Codice Civile art. 254 - Forma del riconoscimento (1) (2).Forma del riconoscimento (1) (2). [I]. Il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio (3) è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento [1 2], davanti ad un ufficiale dello stato civile (4) o in un atto pubblico o in un testamento [587 2], qualunque sia la forma di questo (5).
(1) L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo le parole «Capo II. "Della filiazione naturale e della legittimazione"»; «Sezione I. "Della filiazione naturale» e la rubrica del paragrafo 1 «Del riconoscimento dei figli naturali» con le parole: «Capo IV. "Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio"». (2) Articolo dapprima sostituito dall'art. 106 l. 19 maggio 1975, n. 151 e successivamente modificato dall'art. 138 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51. (3)L'art. 25, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito la parola «naturale» con le parole: «nato fuori del matrimonio». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. Precedentemente, l'art. 1, comma 11, l. 10 dicembre 2012, n. 219 aveva disposto che « Nel codice civile, le parole: “figli legittimi” e “figli naturali”, ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: “figli” ». (4) V. d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396. (5) Seguiva un secondo comma abrogato dall'art. 25, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. Il testo recitava: «La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico o in un testamento importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. InquadramentoL'articolo in esame fu solo minimamente toccato dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, con un intervento di coordinamento nascente dalla soppressione dell'istituto della legittimazione, abrogato dall'art. 1, comma 10, l. 10 dicembre 2012, n. 219. Con un precedente intervento di modifica introdotto già ad opera dell'art. 138 d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, si era abrogato il secondo comma nella parte in cui consentiva al giudice tutelare di ricevere la dichiarazione di riconoscimento, così sopprimendo ogni funzione amministrativa dell'autorità giudiziaria, per valorizzare esclusivamente quella giurisdizionale (Dogliotti , 2015, 263). L'atto di riconoscimento è un atto formale, in quanto la dichiarazione deve essere resa nelle forme previste dalla legge a pena di nullità (Bianca C.M., 2014, 375). Secondo la dottrina più accreditata – come si è visto sub art. 250 c.c. – l'atto ha una funzione negoziale di accertamento e richiede la forma pubblica, in modo tale da consentire la massima certezza giuridica circa il tempo e l'autore dell'atto; trattasi di un atto personalissimo, e dunque non può essere reso per procura, ma tuttavia si ritiene che la dichiarazione di nascita possa essere fatta da un terzo in funzione non già di procuratore, ma di mero nuncius (Majello, 1982, 84; Tamburrino, 1984, 113; Cecchini, 1992, 129, Musolino, 2008, 953). La dichiarazione di filiazione fuori dal matrimonio può essere contenuta nell'atto di nascita, se è contestuale alla dichiarazione di nascita (art. 30 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, ordinamento dello stato civile), ma può essere anche effettuato con un atto successivo alla nascita, ovvero precedente ad essa purché successiva al concepimento. In tal caso, l'atto di riconoscimento effettuato separatamente rispetto all'atto di nascita, viene sottoposto all'iscrizione nei registri dello stato civile, ovvero, nell'ipotesi in cui lo stesso sia ricevuto da altro pubblico ufficiale, viene trascritto nei registri dello stato civile (art. 46, d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396). Gli atti di riconoscimento effettuati separatamente rispetto alla dichiarazione di nascita, sono soggetti ad annotazione sullo stesso (art. 49, d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396). Il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio può avvenire sia mediante atto pubblico che nelle forme del testamento. Riconoscimento in un atto pubblicoQuanto al riconoscimento per atto pubblico, si intende non già qualsiasi atto di natura pubblicistica, bensì solo quello ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale cui siano state conferite funzioni di ufficiale dello stato civile (Stella Richter-Sgroi, 1967, 123). Particolarmente discusse sono le ipotesi di riconoscimento nell'atto di matrimonio concordatario e di quello contenuto nell'atto di battesimo. Non si considera di solito valido il riconoscimento ricevuto dal sacerdote durante il battesimo (Majello, 1982, 89). Quanto al riconoscimento compiuto nell'atto di matrimonio concordatario, la dottrina si esprime in forma dubitativa, essendo più accettabile che l'atto sia ricevuto da pubblico ufficiale con funzioni di ufficiale dello stato civile (Ferrando, 1997, 762). Nell'ipotesi di riconoscimento del nascituro da parte del padre, è necessario che il figlio venga riconosciuto anche dalla madre, alla luce del fatto che l'unico modo per indicarlo è quello di fare riferimento alla madre (Majello, 1982, 87). Conformemente al prevalente orientamento dottrinario, anche la giurisprudenza ha affermato che il riconoscimento di figlio naturale non può essere compiuto dinnanzi al comandante della stazione dei carabinieri, perché la forma dell'atto pubblico, alternativamente prevista dall'art. 254 c.c. per la validità del riconoscimento, si identifica nel documento redatto da un notaio o da altro pubblico ufficiale cui siano attribuite funzioni di stato civile. Nel giudizio promosso ai sensi dell'art. 250, quarto comma , c.c. dal genitore che vuole effettuare il secondo riconoscimento, nell'ipotesi di rifiuto del consenso da parte dell'altro genitore, l'accertamento della veridicità del riconoscimento può venire in considerazione incidenter tantum, al solo fine di stabilire la legittimazione attiva del ricorrente (Proc. Rep. Trieste, 3 luglio 1993). Non è neppure ammissibile la dichiarazione resa ai carabinieri o al magistrato, in cui il genitore qualifichi il minore come proprio figlio (Trib. min. Potenza, 22 aprile 1985). Non si considera neppure valido il riconoscimento ricevuto dal sacerdote che impartisce il battesimo (Cass. I, n. 1980/1943). La Cassazione si è pronunciata in ordine al riconoscimento di figlio naturale effettuato all'estero ad opera di genitore cittadino italiano, stabilendo che in presenza dei generici e comuni requisiti d'ordine certificativo (come l'autenticazione e la legalizzazione di firma), richiesti anche dalla normativa del luogo di provenienza, se è fatta in una delle forme alternativamente richieste dall'art. 26, comma 1, disp. prel. c.c., può avere efficacia in Italia ed essere iscritta nei registri di nascita, mediante annotazione in calce al relativo atto anagrafico, ai sensi degli art. 85 ed 89 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, senza che occorra un provvedimento giurisdizionale di delibazione che renda esecutivo nello Stato l'atto formatosi all'esterno nelle mani della competente autorità straniera; l'efficacia dell'atto si estende alle obbligazioni patrimoniali aventi titolo nel rapporto di filiazione naturale così sorto, che rimangono disciplinate dalla legge regolatrice del rapporto in tal modo costituitosi (Cass. I, n. 2358/1988). Tale conclusione trova fondamento nell'Ordinamento dello Stato civile, ai sensi del quale la iscrizione o la trascrizione della dichiarazione di riconoscimento di un figlio naturale nel registro delle nascite e l'annotazione in calce all'atto di nascita del soggetto riconosciuto come figlio naturale non sono subordinate alla emanazione di un provvedimento giurisdizionale, in quanto la dichiarazione di riconoscimento, documentata in una delle forme previste dall'art. 254, primo comma, c.c. (e quindi anche la dichiarazione resa in un atto pubblico), è idonea, di per sé, ad essere iscritta o trascritta nel registro delle nascite ed annotata in calce all'atto di nascita. Poiché mancano previsioni particolari per gli atti formati all'estero, deve ritenersi che la dichiarazione di riconoscimento del figlio naturale effettuata all'estero del cittadino italiano in una delle forme alternativamente previste dall'art. 26, comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale (in particolare, nella forma regolata dalla legge del luogo in cui l'atto è compiuto: e non vi è dubbio, alla stregua degli accertamenti compiuti dal giudice del merito, che l'atto di cui si discute fosse atto pubblico redatto secondo le norme e le garanzie procedurali della legge germanica, non difforme dallo schema di cui all'art. 2699 c.c.) dev'essere iscritta nei registri degli atti di nascita ad annotata in calce al relativo atto secondo le richiamate disposizioni dell'Ordinamento dello Stato civile, senza che occorra un provvedimento giurisdizionale che renda esecutivo in Italia l'atto formato all'estero, e salva, ovviamente, la necessità dei generali requisiti di ordine certificativo (come autenticazione e legalizzazione di firme) che siano richiesti, anche in relazione al Paese di provenienza dell'atto stesso. Riconoscimento contenuto in un testamentoIl riconoscimento può essere contenuto in un testamento, indipendentemente dalla sua forma (pubblico, olografo o segreto). In questo caso il riconoscimento avrà effetto anche se il testamento è stato revocato, in virtù del principio dell'irrevocabilità del riconoscimento ai sensi dell'art. 256 c.c. (In materia, ex multis, si vedano: bianca, 2005, 211; Azzariti, 1977, 821). Tuttavia, qualora medio tempore, tra la data del testamento e quella della morte del testatore, il figlio abbia acquistato lo stato di figlio di altro genitore, il riconoscimento non produce effetto, salve le eventuali conseguenze del giudizio di impugnazione. Si ritiene in dottrina, che al fine della validità del riconoscimento contenuto del testamento, sia necessaria la validità formale del testamento stesso, salvo che non si verifichi una conversione formale del testamento in altro atto pubblico (Majello, 1982, 102; Dogliotti, 2015, 267). Si esclude, tuttavia, che i vizi dell'atto testamentario si estendano automaticamente all'atto di riconoscimento contenuto del testamento (Criscuoli, 1995, 193). Infine, si ritiene che il riconoscimento contenuto in un testamento sia sottoposto al regime degli assensi e dei consensi di cui all'art. 250 c.c., atteso che l'atto è disciplinato in modo unitario, a prescindere dalla forma che esso assume, fermo restando che l'azione ex art. 250, comma 4, c.c., può essere promossa anche dai discendenti del defunto (Majello, 1982, 42). Normalmente il riconoscimento avviene con efficacia immediata (ogni clausola che tenda limitarne gli effetti e, quindi, anche a rinviarli, è nulla, in base all'art. 257 c.c.: le clausole limitative vitiantur sed non vitiant) ed è irrevocabile, mentre il testamento produce effetti solo a partire dalla morte del testatore ed è un negozio revocabile. Il collegamento fra le norme di diritto di famiglia e quelle di diritto successorio avviene grazie all'art. 256 c.c., secondo cui gli effetti del riconoscimento tramite testamento si producono alla morte del testatore; mentre la disposizione con cui si effettua il riconoscimento non è soggetta a revoca, pur se il testamento è stato revocato (il riconoscimento testamentario è atto mortis causa, ma non atto di ultima volontà, cioè revocabile). La Cassazione afferma che l'atto contenente disposizioni di carattere esclusivamente non patrimoniale può essere qualificato alla stregua di un testamento, purché di questo abbia contenuto, forma e funzione, la quale ultima, in particolare, consiste nell'esercizio, da parte dell'autore, del proprio generale potere di disporre mortis causa, escludendo la ricorrenza di un testamento olografo in una scrittura privata contenente il riconoscimento di figlio naturale, non evincendosi univocamente da essa la volontà del de cuius di determinare l'effetto accertativo della filiazione dopo la propria morte (Cass. I, n. 1993/2016). La S.C. rammenta, che la valutazione di un atto quale disposizione testamentaria ex art. 587 c.c. (in particolare, nel caso in esame, quale testamento olografo: art. 602 c.c.), dà luogo ad un apprezzamento di fatto, che si sottrae al sindacato di legittimità, se correttamente motivato (Cass. III, n. 10035/2006). Comunque, il riconoscimento della paternità naturale, contenuto in un testamento, ancorché inidoneo a costituire lo status di figlio naturale, per inefficacia derivante dalla circostanza che il testatore sia ancora in vita (art. 256 c.c.), esprime un'ammissione del fatto procreativo, e, come tale, può essere utilizzato, quale elemento di convincimento, nella causa promossa per la dichiarazione giudiziale di detta paternità naturale (Cass. I, n. 2646/1989) Anche in giurisprudenza si ritiene che al riconoscimento testamentario si applichino le stesse forme e la stessa disciplina prevista per il riconoscimento dall'articolo 250 c.c., sicché il riconoscimento è inefficace se manca l'assenso del figlio ultraquattordicenne ovvero il consenso del genitore che abbia già effettuato il riconoscimento, in caso di figlio infrasedicenne (Trib. min. Venezia, 17 luglio 1978). BibliografiaAmadio, Macario, Diritto di famiglia, 2016; Amore, nota a Cass, 26097/2013 in Cass. Pen., 2014, 6, 2134; G.E. 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