Codice Civile art. 322 - Inosservanza delle disposizioni precedenti (1).Inosservanza delle disposizioni precedenti (1). [I]. Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli del presente titolo possono essere annullati su istanza dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale (2) o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa [1425, 1441]. (1) Articolo così sostituito dall'art. 145 l. 19 maggio 1975, n. 151. (2) L'art. 46, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito alla parola «potestà», le parole: «responsabilità genitoriale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. InquadramentoLa disposizione disciplina l'ipotesi in cui uno degli atti indicati dagli artt. 320 e 321 c.c. venga posto in essere senza la preventiva autorizzazione del Giudice tutelare, del Tribunale o in difformità della stessa e prevede che l'atto, in questi casi, possa essere annullato su istanza dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale, del minore, dei suoi eredi o aventi causa. La disposizione in commento trova applicazione sia con riferimento agli atti posti in essere dal genitore, sia dal minore ed infine nei casi di conflitto di interessi (Pelosi, 379; Bucciante, 645). In particolare l'atto deve essere stato compiuto violando o abusando dei poteri conferiti. La sanzione che il legislatore ha previsto nel caso in cui l'atto sia stato posto in essere in assenza della autorizzazione del Giudice tutelare è l'annullabilità, predisposta a tutela dell'interesse del figlio (La Rosa, 955). L'atto è annullabile anche nel caso in cui sia stato posto in essere con modalità differenti da quelle autorizzate dal Giudice tutelare ma, ove il negozio compiuto costituisca un minus rispetto a quello autorizzato, deve ritenersi che l'atto non sia annullabile (Bucciante, 634). Come evidenziato nel commento relativo all' articolo 320 c.c., l'autorizzazione del Giudice tutelare è diretta a rimuovere un ostacolo che impedisce il compimento di un negozio. Di talché, la sua mancanza determina l'annullabilità dell'atto di straordinaria amministrazione. Tale annullabilità non può essere fatta valere che dal genitore, che ha posto in essere l'atto, e dallo stesso minore. In verità è stato osservato che se, in linea generale, è lo stesso soggetto autore dell'atto che può controllarne la sua funzionalità, l'art. 322 c.c. estende tale potere di controllo anche ad altri soggetti, ed in particolare, ai genitori, agli eredi ed aventi causa, tra i quali sono da ricomprendersi gli acquirenti a titolo particolare sia inter vivos che mortis causa. Tale estensione è evidentemente funzionale alla tutela dell'interesse patrimoniale del minore (La Rosa, 955). La domanda, secondo taluni, può essere presentata anche disgiuntamente dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale e senza necessità di autorizzazione, anche se l'azione è relativa ad un atto di straordinaria amministrazione (Pelosi, 380). Parte di dottrina si discosta da questa tesi e ritiene al contrario che anche l'instaurazione del giudizio, volto ad ottenere l'annullamento dell'atto, costituisca atto di straordinaria amministrazione per cui la domanda debba essere presentata congiuntamente da entrambi i genitori, con la conseguenza che in caso di disaccordo troverà applicazione la disposizione di cui all'art. 316 c.c. (Bucciante, 644). Accedendo alla tesi appena riportata, ne consegue che, una volta presentata al Giudice tutelare l'istanza di autorizzazione a promuovere un giudizio per l'annullamento del negozio, il Giudice dovrà valutare l'utilità o la necessità dell'atto nel superiore interesse del minore (si veda in merito Finocchiaro- Finocchiaro, 2135). Di talché, la richiesta autorizzazione potrebbe essere negata ed in tal caso il minore potrà agire in giudizio una volta compiuto il diciottesimo anno di età ovvero potrà chiedere, ove ne sussistano i presupposti, la nomina di un curatore speciale ex art. 321 c.c. (in questo senso Bucciante, 644). È stato affermato che ove l'atto di straordinaria amministrazione venga posto in essere in assenza della necessaria autorizzazione, i genitori possono evitare l'annullamento dell'atto, convalidandolo previa autorizzazione del Giudice tutelare (Bucciante, 634). L'atto, ancorchè non autorizzato dal Giudice, può essere infatti di utilità evidente per il minore e per il suo patrimonio per cui i genitori ben potrebbero adire l'Autorità giudiziaria per conservarne gli effetti positivi. È opportuno specificare in questa sede che ai giudizi di cui all'art. 322 c.c. si applica la Convenzione di Strasburgo sull'esercizio dei diritti dei minori del 25 gennaio 1996, ratificata con l. 20 marzo 2003, n. 77. I citati procedimenti, unitamente a quelli previsti dal successivo art. 323 c.c. sono stati indicati nell'elenco dei giudizi per i quali è operante la Convenzione. Secondo la giurisprudenza di legittimità l'autorizzazione del Giudice tutelare non è diretta a conferire efficacia ad un negozio giuridico già formato ma rappresenta un elemento costitutivo dello stesso e, pertanto, deve sussistere al momento della sua conclusione, non potendo essere quindi supplito da un'autorizzazione successiva (Cass. I, n. 2235/1990). La sua mancanza tuttavia non rende il negozio nullo ma annullabile. CasisticaLa Corte di Cassazione ha ritenuto annullabile, su iniziativa del figlio, il contratto di compravendita immobiliare, stipulato dal genitore esercente la responsabilità genitoriale, impiegando denaro del minore nell'interesse proprio, in violazione delle modalità prescritte dal Giudice tutelare in sede di autorizzazione. Nella fattispecie è stato anche evidenziato che non è precluso l'accoglimento di annullamento parziale per incapacità legale, attinente alla sola parte del contratto che indica la persona acquirente in applicazione analogica dell'art. 1432 c.c., allorché ne faccia richiesta il soggetto precedentemente incapace e sempre che non ne derivi alcun pregiudizio per la controparte (Cass. VI-III, n. 12117/2014). Con riferimento al contratto di mediazione, nel caso di contratto preliminare di compravendita annullabile (in quanto posto in essere dal genitore in assenza della autorizzazione del Giudice tutelare) il mediatore non ha diritto alla provvigione ai sensi dell'art. 1757 c.c. non rilevando che il genitore, dopo aver stipulato il contratto preliminare, abbia chiesto l'autorizzazione al Giudice tutelare atteso che tale circostanza è inidonea a rimuovere l'invalidità relativa al negozio stipulato. Con riguardo alla predetta fattispecie è stato altresì specificato che, a tal fine, non rileva inoltre che il contratto preliminare sia stato erroneamente ricondotto al diverso schema del contratto sottoposto alla condizione sospensiva del successivo intervento dell'autorizzazione. In tal caso assume solo rilievo la circostanza che, in un giudizio per la sua esecuzione, sia stata ad esso invece negata efficacia tra le parti (Cass. III, n. 7067/2002). La mancanza di autorizzazione, con riferimento alla accettazione dell'eredità devoluta a minori di età ed alla donazione, non dà luogo a nullità o inesistenza dell'atto bensì alla loro annullabilità, che può essere fatta valere solo dal genitore cha abbia agito in rappresentanza del figlio, dal figlio stesso o dai suoi eredi. Ne consegue che l'annullabilità dell'atto non può essere fatta valere dai coeredi allo scopo di accrescere la loro quota dell'asse ereditario o di far ricomprendere il bene donato nell'asse ereditario (Cass. II, n. 7495/1996, Cass. n. 6057/1981). BibliografiaBucciante, La potestà dei genitori, la tutela e l'emancipazione, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, Torino, 1997; De Cristofaro, Il contenuto patrimoniale della potestà, Zatti (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, Milano, 2002;Finocchiaro- Finocchiaro, Il diritto di famiglia, Milano, 1984; La Rosa, sub art. 322 c.c., in Gabrielli (diretto da), Commentario del codice civile, Torino, 2010; La Rosa-Sobbrio, sub art. 326, in Gabrielli (diretto da), Commentario del codice civile, Torino, 2010; Pelosi Della potestà dei genitori, in Cian-Oppo-Trabucchi (diretto da), Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova, 1992; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione, Milano, 2003. |