Codice Civile art. 424 - Tutela dell'interdetto e curatela dell'inabilitato.

Francesco Bartolini

Tutela dell'interdetto e curatela dell'inabilitato.

[I]. Le disposizioni sulla tutela dei minori [343 ss.] e quelle sulla curatela dei minori emancipati [390 ss.] si applicano rispettivamente alla tutela degli interdetti e alla curatela degli inabilitati [32 c.p.].

[II]. Le stesse disposizioni si applicano rispettivamente anche nei casi di nomina del tutore provvisorio dell'interdicendo e del curatore provvisorio dell'inabilitando a norma dell'articolo 419. Per l'interdicendo non si nomina il protutore provvisorio.

[III]. Nella scelta del tutore dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato il giudice tutelare individua di preferenza la persona più idonea all'incarico tra i soggetti, e con i criteri, indicati nell'articolo 408 (1).

(1) Comma così sostituito dall'art. 7 l. 9 gennaio 2004, n. 6. Il testo precedentemente in vigore recitava: «Nella scelta del tutore dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato il giudice tutelare deve preferire il coniuge maggiore di età che non sia separato legalmente, il padre, la madre, un figlio maggiore di età o la persona eventualmente designata dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata».

Inquadramento

L'art. 424 è norma di rinvio. Il suo contenuto precettivo si risolve nel richiamo delle disposizioni relative alla tutela dei minori ed alla curatela dei minori emancipati per disporne l'applicazione con riguardo alla tutela degli interdetti e alla curatela dei minori emancipati Le stesse disposizioni sono richiamata per quanto concerne i casi di nomina del tutore provvisorio dell'interdicendo e del curatore provvisorio dell'inabilitando. Questo richiamo è completato dalla disposizione secondo cui nella scelta del tutore dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato il giudice individua di preferenza la persona più idonea tra i soggetti, e con i criteri, dettati per la nomina dell'amministratore di sostegno.

L'introduzione dell'istituto dell'amministrazione di sostegno, ad opera della l. 9 gennaio 2004, n. 6, ha incentrato l'attenzione del legislatore su di esso, divenuto attualmente lo strumento di rilievo centrale nel momento della scelta del mezzo di protezione più adatto alla situazione concreta (e, per taluni aspetti, anche quale punto di riferimento nella disciplina normativa).

Il richiamo delle norme in materia di disposizioni relative ai minori  è stato ampliato dalla riforma del processo civile di cui al d.lgs. n. 149/2022. Gli artt. 473-bis.64 e seguenti c.p.c. (per i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023) rendono comune la disciplina dettata per i minori, gli interdetti e gli inabilitati per quanto attiene alla competenza a pronunciare i provvedimenti relativi a costoro: i provvedimenti sono emanati dal tribunale in camera di consiglio, salvo che la legge disponga altrimenti; il parere del giudice tutelare deve essere prodotto dal ricorrente ma il presidente può comunque acquisirlo d'ufficio. Inoltre, comune è la normativa riguardante la vendita di beni dei minori, degli interdetti e degli inabilitati, se il tribunale stabilisce che essa debba essere effettuata ai pubblici incanti. In proposito provvedono gli artt. 473-bis.65 e 473-bis.66 c.p.c.

Nomina del tutore e del curatore

Il terzo comma dell'art. 424 demanda al giudice tutelare, nel procedimento per interdizione o per inabilitazione, di individuare di preferenza tra i soggetti indicati nell'art. 408 c.c. la persona, più idonea all'incarico, da scegliere per la nomina a tutore o a curatore, anche provvisori, dell'incapace; e precisa che la scelta deve avvenire conformemente ai criteri indicati anch'essi nell'art. 408 c.c. Ne risulta, quanto alla scelta delle persone:

- che deve darsi preferenza al soggetto eventualmente designato dallo stesso interessato, in previsione della propria possibile futura incapacità, potendosi, ove una tale designazione esista, nominare altra persona soltanto per gravi motivi e con decreto motivato;

- in difetto di designazione è scelto, preferibilmente e ove possibile: il coniuge che non sia separato legalmente; la persona stabilmente convivente; il padre; la madre; il figlio; il fratello o la sorella; il parente entro il quarto grado; il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, con atto pubblico o con scrittura privata autenticata;

- quando se ne ravvisa l'opportunità, e nel caso di designazione dell'interessato se ne ricorrono gravi motivi, può essere nominata un'altra persona o può essere nominato il legale rappresentante (o la persona da lui delegata) di una delle persone giuridiche disciplinate nel Titolo II del Libro primo del codice civile;

- non possono ricoprire le funzioni di tutore o di curatore gli operatori di servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico l'interdetto o l'inabilitato.

Quanto ai criteri che nella scelta della persona da nominare devono essere osservati:

- oltre quelli che si ricavano per implicito dalla qualità dei soggetti indicati dalla normativa come idonei all'incarico, il criterio da seguire e che assume importanza centrale è quello dell'esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona dell'interdicendo o dell'inabilitando.

Si applicano l'art. 350 c.c., che determina le cause di incapacità all'ufficio tutelare, e l'art. 393 c.c. che, a proposito del curatore, richiama l'art. 350 c.c.

Si rinvia per ulteriori considerazioni al commento sub art. 408 c.c.

Sotto il profilo processuale va ricordato che il decreto di nomina è pronunciato dal giudice tutelare, al quale è, a tale scopo, trasmessa la sentenza di interdizione o di inabilitazione.

Il Trib. Alessandria 21 aprile 2010 ha chiarito che il giudice italiano può pronunciare l'interdizione di un cittadino albanese residente in Italia, in applicazione della normativa vigente nell'ordinamento albanese; ma che non può provvedere contestualmente alla nomina del tutore, essendo quest'ultima materia del giudice tutelare, ai sensi del disposto di cui agli artt. 419, comma 3, 424, comma 3, c.c.; 717, 718 c.p.c.

Una precisazione relativa alla decorrenza dell'ufficio di tutore è giunta dalla Corte di cassazione in sede penale. Cass. pen. n. 27072/2016, ha affermato che, ai fini della verifica della tempestività dell'atto di querela, di cui all'art. 124 c.p., nel caso in cui la querela sia stata proposta dal tutore della persona offesa dichiarata interdetta, la decorrenza del termine non può farsi coincidere con la data della sentenza di interdizione, dovendo invece farsi riferimento alla data in cui il tutore ha assunto il proprio ufficio, previa prestazione del giuramento ai sensi dell'art. 349 c.c.

Le disposizioni richiamate dell’art. 408 c.c.

L'art. 424 richiama, nei commi primo e secondo, le disposizioni sulla tutela dei minori e quelle sulla curatela dei minori emancipati per dichiararle applicabili rispettivamente alla tutela degli interdetti e alla curatela degli inabilitati. Le disposizioni che si applicano nel caso della tutela degli interdetti risultano essere dettate dagli artt. 349 c.c., sul giuramento da prestarsi; 351,352,353 c.c., relativi alla dispensa dall'incarico; 357 c.c., concernente le funzioni del tutore; 358 c.c., per quanto compatibile, riguardante i doveri dell'interdetto verso il tutore; 362,363,364,365,366 c.c. in tema di inventario; da 367 a 382 c.c. a proposito dei veri e propri atti di amministrazione di beni; 383 e 384 c.c., sulla cessazione del tutore dall'ufficio; 385 c.c. e successivi riguardanti la presentazione del rendiconto e la prescrizione delle azioni relative alla tutela.

Per la curatela degli inabilitati sono da ritenersi richiamate le disposizioni dettate dagli artt. 348, ultimo comma, e 350 c.c., in forza dell'espresso rinvio operato dall'art. 393 c.c.; dagli artt. 394,395,396 c.c., concernenti la capacità dell'emancipato e il consenso del curatore; e dall'art. 397 c.c., che è riferito al minore emancipato autorizzato all'esercizio di una impresa commerciale. Il curatore dell'inabilitato esplica soltanto una funzione di carattere ausiliario negli atti di straordinaria amministrazione che l'inabilitato deve compiere con la sua assistenza. Pertanto non assume la veste di parte nella lite promossa dall'inabilitato medesimo e può essere condannato in via diretta al pagamento delle spese unicamente nel concorso delle condizioni richieste dall'art. 94 c.p.c., norma che riguarda coloro che rappresentano o assistono la parte in giudizio e che postula la ricorrenza di gravi motivi. Tali motivi devono essere individuati dal giudice in modo specifico, per la loro concreta esistenza, nella trasgressione del dovere di lealtà e probità di cui all'art. 88 c.p.c. ovvero nella mancanza della normale prudenza che caratterizza la responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96, comma 2, c.p.c.. In tal senso si è pronunciata Cass. II, ord. 27475/2019.

Tra le norme che sono da considerarsi applicabili alla tutela degli interdetti è compresa quella contenuta nell'art. 379 c.c. e che sancisce la gratuità dell'incarico. La tutela è un ufficio di diritto privato, che non dà diritto ad una retribuzione. Poiché essa è, comunque, esercitata nell'interesse pubblico e, specificamente, nell'interesse di una persona diversa da quella del tutore, questi ha comunque diritto ad essere tenuto indenne da spese e carichi onerosi. Il giudice tutelare può riconoscergli una indennità, tenuto conto dell'entità del patrimonio da amministrare e delle difficoltà dell'amministrazione; eventualmente con l'autorizzazione a servirsi di una o più persone stipendiate se particolari circostanze lo richiedono. Una norma analoga non è stabilita per la curatela. In dottrina si ritiene che i due istituti di protezione, pur diversi nelle conseguenze giuridiche, abbiano una funzione sostanzialmente identica e che, per questa ragione, la norma sulla gratuità della tutela possa essere estesa anche alla curatela (Spangaro, 419; Napoli, 229). Contraria la giurisprudenza: “Il curatore dell'inabilitato non ha diritto a indennità, mancando una norma che ne preveda la spettanza e non potendosi a lui estendere il combinato disposto degli artt. 379 e 424 c.c., il quale consente di riconoscere un compenso al tutore per la maggiore intensità delle funzioni di protezione dell'interdetto. Cass. civ., VI, 13 maggio 2015, 9816

Cass. n. 9135/2015 ha posto una interessante distinzione, utile a definire i rapporti tra tutore e interdetto. Essa ha affermato che la cartella esattoriale emessa per il recupero di prestazioni sanitarie indebitamente erogate in favore di un interdetto, che identifichi come debitore, anziché l'incapace, il suo tutore, senza menzionarne la qualità, è illegittima per erronea individuazione del soggetto obbligato, poiché realizza un'inammissibile commistione tra soggetti e patrimoni giuridici, invece assolutamente distinti, con violazione dei principi della persistenza della soggettività giuridica, anche dell'incapace, e della personalità della responsabilità patrimoniale. Il tutore di una persona interdetta, già costituito e soccombente in primo grado, non necessita dell'autorizzazione del giudice tutelare per appellare la relativa sentenza, mancando, in tale ipotesi, diversamenteda quella dell'inizio ex novo del giudizio da parte sua, agli effetti dell'art. 374, n. 5, c.c., la necessità di compiere la preventiva valutazione in ordine all'interesse ed al rischio economico per l'incapace (Cass. n. 19499/2015).

In tema di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, integra la condotta elusiva di cui all'art. 388, comma secondo, cod. pen. la inottemperanza da parte del tutore agli obblighi di cura ed assistenza dell'interdetto, atteso che il provvedimento giudiziale di nomina, a prescindere dai suoi contenuti formali, determina l'affidamento al medesimo del soggetto incapace, stante il richiamo operato dall'art. 424 c.c. alla disciplina relativa alla tutela dei minori, con il conseguente obbligo di provvedere non solo alla gestione del patrimonio, ma in primo luogo al soddisfacimento delle primarie esigenze personali. (Cass. pen., VI, 24 gennaio 2020, 2952).

Casi particolari di esercizio dei poteri del tutore

Alcune disposizioni speciali sono state dettate al di fuori della normativa generale del codice civile per risolvere aspetti particolari del rapporto tra interdetto e tutore, per quanto concerne il potere di questi di sostituirsi alla volontà dell'incapace. Altre fattispecie sono state individuate dall'esperienza pratica.

L' art. 4, quinto comma, della l  n. 898/1970 , di disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, dispone che al convenuto, nel giudizio di divorzio, malato di mente o legalmente incapace il presidente nomini un curatore speciale, prima dell'audizione dei coniugi. La disposizione è interpretata nel senso che la stessa richiesta di divorzio debba essere formulata da un curatore speciale e non dall'eventuale tutore, sulla base del principio espresso dalla norma citata; e ciò anche, eventualmente, sulla richiesta del tutore (Spangaro, 433; Ferrando, 185).

L'art. 13 della l. n. 194/1978 , sull'interruzione volontaria della gravidanza, consente che la domanda entro i primi novanta giorni e la domanda dopo i primi novanta giorni possano essere proposte, quando la donna è interdetta per infermità di mente, dalla donna personalmente, dal tutore e dal marito che non sia il tutore e che non sia legalmente separato. Nel caso di domanda presentata dall'interdetta o dal marito della stessa, deve essere sentito il parere del tutore. La richiesta presentata dal marito o dal tutore deve essere confermata dalla donna. Si ritiene che se la donna è impedita a manifestare la sua volontà a causa delle sue condizioni psichiche e se la gravidanza minaccia la già labile salute fisica e psichica dell'interdetta, il giudice possa accogliere la richiesta di interruzione della gravidanza anche senza la conferma (Venchiarutti, 335).

La l. n. 40/2004 , in materia di procreazione medicalmente assistita, consente il ricorso alla procreazione con i mezzi da essa  offerti alle coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile ed entrambi viventi. La magistratura di merito ha negato che il consenso informato occorrente per ottenere le prestazioni mediche possa essere prestato dal tutore dell'incapace, anche in presenza del consenso del coniuge di questi, se non può provare, anche presuntivamente, che l'interdetto avrebbe voluto accedere alle tecniche di cui alla legge citata.

Una fattispecie oggetto di discussione, non solo sul piano giuridico, riguarda il diritto ad ottenere l'interruzione delle pratiche mediche che consentono di protrarre, con l'alimentazione e la respirazione artificiale, lo stato vegetativo del soggetto ridotto in condizioni di totale incapacità; e, per quanto in questa sede interessa, la legittimazione del tutore della persona che si trova in tali condizioni a chiedere la cessazione dell'accanimento terapeutico.

La questione è sorta a seguito dei perfezionamenti delle tecniche capaci di tenere in stato vegetativo, indefinitamente, persone ormai prive di riflessi, di pensiero e di qualunque autonomia, artificialmente mantenute in vita fisica dalla strumentazione respiratoria e alimentare. Si è prepotentemente affermato il concetto di un diritto a disporre della propria condizione terminale quale forma di libertà assoluta; e si è sostenuto da larghe fasce di pubblica opinione che l'assistenza sanitaria deve comprendere le esigenze di coloro che non hanno speranze di recupero vitale e intendono smettere di soffrire. Una apertura in questo senso è giunta dalla decisione giurisdizionale assunta in una vicenda di grande impatto emozionale nella quale il padre, tutore della figlia interdetta, è stato autorizzato, con il consenso di un curatore speciale di costei, a chiedere l'interruzione dei trattamenti sanitari. L'interdetta giaceva in stato vegetativo permanente, con radicale impossibilità di rapportarsi al mondo esterno, senza la benché minima possibilità di rimedio.

In proposito si è pronunciata la Corte di cassazione con sentenza Cass. I, n. 21748/2007. La pronuncia  ha ricordato che, nel consentire al trattamento medico o nel dissentire dalla prosecuzione dello stesso sulla persona dell'incapace, la rappresentanza del tutore è sottoposta a un duplice ordine di vincoli: egli deve, innanzitutto, agire nell'esclusivo interesse dell'incapace; e, nella ricerca del best interest, deve decidere non «al posto» dell'incapace né «per» l'incapace, ma «con» l'incapace: quindi, ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente, già adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo quella volontà dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche. Con riguardo alle condizioni di fatto, il giudice può autorizzare il tutore - in contraddittorio con il curatore speciale - di una persona interdetta, giacente in persistente stato vegetativo, ad interrompere i trattamenti sanitari che la tengono artificialmente in vita, ivi compresa l'idratazione e l'alimentazione artificiale a mezzo di sondino, sempre che: a) la condizione di stato vegetativo sia accertata come irreversibile, secondo riconosciuti parametri scientifici, b) l'istanza sia espressiva della volontà del paziente, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dai suoi convincimenti. Nel caso oggetto di decisione dalla rappresentazione dei fatti esposta alla Suprema Corte dal tutore poteva ritenersi provato che l'istanza di disattivazione dei presidi strumentali era rappresentativa della volontà espressa dalla paziente,  in tal senso desunta da sue precedenti dichiarazioni, dallo stile di vita e dai suoi convincimenti riguardanti l'idea  stessa di dignità della persona ( Cass. n. 21748/2007 ). Sulla base del principio di diritto espresso dalla Corte, la Corte di appello di Milano, giudice del rinvio, ha accolto l'istanza di interruzione dei sostegni strumentali presentata dal tutore con il consenso del curatore speciale

La Cass. n. 9582/2000 ha affermato che non può farsi derivare dalla generica rappresentanza in atti prevista dall'art. 357 c.c. (richiamato dall' art. 424 c.c.) il potere del tutore di chiedere il divorzio per conto dell'interdetto; mentre deve ritenersi, in applicazione analogica dell'art. 4, comma 5, l. n. 898/1970 , che legittimato a proporre la relativa domanda sia un curatore speciale, nominato dal presidente del tribunale, anche su richiesta, eventualmente, dello stesso tutore.

Il Trib. Vigevano 3 giugno 2009, ha dichiarato che il tutore dell'interdetto è delegato ex lege alla cura della persona dell'incapace ed è legittimato, nell'interesse di questi, ad agire anche con riferimento ai suoi interessi personali e personalissimi; ciononostante non può ottenere l'ammissione alle pratiche di procreazione medicalmente assistita, in nome e per conto dell'incapace, anche quando vi sia il consenso del suo coniuge, qualora non possa provare, quanto meno in via presuntiva, che l'interdetto avrebbe voluto accedere alle apposite tecniche strumentali.

Una disposizione particolare è stata dettata dall'art. 21 del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, di riforma del processo civile. Esso dispone che le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e delle scritture private autenticate nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabilitato o un soggetto beneficiario della misura dell'amministrazione di sostegno, ovvero aventi ad oggetto beni ereditari, possono essere rilasciate, previa richiesta scritta delle parti, personalmente o per il tramite di procuratore legale, dal notaio rogante. Il notaio può farsi assistere da consulenti, ed assumere informazioni, senza formalità, presso il coniuge, i parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo del minore o del soggetto sottoposto a misura di protezione, o nel caso di beni ereditari, presso gli altri chiamati e i creditori risultanti dall'inventario, se redatto.

 

Bibliografia

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