Codice Penale art. 61 bis - Circostanza aggravante del reato transnazionale 1

Geppino Rago
aggiornato da Ignazio Pardo

Circostanza aggravante del reato transnazionale 1

[I]. Per i reati puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni nella commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato la pena è aumentata da un terzo alla metà. Si applica altresì il secondo comma dell'articolo 416-bis.1.

Inquadramento

La norma in commento è stata introdotta dall'art. 5, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 21/2018 ed è in vigore dal 6 aprile 2018.

La finalità perseguita dalla legge delega, ossia quella di consentire “una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni”, è stata conseguita, nella fattispecie in esame, traslando, alla lettera, il contenuto dell'art. 4 l. n. 146/2006 in quello di cui al neo art. 61-bis c.p. che, quindi, non presenta alcuna novità rispetto al suddetto art. 4 ormai abrogato dall'art. 7 lett. p, del d.lgs. cit.

Natura giuridica

L'aggravante in commento, è, all'evidenza, un'aggravante ad effetto speciale ex art. 63, comma 3 (poiché determina un aumento della pena da un terzo alla metà) relativamente alla quale è previsto il divieto del bilanciamento con le circostanze attenuanti diverse da quelle di cui agli artt. 98 e 114,  in base al rinvio che la norma effettuata al neo art. 416 bis 1, secondo comma il quale testualmente dispone che: «Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 concorrenti con l'aggravante di cui al primo comma non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante».

«La sua ratio consiste nella maggiore insidiosità e diffusione della criminalità organizzata transnazionale rispetto alle medesime fattispecie poste in essere da singoli soggetti o da compagini associative che operano sul solo territorio nazionale» (Artusi).

L’ aggravante in commento «ha natura oggettiva ed è estensibile ai concorrenti nel reato sulla base degli ordinari criteri di valutazione previsti dall'art. 59, comma secondo, c.p., ovvero se conosciuta, ignorata per colpa o ritenuta inesistente per errore determinato da colpa»: Cass. II, n. 5241/2021; Cass. VI n. 52321/2016

Presupposti per l'applicabilità

L'aggravante in esame si applica al reato transnazionale la cui definizione è data dall'art. 3 l. n. 146/2006 (legge che ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione ed ai Protocolli della Nazioni Unite contro il Crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea Generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001) a norma del quale perché un reato possa definirsi transnazionale occorrono tre requisiti:

a) la gravità del reato: deve trattarsi di un delitto (quindi è escluso che una contravvenzione possa essere qualificata come transnazionale) punito con una pena non inferiore nel massimo a quattro anni di reclusione (poiché la legge nulla specifica, si deve tener conto della sola pena edittale prevista senza che su di essa possano influire le circostanze attenuanti o aggravanti);

b) il coinvolgimento di un gruppo criminale organizzato: il lemma coinvolgimento [rectius: “implicato”: art. 3 lett. c)] «allude, genericamente, a qualsivoglia forma di riferibilità del fatto-reato all'operatività di un gruppo criminale organizzato (quale esso sia e tout court indicato, ossia indipendentemente dal suo impegno in attività criminali commesse in più di uno Stato [...]); in breve, deve trattarsi di espressioni di criminalità in forma organizzata, sicchè è agevole il rilievo che la dimensione organizzativa è componente coessenziale della complessa fenomenologia criminale in questione. Soggettiva "riferibilità" [...] può essere intesa [...] come contributo alla  commissione del reato offerto da uno o più adepti del gruppo criminale organizzato, in adempimento del programma criminale dello stesso sodalizio, ovvero come vantaggio che al gruppo oggetti va mente derivi, comunque, dall'attività delittuosa da altri posta in essere»: Cass. S.U., n. 18374/2013. Quanto alla nozione di “gruppo organizzato”, le S.U., sulla base dell'art. 2 punto a) della Convenzione hanno chiarito che: «Si tratta di nozione composita, dai tratti descrittivi ben distinti da quelli che connotano le nozioni di concorso di persone nel reato di cui all'art. 110, e di associazione per delinquere di cui all'art. 416. "Gruppo organizzato" è, certamente, un quid pluris rispetto al mero concorso di persone (Cass. VI, n. 7470/2009), ma è - con pari certezza - un minus rispetto alla associazione per delinquere. Per la sua configurazione è, infatti, richiesta soltanto una certa stabilità dei rapporti, un minimo di organizzazione senza formale definizione dei ruoli, la non occasionalità od estemporaneità della stessa, la costituzione in vista anche di un solo reato e per il conseguimento di un vantaggio finanziario o di altro vantaggio materiale; invece, ai fini della configurazione del reato di cui all'art. 416, anche alla luce di ricorrente lettura di questa Corte, occorrono un'articolata organizzazione strutturale, seppure in forma minima od elementare, tendenzialmente stabile e permanente, una precisa ripartizione dei ruoli e la pianificazione di una serie indeterminata di reati (tra le altre, Cass. VI, n. 3886/2011). Il contesto strutturale - organizzato deve essere, insomma, funzionale alla realizzazione di un numero indefinito di delitti, senza che, ai fini della configurazione normativa, sia richiesto anche il teleologismo finanziario o comunque materiale dell'azione della consorteria, derivando - di fatto - l'eventuale profitto dall'apporto dei singoli reati-fine, alla cui esecuzione sia funzionalmente preordinato. E' ovvio poi che, ove il gruppo organizzato assuma siffatti connotati, diventi esso stesso associazione per delinquere e, in tal caso, vi sarà sicura sovrapposizione od immedesimazione delle due entità»;

 c) criteri spaziali: il delitto dev'essere alternativamente commesso: c1) in più di uno Stato; c2) in uno Stato, ma con parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo che avvenga in un altro Stato; c3) in uno Stato, ma se nel delitto sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; c4) in uno Stato, ma se il delitto abbia effetti sostanziali in un altro Stato.

Va osservato che «per conformazione morfologica e strutturale, la transnazionalità non è elemento costitutivo di un'autonoma fattispecie delittuosa, destinata ad incrementare il già cospicuo novero di illeciti dell'universo penale. Si tratta, invece, di una peculiare modalità di espressione, o predicato, riferibile a qualsivoglia delitto (con esclusione, quindi, delle contravvenzioni), a condizione che lo stesso, sia per ragioni oggettive sia per la sua riferibilità alla sfera di azione di un gruppo organizzato operante in più di uno Stato, assuma una proiezione transfrontaliera. Il "reato transnazionale" è, dunque, nozione definitoria che si ricava dall'insieme degli elementi costitutivi di un comune delitto e di quelli specifici, positivamente previsti [….] Limitandosi ad introdurre una norma meramente definitoria, l'art. 3, non prevede, quindi, sanzione alcuna» sebbene abbia ricadute di natura sostanziale (cfr art. 10 l. n. 146/2006 cit.) e processuali (cfr. art. 13 l. n. 146/2006 cit.): S.U. cit.

L'aggravante in commento, invece prevede un aggravamento per tutti quei reati che, avendo le caratteristiche di cui si è detto, possono definirsi come transnazionali.

Va, però, evidenziato che, dalla semplice lettura dell'art. 61-bis, raffrontato con l'art. 3, emerge una peculiarità dell'aggravante in esame il cui campo di applicazione rimane ristretto solo a quei delitti che abbiano i seguenti due requisiti:

a) delitti – perpetrati in ambito nazionale - puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni: si tratta dello stesso requisito previsto per il reato transnazionale;

b) nella commissione dei suddetti delitti deve aver dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato. Si tratta del requisito di cui al precedente c3) (rectius: art. 3 lett. c) che, evidentemente, il legislatore - nella sua discrezionale valutazione - ha ritenuto il solo di una gravità tale da comportare l'aggravamento di pena. «"Dare il contributo" è null'altro che prestare un apporto causalmente rilevante, in chiave di causalità materiale, nel senso che la commissione di un qualsiasi reato in ambito nazionale, purchè punito con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, deve essere stata determinata, od anche solo agevolata, in tutto od in parte, dall'apporto deterministico - quale esso sia - di un gruppo criminale organizzato transnazionale»: S.U. cit.; Cass. III, n. 23896/2016, ha ribadito che «ai fini della configurabilità dell'aggravante della transnazionalità, prevista dall'art. 4 l. n. 146/2006, è necessario che alla consumazione del reato transnazionale contribuisca consapevolmente un gruppo criminale organizzato, che sussiste in presenza della stabilità dei rapporti fra gli adepti, di una organizzazione seppur minimale, della non occasionalità o estemporaneità della stessa, e della finalizzazione alla realizzazione anche di un solo reato e al conseguimento di un vantaggio finanziario o comunque materiale».

Pertanto, può affermarsi che, ove il delitto sia qualificabile come transnazionale ai sensi delle sole lett. a) b) d) dell'art. 3 (congiunte o alternative), l'aggravante non opera. Al contrario, se è qualificabile come transnazionale ai sensi della lett. c), l'aggravante opera restando del tutto irrilevante che siano configurabili anche (congiuntamente o alternativamente) una delle restanti ipotesi di cui alle lett. a) b) d). 

Questioni controverse

 

La prima questione

La prima questione che sorse all'indomani dell'entrata in vigore della l. n. 146/2006 fu quella di stabilire se la circostanza aggravante di cui all'art. 4 (ora 61 bis c.p.) fosse compatibile con il reato di associazione per delinquere o fosse applicabile ai soli reati fine.

La questione fu risolta dalle S.U. cit. sulla base del seguente principio di diritto: «la speciale aggravante della L. 16 marzo 2006, n. 146, art. 4, è applicabile al reato associativo, semprechè il gruppo criminale organizzato transnazionale non coincida con l'associazione stessa»; conforme Cass. III, n. 36381/2019.  

Le Sezioni Unite infatti osservarono che «il generico riferimento normativo a qualsiasi reato, purchè ad esso si accompagni la previsione sanzionatoria di cui si è detto, porta allora a ritenere che l'apporto causale di un gruppo siffatto possa spiegarsi nei confronti di qualsivoglia espressione delittuosa, e dunque anche di quella associativa. Alla stregua dei dati normativi e delle linee ispiratrici della Convenzione non è dato, infatti, ravvisare ragione alcuna perchè la particolare aggravante possa applicarsi ai soli reati-fine e non anche al reato associativo, che costituisce il mezzo per la relativa consumazione. Non esiste, dunque, alcun motivo - nè d'ordine testuale nè d'ordine logico-sistematico - per ritenere l'incompatibilità della speciale aggravante con quest'ultimo reato. Resta da dire che nessuna diretta rilevanza, ai fini della soluzione della quaestio iuris in esame, può assumere il riferimento alla  l. n. 146 del 2006, art. 10, che prevede, tra i reati transnazionali che comportano responsabilità amministrativa degli enti, proprio i reati associativi di cui agli artt. 416 e 416-bis. Ed infatti, la norma anzidetta può, semmai, costituire conferma del fatto che anche il reato associativo possa assumere connotato di transnazionalità, ma nulla dice sull'applicabilità al detto reato dell'aggravante di cui all'art. 4».

Le Sezioni Unite, poi, chiarirono che per l'applicabilità dell'aggravante il “gruppo organizzato” non deve sovrapporsi all'associazione per delinquere giacchè «la previsione del contributo causale implica diversità soggettiva, ossia l'esistenza di due distinte realtà organizzative, nel senso che il gruppo criminale organizzato, peraltro impegnato in attività criminali in più di uno Stato, deve aver contribuito alla commissione del reato associativo, cioè alla costituzione od all'agevolazione, in qualsiasi forma, dell'associazione formatasi ed operante in ambito nazionale».

Le Sezioni Unite, quindi, conclusero affermando che «per offrire contezza al maggior tasso di disvalore insito nell'aggravante derivante dall'essersi avvalsi, per la commissione di un reato, del contributo offerto da "un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato", occorre postulare una necessaria autonomia tra la condotta che integra il reato "comune" e quella che vale a realizzare il "contributo" prestato dal gruppo "transnazionale", giacchè, ove i due fatti si realizzassero reciprocamente all'interno di una sola condotta, mancherebbe la ragione d'essere per ipotizzare la diversa - e più grave - lesione del bene protetto. Si avrebbe, in tale ipotesi, un'unica associazione per delinquere "transnazionale", ossia una fattispecie complessa, secondo il paradigma dell'art. 84 c.p., comma 1, in cui la circostanza aggravante - corrispondente, del resto, alla previsione della l. n. 146/2006, precedente art. 3, lett. c), - verrebbe a porsi come elemento costitutivo del reato associativo transnazionale. Si tratterebbe, però, non già di un'autonoma fattispecie di reato - non prefigurata dal legislatore della novella e neppure enucleatane in via ermeneutica - bensì di una "ordinaria" associazione per delinquere cui inerisce lo speciale connotato della transnazionalità, con ogni conseguenziale implicazione. In tale prospettiva, occorre dunque verificare se ed in che limiti il contributo di un gruppo organizzato transnazionale, che in sè potrebbe già presentare, in ipotesi, tutti i connotati per realizzare la fattispecie di una associazione finalizzata alla commissione di determinati delitti - divenendo per ciò stesso perseguibile in base al quadro normativo vigente - possa rappresentare, a sua volta, quella autonoma condotta "aggravatrice" rispetto alla stessa fattispecie associati va. Ebbene, poichè quel contributo - ancorchè realizzato in forma associativa - deve ontologicamente rappresentare una condotta materialmente scissa da quella che è necessaria per realizzare la fattispecie-base, se ne può dedurre che l'aggravante in questione non risulta compatibile con la figura della associazione per delinquere in tutti i casi in cui le due condotte associative coincidano sul piano strutturale e funzionale, dando luogo ad un'unica associazione transnazionale. Ove, invece, l'associazione per delinquere "basti a se stessa", nel senso che i relativi associati o parte di essi ed il programma criminoso posto a fulcro del sodalizio realizzino il fatto-reato a prescindere da qualsiasi tipo di contributo esterno, ben può immaginarsi che, a tale condotta, altra (e autonoma) se ne possa affiancare, al fine di estendere le potenzialità l'agere del sodalizio in campo internazionale; con la conseguenza che, ove un siffatto contributo sia fornito da persone che in modo organizzato sono chiamate a prestare tale collaborazione, non potrà negarsi che il reato-base assuma dei connotati di intrinseca maggiore pericolosità, tale da giustificare l'applicazione della aggravante in questione. Il tutto, ovviamente, a prescindere dalla circostanza che il contributo offerto dal "gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato" renda, poi, quello stesso gruppo partecipe o concorrente nel reato associativo "comune", posto che è proprio quel contributo a rappresentare il quid pluris che giustifica la ratio aggravatrice, che non può certo ritenersi assorbita dalle regole ordinarie sul concorso nei reati».

Conforme è la giurisprudenza successiva: Cass. III, n. 2458/2015; Cass. III, n. 23896/2016Proprio in questo stesso senso Cass. III, n. 10683/2024, ha affermato che l’aggravante della trasnazionalità di cui all’ art. 61-bis c.p. è configurabile anche nei confronti del partecipe al delitto associativo che sia, altresì, componente del gruppo criminale organizzato transnazionale di cui l’associazione si avvale per l’attuazione del proprio programma.

Pertanto - ad avviso delle Sezioni Unite – relativamente al reato associativo l'aggravante non si applica:

a) al caso in cui il gruppo organizzato sia esso stesso associazione per delinquere in quanto «in uno al dato ontologico dell'immedesimazione, all'applicabilità dell'aggravante osterebbe, sul piano formale, il chiaro disposto normativo dell'art. 61, secondo cui le circostanze, positivamente previste, aggravano il reato "quando non ne sono elementi costitutivi”»;

b) all'ipotesi in cui l'associazione abbia sue articolazioni periferiche in altri Stati;

c) all'ipotesi in cui parte dei sodali della stessa consorteria operi all'estero;

d) al caso in cui gli effetti sostanziali dell'attività della stessa consorteria si producano oltre confine.

In altri termini, «A tali proposizioni deve essere, infatti, attribuito il significato secondo il quale l'affectio societatis tra tutti coloro che hanno dato apporto all'attività associativa, la presenza all'estero di gruppi di sodali, le condotte poste in essere all'estero da alcuni sodali, l'offensività oltre confine del delitto, sono altrettanti indici ostativi alla qualificazione del fatto come aggravato dalla transnazionalità in quanto ne costituiscono elemento costitutivo, idoneo a qualificare il fatto come reato transnazionale (essendone elementi costitutivi, si richiama il chiaro disposto dell'art.61 cod. pen.) ma non come reato aggravato ai sensi dell'art.4 legge n.146/2006»: Cass. IV, n. 23132/2022 (con nota di D'Errico).

Al contrario, ai fini dell'applicabilità dell'aggravante ad un reato associativo non è affatto necessario:

a) che il reato transnazionale venga commesso anche all'estero, ben potendo restare circoscritto in ambito nazionale: Cass. V, n. 1843/2012;

b) che l'associazione per delinquere operi anche in paesi esteri: Cass. I, n. 31019/2012;

c) che del sodalizio criminoso facciano parte soggetti operanti in paesi diversi (Cass. III, n. 27413/2012) posto che quel che occorre, ai fini dell'operatività dell'aggravante, è solo che, alla commissione del reato oggetto di aggravamento, abbia dato il suo contributo un gruppo dedito ad attività criminali a livello internazionale.

La seconda questione

La seconda questione che è sorta sull'aggravante in commento consiste nello stabilire se la medesima sia applicabile ai reati-fine una volta che sia stata esclusa per il reato associativo.

Secondo una prima minoritaria tesi l'aggravante non è applicabile in quanto occorre «che la commissione del reato sia stata determinata o anche solo agevolata, in tutto o in parte, dall'apporto di un gruppo criminale organizzato, distinto da quello cui è riferibile il reato, impegnato in attività illecite in più di uno stato» (Cass. VI, n. 31972/2013) in quanto «la meritevolezza dell'aggravamento del trattamento sanzionatorio è individuata dal legislatore proprio dalla ritenuta maggiore pericolosità dell'appoggio fornito in un contesto transnazionale non già da un singolo, bensì da un gruppo organizzato» (Cass. V, n. 500/2015; Cass. 44435/2015).

Ad opposta conclusione giunge, invece, la condivisibile tesi maggioritaria secondo la quale «il mancato riconoscimento dell'aggravante della transnazionalità di cui all'art. 4 legge 16 marzo 2006, n. 146, ad un reato di associazione per delinquere non ne esclude la possibilità di applicazione ad altri singoli delitti preparati, pianificati e commessi nel territorio di più Stati, e riferibili ad un gruppo criminale organizzato»: Cass. VI, n. 53118/2014; Cass. VI, n. 47217/2015; Cass. V, n. 7641/2017 secondo la quale «La circostanza aggravante della transnazionalità, prevista dall'art. 4 della legge 16 marzo 2006, n. 146, può applicarsi ai reati-fine consumati dai sodali di un'associazione per delinquere anche in caso di immedesimazione tra tale associazione e il gruppo criminale organizzato transnazionale»; Cass. III, n. 10116/2021.

Si è, infatti, osservato che, se è vero che la circostanza della immedesimazione tra associazione a delinquere e gruppo criminale organizzato, impedisce ontologicamente la configurabilità dell'aggravante al reato associativo, ciò non significa che la suddetta aggravante non possa applicarsi ai reati-fine nel caso in cui il "gruppo criminale organizzato" – benché sia coincidente con la stessa associazione a delinquere con i caratteri della transnazionalità - fornisca un contributo causalmente rilevante non più per la costituzione dell'associazione ma per la commissione dei reati che rientrano nel programma indefinito dell'associazione. Peraltro, sotto il profilo formale, non si pone neppure un problema di ostatività dell'art. 61 c.p., dato che la circostanza in oggetto non potrebbe essere mai considerata elemento costitutivo del reato-fine diverso dal reato associativo (Cass. 7641/2017 cit.); Cass. II, n. 16100/2019.

Alla stessa soluzione – e cioè all'applicabilità dell'aggravante - si è pervenuti nella similare ipotesi del reato-fine al quale abbiano concorso i medesimi soggetti componenti del gruppo criminale organizzato (coincidente con l'associazione per delinquere), operante in più di uno Stato: infatti la circostanza che sia contestato «il reato-fine in concorso agli stessi soggetti costituenti i partecipi dell'associazione a delinquere nonché (ai fini dell'aggravante) componenti del gruppo criminale organizzato transnazionale non ha nessuna rilevanza ai fini dell'applicabilità dell'aggravante di cui all'art. 4 legge citata, dato che l'eventuale responsabilità per la commissione del reato-fine, e per il riconoscimento della stessa aggravante, non discenderà certo dall'appartenenza al sodalizio criminoso, ma solo dall'aver fornito o meno un contributo materialmente o moralmente rilevante secondo i comuni principi in tema di concorso di persone nel reato» (Cass. 7641/2017 cit.; Cass. III, n. 38009/2019).

Cass. III, n. 17710/2019 , ha ulteriormente precisato e chiarito che l'aggravante in commento « può applicarsi ai reati fine commessi dai membri di un gruppo criminale organizzato transnazionale, anche nel caso in cui detto sodalizio non configuri un autonomo delitto associativo».

La terza questione

La terza questione consiste nello stabilire se l'aggravante in commento sia o meno compatibile con quella di cui al novello art. 416 bis 1 c.p. (già art. 7 d.l. 152/1991 conv. in l. 203/1991, ora abrogato dall'art. 7 d.lgs. n. 21/2018).

Una parte della dottrina ritiene che le due aggravanti non possano concorrere ove il delitto sia commesso da un sodale di un'associazione mafiosa operanti in più Stati: «L'esclusività del rinvio - espressamente effettuato in relazione al solo comma 2 dell'art. 7 d.l. n. 152 del 1991 - e l'identità dell'aumento di pena previsto in entrambi i casi da un terzo alla metà - per l'aggravante della transnazionalità del reato e per quella delineata dall'art. 7 comma 1 d.l. cit. - in relazione ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis, ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni ivi previste, inducono ad escludere il concorso tra le due aggravanti ad effetto speciale nelle ipotesi in cui il contributo alla realizzazione dei c.d. serious crimes sia stato offerto da un'organizzazione mafiosa a carattere transnazionale. Sembra doversi ritenere applicabile, dunque, nella situazione in oggetto, la sola disposizione di cui all'art. 4 della legge di ratifica, anche in ragione dell'assorbente rilievo legato alla presenza del requisito della transnazionalità ai fini del giudizio sul concreto disvalore del fatto» (De amicis-Villone).

Secondo, invece, altratesi le due aggravanti possono concorrere (fermo, ovviamente, il limite di cui all'art. 66) non essendo ravvisabile fra le medesime alcun rapporto di specialità in quanto le due norme differiscono nella struttura, nel campo di operatività e nella finalità (Rossetti; Centonze).

In tale ultimo senso sembra, d'altra parte, orientata la stessa giurisprudenza di legittimità che, in una fattispecie di corruzione, ha ritenuto che «la L. n. 146/2006, infatti, non prevede affatto che per l'applicazione dell'aggravante del fatto commesso con il contributo di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più Stati debba ricorrere anche l'aggravante di cui alla l. n. 203/1991, art. 7, ma richiede soltanto che per il reato per il quale si procede sia prevista la pena edittale della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni»: Cass. V, n. 35925/2010.

Bibliografia

Artusi:Reato transnazionale inDig. pen., 2011;Cappello: L'aggravante di cui all'art. 4 della legge n. 146 del 2006 (di ratifica della convenzione delle nazioni unite contro il crimine organizzato transnazionale) - sua compatibilità con i delitti associativi in Cass. pen. 2014, 121; Cavallone: L'aggravante della transnazionalità al vaglio delle sezioni unite: la circostanza si applica anche ai reati associativi: in Cass. pen. 2014, 636; Centonze, A., Criminalità Organizzata e reati transnazionali, Milano, 2008, 271; D’Errico F.: Ancora sull’aggravante della transnazionalità: tra perduranti ambiguità interpretative ed esigenze di riforma in Sist. Pen. 6/2023; De Amicis-Villoni: Sulla criminalità organizzata transnazionale e dei suoi protocolli addizionali in Giur. mer., 2006, 1626 ss; Fasani: Rapporti fra reato associativo e aggravante della trans nazionalità in Dir. pen. e proc., 2013, 799; La Greca: Dell'aggravante del reato transnazionale ai delitti associativi in Cass. pen., 2013, 2929; Mingione: La configurabilità della circostanza aggravante della transnazionalità nei reati fine dell’associazione per delinquere: poche certezze e molte contraddizioni in Dir. pen. cont. 2/2018; Rossetti, Reato transnazionale, in Commentario breve alle leggi penali complementari, a cura di Palazzo-Paliero, Padova, 2007, 867

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