Codice Civile art. 403 - Intervento della pubblica autorità a favore dei minori 1.Intervento della pubblica autorità a favore dei minori 1. [I]. Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o si trova esposto, nell'ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psico-fisica e vi è dunque emergenza di provvedere2, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione. [II]. La pubblica autorità che ha adottato il provvedimento emesso ai sensi del primo comma ne da' immediato avviso orale al pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni, nella cui circoscrizione il minore ha la sua residenza abituale; entro le ventiquattro ore successive al collocamento del minore in sicurezza, con l'allontanamento da uno o da entrambi i genitori o dai soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, trasmette al pubblico ministero il provvedimento corredato di ogni documentazione utile e di sintetica relazione che descrive i motivi dell'intervento a tutela del minore 3. [III]. Il pubblico ministero, entro le successive settantadue ore, se non dispone la revoca del collocamento, chiede al tribunale per i minorenni la convalida del provvedimento; a tal fine può assumere sommarie informazioni e disporre eventuali accertamenti. Con il medesimo ricorso il pubblico ministero può formulare richieste ai sensi degli articoli 330 e seguenti 4. [IV]. Entro le successive quarantotto ore il tribunale per i minorenni, con decreto del presidente o del giudice da lui delegato, provvede sulla richiesta di convalida del provvedimento, nomina il curatore speciale del minore e il giudice relatore e fissa l'udienza di comparizione delle parti innanzi a questo entro il termine di quindici giorni. Il decreto è immediatamente comunicato al pubblico ministero e all'autorità che ha adottato il provvedimento a cura della cancelleria. Il ricorso e il decreto sono notificati entro quarantotto ore agli esercenti la responsabilità genitoriale e al curatore speciale a cura del pubblico ministero che a tal fine può avvalersi della polizia giudiziaria 5. [V]. All'udienza il giudice relatore interroga liberamente le parti e può assumere informazioni; procede inoltre all'ascolto del minore direttamente e, ove ritenuto necessario, con l'ausilio di un esperto6. [VI] Entro i quindici giorni successivi il tribunale per i minorenni, in composizione collegiale, pronuncia decreto con cui conferma, modifica o revoca il decreto di convalida, può adottare provvedimenti nell'interesse del minore e qualora siano state proposte istanze ai sensi degli articoli 330 e seguenti da' le disposizioni per l'ulteriore corso del procedimento. Il decreto è immediatamente comunicato alle parti a cura della cancelleria 7. [VII]. Entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto il pubblico ministero, gli esercenti la responsabilità genitoriale e il curatore speciale possono proporre reclamo alla corte d'appello ai sensi dell'articolo 739 del codice di procedura civile. La corte d'appello provvede entro sessanta giorni dal deposito del reclamo 8. [VIII]. Il provvedimento emesso dalla pubblica autorità perde efficacia se la trasmissione degli atti da parte della pubblica autorità, la richiesta di convalida da parte del pubblico ministero e i decreti del tribunale per i minorenni non intervengono entro i termini previsti. In questo caso il tribunale per i minorenni adotta i provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore 9. [IX]. Qualora il minore sia collocato in comunità di tipo familiare, quale ipotesi residuale da applicare in ragione dell'accertata esclusione di possibili soluzioni alternative, si applicano le norme in tema di affidamento familiare 10. [1] Ai sensi dell'art. 50 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, le parole «tribunale per i minorenni», ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente, sono sostituite dalle parole «tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie», con la decorrenza indicata dall'art. 49, comma 1, d.lgs. 149, cit. [2] Le parole «Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o si trova esposto, nell'ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psico-fisica e vi è dunque emergenza di provvedere» sono state sostituite alle parole «Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere alla educazione di lui,» dall'art. 1, comma 27, lett. a) l. 26 novembre 2021, n. 206. Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit. [3] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 27, lett. b) l. 26 novembre 2021, n. 206. Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit. [4] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 27, lett. b) l. 26 novembre 2021, n. 206. Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit. [5] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 27, lett. b) l. 26 novembre 2021, n. 206. Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit. [6] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 27, lett. b) l. 26 novembre 2021, n. 206. Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit. [7] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 27, lett. b) l. 26 novembre 2021, n. 206. Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit. [8] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 27, lett. b) l. 26 novembre 2021, n. 206. Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit. [9] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 27, lett. b) l. 26 novembre 2021, n. 206. Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit. [10] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 27, lett. b) l. 26 novembre 2021, n. 206. Ai sensi del comma 37 del medesimo articolo, la presente disposizione si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. n. 206, cit. InquadramentoFino all'entrata in vigore della l. 4 maggio 1983, n. 184, il codice civile regolava agli artt. 400 ss. affidamento e affiliazione, figura, quest'ultima, tale da creare un vincolo tra il minore e la persona non coniugata che l'avesse allevato per più di tre anni. A seguito dell'affiliazione, sorgeva in capo all'affiliante il dovere di mantenere, istruire ed educare l'affiliato, mentre quest'ultimo, su sua richiesta, poteva assumere il cognome dell'affiliante. L'istituto dell'affiliazione è stato però abrogato dalla legge sull'adozione (art. 77). Restano vigenti unicamente gli artt. 400-401 (privi tuttavia di autonomo contenuto precettivo), l'art. 402 (riprodotto dall'art. 3 della legge sull'adozione) e l'art. 403 (unica norma che conserva un rilievo autonomo). Si ritiene difatti in dottrina che anche gli artt. 400 e 401, pur non espressamente abrogati dalla citata legge, debbano implicitamente ritenersi incompatibili con la nuova normativa, rinviando a norme ormai abrogate. Viceversa, l'art. 403 c.c. non può ritenersi abrogato implicitamente dagli artt. 2 e 4 della legge 184 del 1983, poiché esso attiene ad interventi urgenti da assumere nella fase anteriore all'affidamento familiare, ma va coordinato con l'art. 9 della medesima legge, il quale fa obbligo alla pubblica autorità, che venga a conoscenza della situazione di abbandono, di segnalarla al tribunale per i minorenni (Cass. n. 17648/2007). In generale, Il provvedimento amministrativo con cui i servizi sociali, in via provvisoria e urgente, prelevano dall'abitazione familiare un minore (ex art. 403 c.c.) non può essere ratificato dal tribunale dei minori, ma anzi deve essere revocato dove non sia adeguatamente motivato, con conseguente ordine di ricollocamento immediato del minore stesso nel proprio ambito familiare (Trib. min.. Bologna 13 gennaio 2011, n. 18). FattispecieIl potere di intervenire ai sensi dell'art. 403 c.c. è previsto per i casi di abbandono o disagio che siano palesi, evidenti o di indiscutibile ed agevole accertamento ed al fine di assumere i provvedimenti contingibili che si rivelino necessari ed urgenti; l'autorità amministrativa non ha poteri di indagine e di istruttoria sul singolo caso. Il Comune risponde ex art. 2049 c.c. per il fatto colposo dei suoi operatori che, facendo affidamento sui sospetti di persona priva della competenza necessaria alla valutazione del caso, sollecitino un provvedimento traumatico come l'allontanamento di un bambino dalla famiglia, invece che segnalare agli organi giudiziari competenti la necessità di compiere approfondite indagini, in adempimento al dovere di cui all'art. 9 l. n. 184/1983 (Cass. n. 20928/2015). Nella specie i genitori di due minori avevano convenuto in giudizio un Comune, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 2049 c.c., in ragione del comportamento illecito posto in essere dagli addetti ai servizi sociali comunali, addetti che, esclusivamente sulla base delle dichiarazione di una maestra d'asilo — la quale aveva ritenuto di ravvisare il sospetto di molestie sessuali da parte del padre su una figlia minore — avevano ottenuto dal Sindaco un provvedimento di allontanamento della minore dalla casa familiare e di affidamento al Comune, emesso ai sensi dell'art. 403 c.c., e ratificato dal Tribunale per i minorenni il giorno successivo. Successivamente lo stesso Tribunale aveva disposto il rientro della minore in famiglia, nulla essendo emerso dal comportamento della minore da cui potesse dedursi la veridicità dell'addebito. Afferma la pronuncia che nei precedenti gradi di giudizio era emerso che la prova dell'imperizia degli operatori dei Servizi sociali derivava non solo dalla relazione del CTU, ma dalla stessa difesa del Comune, che aveva indicato i propri operatori (l'assistente sociale e la psicologa) come vittime del comportamento della maestra della minore, il che costituiva ammissione «...del deficit di professionalità degli operatori dei Servizi sociali ..., evidentemente incapaci di condurre una verifica rigorosa e critica della segnalazione proveniente da un soggetto, quale la maestra C., (della cui affidabilità... chiunque avrebbe avuto motivo di dubitare,(...)». La stessa decisione ricorda che: «Il potere del Sindaco di intervenire direttamente sull'ambiente familiare ai sensi dell'art. 403 c.c., è previsto per i casi di “abbandono morale e materiale” (trascuratezza, mancanza di cure essenziali, percosse, ambiente insalubre o pericoloso, ecc.) ed in genere per situazioni di disagio minorile che siano palesi, evidenti o comunque di agevole e indiscutibile accertamento, al fine di adottare in via immediata i provvedimenti di tutela contingibili e urgenti, che si appalesino necessari. L'autorità amministrativa non ha invece poteri di indagine e di istruttoria sul singolo caso, in relazione a vicende delicate e complesse quali quella di cui trattasi, nata dall'interpretazione da parte di terzi delle parole — non si sa quanto spontanee o sollecitate — di una bambina di cinque anni, prive di ogni oggettivo riscontro» (v. pure Cass. n. 17648/2007). A fronte della richiesta promossa dall'esecutando ex art. 610 c.p.c. di determinazione delle modalità di esecuzione, il giudice - in presenza di minore nell'immobile oggetto di sfratto - può disporre che i servizi sociali comunali assicurino la presenza di un operatore per eventuali interventi a favore del minore medesimo, nonché - ove l'assistente sociale non sia presente al momento dell'accesso e non risulti alcuna prospettiva di una sistemazione idonea - l'ufficiale giudiziario provveda, ai sensi dell'art. 403 c.c., a segnalare - direttamente o tramite la forza pubblica - la necessità di intervento urgente dei servizi sociali (Trib. Milano 17 maggio 2013, in Archivio delle locazioni 2013, 6, 790). Il nuovo testoLa legge delega di riforma del processo civile (l. 26 novembre 2021, n. 206) ha da un lato delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi di riforma del processo civile entro un anno dalla pubblicazione della legge (art. 1, comma 1); dall'altro lato, la medesima legge ha introdotto alcune disposizioni direttamente operanti tra cui il nuovo art. 403 c.c. (art.1, comma 27, l. n. 206 cit.), che si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge, e dunque a partire dal 22 giugno 2022 (calcolando i 180 giorni dal 24 dicembre 2021, data di entrata in vigore della legge n. 206 del 2021). Il testo novellato dell'art. 403 c.c. ha conservato il potere di ricovero amministrativo in capo alla «pubblica autorità», attraverso una formulazione generica, la quale consente però con sicurezza di affermare che il potere è rimesso all'autorità amministrativa e non a quella giudiziaria (Ruscello, op. cit., 890). È stato escluso che il potere competa al P.M. (Trib. Min. Trieste 13 giugno 1989, Giur. Merito, 1991; Trib. Min. Roma 4 novembre 1994, Dir. Fam. Pers., 1996, 161), ovvero al tribunale per i minorenni (che interviene con provvedimenti definitivi), o, ancora, al giudice tutelare (privo di poteri in materia di infanzia abbandonata). Tale potere-dovere compete invece agli organi di polizia ed ai servizi sociali, come si desume dal riferimento agli «organi di protezione dell'infanzia». Tali ultime funzioni vengono esplicate dall'ente comunale, in persona del sindaco (v. Cass. 16 ottobre 2015, n. 20928). Al primo comma della norma novellata vengono individuati i presupposti che giustificano l'intervento della pubblica autorità: 1) l'abbandono morale o materiale del minore, oppure l'esposizione, nell'ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per l'incolumità psicofisica; 2) l'emergenza di provvedere. La situazione di abbandono morale e materiale era già menzionata nel testo previgente; si è di recente osservato, in argomento, che presupposto giustificativo per l'adozione da parte della pubblica autorità del provvedimento di cui all' art. 403 c.c. è la violazione dei c.d. diritti fondamentali di solidarietà familiare che tutelano l'interesse della persona, in tal caso minore di età a ricevere quel sostegno e guida necessari per la sua crescita; al riguardo l'art. 403 c.c. fa anzitutto menzione dell'abbandono morale, da individuarsi nella mancanza di quella carica affettiva indispensabile per una sana ed equilibrata crescita fisica e psicologica del minore (Trib. Min. Caltanissetta 26 agosto 2022). A detta previsione viene ora aggiunta adesso l'esposizione a grave pregiudizio e pericolo per l'incolumità psicofisica, espressione che richiama situazioni già in precedenza ritenute coperte, come emerge dalla casistica, dalla vecchia disposizione. Non è una novità neppure la necessità dell'emergenza di provvedere, sebbene il testo precedente non ne facesse menzione, giacché anche in passato si riteneva che il requisito dell'urgenza fosse implicito nella norma. Il provvedimento adottato in applicazione della norma in commento ha evidenti finalità protettive, poiché con esso il minore viene collocato «in luogo sicuro»: dunque i servizi sociali collocano il minore presso una famiglia o un istituto, in attesa di ulteriori determinazioni. Una volta adottato il provvedimento protettivo da parte dei servizi sociali, la norma nel suo testo originario non disciplinava la successiva fase, di competenza giurisdizionale. Si sosteneva che il tribunale dei minori dovesse essere informato del provvedimento ex art. 403 c.c., in vista dell'adozione di eventuali provvedimenti definitivi a tutela ex art. 330 e ss. c.c., ovvero agli effetti della declaratoria di adottabilità del minore. In giurisprudenza si era suggerita l'adozione di un provvedimento di eventuale ratifica dell'operato dei servizi sociali ad opera del T.M. (v. Trib. Min. Bologna 13 gennaio 2011, in Dir. giust. 2011, 18). Questa soluzione è stata fatta propria dalla uova norma, che ha colmato la preesistente lacuna, prevedendo un decreto del tribunale dei minori di conferma, modifica o revoca della convalida (art. 403, 5° comma, c.c. nel testo novellato). L'ordinanza ex art. 403 c.c. si inscrive dunque in una sequenza procedimentale funzionale a garantire la assistenza al minore, nelle more della adozione di ogni opportuno provvedimento da parte del giudice competente, ed involge quindi una situazione giuridica per così dire intermedia, rispetto alla quale è competente il tribunale per i minorenni (Trib. Ferrara 2 dicembre 2020, n. 710). 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