuente può interpellare l'amministrazione finanziaria per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente alla:

(a) applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla loro corretta interpretazione (interpello interpretativo);

(b) corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie ad esse applicabili (interpello qualificatorio);

(c) disciplina dell'abuso del diritto in relazione a una specifica fattispecie (interpello antiabuso);

(d) disapplicazione di disposizioni tributarie che, per contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del contribuente altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi (interpello disapplicativo);

(e) sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti dalla legge (interpello probatorio, riservato, a norma del successivo comma 2, solo ai soggetti aderenti al regime di adempimento collaborativo di cui al decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, nell'ambito della specifica figura dell'interpello a questi dedicato, cd. Interpello abbreviato, nonché ai soggetti che presentano istanze di interpello sui nuovi investimenti di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, in ragione della accentuata compliance sottesa alla previsione dei due predetti istituti);

(f) sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge ai fini dell'articolo 24-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 che disciplina l'opzione per l'imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia.

Il comma 3, come anticipato, prevede per fornire risposta alle istanze di interpello, la corresponsione di un contributo

la cui misura, da graduare in funzione della tipologia del contribuente, del valore della rilevanza e della particolare complessità della questione rappresentata nell'istanza, è demandata ad un provvedimento del Ministro dell'economia e delle finanze ed il cui gettito è destinato a finanziare iniziative per implementare la formazione specialistico-professionale del personale delle Agenzie fiscali.

Il comma 4 introduce una norma che specifica che agli effetti del comma 1, non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza quando l'amministrazione finanziaria ha fornito, mediante documenti di prassi o risoluzioni, la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente.

Il comma 5 rimodula le tempistiche della risposta all'interpello. Il termine di risposta alle istanze di interpello è fissato in 90 giorni, ferma la facoltà per l'amministrazione finanziaria di chiedere documentazione integrativa. In attuazione di quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, lettera p) della legge delega, è disposta la sospensione dei termini di risposta nel periodo compreso tra il 1° ed il 31 agosto di ogni anno; inoltre, coerentemente con i principi generali, è disposto che, se i termini (sia quelli di risposta che quelli correlati alla regolarizzazione) scadono di sabato o in un giorno festivo non lavorativo, gli stessi sono prorogati al primo giorno lavorativo successivo.

Restano, invece, confermate alcune previsioni della previgente disciplina dell'interpello, quali:

(a) la disciplina del silenzio assenso;

(b) la nullità degli atti impositivi e sanzionatori contrari alla risposta resa;

(c) la facoltà di rettifica della risposta con effetti solo per il futuro;

(d) la definizione (in negativo) della sussistenza delle condizioni di obiettiva incertezza;

(e) l'irrilevanza della presentazione dell'interpello ai fini delle scadenze previste dalle norme tributarie e della decorrenza dei termini di decadenza o dei termini di prescrizione.

E infatti: la risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della Amministrazione finanziaria con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza e limitatamente al richiedente. Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione della soluzione prospettata dal contribuente da parte dell'amministrazione. Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli. Gli effetti della risposta alla istanza di interpello si estendono ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie già oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell'istante.

Il comma 6 prevede che la presentazione della istanza di interpello non incide sulle scadenze previste dalle norme tributarie né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

Il comma 7 precisa, innovando la disciplina, che la risposta alla istanza di interpello non è impugnabile.

Il comma 8, innovando anch'esso, stabilisce che le disposizioni di cui all'articolo 32, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e all'articolo 52, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633non si applicano a dati, notizie, atti, registri o documenti richiesti dall'amministrazione nel corso dell'istruttoria delle istanze di interpello.

Si ricorda che il richiamato quarto comma dell'articolo 32 prevede che per l'adempimento dei loro compiti gli uffici delle imposte possono inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati. Mentre l'articolo 52, quinto comma, stabilisce che i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto d'esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione.

L’art. 11 ante riforma fiscale

Il presente commento si riferisce all'articolo 11 prima della riforma.

Il d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, nell'ottica di un sistema fiscale improntato a logiche di trasparenza, equità e crescita economica, ha revisionato integralmente la disciplina degli interpelli per:

- garantirne una maggiore omogeneità, anche ai fini della tutela giurisdizionale;

- assicurare una maggiore tempestività nella redazione dei pareri;

- procedere all'eliminazione delle forme di interpello obbligatorio nei casi in cui non producano benefìci, ma solo aggravi per i contribuenti e per l'Amministrazione. Il nuovo volto della Pubblica Amministrazione si manifesta con un rinnovato spirito di collaborazione con il contribuente, che vede il fisco non più controparte, ma fattivo «assistente» di tutti gli operatori economici soprattutto, nell'approccio agli Il percorso di educazione alla legalità passa dunque da una maggiore compliance fiscale verso il cittadino-contribuente che si trova ad operare in un contesto normativamente certo, ed espressivo di principi fondamentali quali quelli di efficienza e collaborazione.

Per quanto attiene all'interpretazione dell'amministrazione finanziaria, è sufficiente rilevare che, con la Circ. n. 50/E del 31 maggio 2001, l'Agenzia delle entrate ha precisato che «la risposta [...] fornita dalla competente Direzione non impegna il contribuente, il quale è libero di determinarsi in senso non conforme. Al contrario, essa vincola, in ogni caso, l'operato degli uffici [...] i quali non potranno emettere atti di accertamento a contenuto impositivo o sanzionatorio in contrasto con la soluzione interpretativa fornita».

La natura non cogente della risposta all'interpello, emanato pur sempre nell'ambito di una procedura di collaborazione fra contribuente ed amministrazione, era stata conclusivamente inquadrata da Corte cost., n. 191/2007 «...la risposta all'interpello, resa dall'amministrazione ai sensi dell'art. 11 della legge n. 212 del 2000, deve considerarsi un mero parere, che non integra alcun esercizio di potestà impositiva nei confronti del richiedente.........In conclusione, la nota impugnata, in quanto priva di carattere vincolante per l'Agenzia regionale che ha richiesto l'interpello, non ha attitudine lesiva delle attribuzioni costituzionali della Regione Siciliana in materia tributaria. Il proposto ricorso per conflitto di attribuzione deve essere pertanto dichiarato inammissibile.».

Ovviamente, specularmente, il contribuente non può utilizzare l'interpello per finalità dilatorie, deve concentrare l'attenzione della P.A. sul caso concreto di cui intende occuparsi e, pur non dovendo prestare obbligatorio ossequio alla deliberazione dell'Amministrazione, certamente deve contenersi traendo dalla risposta all'interpello tutti gli elementi utili ad assumere la sua successiva condotta.

Va avvertito che le rilevanti modifiche normative al regime dei c.d. interpelli sono tanto recenti che non si è ancora formata una giurisprudenza di legittimità ampia ed adeguata a rispondere a tutte le problematiche che già si stanno evidenziando, così come si sono distinte nella prassi più categorie di interpelli, ciascuna secondo specifica finalità, e ad ognuna si sono ritenute applicabili alcune rilevanti regole di condotta, di cui daremo un rapido cenno in appresso.

Resta il fatto che l'interpello è allo stato uno dei più potenti strumenti di attuazione della nuova concezione collaborativa dei rapporti fra contribuente ed amministrazione, e conseguentemente sono le due parti del rapporto tributario, ciascuna per quanto di sua competenza e ragione, a dover dimostrare di saper utilizzare lo strumento a disposizione secondo criteri rispettosi dei principi complessivi, costituzionali e dello stesso statuto, a cui i rapporti fiscali vanno improntati.

L'interpello e le sue differenti applicazioni.

Il presente commento si riferisce all'articolo 11 prima della riforma.

La norma in commento fornisce una guida al corretto esercizio del diritto all'interpello da parte dell'operatore — contribuente. Relativamente al presupposto per la presentazione delle istanze di interpello ordinario, il comma 1, lett. a) richiede la sussistenza di «obiettive condizioni di incertezza», mutuata dalla disciplina previgente (in quanto prevista anche nella vecchia formulazione dell'art. 11 dello Statuto) e chiarita nel comma 4 del nuovo art. 11. Per nuova e vecchia disciplina intendiamo la stesura delle norme prima e dopo la più volte citata novella del 2015.

Tale condizione deve ricorrere tanto per l'interpello ordinario «puro» quanto per quello «qualificatorio», per il quale l'obiettiva incertezza assume una prerogativa particolare o in termini di «peculiarità» e non ricorrenza delle fattispecie o in termini di complessità.

La nozione di «obiettive condizioni di incertezza» trova un importante precedente positivo nella previsione dell'art. 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 in tema di cause di non punibilità e trova altresì riscontro nelle previsioni dell'art. 10 del medesimo Statuto dei diritti del contribuente quale causa di non applicazione delle sanzioni amministrative tributarie, norma dalla quale è stata influenzata.

Il legislatore del 2015, come sottolineato nella Relazione illustrativa del nuovo art. 11 dello Statuto, «pur avvertendo l'esigenza di offrire elementi ricostruttivi della `obiettiva incertezza', è dovuto altresì sfuggire all'impasse definitorio di una nozione nata ed elaborata in un contesto differente — quello sanzionatorio, appunto — e pertanto, anziché adottare un approccio positivo, ha preferito limitarsi a chiarire che non sussistono obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito applicativo delle disposizioni qualora l'amministrazione abbia compiutamente fornito la soluzione di fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dall'istante mediante atti (circolari, risoluzioni, istruzioni o note) resi pubblici nelle forme previste dall'art. 5 dello Statuto medesimo».

Così si potranno avere condizioni di obiettiva incertezza riguardo alla corretta interpretazione di disposizioni tributarie e la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime e qualora non possano essere attivate le procedure finalizzate alla stipula di accordi preventivi (di cui all'art. 31-ter del d.P.R. n. 600/1973, introdotto dall'art. 1 del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147 e di cui all'art. 2 del medesimo d.lgs. n. 147/2015), così da individuare l'interpello cd. ordinario «interpretativo» e «qualificatorio».

Come risulta chiaro dalla relazione, si vuole evitare la proposizione di interpelli dilatori, che in realtà formulino quesiti già risolti dall'amministrazione e resi pubblici nelle forme ordinarie, noti al contribuente o che lo possano essere con l'ordinaria diligenza.

All'art. 1, comma 1, lettera b) viene normato l'interpello probatorio, che riguarda la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti. Nell'interpello probatorio, il contribuente formula un'istanza volta ad ottenere un parere sulla sussistenza o meno di requisiti volti al riconoscimento dell'applicazione di un individuato regime fiscale.

In questa categoria, come chiarisce la Relazione accompagnatoria, «sono ricomprese ipotesi molto eterogenee, tra cui:

- le istanze di interpello (attualmente previste dall'art. 11, comma 13, della legge n. 413/1991), tese a fornire, in relazione alle operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in paesi cd. «black list», la dimostrazione delle condizioni esimenti (previste dall'art. 110 del T.U.I.R.);

- le istanze di interpello cd. Controlled Foreign Companies (art. 167 del T.U.I.R.), tese a fornire la dimostrazione delle condizioni previste dal comma 5 del medesimo articolo;

- le istanze presentate ai sensi dell'art. 113 del T.U.I.R. dagli enti creditizi che scelgano di non applicare il regime proprio delle partecipazioni (art. 87 T.U.I.R.) a quelle acquisite nell'ambito degli interventi finalizzati al recupero di crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria, nel rispetto delle diposizioni di vigilanza per le banche emanate da Banca d'Italia;

- le istanze di interpello per la continuazione del consolidato (art. 124 T.U.I.R.), presentate in occasione della effettuazione di operazioni di riorganizzazione generalmente interruttive del medesimo, tese a verificare che, anche dopo l'effettuazione di tali operazioni, permangono tutti i requisiti previsti dalle disposizioni (agli art. 117 e segg.) per l'accesso al regime;

- le istanze per l'accesso al consolidato mondiale (art. 132 T.U.I.R.);

- le istanze presentate dalle società che presentano i requisiti per essere considerate «non operative» (ai sensi e per gli effetti della disciplina prevista dall'art. 30 della legge 30 dicembre 1994, n. 724);

- le istanze previste ai fini del riconoscimento del beneficio ACE (art. 1 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito legge 22 dicembre 2011, n. 214), in presenza di operazioni potenzialmente suscettibile di comportare indebite duplicazioni di benefici (ai sensi dell'art. 10 del d.m. 14 marzo 2012)

- può essere considerata una forma speciale di interpello quella prevista per concludere accordi preventivi con l'amministrazione finanziaria ai sensi dell'art. 8 d.l. n. 269/2003 (il c.d. ruling internazionale).

Come si vede, un preciso catalogo, che può essere di guida per tutte le operazioni sulle quali, nelle forme dell'interpello, si può rivolgere domanda all'amministrazione.

Una novità è rappresentata dal c.d. interpello antiabuso (comma 1, lettera c), che assorbe le principali fattispecie ricomprese nel capo di applicazione dell'interpello antielusivo (art. 21 della legge n. 413/1991) e che va letto ovviamente in combinato disposto con il precedente art. 10-bis dello Statuto.

Il contribuente può interpellare la Pubblica Amministrazione al fine di sapere se le operazioni che si accinge a porre in essere configurano una delle fattispecie di abuso del diritto.

Con la risoluzione n. 104 del 15 dicembre 2015 l'Agenzia delle Entrate ha fornito importanti indicazioni sulla gestione degli interpelli antielusivi alla luce delle recenti novelle legislative.

L'interpello disapplicativo previsto al comma 2 dell'articolo in commento è diretto alla disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall'ordinamento, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi.

I tempi entro i quali la Pubblica Amministrazione deve provvedere a fornire una risposta alle istanze del contribuente sono: per l'interpello ordinario (lettere a) entro novanta giorni e a quelle sull'interpello probatorio, antiabuso e disapplicativo [(lettere b) e c) del comma 1 e comma 2)] nel termine di centoventi giorni (articolo 1, comma 3). Nelle altre ipotesi si applica il principio del silenzio-assenso, qualora non intervenga una risposta nei termini sopra indicati.

Il parere, fornito per iscritto e motivato, vincola «ogni organo» della Amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza e solamente nei confronti del contribuente istante.

A tal proposito la Relazione illustrativa afferma, che «la nuova formulazione, nel confermare la vincolatività della risposta solo per l'Amministrazione, rispetto al passato, innova il testo identificando espressamente l'Amministrazione «in ogni suo organo», compresi, pertanto, quelli ausiliari. Per effetto della nuova disposizione dello Statuto, in altre parole, la presenza di una risposta favorevole preclude anche ai verificatori della Guardia di finanza e dell'Agenzia delle entrate di formulare rilievi nel processo verbale di constatazione emesso in esito ad accessi, ispezioni e verifiche, laddove le medesime questioni siano state oggetto di un vaglio favorevole dell'Amministrazione in sede di risposta all'istanza, sempre che non siano emersi, nel corso dell'indagine, elementi che alterano il quadro rappresentato dal contribuente in sede di presentazione dell'istanza di interpello», ed ancora «la rettifica della risposta costituisce espressione di un potere immanente, riconducibile genericamente al potere di autotutela, da esercitare in tutti i casi in cui, successivamente all'emanazione del parere, l'Amministrazione si rende conto di aver commesso un errore o, comunque, si rende opportuno modificare la risposta fornita. La rettifica può tradursi tanto in una risposta favorevole al contribuente quanto in una risposta sfavorevole. In tale ultimo caso restano ovviamente fermi gli effetti già prodotti dalla risposta resa nei confronti del contribuente che vi si sia adeguato, con la conseguenza che se il comportamento è stato già posto in essere nessun rilievo potrà essere mosso al contribuente istante, né per quanto attiene al tributo, né per quanto concerne sanzioni ed interessi».

Il termine finale previsto per la presentazione dell'istanza è quello della presentazione della dichiarazione fiscale o quello previsto per il versamento delle imposte.

Il comma 5 chiarisce che la formulazione dell'istanza d'interpello non influisce sulle scadenze degli obblighi tributari e non sono previste interruzioni o decadenze né sospensioni dei termini di prescrizione.

Le Agenzie fiscali provvedono alla pubblicazione delle risposte rese mediante la forma di circolare o di risoluzione nei seguenti casi:

- un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la stessa questione o questioni analoghe fra loro;

- il parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti ufficiali;

- siano segnalati comportamenti non uniformi da parte degli uffici;

- più in generale, in ogni altro caso, in cui l'Amministrazione ritenga di interesse generale il chiarimento fornito.

L'istanza può essere presentata anche da persona che sia munita da apposita delega e non necessariamente dal legale rappresentante della società (Cfr. Cass. V, n. 20421/2010) ed è consolidato, come del resto prevede la legge, che mentre l'esito dell'interpello non vincola il contribuente esso è invece vincolante per l'amministrazione (Cfr. Cass. V, n. 19479/2009); ma, attenzione (!), il contribuente è tenuto a proporre l'interpello (anche se nella prassi si assiste a casi di interpello «postumo» o contemporaneo alla condotta da indagare) solo prima della condotta sulla cui legittimità si chiede l'indagine ed il parere dell'amministrazione: cfr. Cass. V, n. 16331/2014: «Il contribuente è tenuto a proporre interpello ex art. 11, della legge 27 luglio 2000, n.212, prima di porre in essere, nell'esercizio della propria attività economica, la condotta oggetto della richiesta di informazioni all'Amministrazione finanziaria, atteso che, diversamente, non si giustificherebbe l'efficacia vincolante, per entrambe le parti del rapporto tributario, dell'interpretazione fornita dall'Amministrazione medesima delle norme applicabili alla specifica fattispecie concreta. (Rigetta, C.t.r. Marche, 25 maggio 2007)».

Tanto ciò è vero che per converso l'ordinario sistema di difesa del contribuente ha il suo percorso autonomo ed indipendente (Cfr. C.t.r. Lombardia Milano XLIV, 30 novembre 2016, n. 6281 «Ed a riprova univoca della assoluta separatezza, rispetto all'ordinario sistema di difesa predispostosi per il contribuente, va considerato che la L. n. 212 del 2000 con cui è stato introdotto l'istituto in esame nell'articolo 11.1, ultima parte stabilisce che la presentazione dell'istanza non ha effetto sulle scadenze previste dalla disciplina suddetta, con la quale dunque in nessun senso interferisce.», ma anche C.t.r. Toscana Firenze XXIX, 30 maggio 2016, n. 1015: “Detta disposizione, se da un lato sta così a sancire che resta del tutto immodificato ed operante il previsto procedimento ordinario introdotto dal ricorso, vale insieme e altresì ad escludere che la risposta fornita possa di per sè diventarne una sorta di concorrente ed autonomo oggetto, introducendo allora una occasione/ipotesi di nuovo processo, ulteriore e ricorsivo, quando per di più l'intendimento perseguito dal legislatore, ben lungi dall'incrementare la sfera del contenzioso, è stato tutt'al contrario quello di offrire un possibile strumento di sua prevenzione e riduzione.»), da cui si ricava una assoluta indipendenza (non molto opportuna, e probabilmente da rivedere normativamente, per il rischio inevitabile di sovrapposizioni o conflitti di tutele) del procedimento per così dire ordinario e quello invece basato sullo strumento partecipativo. Al momento, non si può che rilevare il mancato coordinamento con le forme di mediazione conseguenti al reclamo-ricorso, parzialmente espressione anch'esse di uno spirito in senso lato conciliativo, di cui meglio si sarebbe dovuto tener conto nel fare sintesi fra i vari strumenti.

È vero che i due istituti sono anche cronologicamente distinti rispetto alla fattispecie su cui agiscono (il primo, assolutamente preventivo, il secondo già comunque legato ad un accertamento), ma entrambi fanno riferimento ad una compliance con cui l'amministrazione valuta la condotta del contribuente il quale, a sua volta, cerca di raggiungere un risultato certo nell'ambito di una condotta collaborativa.

Sta di fatto che la più recente giurisprudenza di legittimità non manca anche qui di restringere gli spazi di operatività dell'istituto, circoscrivendone l'operatività alle questioni oggetto dell'istanza [Cfr. Cass. V, n. 735/2017: «In tema di interpello ex art. 11 della legge n. 212 del 2000, cosiddetto ordinario – o anche generalizzato – l'efficacia della risoluzione o della circolare che lo segue vincola l'Amministrazione ai sensi dell'art. 11, comma 3, della legge n. 212 citata, con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza o, al più, con riguardo ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello. (Nel caso concreto è, pertanto, inefficace la risoluzione 6 ottobre 2008 n. 371/E in tema di pagamento dell'imposta di bollo ex art. 16, comma 1, lett. a), Tariffa Parte 1, d.P.R. n. 642 del 1972 relativa agli anni 2005 e 2006.»; Cass. V, n. 735/2017 «In tema di interpello cd. ordinario o generalizzato, l'efficacia della risoluzione o della circolare che lo segue vincola l'Amministrazione, ai sensi dell'art. 11, comma 3, della l. n. 212 del 2000, con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza o, al più, con riguardo ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello.”]

La Dottrina collega — con molti accenni critici, di cui qui non possiamo dar conto, rinviandovi – anche questo istituto alla tutela dell'affidamento, che ha un primo livello rappresentato dalla azione del legislatore, dalla determinazione normativa del prelievo, ed il secondo livello è quello della azione della Pubblica Amministrazione, nella attuazione concreta di esso.

L'affidamento costituisce un valore riconosciuto stabilmente anche nell'ordinamento comunitario e la speciale struttura dell'interpello è necessaria per porre il contribuente, usualmente in posizione subalterna rispetto all'amministrazione, in posizione tendenzialmente paritaria, di modo che gli obblighi dell'amministrazione consentano al contribuente di fare affidamento nell'amministrazione e al sistema legislativo di tutelarne la posizione.

Bibliografia

Marcheselli, Affidamento nel diritto tributario, in Digesto, 2008; Mazzocchi, Lineamenti di diritto tributario, Milano, 2015, 67 ss.; Parisi, Percorso di Aggiornamento tributario, in Pratica fiscale e professionale n. 45 del 2016, 2.

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