Codice Civile art. 83 - Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato (1).Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato (1). [I]. Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato [8 2 Cost.] è regolato dalle disposizioni del capo seguente, salvo quanto è stabilito nella legge speciale concernente tale matrimonio [107]. (1) V. l. 24 giugno 1929, n. 1159; r.d. 28 febbraio 1930, n. 289; art. 11 l. 11 agosto 1984, n. 449; art. 14 l. 8 marzo 1989, n. 101. InquadramentoLa Costituzione Italiana proclama la laicità della Repubblica Italiana e favorisce le inteste tra lo Stato e le confessioni religiose (v. art. 8 Cost.). Già prima della Carta costituzionale, con la legge n. 1159 del 1929 (e il suo regolamento di attuazione: r.d. n. 289/1930), il Legislatore aveva introdotto disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti medesimi: ciò per garantire il riconoscimento anche dei matrimoni celebrati secondo culti acattolici, attesa la già intervenuta legificazione in materia di matrimonio canonico, per effetto dei Patti Lateranensi. Con la normativa del 1929-1930, il Legislatore regola il matrimonio acattolico con la scelta di introdurre una sorta di «modello base» dei matrimoni civili non-laici nel quale la caratterizzazione religiosa, pur essendo già riconosciuta come eccezionalmente produttiva di effetti giuridici nello Stato, si manifesta nella versione di una deroga alla laicità della mera forma celebrativa (o rituale) richiesta di regola dalla legge italiana per la validità dei matrimoni civili (Sesta, 2489). La disciplina generale del 1929 viene accantonata nell'ipotesi in cui la confessione religiosa abbia stipulato una Intesa con lo Stato Italiano. Per effetto dell'art. 83 c.c., ai matrimoni religiosi acattolici si applicano le norme in matrimonio civile, salvo quanto diversamente previsto dalla legislazione speciale ad hoc. Matrimonio acattolicoIl matrimonio «laico» è celebrato secondo il rito civile, senza caratterizzazioni religiose. Il matrimonio cattolico è celebrato secondo la cerimonia religiosa cattolica e produce effetti civili a seguito della sua registrazione nei registri dello Stato Civile (matrimonio concordatario). Il matrimonio acattolico non è laico ma la cerimonia religiosa è quella di un culto diverso dal cattolico. Anche in questo caso, il rito che determina la nascita dell'unione è quello della religione scelta dai nubendi: il matrimonio produce, però, effetti anche civili, perché il ministero del culto trasmette l'atto matrimoniale all'ufficiale di Stato Civile per la trascrizione. Non è pacifica la posizione della dottrina in merito alla natura giuridica di questo matrimonio: secondo alcuni, si tratterebbe di una particolare forma di matrimonio civile; l'opinione preferibile predica invece che si tratti di un tipo a sé stante di matrimonio, religiosamente caratterizzato ma tuttavia diverso rispetto all'istituto civile e rispetto al matrimonio concordatario. Si è detto, efficacemente, che si tratta di un modello che ha qualcosa in più del modello comune e qualcosa in meno del modello concordatario (Domianello, 361). Il procedimento per l'attribuzione degli effetti civili al matrimonio celebrato davanti al ministro di confessioni religiose diverse da quella cattolica è regolato dal combinato disposto degli artt. 2 e 7 l. n. 1159/1929: per la validità dell'unione, la cerimonia deve essere celebrata davanti a un ministro di culto la cui nomina abbia ricevuto approvazione governativa a mezzo di decreto del Ministero dell'Interno. Affinché il matrimonio produca effetti civili è necessaria una precisa manifestazione di volontà dei nubendi (all'ufficiale di stato civile) nel senso di celebrare un matrimonio non meramente religioso ma idoneo a far conseguire lo status di coniugi anche nell'ordinamento civile. L'ufficiale dello stato civile, ricevuta la dichiarazione, accertata che nulla si oppone alla celebrazione del matrimonio secondo le norme del codice civile e rilascia autorizzazione scritta con indicazione del ministro del culto davanti al quale la celebrazione deve aver luogo e della data del provvedimento, con cui la nomina di questi ha ottenuto approvazione governativa. Il ministro del culto, davanti al quale avviene la celebrazione, deve dare lettura agli sposi degli artt. 143,144 e 147 c.c. e ricevere, alla presenza di due testimoni idonei, la dichiarazione espressa di entrambi gli sposi, l'uno dopo l'altro, di volersi prendere rispettivamente in marito e moglie. L'atto di matrimonio dev'essere compilato immediatamente dopo la celebrazione e trasmesso in originale all'ufficiale dello stato civile e, in ogni caso, non oltre cinque giorni dalla celebrazione. In questo caso, diversamente da quanto avviene nel rito concordatario, non è ammessa la trascrizione tardiva: pertanto, per ottenere il provvedimento dell'ufficiale di Stato civile sarà necessario ricorrere al Tribunale. Matrimonio delle confessioni religiose titolari d'intesaL'art. 8 comma 3 della Costituzione incoraggia la stipula di intesa tra lo Stato e le confessioni religiose. Le richieste di intesa vengono preventivamente sottoposte al parere del Ministero dell'Interno, Direzione Generale Affari dei Culti. La competenza ad avviare le trattative, in vista della stipula di una intesa, spetta al Governo. Queste intese creano, sostanzialmente, un regime diverso da quello previsto in generale per le confessioni acattoliche, con l'innesto di tratti diversificanti: la disciplina frutto dell'Intesa, infatti, si sostituisce integralmente alla disciplina generale del 1929-1930 (Cian, Trabucchi, 194). Tra le più importanti differenze, si segnala, ad esempio, l'eliminazione del requisito dell'approvazione governativa della nomina del ministro di culto deputato a celebrare il matrimonio. Le intese approvate con legge ai sensi dell'art. 8 della Costituzione sono, al momento, le seguenti: Tavola valdese (l. n. 449/1984 e ss modifiche: v. l. n. 409/1993, l. n. 68/2009); Assemblee di Dio in Italia (ADI; l. n. 517/1988); Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° giorno (Legge 516/1988 e ss: l.637/1996, l. 67/2009); Unione Comunità Ebraiche in Italia (UCEI; l. n. 101/1989 e ss: l. 638/1996); Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia (UCEBI; Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI; legge n. 520/1995); Sacra Arcidiocesi ortodossa d'Italia ed Esarcato per l'Europa Meridionale (l. n. 126/12); Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (l. n. 127/12); Chiesa Apostolica in Italia (l. n. 128/12); Unione Buddista italiana (UBI; l. n. 245/12); Unione Induista Italiana (l. n. 246/12); Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (IBISG; l. n. 130/16); Associazione "Chiesa d'Inghilterra" (l. n. 240/21). Procedura per la stipula di un'intesa con lo Stato italianoIn virtù dell'articolo 8 Cost., i rapporti tra le Confessioni religiose e lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. Le richieste di intesa vengono preventivamente sottoposte al parere del Ministero dell'Interno, Direzione Generale Affari dei Culti. La competenza ad avviare le trattative, in vista della stipula di una intesa, spetta al Governo. Le Confessioni interessate si rivolgono, quindi, tramite istanza, al Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale affida l'incarico di condurre le trattative con le rappresentanze delle Confessioni religiose al Sottosegretario-Segretario del Consiglio dei Ministri. Le trattative vengono avviate solo con le Confessioni che abbiano ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica ai sensi della legge n. 1159 del 24 giugno 1929, su parere favorevole del Consiglio di Stato. Il Sottosegretario si avvale della Commissione interministeriale per le intese con le Confessioni religiose affinché essa predisponga la bozza di intesa unitamente alle delegazioni delle Confessioni religiose richiedenti. Su tale bozza di intesa esprime il proprio preliminare parere la Commissione consultiva per la libertà religiosa. Dopo la conclusione delle trattative, le intese, siglate dal Sottosegretario e dal rappresentante della confessione religiosa, sono sottoposte all'esame del Consiglio dei Ministri ai fini dell'autorizzazione alla firma da parte del Presidente del Consiglio. Dopo la firma del Presidente del Consiglio e del Presidente della Confessione religiosa le intese sono trasmesse al Parlamento per la loro approvazione con legge. BibliografiaAa.Vv., Matrimonio canonico e culture, Roma, 2015; Bianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Buffone, L'insolubile paradosso delle famiglie omoaffettive, in Guida dir. 2015, 5, 26; Buffone, Riconoscibilità del diritto delle persone omosessuali di contrarre matrimonio con persone del proprio sesso, in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2009, 9, 911; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Domianello, Il matrimonio davanti a ministri di culto, in Tr. ZAT, I, Milano 2002; Moneta, Del matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico, in Comm. Dir. it. Fam., Cian, Oppo, Trabucchi, II, Padova, 1992; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015. |