Codice Civile art. 150 - Separazione personale (1).

Giuseppe Buffone

Separazione personale (1).

[I]. È ammessa la separazione personale dei coniugi [70, 706 ss. c.p.c.].

[II]. La separazione può essere giudiziale o consensuale [151, 158].

[III]. Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l'omologazione di quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi.

(1) Articolo così sostituito dall'art. 32 l. 19 maggio 1975, n. 151.

Inquadramento

La separazione personale dei coniugi comporta l'interruzione della convivenza a mezzo di un temporaneo allentamento del vincolo matrimoniale che, tuttavia, non viene a essere ancora dissolto. Maggiore rilevanza aveva l'istituto prima del 26 maggio 2015, data di entrata in vigore delle modifiche apportate alla l. 898 del 1970 ad opera della legge n. 55 del 2015 (cd. legge sul divorzio breve): per effetto delle nuove norme, infatti, il divorzio può seguire già dopo sei mesi di protratta separazione (se consensuale) o un anno (se giudiziale) così traducendosi l'istituto separativo in una mera anticamera della pronuncia divorzile, al punto da poterne seriamente dubitare della attuale utilità.

Separazione consensuale e separazione giudiziale

Là dove i coniugi convengano per le condizioni attraverso le quali regolare la fase disgregativa del matrimonio, gli stessi possono procedere alla separazione nelle forme «consensuali», ossia presentando domanda congiunta al Tribunale competente. A seguito della presentazione del ricorso, i coniugi vengono convocati dinanzi al Presidente del Tribunale o un suo giudice delegato al quale spetta il compito di tentare la conciliazione; se non riesce, verifica se i coniugi sono d'accordo per separarsi alle condizioni presentate. Al termine dell'udienza, le condizioni vengono esaminate dal Collegio che se non ravvisa ostacoli nella legge o in norme imperative (art. 160 c.c.) concede l'omologazione.

È bene ricordare che l'accordo di separazione costituisce un atto di natura essenzialmente negoziale — più precisamente, un negozio giuridico bilaterale a carattere non contrattuale (in quanto privo, almeno nel suo nucleo centrale del connotato della «patrimonialità») — rispetto al quale il provvedimento di omologazione si atteggia a mera condizione sospensiva (legale) di efficacia (Trib. Milano, 5 ottobre 2015). Nel caso in cui manchi il consenso dei coniugi in merito alla separazione — poiché promossa da uno solo — oppure non vi sia integrale comunanza di opinioni circa le clausole separative (es. obbligazioni di mantenimento, casa familiare, etc.), è dato accesso al procedimento giudiziale, regolato, oggi, dalle norme di cui agli artt. 473-bis e ss c.p.c. (v. punto n. 8).

L'art. 1, comma 24 della legge 26 novembre 2021 n. 206, ha introdotto, nell'ordinamento giuridico italiano, il «Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie» (TPMF) che comporta l'istituzionalizzazione di un unico Ufficio giudiziario che assorbe il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni. Al contempo, l'art. 1 comma 23, lett. a) della medesima normativa ha introdotto nuove disposizioni in un apposito titolo IV-bis del libro II del codice di procedura civile, rubricato «Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie»; per i procedimenti civili elencati nel comma 23, lettera a), si applica il rito unificato in materia di persone, minorenni e famiglie previsto dal medesimo comma 23. Le previsioni in esame sono oggetto di delega legislativa da emanare entro il 24 dicembre 2022 e le norme relative al TPMF saranno efficaci decorsi due anni dalla data della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.  

Domanda di separazione

L'art. 150 comma III c.c. predica che il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l'omologazione di quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi: ciò non esclude che possa agire in luogo del coniuge un procuratore speciale purché munito di procura ad hoc che indichi esattamente la volontà del rappresentato e circoscriva in modo preciso i poteri conferiti; in caso di adulto vulnerabile, è ammessa anche la rappresentanza sostitutiva ex art. 409 c.c. dell'eventuale amministratore di sostegno che sia stato designato dal Giudice Tutelare, ove da questi il relativo potere sia stato conferito.

Infatti, alla luce di una interpretazione sistematica ed evolutiva, deve ammettersi la possibilità per l'amministratore di sostegno, qualora nominato (ed esclusi i casi di conflitto di interessi), previo intervento del giudice tutelare, a proporre ricorso per separazione personale o per cessazione degli effetti civili del matrimonio del beneficiario (Cass. n. 14794/2014).

Revoca del consenso

La separazione consensuale trova la sua unica fonte nel consenso manifestato dai coniugi: l'accordo di separazione costituisce pertanto un atto essenzialmente negoziale, espressione della capacità dei coniugi di autodeterminarsi responsabilmente, ponendosi come «uno dei momenti di più significativa emersione della negozialità nel diritto di famiglia». L'esito di siffatta ricostruzione è l'applicabilità alla separazione consensuale delle norme generali relative alla disciplina dei vizi della volontà, entro i limiti di compatibilità con la specificità di tale negozio di diritto familiare.

Per tale via, viene ad escludersi la possibilità per ciascuno dei coniugi di contestare l'eventuale vizio del consenso mediante la via interna del procedimento camerale e, in particolare, attraverso la mera unilaterale revoca del consenso in precedenza prestato in funzione di ostacolo alla successiva approvazione dell'accordo che si assume non più conveniente o, in taluni casi, inficiato da vizio della volontà (Trib. Milano, 27 marzo 2013).

Separazione e misure di degiurisdizionalizzazione

I coniugi possono concludere accordi al fine di pervenire a una separazione consensuale, anche a mezzo di convenzione di negoziazione assistita, conclusa da Avvocati, ai sensi dell'art. 6 comma I, d.l. n. 132/2014, convertito in l. 162/ 2014. In tal caso, non è necessario presentare alcuna domanda al Tribunale. I coniugi - in assenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti - possono concludere la separazione consensuale anche innanzi all'ufficiale dello stato civile, del comune di residenza di uno di loro o del comune presso cui è iscritto o trascritto l'atto di matrimonio, con l'assistenza facoltativa di un avvocato (art. 12, d.l. n. 132/ 2014, conv. con modif., in l. 162/ 2014). In questo caso, non è necessario presentare alcuna domanda al Tribunale. Il costo è di 16 euro a titolo di diritto fisso. L'accordo concluso davanti all'ufficiale di Stato Civile non può contenere patti produttivi di effetti traslativi di diritti reali mentre può prevedere un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico (c.d. assegno di mantenimento).

Separazione di fatto

La separazione è atto formale e solenne: può essere consensuale o giudiziale e avere luogo a mezzo di atto pubblico o accordo. In particolare, un atto separativo può essere contenuto in una sentenza o in un decreto del Tribunale, oppure in un accordo depositato presso l'ufficiale di Stato Civile o presso la Procura competente, previa assistenza degli Avvocati (misure di cd. degiurisdizionalizzazione; v. supra). Non è però escluso che i coniugi si separino, senza alcun atto formale, semplicemente interrompendo la convivenza e, in genere, la coabitazione. In questa ipotesi si verifica una cd. separazione di fatto che non può essere fatta valere al fine di accedere alla pronuncia di divorzio. Si tratta, però, di una situazione di fatto che può avere rilevanza in altre sedi: ad esempio, per accertare il tenore di vita là dove il tempo che passa dal momento della separazione in fatto lentamente recide ogni legame con un pregresso “tenore di vita”; ma anche in sede previdenziale, nell'eventuale giudizio per la distribuzione della pensione di reversibilità tra ex coniuge e coniuge superstite. In presenza di una separazione di fatto, i coniugi non possono tuttavia allegare inadempimenti all'obbligo della fedeltà, essendo qualunque tipo di rapporto successivo alla detta separazione di fatto, sganciato causalmente dalla crisi familiare: in questi casi, le relazioni con altre persone sono l'effetto della crisi familiare e non la sua causa.

Sul tema della separazione di fatto è tornata in tempi recenti la Suprema Corte, affermando che, ai sensi dell'art. 5, comma 1, della l. n. 91/1992, così come modificato dall'art. 1, comma 11, della l. n. 94/2009, la separazione personale dei coniugi costituisce condizione ostativa all'acquisto della cittadinanza italiana mediante matrimonio con un cittadino italiano, ma non anche la separazione di fatto; peraltro la differenza tra “separazione personale” e “separazione di fatto” si coglie anche nel regime giuridico delle adozioni, in quanto l'art. 6 della l. n. 184/ 1983 prescrive che tra i coniugi che intendono procedere all'adozione non deve essere intervenuta negli ultimi tre anni separazione personale, neppure di fatto, a conferma della diversità delle due tipologie di allontanamento dei coniugi (Cass. n. 969/2017).

Diritto internazionale privato

Nell'ipotesi in cui si concluda un accordo davanti all'ufficiale di Stato civile, il certificato per la circolazione del medesimo, ai sensi del Reg. CE n. 2001/2003 e, pro futuro, dal Reg. UE 1111/2019, è rilasciato dall'Ufficiale di Stato civile; nel caso di negoziazione assistita, il certificato è rilasciato dall'Ufficio di Procura (Min. Giustizia, circolare 22 maggio 2018; Min. Interno, circolare 20 luglio 2018). La materia degli accordi è espressamente regolata dal nuovo Regolamento europeo sulla famiglia, il Reg. 1111/2019, in vigore dall'1 agosto 2022; non è, invece, regolata nell'attuale Regolamento n. 2201/2003 (cd. Bruxelles II-bis). Sul punto sussistono contrastanti opinioni in merito al fatto che gli accordi extragiudiziali siano coperti dallo strumento europeo: in difetto, esso non potrebbe applicarsi e la circolazione resterebbe affidata ai diritti nazionali. La matassa deve, però, ormai ritenersi sciolta alla luce della pronuncia della Corte di Giustizia del 15 novembre 2022 (causa c 646/20). In questa pronuncia, infatti, la CHGUE ha affermato che il Regolamento (CE) n. 2201/2003 deve essere interpretato, nel senso che un atto di divorzio redatto da un ufficiale dello stato civile dello Stato membro d'origine, contenente un accordo di divorzio concluso dai coniugi e confermato da questi ultimi dinanzi a detto ufficiale, in conformità alle condizioni previste dalla normativa di tale Stato membro, rappresenta una «decisione» ai sensi del Regolamento europeo e, insomma, è coperto dagli strumenti unionali e come tale può circolare.

Rito Unitario

Il decreto legislativo n. 149 del 2022 (cd. Riforma Cartabia) ha modificato il codice di procedura civile prevedendo, in particolare, nuove disposizioni nel libro II, titolo VI-bis ove sono state introdotte: «Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie», cd. pPMF).  Quanto al campo di applicazione del nuovo rito unitario – che non è più un procedimento speciale – l'art. 473-bis c.p.c. prevede che le disposizioni contenute nel nuovo titolo IV-bis si applichino a tutti i procedimenti (di natura contenziosa) relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie di competenza del tribunale ordinario, di quello per i minorenni e del giudice tutelare, salvo che non sia diversamente stabilito e salve le esclusioni espressamente indicate dallo stesso articolo. Queste riguardano, in particolare, sia i procedimenti che in questa materia siano espressamente sottoposti dal legislatore ad altra disciplina processuale, sia i procedimenti volti alla dichiarazione dello stato di adottabilità, dei procedimenti di adozione dei minori, sia, infine, i procedimenti (di diversa natura e oggetto) attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. La clausola generale di esclusione del rito unitario poggia le basi su due circostanze: 1) che il procedimento “non sia contenzioso”; 2) che sia “diversamente stabilito”. In virtù della cd. Riforma Cartabia, il procedimento di separazione è regolato dagli artt. 473-bis e ss c.p.c..

Bibliografia

V. sub art. 149 c.c.

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