Codice Civile art. 256 - Irrevocabilità del riconoscimento (1) (2).

Valeria Montaruli
Francesco Bartolini

Irrevocabilità del riconoscimento (1) (2).

[I]. Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è contenuto in un testamento [587 2] ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato revocato [679].

(1) L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo le parole «Capo II. "Della filiazione naturale e della legittimazione"»; «Sezione I. "Della filiazione naturale» e la rubrica del paragrafo 1 «Del riconoscimento dei figli naturali» con le parole: «Capo IV. "Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio"».

(2) Articolo così sostituito dall'art. 107 l. 19 maggio 1975, n. 151.

Inquadramento

Il codice del 1865 non prevedeva l'irrevocabilità del riconoscimento, anche se essa veniva affermata in dottrina e giurisprudenza. La legge19 maggio 1975, n. 151 ha soppresso il secondo comma dell'art. 256 c.c., che riguardava il riconoscimento testamentario dei figli «adulterini», ammesso solo se lo scioglimento del matrimonio fosse già avvenuto al momento della redazione del testamento; al primo comma è stata apportata una variazione lessicale, sostituendo il ‘se' con ‘quando'. L'articolo non è stato modificato dalla l. 10 dicembre 2012, n. 219 e dal d.lgs.28 dicembre 2013, n. 154 (Dogliotti, 2015, 285).

Il fondamento dell'irrevocabilità è legato al valore di accertamento dell'atto: la revocabilità del riconoscimento non consentirebbe, infatti, di raggiungere una situazione di certezza giuridica (Majello, 1982, 101).

Si afferma che dovrebbero intendersi come revocati i riconoscimenti vietati o comunque nulli, ma in tal caso essi sarebbero inficiati ab origine e dunque non potrebbe parlarsi di revoca (Farolfi, 2015, 1031). Al contrario, appaiono irrevocabili i riconoscimenti, anche se inefficaci, e quelli effettuati, pur se non sono stati trascritti o annotati nei pubblici registri (Finocchiaro, 1984, 1724).

Secondo alcuni, il fatto che il riconoscimento abbia effetto dalla morte del testatore, non potendo retroagire alla nascita del figlio, attesta la negoziabilità del medesimo (Dogliotti, 2015, 286), mentre altri ritengono che la volontà non è rilevante, perché gli effetti diversi deriverebbero solo dalle caratteristiche del mezzo prescelto (Figone-Vercellone, 1991, 584). L'irrevocabilità del riconoscimento permane anche in caso di revoca del testamento, ovvero distruzione dello stesso (Majello, 103).

La revoca tacita del testamento, ai sensi degli art. 684 e 685 c.c., anche se rende particolarmente ardua la prova dell'esistenza del riconoscimento testamentario, non incide sulla sua validità ed efficacia, sicché pare possibile che, essendo il testatore in vita, il figlio possa adottare provvedimenti conservativi per evitare che il genitore lo distrugga (Majello, 102).

 La Cassazione ha affermato che l'atto contenente disposizioni di carattere esclusivamente non patrimoniale può essere qualificato alla stregua di un testamento, purché di questo abbia contenuto, forma e funzione, la quale ultima, in particolare, consiste nell'esercizio, da parte dell'autore, del proprio generale potere di disporre mortis causa. Tale affermazione è stata fatta in un caso in cui la Suprema Corte ha escluso la ricorrenza di un testamento olografo in una scrittura privata contenente il riconoscimento di figlio naturale, non evincendosi univocamente da essa la volontà del de cuius di determinare l'effetto accertativo della filiazione dopo la propria morte (Cass. II, n. 1993/2016). Non è esclusa, quindi, l'esistenza del testamento, qualora esso contenga soltanto disposizioni di carattere non patrimoniale, ma requisiti irrinunciabili sono la formalità e la solennità dell'atto, al fine di garantire la libertà di testare, la certezza e la serietà della manifestazione di volontà del suo autore e la sicura determinazione del contenuto delle singole disposizioni. A questo scopo, la legge richiede ad substantiam che il testamento, seppur a contenuto soltanto non patrimoniale, venga redatto in una delle forme espressamente stabilite (art. 601 c.c. e ss.). Affinchè la dichiarazione di riconoscimento di un figlio nato al di fuori del matrimonio possa, pertanto, intendersi inserita in un testamento, del quale pure esaurisca il contenuto, giacchè l'atto risulta sprovvisto di disposizioni di carattere patrimoniale, occorre che esso riveli la sua natura di atto mortiscausa (per il tempo in cui avrà cessato di vivere), nel senso che la morte sia assunta dal dichiarante come punto di origine (ovvero, appunto, come causa) del complessivo effetto del regolamento dettato con riguardo a tale situazione rilevante giuridicamente.

Inoltre, il riconoscimento della paternità naturale, contenuto in un testamento, ancorché inidoneo a costituire lo status di figlio naturale, per inefficacia derivante dalla circostanza che il testatore sia ancora in vita (art. 256 c.c.), esprime un'ammissione del fatto procreativo, e, come tale, può essere utilizzato, quale elemento di convincimento, nella causa promossa per la dichiarazione giudiziale di detta paternità naturale (Cass. I, n. 2646/1989).

La Cassazione ha altresì stabilito, con riferimento alla relazione tra irrevocabilità del riconoscimento e impugnazione di questo per difetto di veridicità, che l'impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità, da parte del suo autore a norma dell'art. 263 c.c., ancorché non richieda la sopravvenienza di elementi di conoscenza nuovi rispetto a quelli noti al momento del riconoscimento, non ne costituisce una revoca, di cui l'art. 256 c.c. sancisce il divieto, poiché l'autore che impugna il riconoscimento è tenuto alla giudiziale dimostrazione della non rispondenza del riconoscimento al vero (Cass. I, n. 2269/1993).

Bibliografia

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