Codice di Procedura Civile art. 711 - [Separazione consensuale] 1[Separazione consensuale] 1 [[I]. Nel caso di separazione consensuale previsto nell'articolo 158 del codice civile, il presidente, su ricorso di entrambi i coniugi, deve sentirli nel giorno da lui stabilito e procurare di conciliarli nel modo indicato nell'articolo 7082.] [[II]. Se il ricorso è presentato da uno solo dei coniugi, si applica l'articolo 706 ultimo comma.] [[III]. Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole.] [[IV]. La separazione consensuale acquista efficacia con la omologazione del tribunale, il quale provvede in camera di consiglio su relazione del presidente.] [[V]. Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a norma dell'articolo precedente.]
[1] Articolo, da ultimo, abrogato dall'art. 3, comma 49, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". Per le disposizioni per l'esercizio dell'attività giurisdizionale nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 vedi l'art. 23, comma 6, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., in legge 18 dicembre 2020, n. 176 che dispone che: "Il giudice può disporre che le udienze civili in materia di separazione consensuale di cui all'articolo 711 del codice di procedura civile e di divorzio congiunto di cui all'articolo 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 siano sostituite dal deposito telematico di note scritte di cui all'articolo 221, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel caso in cui tutte le parti che avrebbero diritto a partecipare all'udienza vi rinuncino espressamente con comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell'udienza, nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all'udienza, di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all'udienza, di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso e, nei giudizi di separazione e divorzio, di non volersi conciliare." Da ultimo, v. art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, conv., con modif., in l. 25 febbraio 2022, n. 15, che stabilisce che «Le disposizioni di cui all'articolo 221, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonche' le disposizioni di cui all'articolo 23, commi 2, 6, 7, 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, 9, 9-bis e 10, e agli articoli 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in materia di processo civile e penale, continuano ad applicarsi fino alla data del 31 dicembre 2022»; v. anche art. 16, comma 2, d.l. n. 228, cit. Per la proroga del termine di applicazione, v. da ultimo, art. 8, commi 8, 9 d.l.29 dicembre 2022, n. 198, in corso di conversione. [2] Comma modificato dal r.d. 20 aprile 1942, n. 504. InquadramentoLa separazione consensuale trova la sua unica fonte nel consenso manifestato dai coniugi dinanzi al presidente del tribunale, atteso che l'art. 158 c.c. fa dipendere la separazione dal solo consenso dei coniugi, e la successiva omologazione agisce come mera condizione di efficacia dell'accordo, di per sé già integrante un negozio giuridico perfetto ed autonomo. Si discute se prima dell'omologa il coniuge che pure abbia sottoscritto il ricorso per separazione consensuale possa revocare il proprio consenso. Secondo la maggior parte della giurisprudenza, ciò è possibile sino all'udienza presidenziale (v., ex ceteris, App. Bari 30 agosto 1993, in Foro it., 1994, I, 589). Il decreto di omologa è impugnabile ai sensi dell'art. 739 per vizi propri (cfr. Cass. n. 26202/2013, per la quale detto decreto non è tuttavia anche ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.). Gli stessi effetti giuridici della separazione consensuale e del divorzio congiunto possono oggi essere conseguiti in via stragiudiziale in accordo con quanto previsto dall'art. 6 d.l. n. 132/2014 in tema di negoziazione assistita ed, in mancanza di prole, dinanzi all'ufficiale di stato civileex art. 12 dello stesso decreto. RicorsoCome stabilito dall'art. 158, comma 1, c.c.la separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l'omologazione del giudice. L'oggetto del controllo operato sulle condizioni della separazione consensuale appare circoscritto, peraltro, dal capoverso della stessa disposizione, alle clausole relative all'affidamento ed al mantenimento dei figli. Il ricorso può essere proposto dalle parti congiuntamente, che dovranno, ex art. 125, essere assistite da un avvocato. Nel ricorso volto alla separazione consensuale, regolato dall'art. 711, possono in realtà non essere indicate in dettaglio le condizioni che i coniugi chiedono al Tribunale di omologare (sebbene la prassi sia orientata in questo senso) che potrebbero invero essere esposte oralmente all'udienza ed ivi verbalizzate. Funzione dell'omologa degli accordi e possibilità di revoca del consensoIn ogni caso, la separazione consensuale trova la sua unica fonte nel consenso manifestato dai coniugi dinanzi al presidente del tribunale (atteso che l'art. 158 c.c. fa dipendere la separazione dal solo consenso dei coniugi) e la successiva omologazione agisce come mera condizione di efficacia dell'accordo, di per sé già integrante un negozio giuridico perfetto ed autonomo. Nel confermare tale generale principio, una recente pronuncia di legittimità ha sottolineato che il regolamento concordato fra i coniugi mediante un atto di "puntuazione" avente ad oggetto la definizione dei loro rapporti patrimoniali in vista di una separazione consensuale, acquista efficacia giuridica solo in seguito al provvedimento di omologazione della separazione, mentre qualora i coniugi addivengano ad una separazione giudiziale, le pattuizioni convenute antecedentemente sono prive di efficacia giuridica (Cass. I, n. 28649/2020). Si discute se prima dell'omologa il coniuge che pure abbia sottoscritto il ricorso per separazione consensuale possa revocare il proprio consenso. Secondo la maggior parte della giurisprudenza, ciò è possibile sino all'udienza presidenziale (v., ex ceteris, App. Bari 30 agosto 1993, in Foro it., 1994, I, 589; Trib. Torino 6 novembre 2000, in Gius, 2002, I, 97; Trib. Napoli 2 febbraio 2001, in Gius, 2001, 10; si segnala Trib. Civitavecchia 15 febbraio 2002, in Giur. rom., 2002, 142, secondo cui qualora, dopo aver presentato un ricorso congiunto per separazione consensuale, uno dei coniugi cambi idea e formuli istanza per la modifica delle condizioni di separazione di cui al ricorso già presentato, l'omessa comparizione dell'istante all'udienza fissata per l'esame della sua domanda costituisce causa sufficiente per omologare il ricorso congiunto precedentemente presentato). È invece controverso se la revoca possa essere validamente compiuta anche dopo la comparizione dinanzi al Presidente. Secondo un primo orientamento, successivamente al momento in cui il presidente dà atto nel verbale, a seguito del fallimento del tentativo di conciliazione, delle condizioni della separazione in conformità agli accordi delle parti, non è più possibile che una di esse revochi il consenso prestato. Per altri, invece, l'accordo alla separazione consensuale potrebbe essere unilateralmente revocato prima del provvedimento di omologazione, in quanto soltanto a seguito di una tale pronuncia lo stesso acquista validità ed efficacia giuridica. Non si può trascurare che, come di recente precisato in sede di legittimità, qualora, invece, sia stata proposta domanda congiunta di divorzio, la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi non comporta l'improcedibilità della domanda, dovendo il tribunale provvedere ugualmente all'accertamento dei presupposti per la pronuncia richiesta, per poi procedere, in caso di esito positivo della verifica, all'esame delle condizioni concordate dai coniugi, valutandone la conformità a norme inderogabili ed agli interessi dei figli minori. Infatti, a differenza di quanto avviene nel procedimento di separazione consensuale, la domanda congiunta di divorzio dà luogo ad un procedimento che si conclude con una sentenza costitutiva, nell'ambito del quale l'accordo sotteso alla relativa domanda riveste natura meramente ricognitiva, con riferimento alla sussistenza dei presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale ex art. 3 della l. n. 898 del 1970, mentre ha valore negoziale per quanto concerne la prole ed i rapporti economici, consentendo al tribunale di intervenire su tali accordi nel caso in cui essi risultino contrari a norme inderogabili, con l'adozione di provvedimenti temporanei ed urgenti e la prosecuzione del giudizio nelle forme contenziose (Cass. VI, n. 19540/2018). L’udienza a trattazione scritta nel processo civile da emergenza pandemica Nel persistere dell'emergenza da Covid-19, il legislatore processuale ha introdotto una norma di semplificazione, volta ad evitare un probabile rinvio delle udienze “in presenza” nei giudizi privi di conflittualità tra le parti, rendendo possibile, anche nei procedimenti di separazione consensuale e di divorzio congiunto, lo svolgimento, in presenza del consenso di entrambe le parti, lo svolgimento dell'udienza a trattazione scritta. In particolare, l'art. 23, sesto comma, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 (cd. decreto Ristori), conv., con modif., in l. 18 dicembre 2020, n. 176 stabilisce che il giudice può disporre che le udienze civili in materia di separazione consensuale e di divorzio congiunto siano sostituite dal deposito telematico di note scritte di cui all'articolo 221, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Ciò può avvenire, tuttavia, soltanto in presenza dei seguenti presupposti qualora tutte le parti che avrebbero diritto a partecipare all'udienza vi rinuncino espressamente con una comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell'udienza. Nella comunicazione in questione entrambe le parti sono tenute a dichiarare: di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all'udienza; di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all'udienza; di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso; di non volersi conciliare. La dichiarazione deve essere sottoscritta dalle parti personalmente, e non dai soli procuratori, come avviene in altre ipotesi, stante la necessaria partecipazione delle stesse in procedimento, come quelli in esame, nei quali vengono in rilievo diritti personalissimi e dinanzi all'autorità giudiziaria, in udienza, deve essere espletato il previo tentativo di conciliazione. Da ultimo, l'art. 16 d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, in corso di conversione in legge, ha esteso l'operatività di tale disciplina sino alla data del 31 dicembre 2022. Impugnazione dell'accordoIl decreto di omologa è impugnabile ai sensi dell'art. 739 per vizi propri (Cass. n. 26202/2013: ma non anche ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.). Alla separazione consensuale si applicano, inoltre, le norme generali relative alla disciplina dei vizi della volontà, entro i limiti di compatibilità con la specificità di tale negozio di diritto familiare, per cui è esclusa la possibilità per ciascuno dei coniugi di contestare l'eventuale vizio del consenso mediante reclamo camerale ex art. 739 avverso il decreto di omologa. Invero, detti vizi devono essere fatti valere mediante autonomo giudizio di accertamento (Cass. n. 7450/2008). La separazione consensuale dei coniugi non può, per contro, essere impugnata per simulazione poiché l'iniziativa processuale diretta ad acquisire l'omologazione, e quindi la condizione formale di coniugi separati, è volta ad assicurare efficacia alla separazione, così da superare il precedente accordo simulatorio, rispetto al quale si pone in antitesi dato che è logicamente insostenibile che i coniugi possano «disvolere» con detto accordo la condizione di separati ed al tempo stesso «volere» l'emissione di un provvedimento giudiziale destinato ad attribuire determinati effetti giuridici a tale condizione (Cass. n. 19319/2014). Sulla natura delle convenzioni tra i coniugi in sede di separazione si segnala, nella recente esperienza applicativa, App. Roma II, 30 ottobre 2018, n. 6896, ne ha precisato la valenza, ai fini dell'azione revocatoria, di atti a titolo gratuito, con riferimento alla cessione da parte di un coniuge all'altro di un immobile nell'ambito degli accordi di separazione. Divorzio congiuntoDopo la novella del 1987, è previsto un procedimento semplificato anche per il divorzio qualora le parti siano d'accordo sulle condizioni, personali e patrimoniali, dello stesso. Il procedimento è incardinato con ricorso congiunto, dinanzi al tribunale del luogo di residenza di uno dei coniugi. Il tribunale, in composizione collegiale, verifica la sussistenza dei presupposti previsti dall'art. 3 l. n. 898/1970 per poter ottenere lo scioglimento del vincolo coniugale nonché, ove vi siano, la rispondenza delle condizioni del divorzio agli interessi dei figli minori. Nella recente giurisprudenza, è stato ribadito, a riguardo, che la domanda congiunta di divorzio, data la sua natura processuale, una volta proposta è irretrattabile e immodificabile, sicché la revoca di consenso di una parte non determina l'improcedibilità della domanda congiunta, presentata dai coniugi (App. Catania, 21 marzo 2016). Prospettive di riformaIn un'apprezzabile prospettiva di semplificazione, l'art. 1, comma 23, lett. hh) della legge delega n. 206 del 2021, demanda al Governo la previsione di un rito unitario per i procedimenti non contenziosi di separazione personale, divorzio e definizione delle condizioni di affidamento della prole delle coppie non coniugate. Tale procedimento dovrà essere modellato sulle previsioni contenute nella norma in esame per la separazione, con la precisione che nel ricorso dovrà essere contenuta l'indicazione delle condizioni reddituali, patrimoniali e degli oneri a carico delle parti. Il legislatore delegato dovrà inoltre prevedere che in tali procedimenti non contenziosi l'udienza per il tentativo di conciliazione delle parti si svolga con modalità di scambio di note scritte e che le parti possano a tal fine rilasciare dichiarazione contenente la volontà di non volersi conciliare. Negoziazione assistita (cenni e rinvio)Il d.l. n. 132/2014, convertito con modificazioni in l. n. 162/2014, detta una disciplina particolare con riguardo agli istituti deflattivi del contenzioso generato dalla crisi familiare. In particolare, gli strumenti a tal fine predisposti puntano ad evitare l'esercizio dell'azione giudiziale avente ad oggetto la separazione personale tra coniugi, la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, la modifica delle condizioni di separazione e di divorzio . A fronte di questa tipologia di pretese, la novella appresta due strumenti diretti a comporre gli assetti di interessi tra le parti in sede stragiudiziale: per un verso, contempla una puntuale fattispecie di negoziazione assistita dagli avvocati, la cui disciplina ricade nel capo II, dedicato appunto alle procedure di negoziazione assistita; per altro verso, prevede una disciplina a se' stante in un capo separato, il capo III, intitolato alle ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio, capo composto da un solo articolo, disciplina volta a regolare la possibilità di un accordo direttamente concluso dalle parti interessate, solo eventualmente con l'assistenza di un avvocato, innanzi all'ufficiale dello stato civile. La finalità comune di questi istituti rileva su un duplice piano: se, da un lato, essa si prefigge di giungere ad una soluzione della crisi familiare concordata tra le parti, cioè consensuale o congiunta, sia in tema di separazione, sia in tema di divorzio, sia in tema di modifica delle condizioni di separazione o divorzio, dall'altro lato, protende al raggiungimento di tale risultato attraverso sistemi alternativi a quelli consolidati e tradizionali del ricorso all'autorità giudiziaria per ottenere il decreto di omologazione della separazione consensuale ai sensi degli artt. 158 c.c. e 711 c.p.c., la sentenza di divorzio congiunto ai sensi dell'art. 4, comma 16, della legge 1° dicembre 1970, n. 898, come modificata dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, i decreti camerali di modifica delle condizioni di separazione e divorzio ai sensi degli artt. 710 c.p.c. e 9 della legge sul divorzio. I due rimedi presentano un ulteriore aspetto comune, in ragione del quadro normativo in cui si innestano: costituiscono entrambi mezzi ulteriori a disposizione delle parti interessate dalla crisi familiare, alternativi ma non preclusivi delle corrispondenti tipizzate domande giudiziali, siano esse contenziose ovvero fondate su un previo accordo . Sicché, sia la negoziazione assistita diretta al raggiungimento della regolamentazione condivisa della separazione personale o del divorzio o della modifica delle relative condizioni, sia la negoziazione diretta tra le parti per addivenire ad un accordo da denunziare all'ufficiale dello stato civile sempre sugli stessi temi, non sono previste a pena di improcedibilità delle corrispondenti azioni giudiziali. Le parti hanno altri strumenti per raggiungere il medesimo risultato, ma ben possono decidere di ricorrere direttamente all'autorità giudiziaria, senza l'esperimento di alcun previo filtro stragiudiziale. In entrambe le fattispecie, inoltre, la facoltà di avvalersi di siffatti presidi stragiudiziali è limitata alla sola causa di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario o di scioglimento del matrimonio civile enucleata dall'art. 3, comma 1, n. 2, lett. b, della legge sul divorzio, cioè — per un verso — al previo passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale fra coniugi ovvero all'omologazione della separazione consensuale ovvero all'intervenuta separazione di fatto, quando essa sia iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970, ovvero, nonostante la lacuna della legge, alla certificazione nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita ovvero alla formalizzazione dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile e — per altro verso — al decorso di almeno tre anni di separazione ininterrotta a far tempo dalla comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione e, per il futuro, dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita ovvero dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile . Pur rimanendo ferme queste similitudini, la negoziazione assistita e la negoziazione diretta per il raggiungimento della soluzione della crisi familiare non sono né esattamente complementari né totalmente alternative tra loro, poiché i presupposti giustificativi del ricorso all'accordo diretto sono più restrittivi dei presupposti richiesti per l'accesso alla negoziazione assistita. Infatti, la negoziazione assistita è attivabile sia in presenza sia in assenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero di figli maggiorenni economicamente non autosufficienti mentre la negoziazione diretta è ammessa solo in assenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero di figli maggiorenni economicamente non autosufficienti; ma vi è di più, sotto il secondo profilo dell'ampiezza economica delle disposizioni prospettabili, la negoziazione assistita può concernere anche condizioni di natura patrimoniale mentre l'accordo diretto non ammette alcuna statuizione accessoria di natura patrimoniale. A sua volta, la negoziazione assistita per la composizione della crisi familiare prevede due procedure distinte, a seconda che l'accordo che si prefigge di conseguire riguardi anche l'assetto degli interessi relativi a figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave bisognosi di cure e assistenze particolari, ovvero figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, oppure non riguardi siffatti interessi. In particolare, ove l'accordo seguito alla convenzione di negoziazione assistita non contenga disposizioni sulla prole, perché non vi sono figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, riconducibili ad entrambe le parti, ai sensi dell'art. 6, comma 2, l'accordo è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente per una verifica di natura formale. Pertanto le condizioni prescritte da siffatta procedura devono reputarsi ottemperate, non solo quando si tratti di coppie senza figli, ma anche quando i coniugi separandi o divorziandi o che intendano modificare le relative condizioni abbiano figli maggiorenni economicamente autosufficienti. Nell'ambito delle predette verifiche di natura formale, è stato ad esempio affermato, nella prassi applicativa, che il tema di negoziazione assistita in materia di separazione personale, è inammissibile la richiesta di autorizzazione quando l'accordo è stato raggiunto tra le parti, di cui una si sia autoassistita in quanto avvocato di professione: è necessaria l'assistenza di almeno un avvocato per parte (Proc. Palermo 25 marzo 2016). In sede applicativa si è ritenuto che l'accordo di negoziazione assistita non è titolo idoneo ai fini della trascrizione di un bene immobile nonostante il nulla osta del Pubblico Ministero (App. Trieste I, 6 giugno 2017, n. 207). La procedura di negoziazione assistita segue un diverso procedimento quando l'accordo raggiunto dalle parti sulla separazione o sul divorzio o sulla modifica delle condizioni di separazione e divorzio contempli anche specifiche disposizioni inerenti alla sistemazione dell'assetto degli interessi della prole, si tratti di figli minorenni, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o figli maggiorenni economicamente non autosufficienti. In tale ipotesi, non solo vi è una più puntuale fissazione dei termini, ma in più la valutazione rimessa al pubblico ministero competente non è limitata alla mera regolarità formale dell'accordo, bensì attiene ad una incisiva e sostanziale verifica circa la rispondenza delle condizioni stabilite all'interesse morale e materiale dei figli. Per l'effetto, il procedimento si conclude, non con un mero nullaosta, bensì con un'eventuale autorizzazione. Anche in questo caso la competenza è radicata in capo al pubblico ministero, che non ha specifiche competenze in materia, acquisite in ragione dell'esperienza pregressa. Semmai in questa ipotesi il pubblico ministero dovrebbe esercitare le stesse ponderazioni che in passato ha esercitato, e che tuttora esercita, il tribunale, in sede di omologa della separazione consensuale ovvero di delibazione del divorzio congiunto. Raggiunto l'accordo, debitamente munito della certificazione dell'autografia delle parti a cura degli avvocati assistenti, il relativo deposito presso la segreteria dell'ufficio del pubblico ministero competente dovrà avvenire entro il termine di 10 giorni. La contingentazione dei tempi di deposito, senza che comunque il deposito tardivo determini alcuna decadenza, posto che non si tratta di termine perentorio, è giustificata dall'esigenza di avere rapidamente un avallo circa l'idoneità dell'assetto di interessi concordato in ordine ai figli, la cui tutela è riservata al vaglio dell'organo requirente. Una volta che l'accordo sia pervenuto nella disponibilità del pubblico ministero, momento dopo il quale si ritiene non possa più essere revocato unilateralmente il consenso da parte di uno dei coniugi (Trib. Milano IX, 18 giugno 2018, in Ilprocessocivile.it), gli accertamenti che dovranno essere effettuati si estendono sia agli aspetti di regolarità formale sia agli aspetti concernenti la soddisfazione sostanziale degli interessi della prole. Tuttavia, non sono conferiti all'organo requirente, né poteri di audizione delle parti, né facoltà di ascolto dei minori, né possibilità di assumere mezzi istruttori. Quindi, il pubblico ministero provvederà alla relativa autorizzazione con apposito provvedimento, una volta soppesata positivamente la corrispondenza dell'assetto di interessi regolamentato nell'accordo alla tutela soddisfacente della prole. Pertanto, la relativa delibazione, almeno sulla carta, non ha una rilevanza meramente formale, ma concerne il merito della regolamentazione degli interessi in favore della prole. In questo caso la legge non stabilisce il termine entro cui il pubblico ministero deve delibare, il che non si concilia con la prescrizione circa il termine entro cui gli avvocati assistenti devono trasmettere l'accordo all'ufficio competente. Ad ogni modo, attesa l'urgenza della delibazione, desumibile dalla natura delle situazioni giuridiche soggettive interessate, la statuizione deve avvenire prontamente. Anche l'autorizzazione deve essere comunicata agli avvocati assistenti, benché sul punto l'art. 6, comma 2, nulla disponga, diversamente da quanto è previsto in tema di comunicazione del nullaosta. La formale comunicazione dell'autorizzazione può avvenire mediante ufficiale giudiziario ovvero mediante posta elettronica certificata, essendo indirizzata agli avvocati e non alle parti. La comunicazione costituisce il dies a quo del termine fissato per l'adempimento degli obblighi pubblicitari, la cui inosservanza determina l'irrogazione di una significativa sanzione amministrativa di natura pecuniaria. Sicché è importante, non solo che l'autorizzazione sia resa nota agli avvocati, ma anche che la relativa trasmissione avvenga con mezzi idonei a dare certezza sui tempi del suo perfezionamento. Il perfezionamento degli accordi di separazione attraverso negoziazione assistita viene individuato con il rilascio del nullaosta o dell'autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica (Trib. Torino VII, 1° ottobre 2018, in Ilfamiliarista, con nota di Sapi). La disciplina è più complessa nell'ipotesi in cui, effettuata un'approfondita comparazione tra le condizioni concordate e la difesa degli interessi della prole, il pubblico ministero ritenga che dette condizioni siano pregiudizievoli e non soddisfino adeguatamente detti interessi. In questo caso, il procuratore della Repubblica trasmette l'accordo non autorizzato, entro 5 giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi 30 giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. A fronte di una scelta che avrebbe dovuto compiere il legislatore, si preferisce rimettere al giudice la stessa identificazione del modo di provvedere del presidente del tribunale cui siano trasmessi gli atti. Secondo una prima soluzione, siffatta trasmissione equivale ad una disposizione d'ufficio del mutamento del rito: la negoziazione assistita avente ad oggetto la separazione o il divorzio o la modifica delle condizioni di separazione o divorzio, quando vi sia prole, si trasformano in procedimento giudiziale di separazione o di divorzio o di modifica delle condizioni di separazione o divorzio quando l'accordo conclusivo della procedura di negoziazione non sia approvato dal pubblico ministero competente. Sicché la trasmissione disposta dal pubblico ministero al presidente del tribunale introduce d'ufficio il procedimento di separazione consensuale, che potrà concludersi con un'eventuale omologa ovvero con il rigetto ai sensi degli artt. 158, comma 2, c.c. e 711 c.p.c., oppure il procedimento di divorzio congiunto, che potrà concludersi con una sentenza di divorzio ovvero con il mutamento del rito del divorzio da congiunto in contenzioso, ai sensi dell'art. 4, comma 16, della legge sul divorzio, oppure il procedimento camerale di modifica delle condizioni di separazione ai sensi dell'art. 710 c.p.c. o delle condizioni di divorzio ai sensi dell'art. 9 della legge sul divorzio, che potranno concludersi con la disposizione delle stesse modifiche concordate dalle parti ovvero con la disposizione di modifiche previste d'ufficio nell'interesse della prole. Questa impostazione sembra avallata da quella giurisprudenza la quale, premesso che l'accordo con il quale due genitori, non legati da vincolo di coniugio, regolamentano le condizioni di affidamento, mantenimento, collocamento ed esercizio del diritto di visita, non può essere stipulato mediante il procedimento di negoziazione assistita, ha ritenuto che, tuttavia detto accordo — stipulato ai sensi dell'art. 2 d.l. n. 132/2014 — una volta depositato presso il Tribunale competente, alla luce del diniego del P.m., può essere considerato alla stregua di un ricorso congiunto ex art. 337-bis c.c., con la conseguenza che il Tribunale deve convocare i genitori ai fini della ratifica delle conclusioni da loro condivise (Trib. Como, 13 gennaio 2016, in ilfamiliarista.it, con nota di Simeone). In base alla ricostruzione alternativa, i poteri spettanti al presidente del tribunale cui gli atti sono trasmessi sono anch'essi sui generis e non richiamano altri procedimenti già contemplati dall'ordinamento giuridico. In primo luogo, all'esito dell'audizione, non avendo il diniego espresso dal pubblico ministero efficacia vincolante verso il presidente del tribunale, qualora quest'ultimo si persuada che le condizioni all'origine predisposte dalle parti siano rispondenti agli interessi dei figli, anche in guisa dei chiarimenti forniti dalle parti, autorizzerà definitivamente l'accordo. Diversamente, può accadere che il presidente del tribunale, anche in conseguenza dell'audizione delle parti, si persuada del fatto che le condizioni all'origine concordate non sono conformi agli interessi della prole, come già aveva ritenuto il pubblico ministero, sicché potrà indicare alle parti le soluzioni alternative che, consentendo di rettificare le disposizioni difformi, permettano l'autorizzazione. Ove le parti aderiscano alle modifiche proposte dal presidente del tribunale, quest'ultimo autorizzerà l'accordo con le rettifiche approvate dai genitori. Inoltre, può accadere che le parti non acconsentano alle modifiche suggerite dal presidente del tribunale e, in tale evenienza, il presidente rigetterà definitivamente la richiesta di autorizzazione e chiuderà così il procedimento. Sarà poi un'autonoma scelta delle parti quella di proporre al pubblico ministero un'ulteriore accordo da autorizzare per la via della negoziazione assistita ovvero introdurre un procedimento giudiziale. Nella prassi applicativa si è evidenziato che in materia di negoziazione assistita avente ad oggetto negozi compositivi di crisi familiare la fase avanti al Presidente è da ricondurre lato sensu alle forme del rito camerale e al giudicante deve riconoscersi autonomia di valutazione rispetto al diniego del P.m. quanto alla portata delle condizioni della separazione o del divorzio, o della modifica delle originarie pattuizioni, anche sulla scorta delle delucidazioni che le parti possono fornire comparendo personalmente in udienza (Trib. Torino VII, 13 maggio 2016). Sempre in sede di merito, si è sottolineato che l'accordo di separazione personale concluso da una coppia con figli minori attraverso la procedura di negoziazione assistita da avvocati, che, non avendo ottenuto il nulla osta del P.m., sia stato trasmesso al presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 6, comma 2, d.l. n. 132/2014, dopo l'udienza presidenziale, va omologato dal Tribunale in composizione collegiale se ritenuto conforme alle norme imperative (Trib. Pistoia, 16 marzo 2015, in Giustiziacivile.com, con nota di Vaccari). Sempre in sede di merito, si è sottolineato che l'accordo di separazione personale concluso da una coppia con figli minori attraverso la procedura di negoziazione assistita da avvocati, che, non avendo ottenuto il nulla osta del P.m., sia stato trasmesso al presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 6, comma 2, d.l. n. 132/2014, dopo l'udienza presidenziale, va omologato dal Tribunale in composizione collegiale se ritenuto conforme alle norme imperative (Trib. Pistoia, 16 marzo 2015, in Giustiziacivile.com, con nota di Vaccari). Occorre considerare che, a partire dalla data del 22 giugno 2022, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 1 della legge n. 206 del 2021, la procedura di negoziazione assistita potrà essere utilizzata anche per regolare nonché per modificare le condizioni di affidamento della prole di coppie non coniugate. Gli stessi effetti giuridici della separazione consensuale e del divorzio congiunto possono oggi essere conseguiti in via stragiudiziale in accordo con quanto previsto dall'art. 6 d.l. n. 132/2014 in tema di negoziazione assistita (che prevede un procedimento semplificato in mancanza di prole ed un procedimento, in presenza di prole minorenne o maggiorenne portatrice di handicap o non economicamente autosufficiente dove il controllo, in prima battuta demandato al Procuratore della Repubblica, è più pregnante). In mancanza di figli, la separazione ed il divorzio possono essere richiesti anche dinanzi all'ufficiale di stato civile ex art. 12 d.l. n. 132/2014. Casistica In materia di separazione consensuale tra coniugi, le convenzioni di negoziazione assistita producono gli stessi effetti dei provvedimenti giudiziali, i quali non richiedono ulteriori sottoscrizioni da parte dei pubblici ufficiali nemmeno nel caso di eventuali trasferimenti immobiliari (Trib. Pordenone, 17 marzo 2017, in Foro it., 2017, I, 1771, con nota di Cardinale). Ai sensi dell'art. 6, comma 3, d.l. n. 132/2014, conv. dalla l. n. 162/2014, l'avvocato della parte è l'unico soggetto abilitato ad autenticare l'accordo raggiunto dai coniugi che si separano apponendo la certificazione dell'autografia delle firme: pertanto, attesa l'equipollenza, ricavabile dalla normativa di cui al d.l. n. 132/2014 tra l'accordo di separazione in regime di negoziazione assistita autorizzato dal PM e il verbale di separazione consensuale sottoscritto in tribunale e omologato, deve ritenersi che anche il primo possa essere trascritto, considerata l'identità della fonte (pattizia) e le medesime finalità di tutela perseguite (Trib. Roma V, 17 marzo 2017, in Guida dir., 2017, n. 16, 26, con note di Leo e Sileci). In materia di separazione consensuale tra coniugi, la trascrizione nei registri immobiliari delle convenzioni di negoziazione assistita richiede la previa autenticazione della sottoscrizione del processo verbale di accordo da parte di un notaio, non potendosi equiparare ad ogni effetto l'accordo negoziato certificato e autenticato dagli avvocati al verbale giudiziale (Trib. Genova, 8 aprile 2016, in Foro it., 2017, I, 1771, con nota di Cardinale). In materia di separazione consensuale tra coniugi, la trascrizione nei registri immobiliari delle convenzioni di negoziazione assistita richiede l'attestazione, da parte di pubblico ufficiale a ciò autorizzato, della conformità dei dati catastali alle risultanze dei registri immobiliari (Trib. Napoli, 29 gennaio 2016, in Foro it., 2017, I, 1771, con nota di Cardinale). In materia di separazione consensuale dei coniugi e provvedimenti con riguardo ai figli, il procedimento che si instaura a seguito della trasmissione dell'accordo da parte del PM con la denegata autorizzazione per la ritenuta non rispondenza all'interesse dei figli, in quanto si svolge davanti ad un organo giurisdizionale, nel contraddittorio dei coniugi, ha natura giurisdizionale e non avendo ad oggetto una controversia tra le parti, bensì un accordo consensualmente raggiunto, è assimilabile ai procedimenti di volontaria giurisdizione, che si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio e si conclude, sentite le parti, e, quindi nel contraddittorio delle stesse, con ordinanza (Trib. Termini Imerese, decr. 24 marzo 2015, in Ilfamiliarista.it). Il procedimento di negoziazione assistita da uno o più avvocati di cui alla l. n. 162/2014, di conversione del d.l. n. 132/2014, celebrato dinnanzi al Presidente del Tribunale adito in seguito al diniego di autorizzazione del PM, va ricondotto alle forme del giudizio camerale, pur discostandosi dalle disposizioni comuni degli artt. 737 ss. c.p.c. (Trib. Torino, decr. 20 aprile 2015, in Dir. fam. pers., 2015, I, 1385, con nota di Masoni). Se l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita non ottiene l'autorizzazione del PM ex art. 6, comma 2, d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014 e viene conseguentemente trasmesso al Presidente, questi, nel rispetto del principio di economia processuale — ratio sottostante, in senso lato, all'emanazione della nuova normativa di degiurisdizionalizzazione — e nel rispetto dei principi giurisdizionali della domanda, dell'impulso di parte e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, fisserà l'udienza di comparizione delle parti invitando nel contempo queste, qualora non intendano aderire alle prescrizioni del PM, al deposito di un ricorso ex art. 711 c.p.c., ovvero ex art. 4 comma 16 l. div., ovvero ancora ex art. 710 c.p.c. (Trib. Torino, decr. 15 gennaio 2015, in Ilfallimentarista.it). Qualora il Pubblico Ministero non autorizzi l'accordo dei coniugi concluso a seguito di convenzione di negoziazione assistita,ex art. 6 d.l. n. 132/2014, si apre nella procedura negoziativa un «incidente giurisdizionale», ovvero un procedimento di volontaria giurisdizione che si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio in cui il Presidente, o il giudice da lui delegato, provvede in composizione monocratica: nell'ambito dei suoi poteri, il Presidente può autorizzare o meno l'accordo originario, tenendo conto del rilievi mossi dal PM ma non essendo in alcun modo vincolato dagli stessi, ma può altresì autorizzare condizioni assolutamente non in linea con i rilievi mossi dal PM e pure del tutto differenti da quelle inizialmente concordate (Trib. Palermo I, 1 dicembre 2016, in Ilfamiliarista, 12 luglio 2017, con nota di Calabrese). In materia di negoziazione assistita avente ad oggetto negozi compositivi di crisi familiare la fase avanti al Presidente è da ricondurre «lato sensu» alle forme del rito camerale e al giudicante deve riconoscersi autonomia di valutazione rispetto al diniego del PM quanto alla portata delle condizioni della separazione o del divorzio, o della modifica delle originarie pattuizioni, anche sulla scorta delle delucidazioni che le parti possono fornire comparendo personalmente in udienza (Trib. Torino VII, 13 maggio 2016). Lo strumento della negoziazioneassistita, nella materia familiare, è previsto espressamente ex art. 6 d.l. n. 132/2014 solo per le coppie coniugate, separande o divorziande, onde elaborare o modificare la disciplina delle condizioni di separazione o di divorzio, da sottoporre al vaglio del PM; non è invece, prevista l'estensione di tale istituto ai fini della regolamentazione delle relazioni genitoriali per le coppie non coniugate: nel caso in cui, pertanto, una convenzione di negoziazione sia stata sottoscritta da genitori non uniti in matrimonio ed il PM non abbia concesso il provvedimento di autorizzazione, il giudice, cui sono trasmessi gli atti dall'Ufficio di Procura, è tenuto ad esaminare, in camera di consiglio, l'accordo, al fine di ratificarlo, previa audizione dei genitori (Trib. Como, 13 gennaio 2016). L’immediata efficace reale dei trasferimenti immobiliariRisolvendo una questione che era stata oggetto di un ampio dibattito, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, in una recentissima decisione, hanno affermato il principio secondo cui le clausole dell'accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni - mobili o immobili - o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., purché risulti l'attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all'art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52/1985, come introdotto dall'art. 19, comma 14, d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. dalla l. n. 122/2010, restando invece irrilevante l'ulteriore verifica circa gli intestatari catastali dei beni e la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari. Modifica e revoca delle condizioniAi sensi dell'art. 710 e dell'art. 9 l. n. 898/1970 (l. divorzio), peraltro, anche le condizioni concordate in sede di separazione e divorzio possono essere oggetto di revoca o modifica in considerazione di fatti sopravvenuti (in sede applicativa, Trib. Modena II, 18 aprile 2012). BibliografiaBriguglio-Capponi (a cura di), Commentario alle riforme del processo civile, I, Padova, 2007; Casaburi, Il nuovo processo di famiglia, in Giur. mer. 2006/3, 5 ss.; Cea, I processi di separazione e divorzio all'indomani della promulgazione della l. n. 80/2005, in Riv. dir. civ. 2006, II, 103 ss.; Cea, L'affidamento condiviso. Profili processuali, in Foro it. 2006, V, 100; Chiarloni (a cura di), Le recenti riforme del processo civile, II, Bologna, 2007; Cipriani, Processi di separazione e di divorzio, in Foro it. 2005, V, 140; Cipriani, Sulla revoca del consenso per la separazione consensuale (ancora in difesa dell'art. 711 c.p.c.), in Riv. arb. 1994, 938 ss.; Cipriani, Dalla separazione al divorzio, Napoli, 1971; Cipriani, I provvedimenti presidenziali nell'interesse dei coniugi e della prole, Napoli, 1970; Cipriani-Monteleone (a cura di), La riforma del processo civile, Padova, 2007; Danovi, Le nuove norme sui procedimenti di separazione e di divorzio, in Riv. dir. proc. 2005, 849; Graziosi, Osservazioni sulla riforma dei processi di separazione e di divorzio, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2005, 1113; Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 2006; Lupoi, Aspetti processuali della normativa sull'affidamento condiviso, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 1063; Lupoi, La riforma dei procedimenti della crisi matrimoniale: profili sistematici e fase introduttiva, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2006, 955; Mandrioli, Il « rito ambrosiano » nei giudizi di separazione e divorzio, in Fam. e dir. 1994, 215 ss.; Mandrioli, I provvedimenti presidenziali nel giudizio di separazione dei coniugi, Milano, 1953; Pagano, Modifica dell'art. 710 del cod. di proc. civ. in materia di modificabilità dei provvedimenti del tribunale nei casi di separazione personale dei coniugi, in Nuove leggi civ. comm. 1989, 367 ss.; Salvaneschi, La Corte Costituzionale modifica la competenza nei giudici di divorzio, in Riv. dir. proc. 2009, 491; Salvaneschi, Alcuni profili processuali della legge sull'affidamento condiviso, in Riv. dir. proc. 2006, 1292; Salvaneschi, Provvedimenti presidenziali nell'interesse dei coniugi e della prole e procedimento cautelare uniforme, in Riv. dir. proc. 1994, 1063 ss.; Tommaseo, Dichiarate parzialmente illegittime le regole sul foro competente per i giudizi di divorzio: una sentenza scontata o un'occasione perduta?, in Fam. e dir. 2008, 669; Tommaseo, La disciplina processuale della separazione e del divorzio dopo le riforme del 2005 (e del 2006), in Fam. e dir. 2006, 7 ss.; Tommaseo, Nuove norme per i giudizi di separazione e di divorzio, in Fam. e dir. 2005, 231. |