Codice Civile art. 425 - Esercizio dell'impresa commerciale da parte dell'inabilitato.Esercizio dell'impresa commerciale da parte dell'inabilitato. [I]. L'inabilitato può continuare l'esercizio dell'impresa commerciale [397] soltanto se autorizzato dal giudice tutelare. L'autorizzazione può essere subordinata alla nomina di un institore [2203 ss.]1. [1] Comma modificato dall'art. 1, comma 10, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha sostituito le parole «soltanto se autorizzato dal giudice tutelare» alle parole «soltanto se autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoL'art. 425 consente che l'inabilitato continui l'esercizio di una impresa commerciale previa autorizzazione del tribunale e su parere del giudice tutelare. La disposizione è stata modificata dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, di riforma del processo civile, con riguardo ai procedimenti intrapresi dopo il 28 febbraio 2023. L'autorizzazione può essere subordinata alla nomina di un institore. Le disposizioni così dettate sono diverse e più limitate di quelle contenute nell'art. 397 c.c. riguardante l'esercizio di un'impresa commerciale ad opera del minore emancipato. Il raffronto ha dato occasione ad alcune questioni interpretative. Una prima diversità testuale riguarda le indicazioni concernenti, rispettivamente, l'esercizio e la continuazione dell'impresa. Mentre nell'art. 397 c.c. l'espressione «esercitare un'impresa commerciale» è intesa nel senso che l'emancipato possa intraprendere una siffatta attività ex novo, nell'art. 425 c.c. la menzione della sua continuazione ha fatto dubitare di una analoga possibilità per l'inabilitato.
Una interpretazione rigorosa (e prevalente) riconduce la continuazione dell'impresa ai soli casi di prosecuzione di una attività già esercitata prima dell'inabilitazione ovvero di successione o donazione pervenuta dopo l'inabilitazione (Galgano, Commentario, 674; Spangaro, 420; Scardulla, 855). Per altri studiosi, invece, la «continuazione» non esclude l'acquisto a titolo derivativo di una impresa già esercitata da altri e che viene proseguita dall'inabilitato. Il controllo sulla fattibilità dell'iniziativa, senza pericoli per l'incapace, è, si afferma, consentito dall'esame dei libri contabili (Auciello, 21). Un'altra diversità del dettato legislativo concerne la mancata riproduzione nell'art. 425 c.c. della disposizione contenuta nel terzo comma dell'art. 397 c.c., per la quale il minore emancipato autorizzato all'esercizio di una impresa può compiere da solo gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, anche se estranei alla conduzione dell'impresa. Una parte della dottrina ritiene irrilevante la mancata trasposizione della norma a proposito dei poteri dell'inabilitato e reputa che debba applicarsi il medesimo principio stabilito per l'emancipato, in quanto anche l'art. 425 c.c. è rivolto, più che a restringere le facoltà del soggetto, ad ampliarne le capacità in un ambito, quello delle pratiche commerciali, che richiede prontezza di decisioni (Galgano, Dir. civ., 109). Altri Autori sottolineano l'assenza della disposizione che favorisce il minore emancipato e sostengono che, in conseguenza, non vale per l'inabilitato la regola che lo esenta dall'assistenza del curatore (Tamburrino, 425). Si concorda, invece, nel ritenere che l'autorizzazione del tribunale possa essere revocata, così come espressamente dispone l'art. 397 c.c. per il minore emancipato e come si desume dal disposto dell'art. 2198 c.c. (Napoli, 241, per il quale la revoca può essere pronunciata soltanto dopo l'audizione dell'inabilitato ed ha effetto ex nunc). Impresa agricola, ausiliaria, di fattoL'art. 425 è riferito espressamente all'impresa commerciale. Per essa deve intendersi l'attività descritta e definita dall'art. 2195 c.c. come intermediaria nella circolazione dei beni. L'autorizzazione del tribunale è richiesta per la continuazione di una impresa siffatta, non anche per l'esercizio o la prosecuzione di una impresa agricola (art. 2135 c.c.) o di una impresa ausiliaria (o connessa: art. 2195, primo comma, n. 5, c.c.). Ne segue che, in relazione a queste attività, non è necessaria l'autorizzazione del tribunale di cui all'art. 425 c.c.. Si applicano, allora, le disposizioni che restringono la capacità dell'inabilitato e che impongono l'assistenza del curatore e, per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, anche l'autorizzazione del giudice tutelare. In pratica, osserva la dottrina, l'impresa diversa da quella commerciale è considerata alla stregua di qualunque altro dei beni dell'inabilitato, la cui gestione è soggetta alle ordinarie regole dettate per disciplinare i poteri di un tale soggetto. L'esercizio di fatto di una impresa ad opera dell'inabilitato non è oggetto di previsione espressa nelle norme del codice civile. Una situazione di tal genere può venire a verificarsi in forza di un esercizio effettuato senza la preventiva autorizzazione del tribunale o perché l'inabilitato esercita un'impresa. BibliografiaAmadio, Macario, Diritto di famiglia, Milano 2016; Bianca, Diritto civile, I, Milano, 2002; Bartolini, La riforma del processo civile, Piacenza, 2023, p. 98; Bonilini, Manuale del diritto di famiglia, 10° ediz. Torino, 2022; Bonilini, Amministrazione di sostegno e interdizione giudiziale, in Pers. Fam. Succ. 2007, 488; Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, 10° ediz., Torino; Bruscuglia, Interdizione, Enc. giur. 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