Codice Civile art. 317 bis - Rapporti con gli ascendenti (1).Rapporti con gli ascendenti (1). [I]. Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. [II]. L'ascendente al quale è impedito l'esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell'esclusivo interesse del minore. Si applica l'articolo 336, secondo comma. (1) Articolo sostituito dall'art. 42, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. Il testo precedente, inserito dall'art. 140 l. 19 maggio 1975, n. 151, recitava: «Esercizio della potestà. [I]. Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui. [II]. Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, l'esercizio della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'articolo 316. Se i genitori non convivono l'esercizio della potestà spetta al genitore col quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che ha fatto il riconoscimento. Il giudice, nell'esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente; può anche escludere dall'esercizio della potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore. [III]. Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sulla istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. InquadramentoLa disposizione in esame, introdotta dall'art. 42 del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, rubricata sotto il titolo «rapporti con gli ascendenti», sostituisce integralmente il contenuto del previgente art. 317 bis c.c., relativo all'esercizio della responsabilità nei confronti dei figli nati fuori del matrimonio. La norma è collocata subito dopo l'art. 316 c.c. non casualmente bensì a voler sottolineare l'importanza del ruolo degli ascendenti nella partecipazione all'educazione e formazione dei minori. Essa costituisce attuazione dei principi contenuti nella legge delega 10 dicembre 2012, n. 219, ed in particolare della «previsione della legittimazione degli ascendenti a far valere il diritto di mantenere i rapporti significativi con i nipoti» (art. 2 lett. p). È stato condivisibilmente osservato che la disposizione in esame si collega strettamente alla previsione contenuta nell'art. 315-bis c.c., che ha incluso fra i diritti del figlio nel rapporto con i genitori, quello di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti (De Pamphilis-Lena, 1182). Ciò, evidentemente, in un'ottica diversa da quella nella quale si era lentamente imposta la necessità di tutelare l'interesse del minore a frequentare gli ascendenti. In particolare la disposizione contenuta nell'art. 317-bis c.c. «rispecchia il passaggio che si è avuto da un modello di famiglia gerarchico e autoritario, incentrato appunto sulla potestà dei genitori, ad un modello familiare di tipo paritario e funzionale alla tutela dei diritti fondamentali dell'uomo» (così Carrano, 160). Sicché il diritto del minore a mantenere rapporti significativi con gli ascendenti non si realizza attraverso il semplice l'esercizio del diritto di visita ma tramite la costante presenza degli ascendenti nel percorso di crescita del minore, cioè nella loro diretta partecipazione alla formazione della sua identità personale (per una prospettiva internazionalistica del diritto degli ascendenti di cui all'art. 317-bis c.c. si segnala la decisione Corte EDU, Manuello/Nevi c. Italia, 20 gennaio 2015, in tema di violazione del diritto di cui all' art. 8 CEDU). Tale diritto è stato peraltro recentemente riconosciuto non solo ai soggetti legati al minore da un rapporto di parentela in linea retta ascendente ma anche ad “ogni altra persona che affianchi il nonno biologico del minore sia esso il coniuge o il convivente di fatto” e che abbia dimostrato di poter instaurare con il minore una relazione affettiva stabile, dalla quale quest'ultimo possa trarre beneficio per la sua formazione ed il suo equilibrio psico-fisico (Cass. I, n. 19780/2018). Rapporti significativi tra ascendenti e minore: da interesse legittimo a dirittoLa necessità di tutelare il diritto degli ascendenti ad avere un rapporto significativo con i nipoti, minorenni, è stata sentita e riconosciuta dalla l. 8 febbraio 2006, n. 54, sull'affidamento condiviso che, a tal fine, ha introdotto l'art. 155 c.c. Secondo la relazione illustrativa del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, l'espresso riconoscimento del diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti era stato disciplinato proprio dal citato art. 155 c.c. (Carrano, 161). Tale disposizione (oggi art. 337 ter c.c.) espressamente riconosce il diritto del minore a mantenere un rapporto significativo con gli ascendenti e con i parenti ma tutela il diritto del minore (non quello dell'ascendente) nell'ambito della patologia del rapporto tra i genitori. La dottrina in merito, peraltro, ha sempre ritenuto esistente il diritto del minore a mantenere rapporti con gli ascendenti, ben prima dell'introduzione nell'ordinamento dell'art. 155 c.c. Si era altresì ritenuto che il principio sotteso alla disposizione da ultimo citata avesse valenza generale e che, pertanto, dovesse trovare applicazione e tutela anche al di fuori delle fattispecie in esso previste (Auletta, 686). Ciò, tuttavia, non aveva portato a ritenere esistente in capo all'ascendente un diritto soggettivo perfetto bensì un mero interesse legittimo a mantenere rapporti con i nipoti, il quale non era pertanto ritenuto tutelabile se non in via meramente riflessa. La questione è stata poi oggetto di intervento della Suprema Corte che ha negato l'esistenza in capo agli ascendenti di un diritto soggettivo di avere dei rapporti significativi con i nipoti. In diverse pronunce, sempre con riferimento a fattispecie antecedenti alla riforma del 2013, è stato in particolare dato ingresso alla tutela dell'interesse degli ascendenti ai rapporti significativi con il minore, soprattutto nell'ambito e nei limiti dei procedimenti de potestate, di cui agli artt. 333 c.c. e ss. (si vedano: Cass. I, n. 14091/2009; Cass. I, n. 344/1996, e Cass. I, n. 1115/1981) così qualificando la contraria condotta del genitore come espressione del cattivo esercizio della responsabilità genitoriale e tutelando l'interesse dell'ascendente in via riflessa. In particolare, la risalente Cass. I, n. 3447/1996, pur riconoscendo l'importanza per il minore di frequentare i nonni, aveva evidenziato che, differentemente da quanto previsto in altri Paesi, nel nostro ordinamento non era tutelata in maniera immediata e diretta l'aspirazione dei nonni ad avere rapporti con i nipoti bensì soltanto indiretta e mediante il riconoscimento della legittimazione a sollecitare il controllo giudiziario sull'esercizio della potestà dei genitori (art. 336 c.c.), i quali non avrebbero potuto senza motivo plausibile vietare i rapporti dei figli con i parenti più stretti. La giurisprudenza di merito, parimenti, per lungo tempo ha ritenuto che i nonni fossero titolari di un mero interesse legittimo tutelabile in via esclusivamente indiretta, in attuazione degli artt. 333 c.c. e ss. (si vedano, ex plurimis: Trib. min. Milano 25 marzo 2011; Trib. min. Bari, 27 gennaio 2009, in Fam. e dir., 2009, 497; Trib. min. Bologna, 15 maggio 2006, in minoriefamiglia.it; Trib. min. Firenze, 22 aprile 2006, in Fam e dir. 2006, 291). Successivamente, ancorché sempre antecedente alla riforma del 2013, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto gli ascendenti titolari di un mero interesse legittimo alla frequentazione dei nipoti, così escludendo la risarcibilità del danno derivante dall'impedimento alle frequentazioni da parte dei genitori ed escludendo la possibilità per gli ascendenti di intervenire ai sensi dell'art. 105 c.p.c. nel procedimento di separazione. Nel dettaglio è stato affermato che l'art. 1, comma 1, della l. n. 54/2006, che ha novellato l'art. 155 c.c., nel prevedere il diritto dei minori, figli di coniugi separati, di conservare rapporti significativi con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale, affida al giudice un elemento ulteriore di indagine e di valutazione nella scelta e nell'articolazione di provvedimenti da adottare in tema di affidamento. Ciò, tuttavia non rileva in merito alla natura ed all'oggetto dei giudizi di separazione e di divorzio e ravvisare diritti relativi all'oggetto o dipendenti dal titolo dedotto nel processo che possano legittimare un intervento dei nonni o di altri familiari, ai sensi dell'art. 105 c.p.c., ovvero un interesse degli stessi a sostenere le ragioni di una delle parti, idoneo a fondare un intervento ad adiuvandum ai sensi del comma 2 dell'articolo appena citato (Cass. I, n. 22081/2009). In applicazione di tale principio è stata quindi ritenuta non censurabile la motivazione della Corte territoriale che, provvedendo alla concreta regolazione di tale questione nella suddetta prospettiva, ha ritenuto idonea a realizzare l'interesse della minore la possibilità per la medesima di vedere i nonni paterni in occasione delle visite al padre, anche tenuto conto della attiguità delle rispettive abitazioni (Cass. I, n. 17191/2011; in merito si veda altresì Cass. I, n. 22081/2009). Da ultimo Cass. I, n. 752/2015 ha ribadito che le norme sul diritto dei minori di conservare i «rapporti significativi» hanno introdotto un ulteriore elemento di indagine funzionale alla migliore modulazione del provvedimento da adottare nel loro interesse. Essa sembra altresì aver timidamente avviato il percorso giurisprudenziale volto al riconoscimento, in forza delle dette norme ma soprattutto in ragione della successiva riforma del 2013, di un implicito diritto dell'ascendente ad avere rapporti significativi con il nipote, ancorché nei limiti dalla realizzazione della maggiore tutela dell'interesse del minore. Nella fattispecie, anteriore alla riforma del 2013, l'ascendente ha lamentato il mancato riconoscimento, da parte della Corte territoriale, del diritto di cui innanzi. La Suprema Corte ha confermato la decisione impugnata evidenziando che, per converso, il Giudice di merito ha riconosciuto la legittimazione attiva (in senso sostanziale) dell'ascendente, ancorché nel caso concreto non in sincronia con la maggiore tutela dell'interesse del minore. Sotto altro profilo Cass. I, n. 19780/2018 ha chiarito, che il diritto di cui alla disposizione in commento deve essere riconosciuto non solo in favore dei soggetti legati al minore da un vincolo di parentela in linea retta, ma anche ad ogni altra persona che affianchi il nonno biologico, sia esso il coniuge o il convivente di fatto, e che si sia dimostrato idoneo ad instaurare con il minore una relazione affettiva stabile, dalla quale quest'ultimo possa trarre un beneficio sul piano della sua formazione e del suo equilibrio psico-fisico. Peraltro ove vengano adottati nel corso di un procedimento de potestate provvedimenti idonei ad incidere, in concreto, su situazioni giuridiche degli ascendenti, sussiste la loro legittimazione ad intervenire nel processo, cui consegue il diritto di impugnare le statuizioni ad essi pregiudizievoli (Cass. I, n. 18607/2021). Il 20 gennaio 2015 (esattamente il giorno successivo alla pubblicazione della sentenza da ultimo citata) la Corte EDU, nel caso Manuello-Nevi c. Italia, ha condannato lo Stato italiano per aver violato il diritto degli ascendenti di cui all'art. 8 CEDU, per il mancato rispetto della vita privata e familiare, sempre in merito a fattispecie antecedente all'introduzione dell'art. 317-bis c.c. Trattasi, in particolare, della violazione dei diritto di due nonni, privati per oltre dodici anni, nell'ambito di un procedimento de potestate, del rapporto con la nipote in forza del sospetto di abuso sessuale del padre, nonché loro figlio, nei confronti della bambina. La Corte, per quanto rileva ai presenti fini, ha evidenziato come il citato art. 8, pur avendo essenzialmente lo scopo di premunire l'individuo contro le ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri, non si limiti a imporre allo Stato di astenersi da tali ingerenze. A questo impegno, piuttosto negativo, possono difatti aggiungersi obblighi positivi inerenti il rispetto effettivo della vita privata o famigliare. Essi possono implicare l'adozione di misure volte al rispetto della vita familiare, fino a spingersi nelle relazioni degli individui tra loro, tra cui la predisposizione di un «arsenale giuridico adeguato e sufficiente» per garantire i diritti legittimi degli interessati, nonché il rispetto delle decisioni giudiziarie o delle misure specifiche appropriate. Per essere adeguate, le misure volte a riunire il genitore ed il figlio devono essere attuate rapidamente, in quanto il trascorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili per i rapporti tra il minore e il genitore che non vive con lui. Valutando nel merito la situazione, la Corte ha infine ritenuto che nel caso di specie le Autorità nazionali non si siano impegnate, in maniera adeguata e sufficiente, per mantenere il legame familiare tra i ricorrenti e la nipote, violando il diritto degli interessati al rispetto della loro vita famigliare, sancito dall'art. 8 CEDU, così condannando l'Italia al pagamento di 16.000,00 euro a titolo di risarcimento per i danni morali subiti dagli ascendenti. Nel descritto quadro normativo e dottrinal-giurisprudenziale si è inserita la successiva riforma del 2013 e, quindi, l'attuale art. 317-bis c.c. che espressamente riconosce in capo agli ascendenti il diritto a mantenere rapporti con i nipoti, ancorché quale aspetto da tutelare con riferimento alle modalità di esercizio della responsabilità genitoriale ed al fine di consentire al minore, nel suo processo di crescita, di formare la propria personalità anche attraverso i «rapporti significativi con gli ascendenti». Dovendosi in particolare intendere tali i rapporti affettivi attraverso i quali svolgere un ruolo importante nel progetto educativo in favore dei minori (Corder, 104). Devono quindi ritenersi significativi i rapporti tra ascendenti e nipote non solo in termini di affettività ma anche e soprattutto sotto il profilo, più generale, del ruolo educativo assunto dai primi nei rapporti con i secondi (Carrano, 163). La circostanza per la quale possano dirsi significativi, nel termini di cui innanzi, solo i rapporti con i nipoti minorenni, argomentabile dalla stessa lettera della norma in commento, conferma poi la funzione formativa del rapporto stesso, nell'ottica del contributo degli ascendenti allo sviluppo della personalità del minore, essendo difatti la funzione educativa tipicamente rivolta ai soggetti minorenni (Carrano, 164). L'ascendente è quindi chiamato a partecipare all'educazione del minore attraverso una relazione cha abbia il significato di «contribuire ad una crescita integrale della persona nel periodo della sua formazione» (Carrano, 163). Ne consegue, sembrerebbe potersi aggiungere in questa sede, l'obbligo in capo ai genitori di garantire l'esercizio del diritto in oggetto, da parte tanto degli ascendenti quanto dei figli, ovviamente sempre all'insegna della migliore tutela dell'interesse del minore. L'art. 317-bis c.c. riconosce difatti il diritto agli ascendenti di avere rapporti significativi con il minore ma la lettura sistematica dei commi dei quali esso si compone consente di ritenerlo funzionale, preliminarmente, all'interesse del minore, rispetto al quale, dunque, non può che essere subvalente, nel caso di loro inconciliabilità. Nel senso di cui innanzi sembrerebbero porsi le decisioni di merito che hanno in concreto negato tutela al diritto degli ascendenti di frequentare i nipoti trattandosi di frequentazione ritenuta pregiudizievole del preminente interesse dal minore ad una crescita serena. Trib. min Venezia, 7 novembre 2016, in particolare, ha respinto la richiesta degli ascendenti tesa ad ottenere il riconoscimento del diritto a mantenere rapporti significativi con la nipote. È stato difatti evidenziato che che il diritto dei nonni, di cui all'art. 317-bis c.c., riconducibile ai procedimenti ex art. 333 c.c., è degno di tutela nei limiti in cui la mancata significativa relazione sia effettivamente, concretamente e realmente pregiudizievole per il minore. Trattasi quindi di un «diritto che soccombe rispetto a quello del minore a condurre un'esistenza serena e a crescere in maniera sana ed equilibrata, senza essere coinvolto e costretto a subire le ricadute e le ripercussioni» di un eventuale rapporto conflittuale esistente tra i genitori e gli ascendenti. Da ultimo, in tema di competenza, Cass. VI-I, n. 2259/2016 ha affermato che in pendenza di un giudizio di separazione il ricorso ex art. 317- bis c.c. permane nella competenza funzionale del Tribunale per i minorenni. Nel caso concreto il Tribunale per i minorenni di Milano aveva dichiarato la propria incompetenza in merito a ricorso presentato, ex art. 337-bis c.c., dagli ascendenti di un minore, qualificandolo alla stregua di un'impugnazione atipica del provvedimento adottato dalla Corte d'appello che, nell'ambito di un giudizio di separazione, aveva in via provvisoria sospeso gli incontri tra la minore ed i nonni. La Suprema Corte, proprio in considerazione della permanenza della competenza funzionale in materia, ha riconosciuto la competenza in capo al Tribunale che, invece, l'aveva declinata. Per concludere sul punto merita quindi rilevare che il diritto ad avere rapporti significativi è ben più completo e ampio rispetto al mero diritto di visita, non esaurendosi difatti nell'interesse ad incontrare i nipoti ma spingendosi fino a riconoscere in agli ascendenti un ruolo importante nel progetto educativo (Corder, 106). Così come al minore è stato riconosciuto un diritto soggettivo perfetto al mantenimento di rapporti significativi con i propri ascendenti, allo stesso modo analogo diritto è stato riconosciuto a questi ultimi, comunque soccombente rispetto alla tutela della personalità e della serena crescita del minore. Il procedimento per la tutela del «diritto ai rapporti significativi»Nel caso di lesione del diritto degli ascendenti di cui alla norma in commento trova applicazione la procedura contemplata dallo stesso art 317-bis c.c.. Per essa, in considerazione dell'art. 38 disp. att. c.c., l'ascendente è legittimato a ricorrere al Tribunale per i minorenni del luogo di abituale residenza del nipote per chiedere che vegano adottati, a tutela del proprio diritto di cui innanzi, i provvedimenti più idonei nell'esclusivo interesse del minore. La competenza del Tribunale per i minorenni è tuttavia destinata a venir meno in forza della oramai prossima istituzione Tribunale unico per la famiglia e le persone. Come già evidenziato supra, gli ascendenti non sono legittimati ad intervenire nel giudizio di separazione e divorzio intercorrente tra i genitori dei nipoti «al fine di salvaguardare un'esigenza di fondo cioè quella di evitare che con il loro intervento possa accentuarsi ulteriormente la conflittualità della coppia in crisi» (Carrano, 165). Sicché, l'unico strumento loro riconosciuto, per tutelare i propri diritti (sempre nel superiore interesse dei nipoti) è quello previsto dall'art. 317-bis c.c. Conferma della necessità della lettura combinata degli artt. 317-bis c.c. e 38 disp. att. c.c., nel senso della competenza (funzionale) in capo al Tribunale per i minorenni in ordine alla tutela del diritto degli ascendenti a rapporti significativi con il nipote, anche nel caso di pendenza di procedimento di separazione o divorzio, può infine trarsi da Corte cost. n. 194/2015. La consulta ha in particolare ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale del comma 1 del citato art. 38, come modificato da ultimo dall'art. 96, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 154/2013, con riferimento agli artt. 3,76,77 e 111 Cost., nella parte in cui attribuisce alla competenza del Tribunale per i minorenni le controversie di cui all'art. 317-bis c.c. concernenti il diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, anche in caso di pendenza di un giudizio di separazione o divorzio tra i genitori dinanzi al Tribunale ordinario. In primo luogo, la mancata previsione, nella legge delega del 2012, di una specifica direttiva a proposito del giudice competente per il contenzioso in esame non è stata ritenuta dal Giudice delle leggi suscettibile di interpretazione alla stregua di implicito e necessario vincolo alla sua devoluzione al giudice non specializzato. Per converso, è stata ritenuta ragionevole la scelta del legislatore delegato. Avendo introdotto, conformemente alla delega, una previsione del tutto innovativa, quale quella di cui all'art. 317-bis c.c., il d.lgs. n. 154/2013 ha difatti coerentemente definito, con il citato art. 38, anche i contorni processuali, individuando adeguatamente il Giudice competente in quello specializzato (in tema di rapporti tra legge delega e conseguente d.lgs. si vedano altresì, in senso conforme: Corte cost. n. 229/2014; Corte cost. n. 182/2014 e Corte cost. n. 50/2014). La Consulta ha poi vagliato, con esito positivo, la ragionevolezza della previsione del cumulo processuale previsto dal secondo periodo dello stesso comma 1 del citato art. 38. In ragione del quale i procedimenti di cui all'art. 333 c.c. relativi alla condotta pregiudizievole di uno o di entrambi i genitori nei confronti del figlio, di regola attribuiti alla competenza del Tribunale per i minorenni, sono affidati al Tribunale ordinario quando tra i coniugi penda un giudizio di separazione o di divorzio. Tale previsione è stata in particolare ritenuta frutto di scelta ragionevole del legislatore, fondante nella ratio legata all'identità soggettiva delle parti in causa ed alla possibilità di adottare in un unico contesto i provvedimenti più opportuni per la tutela dei minori. Proprio in ragione della detta finalità, la previsione del cumulo processuale innanzi non è suscettibile di estensione alla differente ipotesi dei procedimenti di cui all'art. 317-bis c.c. Diversamente opinando, difatti, il paventato cumulo processuale di tale contenzioso con quello della separazione o del divorzio avverrebbe nonostante la diversità delle parti in giudizio e degli interessi in contesa, atteso che occorrerebbe assicurare tutela ad una sfera di affettività (quella degli ascendenti) suscettibile di essere compromessa indipendentemente da vicende di crisi coniugale. Si finirebbe quindi per introdurre tra i coniugi un ulteriore elemento di conflittualità, potenzialmente eccentrico rispetto a quelli già presenti. Ulteriore argomentazione inerisce poi l'audizione dei minori, nei cui esclusivi interessi devono peraltro essere adottati i provvedimenti ex art. 317-bis c.c. Essa difatti, in ipotesi di cumulo processuale, «diventerebbe “strabica” proprio in quanto volta a valutare, da un lato, a quale dei genitori affidare i minori e, dall'altro lato, a come l'interesse di questi ultimi possa essere contemperato con l'autonomo diritto degli ascendenti» (Corte cost. n. 194/2015; in ordine all'ampia discrezionalità ed all'insindacabilità delle scelte legislative adottate nella disciplina degli istituti processuali si vedano altresì, ex plurimi: Corte cost. n. 243/2014 e Corte cost. n. 182/2014). Con riferimento invece alla competenza territoriale del Tribunale per i minorenni, Il criterio fondamentale per l'individuazione del Giudice competente fa perno sul luogo della dimora abituale del minore alla data della domanda, da identificarsi in quello in cui costui ha consolidato, consolida o potrà consolidare una rete di affetti e relazioni, tali da assicurare un armonico sviluppo psicofisico. Sicché, nei casi di recente trasferimento, ai fini dell'individuazione della competenza territoriale, necessita una prognosi sulla probabilità che la nuova dimora diventi l'effettivo, stabile e duraturo centro di affetti e di interessi del minore. Dovendosi comunque accertare che il cambiamento della sede rappresenti un mero espediente per sottrarlo il minore alla vicinanza dell'altro genitore o alla disciplina generale sulla competenza territoriale (Cass. I, n. 21285/2015; sul punto si vedano altresì: Cass. I, n. 24482/2013; Cass. S.U., n. 1984/2012; Cass. I, n. 2171/2006, e Cass. I, n. 3587/2003). Due sono quindi gli aspetti essenziali della disciplina processuale di cui alla norma in commento, relativi alla competenza (funzionale oltre che territoriale) ed alle peculiarità del procedimento (in merito si veda Corder, 110, il quale ripercorre le ragioni che hanno portato il legislatore ad attribuire la competenza delle controversie in oggetto al Tribunale per i minorenni). La scelta di attribuire al Tribunale per i minorenni la competenza a decidere le controversie di cui alla norma in oggetto consente infine di ritenere che gli ascendenti possono far valere i loro diritti relativi al rapporto con i minorenni davanti ad un «giudice diverso da quello della separazione e del divorzio, con ciò mettendo per così dire, una pietra tombale sulla vexata quaestio dell'intervento in giudizio degli ascendenti» (così Corder, 114, 115, il quale tuttavia critica la scelta del legislatore in quanto ha ampliato ulteriormente la parcellizzazione delle competenze in materia). La disposizione in commento nulla specifica in merito al soggetto nei confronti del quale debba essere formulato il ricorso, da ciò si argomenta nel senso che la condotta ostacolante possa essere realizzata anche da terzi, in ipotesi enti pubblici o affidatari, che impediscano di fatto la relazione tra nonni e nipoti (in questo senso si veda: Carrano, 166). Con particolare riferimento, infine, al procedimento esso per i procedimenti introdotti prima del 28 febbraio 2023 è quello camerale e, pertanto, si ripropongono, in questa sede, le stesse questioni affrontate nel commento all'art. 336 c.c., al quale si rinvia ma con la precisazione che, in merito al procedimento in esame, per esplicita disposizione dell'art. 337-bis, comma 2, c.c., trova applicazione solo il comma 2 del citato art. 336 c.c. Sicché, il Tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito inoltre il Pubblico ministero, oltre che disponendo l'ascolto del minore ultradodicenne ovvero di età inferiore ma capace di discernimento. Nei casi in cui il provvedimento sia richiesto contro il genitore questi deve essere sentito. In ragione del richiamo al solo comma 2 del citato art. 336 c.c., si ritiene insussistente il potere di pronunciare provvedimenti in via d'urgenza oltre che non necessaria la difesa tecnica per il minore (Carrano, 166). In tema di impugnabilità, la Corte di Cassazione ha recentemente statuito, così ribadendo un principio già espresso recentemente in tema di provvedimenti de potestate ( in merito, Cass. I, 23633/2016) che il decreto con il quale la Corte d'appello conferma, revoca o modifica i decreti pronunciati ex art. 317 bis c.c. è impugnabile con ricorso per Cassazione ex art. 111 , comma 7, Cost. Ciò in quanto i provvedimenti che incidono sul diritto degli ascendenti di instaurare e mantenere rapporti significativi i nipoti minorenni, hanno attitudine al giudicato rebus sic stantibus, atteso che non sono revocabili o modificabili, salva la sopravvenienza di fatti nuovi, e definiscono procedimenti che dirimono conflitti tra posizioni soggettive diverse e nei quali il minore è «parte» (Cass. I, n. 19780/2018). Per i procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023 trovano applicazione le disposizioni di cui al titolo IV-bis del codice di procedura civile recante norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie. BibliografiaAuletta, sub art. 155 c.c., in Gabrielli (diretto da), Commentario del codice civile, Torino, 2010; Carrano, Il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti, in Bianca (a cura di), Filiazione Commento al decreto attuativo, Milano, 2014; Corder, Rapporti dei minorenni con gli ascendenti /art. 317-bis c.c., come modificato dall'art. 42 del d.lgs. n. 154 del 2013, in Bianca (a cura di), La riforma della filiazione Padova, 2015; De Pamphilis-Lena, sub art. 317 bis c.c., in Sesta (diretto da), Codice della famiglia, Milano, 2015. |