Codice Civile art. 80 - Restituzione dei doni.Restituzione dei doni. [I]. Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto. [II]. La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui s'è avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti [2964 ss.]. InquadramentoNell'ambito della promessa di matrimonio, si distingue quella di tipo solenne, di cui all'art. 81 cod. civ., soggetta a determinati requisiti (vicendevolezza, capacità di agire dei promittenti, atto pubblico o scrittura privata o richiesta di pubblicazioni di matrimonio), e produttiva di una situazione di affidamento, fonte di possibile responsabilità risarcitoria/indennitaria, da quella di tipo semplice, non soggetta ad alcun requisito di capacità o di forma, qualificabile come mero fatto sociale, e non produttiva di alcun effetto giuridico diretto, tenuto conto che la restituzione dei doni, prevista dall'art. 80 cod. civ., non deriva dalla promessa, ma dal mancato seguito del matrimonio. La disposizione cennata — l'art. 80 c.c. — fu introdotta dal legislatore del 1942, il quale ritenne in tal modo di risolvere le questioni che sotto il vigore del codice abrogato s'erano agitate circa l'applicabilità alle liberalità tra fidanzati dell'art. 1068 cioè la norma sulle donazioni obnuziali (Oberto, 334). In virtù di questo enunciato normativo, il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto. La regola appena illustrata è mutuata dal costume che intende eliminare, non tanto l'effettuata attribuzione patrimoniale, quanto i segni di un rapporto, spesso voluto o autorizzato dalle rispettive famiglie, rimasto incompiuto, e del quale è opportuno, per i mancati nubendi, rimuovere tempestivamente ogni traccia al fine di potersi ricostruire un nuovo rapporto senza alcun ricordo di quello precedente (Cass. n. 1260/ 1994). Doni prenuziali e donazioni obnuzialiLa disciplina codicistica anima un regime giuridico complesso per quanto riguarda le donazioni legate a vicende matrimoniali. In materia di doni prenuziali — ossia quelli fatti a causa della promessa di matrimonio — l'art. 80 c.c. prevede un regime restitutorio, per il caso in cui il matrimonio, nonostante la promessa, non venga celebrato. In materia di donazioni obnuziali — quelle fatte in riguardo di un determinato matrimonio — l'art. 785 c.c. prevede la radicale inefficacia finché il matrimonio non sia contratto. Le donazioni obnuziali, dunque, rispetto ai doni prenuziali, sono inefficaci sino al momento delle nozze che operano come condizioni sospensiva; i secondi, invece, sono immediatamente efficaci e conservano efficacia ove la domanda restitutoria non venga promossa (Cian, Trabucchi, 167). In ambedue i casi, però, si tratta di vere e proprie donazioni: i «doni» tra i fidanzati, infatti, non sono equiparabili né alle liberalità in occasione di servizi, né alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, né, infine, alle liberalità d'uso. I doni tra fidanzati sono vere e proprie donazioni (Cass. n. 1260/ 1994). Come spiegare, allora, il rapporto tra le due norme? Una prima tesi ricostruisce questa trama di norme secondo il principio di specialità considerando la disciplina contenuta nell'art. 80 c.c. come regime giuridico speciale rispetto a quello generale contenuto nell'art. 785 c.c.: secondo questa lettura, l'elemento di specialità sta nel fatto che, rispetto alla previsione generale («sposi»), il donante nella fattispecie ex art. 80 c.c. non è un semplice futuro sposo bensì un «fidanzato» e cioè il prossimo sposo che ha promesso ufficialmente il matrimonio. Questa lettura è autorevolmente sostenuta da chi ritiene che la questione non possa essere risolta individuando nell'art. 80 c.c. una sotto ipotesi dell'art. 785 c.c. (Oberto, 336). La Dottrina citata esclude anche che elemento distintivo possano essere i motivi del lascito (art. 80: «i doni fatti a causa della promessa di matrimonio»; art. 785: «la donazione fatta in riguardo di un determinato futuro matrimonio») osservando che chi dona in considerazione della promessa dona in considerazione dell'oggetto della promessa, cioè del matrimonio. Conclude affermando che va attribuita all'art. 80 c.c., sulla scorta del suo tenore letterale («doni», anziché «donazioni»), una funzione, per così dire, residuale; un ruolo, cioè, di «copertura» di tutte le attribuzioni a titolo gratuito effettuate tra promessi sposi in vista delle future nozze, in quanto non riconducibili al paradigma delle donazioni (obnuziali): ad es., l'anello di fidanzamento (Oberto, 337). Le critiche alla tesi per prima esposta appaiono, invero, superabili ove si affermi che la disciplina della promessa di matrimonio integra un vero e proprio regime speciale e settoriale fondato sulla considerazione che i nubendi si sono promessi l'unione matrimoniale, ancora, però, come evento da programmare e realizzare. Si ritaglia, così, una cornice all'interno dei doni tra futuri sposi per quella fascia temporale intercorrente tra la promessa di matrimonio (come evento programmato e dichiarato voluto ma non ancora organizzato) e la vera e propria fissazione delle nozze; quanto risponde, peraltro, alla prassi e ai costumi sociali. La disciplina dei doni prenuziali, dunque, riguarderà tutte le donazioni che i fidanzati si fanno tra loro, in virtù della comune idea di essere in futuro sposi; la disciplina delle donazioni obnuziali, invece, opererà riguardo a quelle liberalità fatte dopo che l'evento matrimoniale è stato ormai trasformato in fatto certo, programmato nell'imminente futuro dei nubendi. Azione restitutoria e limitiLa domanda restitutoria può essere proposta entro un anno dal giorno in cui si è avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promettenti. Il termine di un anno è di decadenza. Legittimato attivo è solo il donante promittente: per i terzi, è possibile fare ricorso, eventualmente, all'art. 785 c.c. La restituzione dei doni è stabilita dall'art. 80 c.c. in relazione a qualsiasi promessa, sia tra persone capaci, sia tra minori non autorizzati, sia se la promessa è vicendevole sia che è unilaterale (Cass. n. 3015/1983). La facoltà di revocazione dell'atto di liberalità spetta indipendentemente dal fatto che il revocante sia o meno causa della rottura del fidanzamento (Cass. n. 2271/1951). L'azione di cui si discute ha effetti reali, ma ha natura personale: è diretta a far accertare l'obbligo della restituzione e a recuperare il bene nella sua individualità. Autorevolmente, essa è ricondotta alla disciplina generale dell'indebito. Ai fini della esperibilità dell'azione, non è necessario che la dichiarazione si sia estrinsecata mediante una esternazione pubblica in quanto la disposizione dell'art. 80 c.c. si limita a riconoscere al donante la facoltà di chiedere la restituzione dei doni effettuati «a causa della promessa di matrimonio», cioè nella presupposizione della celebrazione del futuro matrimonio, per la sola ipotesi che il matrimonio non sia stato contratto e senza alcuna rilevanza della causa del mancato matrimonio. Su queste posizioni è ancorata la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione secondo cui la restituzione dei doni è stabilita dall'art. 80 c.c. in relazione a qualsiasi promessa, sia tra persone capaci, sia tra minori non autorizzati, sia se la promessa è vicendevole sia che è unilaterale (Cass. n. 3015/1983). L'essenziale per l'esercizio dell'azione di restituzione dei doni tra fidanzati è che i doni siano stati fatti «a causa della promessa di matrimonio»; sussistono, però, anche limiti alla restituzione. I limiti sono dovuti, in primis, alla natura dei beni in quanto consumabili o deteriorabili. Limiti alla restituzione insorge anche a fronte della dimostrazione che i doni fossero dovuti ad una causa diversa dalla promessa di matrimonio. Azione di restituzione e donazioni d'usoCi si potrebbe chiedere se l'azione di restituzione possa essere inibita sulla considerazione che i doni tra fidanzati costituiscano, in realtà, una donazione di uso regolata dall'art. 770, comma 2 e non dall'art. 80 c.c. Questa eccezione non coglie nel segno: come rilevato dalla prevalente dottrina, i doni tra i fidanzati non sono equiparabili né alle liberalità in occasione di servizi, né alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, né infine, alle liberalità d'uso. I doni tra fidanzati non sono donativi d'uso, ma vere e proprie donazioni, come tali soggette a requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice. Considerare libertà d'uso le donazioni tra fidanzati comporterebbe un'interpretazione estremamente riduttiva del diritto alla restituzione dei doni sancita dall'art. 80 c.c., anche perché la ratio della restituzione non concerne il valore dei beni donati, successivamente chiesti in restituzione per la mancata celebrazione del matrimonio, bensì l'eliminazione di tutti i possibili segni di un rapporto che non è giusto a compimento e che è opportuno rimuovere per quanto è possibile. Inoltre, le liberalità d'uso, costituite da mance, da regali in occasione di particolari festività, in conformità dell'uso sociale e familiare non comportano problemi di restituzione, proprio per l'uso invalso in tal senso e perché difettano della «causa» relativa alla «promessa di matrimonio» non realizzatasi. È proprio il mancato verificarsi del matrimonio che rende, invece, restituibili i beni donati dalle parti, durante il fidanzamento quale presupposto in vista di un matrimonio che non è stato poi contratto. Una questione specifica riguarda l'ipotesi – invero frequente – in cui uno dei nubendi acquisti un bene immobile, con denaro dell'altro, in previsione del matrimonio. Secondo la giurisprudenza, anche in questi casi si ricade nella previsione dell'art. 80 c.c. Ne consegue che, ove il matrimonio non venga celebrato, essendo venuta meno la "causa donandi" si determina la caducazione dell'attribuzione patrimoniale al donatario senza che ciò incida sul rapporto fra venditore e donante, il quale, per effetto della retrocessione viene ad assumere la qualità di effettivo acquirente (Cass. n. 1260/2021). BibliografiaBianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Bocchini, Sulla restituzione dei doni tra fidanzati, nota a T. Napoli, 29-7-1965, in Dir. giust. 1966, 62 ss; Buffone, La seduzione con promessa di matrimonio, in Cendon, Rossi, Trattato diFamiglia e Responsabilità Civile, 2014, XIII; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Giorgianni, La dichiarazione di morte presunta, Milano, 1943; Loi, voce Promessa di matrimonio, Diritto civile, in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988; Oberto, La promessa di matrimonio, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da Paolo Zatti, Milano, 2011; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Santoro - Passarelli, Promessa di matrimonio. Responsabilità per danni. Legittimazione ad agire, in Dir. giust. 1946, 155 ss.; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015. |