Codice Penale art. 270 bis - Circostanze aggravanti e attenuanti 1

Angelo Valerio Lanna

Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico (1) (2).

[I]. Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico (3) è punito con la reclusione da sette a quindici anni.

[II]. Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

[III]. Ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo [270-sexies] ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale.

[IV]. Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego [270-septies].

(1) Articolo dapprima aggiunto dall'art. 3 d.l. 15 dicembre 1979, n. 625, conv., con modif., nella l. 6 febbraio 1980, n. 15 e poi così sostituito, in sede di conversione, dall'art. 1, comma 1, d.l. 18 ottobre 2001, n. 374, conv., con modif., nella l. 15 dicembre 2001, n. 438. Il testo previgente era il seguente: «Associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico. - [I]. Chiunque promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con fini di eversione dell'ordine democratico è punito con la reclusione da sette a quindici anni. [II.] Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da quattro a otto anni.

(2) Ai sensi dell’art. 1, comma 3 bis, d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv., con modif. in l. 17 aprile 2015, n. 43, la condanna per i delitti previsti dagli articoli 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quater.1 e 270-quinquies del codice penale comporta la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale quando è coinvolto un minore

(3) All'espressione «eversione dell'ordine democratico» corrisponde ora, per ogni effetto giuridico, l'espressione «eversione dell'ordinamento costituzionale»: v. art. 11 l. 29 maggio 1982, n. 304.

competenza: Corte d'Assise

arresto: obbligatorio

fermo: consentito

custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 3, c.p.p.)

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21 (in G.U n. 68 del 22.3.2018), ha inserito l'articolo in commento nel Capo Primo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato. La nuova norma prevede specifiche forme di manifestazione applicabili ai reati che vengano posti in essere per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, sempre che essi siano punibili con pena di specie diversa dall'ergastolo.

L'articolo in commento è dunque esecuzione della delega contenuta nella l. n. 103/2017. La norma attuativa della delega persegue l'obiettivo della realizzazione, almeno tendenziale, del principio della riserva di codice in campo penale. Il fine di tale riserva consiste nella volontà di assicurare una più approfondita conoscenza dei precetti e delle sanzioni, mediante la razionalizzazione della legislazione penale e il contemporaneo blocco di una normativa extra-codicistica spesso convulsa, frastagliata e in ragione di ciò poco conoscibile e intelligibile. Trattasi quindi di un inizio di riordino complessivo del sistema sanzionatorio, attuato mediante la valorizzazione del ruolo centrale delle previsioni codicistiche.

La continuità normativa è comunque testualmente assicurata dalla previsione dell'art. 8 d.lgs 21/2018, laddove è indicato che i richiami alle disposizioni abrogate dal precedente art. 7 debbano intendersi operati alle corrispondenti disposizioni inserite nel codice penale, secondo le indicazioni contenute nella tabella A allegata all'art. 8 comma 1. Giova quindi qui ricordare come le disposizioni incluse nell'articolo in commento rappresentino una prosecuzione degli artt. 1, 4, e 5 d.l. n. 625/1979 (cd. legge Cossiga), convertito con modificazioni dalla l. n. 15/1980 (articoli espressamente abrogati dall'art. 7, comma 1, lett. f) d.lgs. n. 21/2018).

In relazione alla normativa previgente (come detto trasfusa nella disposizione in commento) si è scritto che: «La "legislazione dell'emergenza", per definizione peculiare di uno stato di pericolo pubblico transitorio ma grave, e tale da giustificare interventi legislativi, in situazioni ordinarie, ai limiti della censura di illegittimità, si è trasformata in una normativa "permanente", ovvero in un modello di disciplina parallela a quella ordinaria (garantista), giustificata dalla necessità di fare fronte alle "nuove" emergenze: quella della criminalità organizzata, prima; quello dell'immigrazione clandestina e dello sfruttamento della stessa, poi» (Belfiore, 2917).

Per ciò che specificamente concerne le aggravanti in parola, l'intento del legislatore è evidentemente quello di potenziare la risposta sanzionatoria nei confronti di condotte criminose di vario genere, purché esse siano sorrette dalla specifica finalità suddetta. Pacifico essendo l'enorme allarme sociale che deriva dalla stessa sussistenza della finalità terroristica o eversiva, si pone sempre – sotto il profilo strettamente giuridico – la necessità di evitare anzitutto la rinascita dell'antico e ormai desueto canone del diritto penale di autore, o anche del nemico. La forte ricostruzione in chiave preventiva, presuntiva e soggettivistica delle disposizioni normative in argomento risponde certamente all'ovvia esigenza di assicurare una efficace risposta rispetto a temi di profondo impatto, quali appunto sono il terrorismo e l'eversione. Si imporrà però – in sede interpretativa e applicativa – l'esigenza di una valorizzazione dei criteri della offensività, della materialità e della concretezza; solo avvalendosi di tali canoni di giudizio, si potranno filtrare e riempire di contenuti le previsioni normative di tipo soggettivo, quale appunto è il concetto stesso di finalità.

Per ciò che attiene alla definizione codicistica delle «finalità di terrorismo o di eversione», si potranno infine leggere i commenti agli artt. 270-bis e sexies.

Esame delle singole previsioni

L’aggravante della finalità terroristica o eversiva si applica anzitutto ai delitti per i quali sia prevista una pena diversa da quella dell’ergastolo. La norma postula però anche il fatto che tali specifiche finalità dell’agire non rappresentino elementi costitutivi dei reati commessi; l’applicazione delle circostanze in esame costituirebbe, in tal caso, una palese violazione del principio del ne bis in idem sostanziale (Gamberini, 62). Il dettato normativo – in verità alquanto involuto nella costruzione sintattica e lessicale – è però niente altro che l’ovvia espressione della natura accessoria delle circostanze del reato; è parimenti consequenziale alla necessità di tenere queste ultime sempre ben distinte, rispetto al nucleo centrale costitutivo della fattispecie tipica. Giova precisare come la circostanza aggravante del fine terroristico o eversivo dell'ordinamento costituzionale non coincida con le finalità principali dei reati ai quali inerisce. Essa infatti può andare a qualificare qualsivoglia condotta illecita, laddove il fine che l'agente si prefigga sia quello di realizzare condotte in grado di provocare il panico nella popolazione. Trattasi allora di circostanza comune, che si affianca all’elencazione contenuta nell’art. 61.

Per ciò che attiene al tema del concorso di una pluralità di circostanze, si possono distinguere due ipotesi, di seguito esaminate.

Natura primaria dell’aggravante in esame rispetto ad altre aggravanti

Il caso della contemporanea presenza di più aggravanti, tra cui una sia quella in esame, viene risolta dal legislatore nel senso che la circostanza ex art. 270-bis.1 dovrà trovare applicazione prima di ogni ulteriore aumento. Trattandosi qui di una circostanza ad effetto speciale, dovrà farsi anche riferimento al disposto dell’art. 63 comma 4: al contemporaneo presentarsi di più circostanze aggravanti del tipo indicato nel precedente secondo capoverso del medesimo articolo, si dovrà anzitutto operare l’aumento prefissato della metà previsto dalla disposizione in esame, per poi calcolarsi  l’ulteriore aumento in via facoltativa.

Divieto di bilanciamento

La norma dispone che le eventuali attenuanti diverse da quelle ex artt. 98 e 114, che concorrano con l'aggravante della finalità terroristica o eversiva, non possano su questa prevalere e nemmeno elidersi.

Stesso divieto di prevalenza o equivalenza è sancito in relazione alle  circostanze  aggravanti  per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa, ovvero ne  determini la  misura  in modo indipendente da quella ordinaria del reato.

Un modo, dunque, per potenziare l'efficacia sanzionatoria derivante dall'aggravante in esame. Una previsione evidentemente finalizzata ad evitare che il possibile intervento di circostanze attenuanti possa incidere in modo significativo sulla determinazione della pena e condurre all'irrogazione di pene eccessivamente miti.

La dissociazione

Il comma 3 della norma prevede poi una diminuente, applicabile a chi – dissociandosi dagli altri correi – si attivi perché  la condotta delittuosa sorretta dalla finalità terroristica o eversiva giunga a conseguenze ulteriori. La norma presenta anzitutto un carattere residuale, posto che essa si può trovare applicazione solo escludendo quanto previsto dall’art. 289-bis. Il dettato codicistico in esame esige dunque che dalla condotta tenuta dal soggetto attivo, all’indomani della dissociazione, origini quale conseguenza diretta – sebbene non necessariamente esclusiva – l’interruzione delle conseguenze ulteriori eventualmente ricollegabili all’iter criminis già posto in movimento. Dunque, che l’azione della dissociazione rappresenti comunque un  “momento determinante” all’interno di tale meccanismo.

Quanto alla portata ed alla valenza da attribuire alla componente soggettiva, interiore della dissociazione, rispetto al compimento di fatti materiali esteriormente percepibili, riteniamo di poter subito affermare quanto segue. Il dato indubitabile è qui costituito dal fatto che la dissociazione – affinché possa veramente esser valutata come fattore idoneo a diminuire l’originario disvalore penale della condotta – debba atteggiarsi secondo il canone oggettivo della libera scelta, tra una moltitudine di comportamenti alternativi possibili. Nel senso che vi debba comunque essere, a monte, una possibilità per il soggetto agente di operare una scelta tra più condotte. Può poi discutersi circa la natura dell’atto del dissociarsi. Se cioè sia richiesta la mera revoca dell’adesione fino a quel momento offerta nei confronti dell’originario progetto delinquenziale; se al contrario l’agente debba annunciare un esplicito rifiuto del fine comune (in tal caso magari paludandolo attraverso una presa di distanza di tipo spirituale, intellettuale ed ideologico); se infine debba verificarsi anche un allontanamento materiale, fisico, rispetto all’originario gruppo dei sodali.

Qui è forse consigliabile rifuggire dalla soggettivizzazione della condotta di dissociazione, senza zavorrarla con inopportuni elementi moralistici. Non pare infatti necessaria una vera e propria spontaneità della dissociazione, alla quale restano certo estranee le spinte interiori. Rileva infatti non l’ansia di ravvedimento etico e morale, bensì la concreta realizzazione di atti idonei ad evitare le conseguenze ulteriori del fatto. O anche – stante la previsione alternativa contenuta nella norma – l’aiuto concreto prestato all’autorità giudiziaria o di polizia, al fine di consentire l’individuazione o la cattura dei correi.

L’esimente

Nei confronti del soggetto che - in una fase evidentemente successiva allo stadio del tentativo punibile, ma antecedente rispetto alla produzione dell’evento – si adoperi per evitare il verificarsi dell’evento stesso e, congiuntamente, fornisca elementi di prova determinanti per la ricostruzione del fatto e per l’individuazione di eventuali concorrenti, la norma prevede la non punibilità. Tale condotta di ravvedimento è sovrapponibile alla previsione di cui all’art. 56 comma 4. Viene quindi qui introdotta «una causa speciale di non punibilità basata sul volontario impedimento dell’evento e sulla collaborazione qualificata nelle indagini» (Belfiore, 2921).

Casistica

a) L'aggravante della finalità terroristica o eversiva è applicabile in relazione a qualsiasi fattispecie di reato, allorquando lo scopo dell'agente sia quello di portare terrore alla popolazione. La norma non postula l'appartenenza del soggetto attivo ad alcuna associazione (Cass. I, n. 10283/2006; Cass. S.U., n. 2110/1996). 

b) L'aggravante della finalità di terrorismo e di eversione dell'ordinamento democratico è compatibile con il delitto di banda armata (Cass. I, n. 7063/1989 e Cass. I, n. 5437/1992).

c) La Consulta ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale relativa alla deroga disposta dalla norma rispetto agli ordinari criteri di regolamentazione del concorso eterogeneo di circostanze. Non si verifica dunque contrasto con i principi ex art. 69, né vi è disparità di trattamento in relazione alla perpetrazione di reati diversi da quelli sorretti dalla finalità terroristica (Corte Cost. 38/1985).

d) L'aggravante a effetto speciale della finalità terroristica o eversiva dell'ordinamento costituzionale può essere integrata anche nel caso di azioni di natura meramente dimostrativa e prive di connotati violenti (Cass. I, n. 8069/2010).

e) La circostanza aggravante della eversione dell'ordine democratico non è concettualmente coincidente con una qualsivoglia condotta politica di natura violenta, in quanto essa non può essere sovrapponibile al  concetto di finalità di terrorismo; tale aggravante si identifica invece nel sovvertimento del fondamentale assetto istituzionale e nello scompiglio portato al funzionamento dello stesso, ovvero nell'adozione di ogni modalità di lotta politica - corredata o meno dall'uso della tradizionale violenza - che si riveli idonea rovesciare, previa destabilizzazione dei pubblici poteri e, compromettendo le ordinarie regole della civile convivenza, sul piano strutturale e funzionale, il sistema democratico sancito dalla Costituzione. Occorre inoltre che la tensione dell'azione verso il fine di eversione sia posta in essere per il tramite di mezzi che siano oggettivamente adeguati a porre in pericolo la democrazia e ad arrecare nocumento alla effettiva esistenza dei suoi principi (Cass. V, n. 25428/2012).

Bibliografia

BELFIORE, voce Terrorismo, in PALAZZO-PALIERO, Commentario breve alle leggi complementari, PADOVA, 2007; GAMBERINI, Delitti contro la personalità dello Stato, in AA.VV., Diritto Penale, Lineamenti di parte speciale, II Ed., Milano

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