Codice Civile art. 68 - Nullità del nuovo matrimonio.

Luca Stanziola

Nullità del nuovo matrimonio.

[I]. Il matrimonio contratto a norma dell'articolo 65 è nullo, qualora la persona della quale fu dichiarata la morte presunta ritorni o ne sia accertata l'esistenza [117 5].

[II]. Sono salvi gli effetti civili del matrimonio dichiarato nullo [128].

[III]. La nullità non può essere pronunziata nel caso in cui è accertata la morte, anche se avvenuta in una data posteriore a quella del matrimonio.

Inquadramento

Può verificarsi che il presunto morto si palesi, e che nel frattempo il proprio coniuge si sia risposato, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 65 c.c.: in questo particolare caso soccorre l'art. 68 c.c., secondo cui, per l'ipotesi in cui la persona della quale fu dichiarata la morte presunta ritorni o ne sia accertata l'esistenza, il matrimonio successivamente contratto nelle more dell'assenza del primo coniuge è nullo - per sopravvenuta constatazione della inesistenza della libertà di stato del coniuge, erroneamente supposto superstite, passato nelle more a nuove nozze (Sgroi, 127) - ma «sono salvi gli effetti civili del matrimonio dichiarato nullo» (comma 2), esprimendo così il legislatore un favor per la seconda compagine familiare. La fattispecie in esame va nettamente  distinta da quella, diversa, del ritorno di un soggetto del quale sia stata erroneamente accertata la morte naturale, alla quale è stata esclusa l'applicazione in via analogica dell'art. 68 c.c. – posto che la morte naturale è causa di scioglimento del matrimonio ex art. 149 c.c. – ed alla quale non si dubita della piena applicazione dell'art. 128 c.c. (Giacobbe, 691 ss.).

Con la disposizione in esame, il legislatore si è mostrato fedele al carattere monogamico ed indissolubile del vincolo coniugalecontratto per primo, a scapito del secondo matrimonio (Giacobbe, 670 ss., la quale osserva, tuttavia, in senso critico, come l'introduzione del divorzio – e con esso la fine del dogma dell'indissolubilità del matrimonio – potrebbe condurre ad un ripensamento della ratio sottesa alla norma in commento). Riprende quindi vigore ex tunc l'efficacia del primo matrimonio, che si considera come non mai sciolto.

Trattasi, in particolare, di un'ipotesi di annullabilità (essendo sempre necessaria una pronuncia a carattere costitutivo del giudice), di tipoassoluto, data l'ampia schiera di soggetti legittimati all'impugnazione («tutti coloro che abbiano per impugnarlo un interesse legittimo e attuale»: cfr. anche l'art. 117, commi 1 e 4, c.c. ), dichiarata su richiesta degli interessati per carenza di libertà di stato, in applicazione del principio desumibile dall'art. 86 c.c. (così Sgroi, 127 e Dogliotti, 472; contra Callegari , 940, secondo cui si tratta di nullità e, più, di recente, Giacobbe, 682, che discorre di nullità del secondo matrimonio, validamente celebrato ex art. 65 c.c., in conseguenza di un accadimento successivo alla sua celebrazione, riconducendo la fattispecie alla nullità successiva o sopravvenuta), operante ipso iure e rilevabile d'ufficio, con scioglimento del secondo matrimonio e ripristino del primo vincolo).

Come già è stato chiarito in sede di commento all'art. 65, l'art. 68, comma 1, c.c., commina la nullità dell'eventuale matrimonio, contratto dal coniuge dello scomparso, «qualora la persona della quale fu dichiarata la morte presunta ritorni o ne sia accertata l'esistenza» (parla di reciproca "repulsione" dei due matrimoni, Giacobbe, 679, nel senso che gli artt. 65 e 68 escludono una pari validità e vigenza di entrambi i matrimoni). Non ulteriormente indugiando su tale articolo (per maggior approfondimento, si veda sub art. 65 c.c. ), si ricordi solo che quest'ultimo mette a serio rischio il postulato secondo cui la dichiarazione di morte presunta importa lo scioglimento automatico del primo matrimonio, poiché altrimenti non si spiega la declaratoria di nullità che colpisce il secondo vincolo coniugale.

Quanto agli effetti, secondo taluni l'annullamento del secondo matrimonio avrebbe effetto irretroattivo, sul presupposto che il primo matrimonio, contratto con l'assente, sarebbe solo quiescente ma non automaticamente sciolto (così Santoro Passarelli, 382; Messineo, 82; Zatti, 1270, per il quale la retroattività dell'annullamento soffre gravi limiti in quanto la situazione era fondata su una presunzione): la comparsa del dichiarato morto determina quindi la reviviscenza del vincolo, momentaneamente quiescente.

La tesi che, al contrario, propende per la retroattività dei relativi effetti afferma che gli effetti dell'annullamento retroagiscono fino alla data della morte presunta (Sgroi, 125).

Questa disposizione, ai sensi dell'art. 1, comma 5, l. n. 76/2016, è espressamente applicabile anche alle unioni civili (Secondo Giacobbe, 676, pur in assenza di previsione legislativa a supporto, anche la convivenza di fatto è destinata a risolversi con la dichiarazione di morte presunta di uno dei conviventi, non essendo la convivenza configurabile dopo di essa, con inapplicabilità, tuttavia, del disposto di cui all'art. 68 c.c.).

L'accertamento dell'esistenza in vita del morto presunto avviene a seguito del giudizio instaurato ex art. 67 c.c., avente natura di giudizio contenzioso, dovendo svolgersi in contraddittorio con tutti coloro che furono parti del giudizio in cui venne dichiarata la morte presunta (Bianca, 271; Barillaro, 414).

La disciplina del matrimonio putativo

Conviene ora soffermare l'attenzione sui successivi commi dell'articolo in esame.

Con l'art. 68, comma 2, c.c. si è voluto far richiamo alla disciplina del matrimonio putativo (art. 128 c.c.), nell'evidente obiettivo di fare salvi alcuni effetti del secondo matrimonio, affetto da invalidità (soprattutto con riguardo ai figli, eventualmente nati in costanza del secondo matrimonio: art. 128, comma 2, c.c.), che altrimenti verrebbero travolti dall'effetto retroattivo.

Secondo la più consolidata ricostruzione dottrinale, la ragione di tale enunciato normativo è da ravvisare, principalmente, in un più pregnante favor per la seconda compagine familiare (Sgroi, 127; Barillaro, 408), ormai costituitasi.

In prospettiva di riforma, si propone: a) l'abrogazione degli artt. 65 e 68 c.c., eliminando così la figura di un matrimonio che è validamente costituito (art. 65) ma risolutivamente condizionato (art. 68); b) l'introduzione della morte presunta quale causa di scioglimento del matrimonio, con eventuale nomina di un curatore speciale, stante l'incertezza dell'esistenza in vita del morto presunto. (così La Torre, 90). Si è detto, a questo proposito, che la previsione, tra le cause di scioglimento del matrimonio, della dichiarazione giudiziale di morte presunta dell'altro coniuge darebbe al coniuge superstite la definitiva libertà di stato, superando così l'incertezza, propria della attuale disciplina, nel caso di ritorno del presunto morto (così Cocuccio, 292 ss.).

Che la norma in esame sia espressione del principio del matrimonio putativo, di cui all'art. 128 c.c., è in realtà discusso: la dottrina dominante propende per la soluzione negativa, dato che è inconcepibile in questo caso ipotizzare uno stato di buona fede in capo ad uno dei due coniugi (richiesto invece dall'art. 128 c.c.: così Barillaro, 406, che ritiene il secondo matrimonio nato in base ad una presunzione di piena legittimità, e Sgroi, 128; così anche Giacobbe, 697, alla luce della piena validità del secondo matrimonio, come tale produttivo di effetti ex art. 65 c.c. e, pur tuttavia, affetto per volontà di legge da nullità sopravvenuta); per altra opinione, invece, la norma in esame può essere esattamente inquadrata nell'ambito del matrimonio putativo, sicché ai fini dell'operatività della disposizione in esame è richiesto, quale requisito implicito, anche la ricorrenza della buona fede (Callegari, 941; Giorgianni, 188 ss.), in mancanza della quale la norma non potrà trovare applicazione.

Si osserva, tuttavia, assai incisivamente, che «molti dei problemi interpretativi del secondo comma dell'articolo predetto, in relazione all'art. 128 c.c., non hanno più ragion d'essere a seguito della riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha novellato l'art. 128 stesso» (Dogliotti, 473, secondo cui, tuttavia, è rilevante accertare lo status psicologico dei coniugi nei casi indicati dagli artt. 129 e 129 bis c.c.) .

Alla tesi che fa diretta applicazione, nella fattispecie in esame, della disciplina del matrimonio putativo sembra aderire la Cass. I, n. 12870/1991, secondo cui l' art. 68, comma 2, c.c., facendo salvi gli effetti civili del matrimonio dichiarato nullo, si richiama alla disciplina di cui all'art. 128 c.c. sul matrimonio putativo; sicché, ricorrendo il requisito della buona fede, in questo caso si avrà la produzione degli effetti del matrimonio valido fino alla sentenza che pronuncia la nullità. In particolare, secondo Cass. I, n. 12870/1991, il matrimonio concordatario, trascritto nel periodo bellico, in forza dell'art. 3 del r.d.l. 30 marzo 1944 n. 94, sulla base di un atto notorio dal quale risulti il decesso del precedente coniuge (senza che ne sia stata dichiarata con sentenza la morte presunta), deve essere considerato nullo, ai sensi dell' art. 68 c.c. , qualora sia accertata l'esistenza di detto precedente coniuge, salvi gli effetti civili del matrimonio dichiarato nullo, ricorrendo il requisito della buona fede (art. 128 c.c.).

Con lo stesso intento di carattere protezionistico nei confronti del secondo matrimonio, si è stabilito (art. 68, comma 3, c.c.), che la declaratoria di nullità non può essere pronunziata nel caso in cui la morte è ormai certa, «anche se avvenuta in una data posteriore a quella del matrimonio».

La disposizione normativa si palesa, quindi, espressione del principio di conservazione degli atti giuridici, poiché, anche qualora venisse accertato che la morte abbia raggiunto l'ex coniuge in un momento successivo alla celebrazione del secondo matrimonio, l'impugnativa non può più essere proposta, sicché è apparso al legislatore inutile privare di efficacia il secondo matrimonio (anche se, in questo caso, si assiste ad un'ipotesi, seppur temporanea, di bigamia: Barillaro, 411; per La Torre, 81, questa disposizione costituisce applicazione del principio di cui all' art. 117, comma 3, c.c. , dettata per evitare di caducare il secondo vincolo matrimoniale, senza poter rendere praticamente efficace il primo, data l'assenza del coniuge).

Si tratta, quindi, secondo una parte della dottrina, di un'ipotesi eccezionale di bigamia legislativamente ammessa, per salvaguardare la nuova famiglia nelle more venuta ad esistenza (Barillaro, 411; contra Giacobbe, 707).  

Bibliografia

V. sub art. 58 c.c.

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