Codice Civile art. 350 - Incapacità all'ufficio tutelare.

Annachiara Massafra

Incapacità all'ufficio tutelare.

[I]. Non possono essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono cessare dall'ufficio [393, 407; 129 trans.]:

1) coloro che non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio;

2) coloro che sono stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale per ultimo ha esercitato la responsabilità genitoriale 12 [316];

3) coloro che hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i discendenti o il coniuge hanno o sono per avere col minore una lite, per effetto della quale può essere pregiudicato lo stato del minore o una parte notevole del patrimonio di lui;

4) coloro che sono incorsi nella perdita della responsabilità genitoriale3  [316; 541 c.p.] o nella decadenza [330] da essa, o sono stati rimossi da altra tutela4 ;

5) il fallito che non è stato cancellato dal registro dei falliti.

5-bis) coloro che versano nelle ulteriori condizioni di incapacità previste dalla legge5.

 

[1] L'art. 58, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito alle parole «potestà dei genitori», le parole: «responsabilità genitoriale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

[2] Numero così modificato dall'art. 146 l. 24 novembre 1981, n. 689.

[3] L'art. 58, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito alle parole «potestà dei genitori», le parole: «responsabilità genitoriale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

[4] Numero così modificato dall'art. 146 l. 24 novembre 1981, n. 689.

[5] Numero aggiunto dall'art. 1, comma  6, d.lgs.  10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

La disposizione contenuta nell'articolo 350 c.c. disciplina l'incapacità di svolgere l'ufficio di tutore (in merito, si veda De Cupis, 438). Essa costituisce una qualificazione negativa del soggetto, considerato quindi inidoneo a svolgere tale funzione (Jannuzzi, 187; Santarcangelo, 492), ed è prevista dal legislatore nell'interesse dell'incapace, per proteggerlo dal compimento di atti del tutore che lo possano pregiudicare nei suoi interessi personali e patrimoniali.

L'art. 350 c.c. in particolare disciplina ipotesi di incapacità assoluta, relativa, originaria e sopravvenuta. 

Alcune delle cause contemplate dalla disposizione in commento, difatti, determinano un'incapacità assoluta mentre altre relativa, intesa come l'incapacità di essere titolare di quella potestà (oggi responsabilità) nei confronti di un determinato minore (in questo senso De Cupis, 438). Accanto a tali fattispecie il legislatore disciplina altresì l'ipotesi di incapacità del tutore originaria e sopravvenuta. Tra queste ultime rientrano quelle di cui al nuovo n. 5 della norma in commento.

La presente disposizione non trova applicazione nei casi previsti dal precedente art. 348 c.c. Quest'ultimo infatti consente al Giudice tutelare di nominare persona diversa da quella designata dal genitore per gravi motivi ma tra questi si ritiene che non rientrino le cause di incapacità di cui innanzi, essendo già disciplinate autonomamente dal legislatore.

Nel dettaglio, la norma disciplina sia l'ipotesi di incapacità originaria, che precede la nomina, sia quella sopravvenuta alla nomina: in entrambi i casi la persona designata non potrà svolgere l'incarico.

Ci si chiede che effetto abbia la nomina di una persona originariamente incapace ex art. 350 c.c. Secondo autorevole dottrina la nomina, in tal caso, è da ritenersi invalida e priva di effetti (Bucciante, 698, specifica che in tal caso è impedita la costituzione del rapporto, si veda in merito il commento sub art. 351 c.c; per una diversa prospettiva con riferimento ai diritti acquistati dai terzi, si veda Santarcangelo, 494; Jannuzzi, 187).

Più problematica è la fattispecie relativa alla incapacità sopravvenuta del tutore.

Secondo alcuni autorevoli commentatori, una volta verificatasi una causa di incapacità questa opererebbe automaticamente e, pertanto, il tutore non potrebbe, indipendentemente da una pronuncia da parte del Giudice tutelare, porre in essere alcun atto, in questo caso soccorrebbe la figura del protutore ex art. 360 c.c. (Bucciante, 699 nota n. 19). Secondo altri, invece, non sussisterebbe alcuna automaticità e sarebbe necessaria una specifica pronuncia da parte del Giudice tutelare che inibisca in via definitiva al tutore di porre in essere atti nell'interesse del minore (in merito Dell'Oro, 76).

La giurisprudenza di legittimità nega l'indicato automatismo.

Nel dettaglio, la Corte di Cassazione, ancorché in una risalente decisione, afferma che, ove la persona investita dell'ufficio di tutore divenga incapace al relativo esercizio, per una causa sopraggiunta alla nomina, non decade automaticamente ma «deve in ogni caso conservare l'incarico sino al momento della sua sostituzione da parte del giudice competente» (Cass. I, n. 554/1970).

La norma inoltre prevede testualmente «devono cessare» dall'ufficio, ma non utilizza l'espressione, che avrebbe reso più agevole l'accoglimento della tesi della dottrina maggioritaria, «cessano» dall'ufficio. Del resto, in assenza di uno specifico decreto da parte dell'Autorità giudiziaria è ben difficile che al tutore possa inibirsi il compimento di atti nell'interesse del minore.

Le singole incapacità

Le incapacità disciplinate dalla norma si distinguono in assolute e relative.

Le prime riguardano tutti i soggetti minori di età e non richiedono valutazioni da parte del Giudice tutelare mentre le seconde richiedono un apprezzamento da parte dell'Autorità giudiziaria.

Nelle prime fattispecie di incapacità, in particolare, vi rientrano quelle relative ai minori, agli emancipati, agli interdetti, agli inabilitati, agli interdicendi e inabilitandi a cui sia stato nominato un tutore o curatore provvisorio. Anche le persone sottoposte ad amministrazione di sostegno, qualora nel decreto sia stato attribuito all'amministratore di sostegno il potere di amministrare il patrimonio, non possono svolgere la funzione di tutore. La ratio sottesa ai numeri 1 e 2 dell'art. 350 c.c. è la medesima: se non si è capaci di amministrare il proprio patrimonio a maggior ragione non può amministrarsi quello altrui (De Cupis, 438, Dell'Oro, 77).

Tra le altre ipotesi di esclusione vi è quella relativa alle persone dichiarate fallite o anche solo sottoposte alla relativa procedura, finché non vi sia la chiusura del fallimento, nonché le altre procedure concorsuali che comportano la perdita della libera disponibilità del proprio patrimonio (Dell'Oro, 78).

Con riguardo alle incapacità relative viene invece in considerazione quella derivante dall'esclusione voluta dal genitore. Lo stesso genitore, che per ultimo esercita la responsabilità genitoriale, così come può designare il tutore, può altresì escludere una o più persone ovvero un ente dall'esercizio della tutela. L'esclusione deve essere effettuata per iscritto (non viene ribadita espressamente la modalità prevista dall'art. 348 c.c.) e costituisce «un negozio di diritto familiare diverso dal testamento» (Dell'Oro, 79, Stella Richter Sgroi, 411). Possono inoltre essere disposte più esclusioni nel tempo ed in questo caso prevale l'esclusione effettuata per ultima (Dell'Oro, 79).

L'esclusione, tuttavia, ha carattere vincolante per il giudice, non essendo previsto dalla disposizione in commento la possibilità di discostarsene.

Il conflitto d'interessi, attuale o futuro, costituisce altra causa di incapacità relativa.

In particolare l'art. 350 n. 3 c.c. prevede che non possano svolgere le funzioni di tutore colori che hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i discendenti o il coniuge hanno o sono per avere con il minore una lite, per effetto della quale può essere pregiudicato lo stato del minore o una parte notevole del suo patrimonio.

Diversamente dal conflitto disciplinato in altre fattispecie relative ai minori, come nell'art. 320 c.c., con la disposizione in argomento il legislatore ha voluto ritenere ostativo alla nomina di tutore il conflitto, anche solo meramente potenziale, non solo nei confronti del tutore ma anche dei suoi familiari ovvero quello solo indiretto o riferibile a questioni di carattere non patrimoniale (in merito Bucciante, 701).

La valutazione della sussistenza del conflitto, diversamente dalle altre fattispecie disciplinate dalla norma, è rimessa alla valutazione del Giudice tutelare (Dell'Oro 81, Stella Richter Sgroi 417; Bisegna, 931). I presupposti per il conflitto di cui innanzi «possono indicativamente cogliersi nella endiade composta dai fattori «lite» e «parte notevole del patrimonio del minore», in alternativa a quest'ultimo con lo «stato» del medesimo» (così Bucciante). Pertanto, ove la questione patrimoniale sia di non eccessivo rilievo, si ritiene non sussistere l'ipotesi di conflitto disciplinata dalla norma, essendo sufficiente a superare l'ostacolo l'intervento del protutore, nei termini di cui all'art. 360 c.c. (De Cupis, 439).

Inoltre, la decadenza dall'esercizio della responsabilità genitoriale rende incapaci a svolgere l'ufficio di tutore. Si discute se anche la sospensione dall'esercizio della responsabilità abbia lo stesso effetto della decadenza. Si evidenzia in merito che anche ove si ritenesse che la sospensione non possa essere assimilata alla decadenza, tuttavia, la stessa sarebbe comunque valutabile dal Giudice tutelare ai fini di verificare l'idoneità all'ufficio del futuro tutore (in questo senso Bucciante 702). Anche l'essere stato rimosso da una precedente tutela costituisce, infine, un'ipotesi di incapacità assoluta, essendo già dimostrato che la persona non possa svolgere detta funzione in forza di un decreto motivato dell'Autorità giudiziaria che dia atto delle gravi condotte poste in essere nell'esercizio di altra tutela (sul punto si veda Bucciante, 700). A tali fattispecie deve equipararsi l'ipotesi di colui che sia stato rimosso dalla funzione di protutore (Dell'Oro, 85) o di amministratore di sostegno. La disposizione in commento, per espresso richiamo normativo, trova infine applicazione nei confronti di del curatore dell'emancipato, dell'amministratore di sostegno, del tutore dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato.

Bibliografia

Bisegna, Tutela e curatela, Nss. D.I., XIX, Torino, 1973; Bucciante, La potestà dei genitori, la tutela e l'emancipazione, in Rescigno (diretto da), Trattato di diritto privato, Torino, 1997; De Cupis, Della tutela dei minori, sub Art- 343-389, in Cian-Oppo Trabucchi (diretto da), Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova, 1992; Dell'Oro, Tutela dei minori, in in Comm. S.B., artt. 343-389, Bologna- Roma, 1979; Jannuzzi, in Lorefice (a cura di), Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2000; Pazè, La tutela e la curatela dei minori, in Zatti (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, Milano, 2012, 336; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione, Milano 2003; Stella Richter- Sgroi, Delle persone e della famiglia, in Commentariodel codice civile, Torino, 1967.

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