Codice Civile art. 377 - Atti compiuti senza l'osservanza delle norme dei precedenti articoli.

Annachiara Massafra

Atti compiuti senza l'osservanza delle norme dei precedenti articoli.

[I]. Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli possono essere annullati su istanza del tutore o del minore o dei suoi eredi o aventi causa [322, 1425 ss.].

Inquadramento

Il tutore (come il protutore) nel caso di interesse in opposizione con quello del minore, è legittimato a porre in essere gli atti indicati dagli artt. 374 e 375 c.c., solo se previamente autorizzato dalla competente Autorità giudiziaria ed è tenuto conformarsi al contenuto del provvedimento autorizzativo. Sicché si pone il problema di stabilire che sorte abbia l'atto posto in essere senza la necessaria autorizzazione o nel caso in cui tale provvedimento risulti viziato, atteso che comunque non si tratta di un atto nullo o inesistente.

La disposizione in commento prevede, infatti, che «gli atti compiuti senza osservare le disposizioni dei precedenti articoli» possono essere annullati su istanza del tutore, del minore, dei suoi eredi o aventi causa. La mancanza di specificazioni degli atti cui la norma si rivolge ed il generico riferimento alle «disposizioni dei precedenti articoli» determina l'applicazione della presente disposizione non solo agli atti di cui agli artt. 374 e 375 c.c ma anche a tutti gli atti posti in essere dal tutore, o dal protutore in caso di esercizio delle funzioni vicarie, in violazione della disciplina della tutela (in questo senso Dell'Oro, 233; si veda altresì Jannuzzi, 380).

Nel dettaglio si tratta di un atto annullabile in quanto carente di un requisito di validità e tale annullabilità può essere fatta valere dallo stesso tutore, dal minore, degli eredi o aventi causa.

Il regime di invalidità previsto dal legislatore è lo stesso di quello previsto per gli atti compiuti direttamente dal minore non emancipato e per quelli compiuti dai genitori in violazione dell'art. 322 c.c. Tale forma di invalidità è stata preferita a quella della nullità, in quanto l'atto, pur compiuto in violazione delle norme dei precedenti articoli, potrebbe comunque corrispondere all'interesse dei minori; è pertanto opportuno che le persone legittimate a chiedere l'annullamento dell'atto valutino la convenienza dell'atto, e dunque gli effetti che lo stesso abbia avuto sul patrimonio del minore (in questo senso Pazè, 387; sul punto Dell'Oro, 233).

Quanto ai soggetti legittimati all'azione di annullamento deve evidenziarsi che tra questi vi è il tutore.

Nell'ipotesi disciplinata dall'art. 378 c.c. è diversmanete inibito al tutore di chiedere l'annullamento dell'atto da lui stesso posto in essere in conflitto di interessi con il minore (sul punto Dell'Oro, 227).

Tali considerazioni valgono altresì per il protutore,, quando agisca in sostituzione del tutore, e per il curatore dell'emancipato secondo quanto prevede l'art. 396 c.c.

Qualora l'atto non rientri tra quelli previsti dall'art. 378 c.c. ma sia espressione di un conflitto di interessi tra minore e rappresentato taluni ritengono che possa trovare applicazione l'art. 1394 c.c., in tema di rappresentanza volontaria (Pazè, 388).

Il procedimento

Il tutore deve chiedere l'autorizzazione al giudice tutelare al fine di promuovere l'azione di annullamento del negozio (Dell'Oro, 234, De Cupis, 490).

In particolare ciò può avvenire qualora il negozio sia invalido per carenza di abilitazione del tutore (in questo senso Dell'Oro, 234). La circostanza secondo cui anche l'esperimento dell'azione di annullamento sia sottoposta alla previa autorizzazione del Giudice tutelare è dovuta al fatto che quest'ultimo potrebbe comunque valutare il negozio giuridico come favorevole e conveniente per il minore e così rigettare la richiesta del tutore (in merito Dell'Oro, 234).

L'azione si prescrive in 5 anni, i quali decorrono secondo alcuni dal raggiungimento della maggiore età per il pupillo e dal compimento dell'atto per il tutore (Dell'Oro, 234) mentre secondo altri in ognicaso dal compimento della maggiore età del minore (De Cupis, 494, Bisegna, 937, per il quale decorre dalla presentazione del conto finale).

La sentenza che annulla l'atto invalido ha effetto retroattivo che si esplica anche nei confronti dei terzi, senza che possa farsi applicazione dell'eccezione stabilita dall'art. 1445 c.c., come previsto dalla stessa disposizione testé citata, in favore dei terzi acquirenti a titolo oneroso in buona fede. Secondo parte di dottrina si tratta, infatti, di un'ipotesi di annullamento del contratto dipendente da incapacità legale e, per tale ragione, non vi è tutela dei diritti acqusiti a titolo oneroso dai terzi in buona fede (in questo senso Pazè, 387). Qualora, tuttavia, oggetto del negozio posto in essere sia un immobile trovano altresì applicazione le disposizioni di cui all'art. 2652 n. 6 c.c. in tema di trascrizione. Se quindi la domanda giudiziale di annullamento è trascritta prima che siano decorsi cinque anni dalla trascrizione dell'atto impugnato la sentenza che l'accoglie pregiudica i diritti acquistati dai terzi (De Cupis, 492).

Altri autori hanno cercato di individuare il rapporto esistente tra l'art. 1445 c.c. e l'art. 742 c.p.c.

Si è quindi ritenuto che l'applicazione dell'art. 1445 c.c. sia limitato al caso in cui il vizio riguardi il negozio di diritto sostanziale, come nel caso del negozio concluso dal minore incapace, ovvero alla fattispecie in cui il negozio sia stato preceduto da un'autorizzazione inesistente. Nel caso in cui il vizio inerisca diversamente al procedimento, trova applicazione il diverso art. 742 c.p.c. (Dell'Oro, 238).

Casi di annullabilità

L'annullabilità dell'atto può derivare, in primis, dalla invalidità del procedimento autorizzatorio e quindi dalla mancanza dell'autorizzazione giudiziale ovvero da un vizio della stessa (come ad esempio l'incompetenza dell'autorità che ha posto in essere l'atto, etc. sul punto De Cupis, 490). Tra i vizi relativi al procedimento autorizzativo particolare rilievo assumeva l'ipotesi dell'autorizzazione concessa senza il parere del Giudice tutelare (che per quanto non vincolante è comunque obbligatorio).

Proprio con riferimento a tale ultima fattispecie è stato ritenuto che il parere, non avendo carattere meramente accessorio, non potrebbe mai essere dato in un tempo successivo alla emanazione del decreto autorizzativo, avendo funzione consultiva, propedeutica quindi all'autorizzazione (l'autorizzazione in questo caso è da ritenersi nulla secondo Cass. n. 3407/1959, in Foro. it., 1960, I, 393 ma si veda anche Cass. n. 2255/1963, in Giur. civ. mass., 1963, 1057).

È inoltre annullabile, come già rilevato nel commento relativo agli articoli precedenti, il negozio giuridico posto in essere dal tutore o dal protutore in opposizione di interessi con il minore anche se autorizzato dall'Autorità giudiziaria, inconsapevole del conflitto così come lo sono quelli posti in essere nella erronea convinzione dell'esistenza di opposizione di interessi tra il tutore ed il minore (Dell'Oro, 237). Diversamente, si ritiene che in quest'ultima fattispecie l'atto sia inefficace in quanto posto in essere da soggetto non legittimato (Bucciante, 724). Anche l'alienazione di beni ereditari effettuata senza il rispetto delle norme di cui all'art. 747 c.p.c. è annullabile (De Cupis, 490).

La dottrina si è interrogata in merito alla validità dei negozi giuridici posti in essere dal tutore con i quali egli si sia impegnato verso i terzi subordinandone l'efficacia alla successiva autorizzazione dal Giudice tutelare. Tale clausola viene considerata illecita e pertanto il negozio nullo (Pazè, 387, Dell'Oro, 235).

Deve in merito evidenziarsi che la Cassazione ha affrontato, con risalente decisione, il problema di cui innanzi relativamente ad una promessa di vendita di bene in comunione con persone interdette, sottoposta alla condizione risolutiva della mancata autorizzazione (del tribunale) alla vendita delle quote degli incapaci. In tal caso è stato affermato che il rilascio di tale autorizzazione comporta che i promittenti venditori siano obbligati a prestare il loro consenso alla vendita e divengano, in caso di rifiuto della stipulazione del contratto definitivo, inadempienti al preliminare. A tal fine, quindi, non rileva che successivamente l'autorizzazione a vendere sia stata revocata per conflitto di interesse tra il rappresentante legale e gli incapaci stessi, salvo che i promittenti non provino che, al momento della conclusione della compravendita, il promissario acquirente fosse in malafede, conoscendo l'esistenza del conflitto di interessi (Cass. II, n. 4839/1986, Giur. civ. mass., 1986).

Con altra e successiva decisione è stato ritenuto che il tutore non possa impegnarsi, in nome e per conto del minore, nei confronti dei terzi prima di aver ottenuto l'autorizzazione del Giudice tutelare, In tal caso ne consegue la nullità «radicale» dell'obbligazione convenzionale assunta dal tutore relativa alla proposizione della necessaria istanza al Giudice in relazione ad atti da compiersi in nome e per conto del minore, tanto prima quanto dopo che l'atto sia compiuto. Tale obbligazione è stata ritenuta, nel dettaglio, in contrasto con l'esigenza, di ordine pubblico, che l'amministrazione vincolata di un patrimonio sia sorretta dall'interesse del titolare nel momento in cui si propone l'istanza, senza l'interferenza derivante da impegni illegittimamente assunti verso terzi dal rappresentante dell'incapace (Cass. I, n. 1345/1998, in Fam. e dir., 1998, 278; in precedenza Cass. III, n. 541/1969).

Si pensi, con riferimento a quanto testé evidenziato all'ipotesi, frequente nella prassi, di stipulazione del contratto preliminare per l'alienazione di un bene effettuato prima di ottenere l'autorizzazione del Giudice tutelare. In fattispecie come questa il giudizio del Giudice dove limitarsi alla valutazione dell'utilità e della convenienza dell'atto per il minore e per il suo patrimonio e la sua decisione non deve subire, per le ragioni sopra evidenziate, alcuna «costrizione» determinata dall'eventuale pregiudizio che potrebbe derivare al minore dal mancato accoglimento del ricorso.

L'autorizzazione successiva, il mancato reimpiego delle somme ed il difetto di rappresentanza processuale

Il vizio dell'atto posto in essere dal tutore non può essere sanato da un'autorizzazione successiva in quanto l'autorizzazione ha la funzione di rimuovere un ostacolo che impedisce il compimento dell'atto e perciò rappresenta un elemento costitutivo e ed indispensabile del negozio stesso, dovendo quindi sussistere preventivamente alla conclusione del negozio (Dell'Oro, 233). Tuttavia si ritiene possibile che il tutore, successivamente al compimento dell'atto, possa chiedere all'Autorità giudiziaria competente di essere autorizzato alla convalida del negozio annullabile (tale richiesta peraltro potrebbe provenire dallo stesso pupillo, una volta raggiunta la maggiore età, Dell'Oro, 234, De Cupis, 493) ovvero l'autorizzazione a compiere nuovamente il negozio viziato, rinnovandolo nel rispetto delle procedure abilitative necessarie (De Cupis, 494).

Tale vizio non può quindi essere rilevato d'ufficio dal Giudice ma può essere oggetto di specifica eccezione o azione di annullamento da parte del soggetto legittimato (in questo senso Cass. n. 2111/1961, in Giust. Civ. Rep. 1961, 3565).

Con l'autorizzazione ad alienare un bene mobile o immobile del minore, viene altresì stabilita la modalità di reimpiego delle somme. Il tutore quindi è tenuto a dare attuazione al provvedimento autorizzativo in ogni sua parte ivi compresa quella relativa alle modalità di investimento delle somme spettanti al pupillo. Ove il tutore si discosti dal provvedimento adottato dal Giudice, con riferimento alle modalità di reimpiego, tale difformità non rileva ai fini della validità dell'atto, essendo peraltro successiva al compimento dello stesso, e determina la sola nullità del pagamento eseguito senza la condizione del reimpiego con il conseguente obbligo di rinnovarlo (Cass. n. 3859/1958, in Foro. it., 1959, I, 1862). Residuerà in questo caso l'eventuale responsabilità del tutore ai sensi dell'art. 382 c.c.

Laddove l'atto posto in essere senza la preventiva autorizzazione del Giudice tutelare si concretizzi nel promuovere un giudizio nell'interesse dell'incapace non trova peraltro applicazione l' art. 377 c.c., trattandosi di un difetto di legittimazione processuale (che non attiene a materia disponibile), in quanto tale, rilevabile d'ufficio dal Giudice (Cass. II, n. 14869/2000. In questo senso anche Cass. II, n. 5943/1996). In questo caso il tutore deve provare la sussistenza dell'autorizzazione, quale presupposto necessario per la regolare costituzione del rapporto processuali (Cass. II, n. 11344/2003; Cass. II, n. 14689/2000).

È stato peraltro ritenuto che le nullità derivanti da difetto di rappresentanza processuale possano essere sanate, con effetto retroattivo, mediante la costituzione in giudizio, anche in grado d'appello, del titolare del potere di rappresentanza, o della parte, i quali manifestino con il loro comportamento la volontà di ratificare la condotta difensiva precedente a tale costituzione.

Da ciò ne consegue che, in ipotesi di sentenza di primo grado resa nei confronti di un minore rappresentato dal tutore, la nullità del giudizio di secondo grado, derivante dalla assenza di legittimazione del rappresentante, resta sanata ex tunc per il fatto che il pupillo, divenuto maggiorenne, si sia costituito nel giudizio manifestando l'inequivoca volontà di ratificare l'operato dell'ex tutore (Cass. I, n. 5571/1980; circa la possibilità che l'autorizzazione possa sopravvenire nel corso del giudizio si veda altresì Cass. S.U., n. 1077/1955).

Bibliografia

Bisegna, Tutela e curatela, in Nss. D.I., XIX, Torino, 1973; Bucciante, La potestà dei genitori, la tutela e l'emancipazione, in Rescigno (diretto da) Trattato di diritto privato, Torino, 1997; Campese, Il Giudice tutelare e la protezione dei soggetti deboli, Milano, 2008; De Cupis, Della tutela dei minori, sub artt. 343-389, in Cian-Oppo Trabucchi (diretto da), Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova, 1992; Dell'Oro, Tutela dei minori, in Comm. S.B., artt. 343-389, Bologna- Roma, 1979; Jannuzzi, in Lorefice (a cura di), Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2000; Pazè, La tutela e la curatela dei minori, in Zatti (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, Milano, 2012; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione, Milano, 2003.

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