Codice Civile art. 87 - Parentela, affinità, adozione (1).Parentela, affinità, adozione (1). [I]. Non possono contrarre matrimonio fra loro [116 2, 117]: 1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta (2); 2) i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini; 3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote; 4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l'affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunciata la cessazione degli effetti civili; 5) gli affini in linea collaterale in secondo grado; 6) l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti; 7) i figli adottivi della stessa persona; 8) l'adottato e i figli dell'adottante; 9) l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge dell'adottato. [II]. (3) Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio [737 ss. c.p.c.], sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5, anche se si tratti di affiliazione (4) [117 4]. L'autorizzazione può essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando l'affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo (5). [III]. Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero. [IV]. Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'articolo 84. (1) Articolo così sostituito dall'art. 5 l. 19 maggio 1975, n. 151. L'art. 1, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha soppresso, dalla rubrica, le parole: «e affiliazione». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. (2) L'art. 1, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha soppresso, le parole «legittimi o naturali». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. L'art. 1, comma 11, l. 10 dicembre 2012, n. 219, aveva comunque già sostituito alle parole «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono nel codice, la parola «figli». (3) Originariamente vi erano due commi poi abrogati dall'art. 1, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154: Il testo recitava: «[II] I divieti contenuti nei numeri 6, 7, 8 e 9 sono applicabili all'affiliazione. [III]. I divieti contenuti nei numeri 2 e 3 si applicano anche se il rapporto dipende da filiazione naturale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. (4) L'art. 1, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha soppresso, le parole «o di filiazione naturale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. L'art. 1, comma 11, l. 10 dicembre 2012, n. 219, aveva comunque già sostituito alle parole «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono nel codice, la parola «figli». (5) Comma così sostituito dall'art. 78 l. 4 maggio 1983, n. 184. InquadramentoL'art. 87 c.c. introduce impedimenti a contrarre matrimonio riguardo a talune ipotesi di parentela, affinità e adozione. La ratio del divieto posto dalla norma in rassegna si basa sulla proibizione dell'incesto, la cui violazione, nel concorso del pubblico scandalo, assume anche rilevanza penale ai sensi dell'art. 564 c.p. (Sesta, 331). Il divieto è pure posto a presidio della serenità nelle relazioni familiari ed è volto a evitare il turbamento dell'ambiente sociale in cui vive la famiglia (Spallarossa, 783). La disposizione, nella sua rubrica, menzionava anche l'affiliazione: questo istituto, però, è stato abrogato dalla l. n. 184/1983 e, pertanto, il rifermento ad esso è stato rimosso dal d.lgs. n. 154/2013. Questa novella, peraltro, ha anche apportato modifiche sostanziali all'art. 87 c.c. eliminando ogni distinzione tra famiglia legittima e naturale (essendone venuta meno la distinzione per la equiparazione dei figli matrimoniali e non). Gli impedimenti sono tassativi e tipici: ne consegue che non possono essere dedotti in via interpretativa mediante lo strumento dell'analogia. Sussiste, dunque, la capacità matrimoniale in casi non espressamente menzionati dal codice ma in cui, di fatto, si instaura un legame tra le parti intenso e particolare come quasi quello a carattere familiare (si pensi al legame che si può instaurare tra disponente e fiduciario, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, legge n. 219/2017). Impedimento determinato da parentela, affinità, adozioneL'art. 87 c.c. introduce un impedimento matrimoniale per diverse ipotesi in cui, tra i soggetti che vorrebbero unirsi in matrimonio, sussistono particolari relazioni di parentela, affinità o adozione. In alcuni casi, l'impedimento non è dispensabile; in altri si. Sussiste divieto a contrarre matrimonio tra lo zio e la nipote, la zia e il nipote nonché tra gli affini in linea collaterale in secondo grado. In queste ipotesi, però, l'impedimento è dispensabile. Sussiste divieto a contrarre matrimonio — senza che alcuna dispensa sia ammessa — tra gli ascendenti e i discendenti in linea retta; tra i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini. In materia di adozione, le nozze sono vietate (e l'impedimento non è dispensabile) tra l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti, tra i figli adottivi della stessa persona, tra l'adottato e i figli dell'adottante, tra l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge dell'adottato. Vi è anche divieto di contrarre matrimonio tra gli affini in linea retta e il divieto sussiste pure nel caso in cui l'affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunziata la cessazione degli effetti civili: in questa ipotesi, però, l'impedimento è dispensabile se il matrimonio è stato dichiarato nullo. Anche gli impedimenti segnati dall'art. 87 c.c. rispondono a principi di ordine pubblico e, pertanto, la loro vitalità si conserva anche riguardo agli stranieri (Spallarossa, 784). In virtù dell'art. 51 del d.P.R. 396/ 2000, chi richiede la pubblicazione deve dichiarare «se tra gli sposi esiste un qualche impedimento di parentela, di affinità, di adozione o di affiliazione, a termini dell'articolo 87 del codice civile». L'ufficiale dello stato civile deve verificare l'esattezza della dichiarazione de qua e può acquisire d'ufficio eventuali documenti che ritenga necessari per provare l'inesistenza di impedimenti alla celebrazione del matrimonio. Filiazione non riconoscibileL'impedimento ex art. 87 c.c. deve ritenersi sussistente anche in caso di filiazione non riconoscibile: la dottrina perviene a tale conclusione argomentando in base al testo dell'art. 279 c.c. Se è possibile agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione, l'educazione nonché gli alimenti in ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità, a maggior ragione deve essere possibile far valere la filiazione non riconoscibile per impedire le nozze tra soggetti legati da vincolo di sangue (Sesta, 332). DispensaLa dispensa, nei casi in cui è ammessa, deve essere richiesta al Tribunale di residenza di uno degli sposi o di entrambi: il procedimento è di volontaria giurisdizione ed è definito nelle forme camerali, ex art. 737 c.p.c. La domanda va presentata da entrambi i nubendi: ove sia presentato da uno solo, il tribunale può assegnare termine perché alla domanda aderisca formalmente anche l'altro. In difetto, il ricorso non ha ragione di essere accolto per difetto di interesse: l'assenza dell'altro sposo, infatti, renderebbe inutile l'eventuale dispensa posto che questi non ha manifestato, con l'adesione all'istanza altrui, l'intenzione di contrarre matrimonio (per una applicazione di questo principio, seppur in fattispecie differente, v. Trib. Milano IX, 24 settembre 2015). Il Collegio definisce il procedimento con ricorso, dopo aver sentito il pubblico ministero: in caso di accoglimento della istanza, può autorizzare il matrimonio concedendo la dispensa. Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero e contro di esso può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione. La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio. Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine di dieci giorni, senza che sia stato proposto reclamo. Nei casi in cui si sarebbe potuta accordare l'autorizzazione ai sensi del quarto comma dell'articolo 87, il matrimonio non può essere impugnato dopo un anno dalla celebrazione (v. art. 117 c.c.). Diritto canonicoNell'ordinamento canonico è richiesta, a pena di nullità, la dispensa anche nell'ipotesi di nozze tra figli di cugini o di procugini. La Suprema Corte, al riguardo, ha affermato che un contrasto con l'ordine pubblico italiano non è ravvisabile con riguardo alla sentenza ecclesiastica che abbia dichiarato la nullità del matrimonio concordatario per essere gli sposi figli di cugini, atteso che il maggior rigore con cui l'ordinamento canonico regola l'impedimento derivante dal grado di consanguineità, rispetto all'analoga previsione dell'ordinamento italiano, non incide sulle regole fondamentali che definiscono in quest'ultimo la struttura dell'istituto matrimoniale (Cass. n. 12671/1991). Impedimenti e unione civileSono cause impeditive per la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso (art. 1, comma 4, legge n. 76 del 2016): a) la sussistenza, per una delle parti, di un vincolo matrimoniale o di un'unione civile tra persone dello stesso sesso; b) l'interdizione di una delle parti per infermità di mente; se l'istanza d'interdizione è soltanto promossa, il pubblico ministero può chiedere che si sospenda la costituzione dell'unione civile; in tal caso il procedimento non può aver luogo finché la sentenza che ha pronunziato sull'istanza non sia passata in giudicato; c) la sussistenza tra le parti dei rapporti di cui all'articolo 87, primo comma, del codice civile; non possono altresì contrarre unione civile tra persone dello stesso sesso lo zio e il nipote e la zia e la nipote; si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 87; d) la condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l'altra parte; se è stato disposto soltanto rinvio a giudizio ovvero sentenza di condanna di primo o secondo grado ovvero una misura cautelare la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso è sospesa sino a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento. La sussistenza di una delle cause impeditive sopra indicate comporta la nullità dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. All'unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano gli articoli 65 e 68, nonché le disposizioni di cui agli articoli 119,120,123,125,126,127,128,129 e 129-bis del codice civile. L'unione civile costituita in violazione di una delle cause impeditive di cui si è detto — oppure in violazione dell'articolo 68 c.c. — può essere impugnata da ciascuna delle parti dell'unione civile, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano per impugnarla un interesse legittimo e attuale. L'unione civile costituita da una parte durante l'assenza dell'altra non può essere impugnata finché dura l'assenza. Affinità e unione civileL'istituto dell'affinità, ex art. 78 c.c., richiamato nella trama degli impedimenti, non è richiamato nella disciplina dell'unione civile. La dottrina è allo stato divisa con riguardo a tale mancato rinvio. Secondo l'opinione maggioritaria, tra la parte di un'unione civile ed i parenti dell'altra parte non sorge alcun vincolo familiare giuridicamente rilevante. Per conseguenza, l'affinità rimane, secondo la disposizione codicistica, «il vincolo tra un coniuge ed i parenti dell'altro coniuge », mentre non possono definirsi « affini » i parenti della parte dell'unione civile. Secondo altro indirizzo la scelta legislativa pare invece criticabile poiché «non trova riscontro nella coscienza sociale secondo la quale col formarsi della coppia, si realizza un ingresso a pieno titolo di ciascun membro nella famiglia dell'altro ». Secondo tale opinione « come il coniuge diviene affine dei parenti dell'altro, non vi era ragione per precludere analogo effetto riguardo ai parenti del partner dell'unione civile, principio ormai espresso dall'articolo 74 c.c. a proposito della parentela naturale ». Si è pure detto che la scelta è « discutibile in punto di ragionevolezza, ma non decisiva per contestare il carattere familiare della relazione tra i partner ». Secondo altro orientamento, invece, il mancato richiamo dell'articolo 78 c.c. non comporterebbe necessariamente la carenza di riconoscimento giuridico del rapporto di affinità, posto che una « conferma nel senso del riconoscimento di una situazione di affinità rispetto ai parenti » della parte dell'unione civile potrebbe desumersi tanto dall'espresso richiamo all'articolo 433 c.c., che dal comma 4, lettera c), all'articolo 87, primo comma. BibliografiaBianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Ferrando, L'invalidità del matrimonio in Tr. ZAT, I, Milano, 2002; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015; Spallarossa, Le condizioni per contrarre matrimonio, in Tr. ZAT, I, Milano, 2011. |