Codice Civile art. 394 - Capacità dell'emancipato.

Annachiara Massafra

Capacità dell'emancipato.

[I]. L'emancipazione conferisce al minore la capacità di compiere gli atti che non eccedono l'ordinaria amministrazione [397 3].

[II]. Il minore emancipato può con l'assistenza del curatore riscuotere i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può stare in giudizio sia come attore sia come convenuto.

[III]. Per gli altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione, oltre il consenso del curatore [395], è necessaria l'autorizzazione del giudice tutelare [45 1 att.]. [ Per gli atti indicati nell'articolo 375 l'autorizzazione, se curatore non è il genitore, deve essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare [45 2 att.]  ]1.

[IV]. Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è nominato un curatore speciale a norma dell'ultimo comma dell'articolo 320 [396; 45 1 att.].

[1] Periodo soppresso dall'art. 1, comma 8, lett. a), d.lgs.  10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Inquadramento

Il minore emancipato può compiere autonomamente tutti gli atti di ordinaria amministrazione e non è soggetto all'esercizio della responsabilità genitoriale o della responsabilità tutoria, con la conseguenza, quanto alla prima, che cessa l'usufrutto legale sui beni da parte dei genitori (in merito Dell'Oro, 1972, 55; Bucciante 745).

L'art. 394 c.c. gradua la capacità dell'emancipato in considerazione dell'atto da compiere.

Il primo comma dell'art. 394 c.c. dispone che l'emancipato può compiere da solo tutti gli atti che non eccedono l'ordinaria amministrazione, senza definirli.

In merito deve evidenziarsi che, comunemente, si ritiene che gli atti di ordinaria amministrazione siano quelli non in grado di intaccare l'integrità del patrimonio ed il capitale e siano tesi alla conservazione ed al miglioramento del patrimonio. Diversamente, gli atti vengono qualificati di straordinaria amministrazione qualora possano arrecare pregiudizio ovvero una diminuzione del patrimonio (sul punto Comporti, 544, Santarcangelo, 765 e per una ricostruzione delle varie tesi in tema di definizione di atto di straordinaria amministrazione, 185).

L'atto deve intendersi quindi di ordinaria amministrazione qualora sia oggettivamente utile per la conservazione del patrimonio, di valore economico non particolarmente elevato, in relazione al patrimonio del minore, ed abbia un basso margine di rischio in relazione al predetto (Cass. I, n.7546/2003).

La corretta individuazione dell'atto di ordinaria amministrazione assume particolare rilievo atteso che solo per questi il minore emancipato non necessita dell'assistenza del curatore, ex art. 394 c.c.

Sicché, in considerazione di quanto sopra evidenziato, il minore emancipato può: riscuotere rendite e disporne, non operando nei suoi confronti la disposizione di cui all'art. 371 c.c.; alienare frutti e beni mobili deteriorabili;  pagare debiti; contrarre obbligazioni per l'amministrazione ordinaria del patrimonio; contrarre locazioni di beni immobili entro il novennio; stipulare contratti di lavoro ed esercitare i diritti da esso derivanti (Bucciante, 745); partecipare ad un'impresa familiare.

In merito è stato specificato che il minore emancipato può anche prelevare somme di denaro, sempre che le dette somme non abbiano consistenza di veri e propri capitali (Dell'Oro, 44; Comporti, 545). Il minore emancipato, essendo peraltro cessata la responsabilità genitoriale o tutoria nei suoi confronti, può altresì individuare liberamente il proprio domicilio e la propria residenza.

Discussa è la possibilità di partecipare alle assemblee societarie straordinarie e di accettare eredità e legati non gravati da oneri senza l'assistenza del curatore.

Circa la partecipazione alle assemblee societarie straordinarie, è stato infatti evidenziato che le deliberazioni che possono essere assunte ben possono pregiudicare gli interessi patrimoniali del minore e che pertanto, l'atto non rientrerebbe tra gli atti di ordinaria amministrazione con tutte le conseguenze del caso in tema di autorizzazione (in questo senso Comporti, 546).

Con riferimento alla accettazione di legati non gravati da oneri e dell'eredità con beneficio d'inventario, taluni ritengono che rispetto al compimento dei citati atti, l'emancipato abbia capacità piena e sia tutelato attraverso il procedimento di accettazione con beneficio e dall'assenza di oneri (Dell'Oro, 1972, 43; Bucciante, 745).

Diversamente, si evidenzia che l'accettazione di un eredità con beneficio d'inventario, possa comunque essere pregiudizievole per il minore, in forza di eventuali situazioni debitorie ovvero, con riferimento ai legati, il mantenimento del bene potrebbe determinare ingenti spese in capo al minore. Pertanto si ritiene che con riferimento a tali fattispecie il minore debba essere assistito dal curatore ed autorizzato dal Giudice tutelare.

Tale ultima condivisibile tesi trova sostegno in un'ulteriore argomentazione. Tali atti sono difatti indicati espressamente nell'art. 320 c.c. quali atti, di straordinaria amministrazione, che richiedono l'autorizzazione Giudice tutelare ( Comporti, 544).

La disposizione si riferisce ai soli atti di natura patrimoniale per cui, per quanto concerne i rapporti giuridici non patrimoniali, salvo che la legge non disponga diversamente (es. art. 247 c.c.), l'emancipato ha la capacità di agire senza che sia necessario alcun assenso del curatore o autorizzazione del Giudice tutelare (Comporti, 543, Bucciante, 745, Stella Richter-Sgroi, 560, Pazè 347).

Del resto il minore emancipato è titolare della responsabilità genitoriale sui propri figli. Ciò comporta che egli possa compiere nei loro confronti tutti gli atti per i quali, in forza dell'avvenuta emancipazione, egli ha capacità di agire mentre per gli altri (si pensi ad un atto di straordinaria amministrazione) soccorrono le disposizioni del presente capo (Dell'Oro, 60).

Vale la pena osservare che nelle cause concernenti rapporti di natura non patrimoniale – i cui atti il minore emancipato può compiere da solo – il minore può stare in giudizio senza l'assistenza del curatore (in questo senso Cass. II, n. 2074/1970), sono comunque salve le eccezioni previste dallo stesso legislatore come quelle di cui agli artt. 247 e 248 c.c.

Al curatore, come già osservato con riferimento all'art. 390 c.c., non spettano poteri di cura, educazione ed istruzione nei confronti del minore emancipato, non avendo suddetto ufficio tale funzione ed essendo essenzialmente teso alla assistenza nel compimento degli atti di straordinaria amministrazione (in merito Stella Richter-Sgroi, 560, contra  Dell'Oro, 60, il quale ritiene che il potere di convocazione del Giudice tutelare di cui all'art. 44 disp. att. c.c. gli consenta anche di impartire istruzioni in tema di interessi morali del minore).

Gli atti di straordinaria amministrazione e l'assistenza del curatore

Il minore emancipato per compiere gli atti di straordinaria amministrazione deve essere assistito da un curatore speciale.

La circostanza secondo cui il minore emancipato possa compiere in autonomia solo alcuni specifici atti ha indotto parte di dottrina a qualificare la particolare condizione dell'emancipato come quella di colui che è dotato di una capacità attenuata, o limitata (in questo senso Comporti, 550; Bucciante, 735; contraPazè, 361, che ritiene il minore emancipato dotato di una capacità giuridica piena, atteso che per gli atti di straordinaria amministrazione egli è semplicemente affiancato dal curatore).

Il curatore si limita, infatti, ad assistere il minore emancipato nel compimento dell'atto, partecipando personalmente e prestando il proprio assenso in modo espresso, ma il negozio posto in essere resta riconducibile alla sola volontà del minore.

Nel dettaglio è stato correttamente osservato che il minore emancipato è titolare della piena capacità di agire solo per gli atti di natura non patrimoniale, per gli atti di ordinaria amministrazione e quando egli sia autorizzato all'esercizio commerciale. Negli altri casi la sua volontà «deve fondersi con la volontà del curatore, il quale interviene nel processo formativo dell'atto complesso in un ruolo minore e con funzione di controllo» (Comporti, 553).

In questo modo il curatore integra la volontà del minore dando vita ad un atto complesso (in questo senso Dell'Oro, 52; diversamente Stella Richter-Sgroi, 561, qualificano l'assistenza come un mero atto di controllo). Ne consegue che qualora ciò non avvenga l'atto sarà annullabile e non inefficace (in questo senso Comporti, 553).

Sicché, il curatore non può sostituirsi all'emancipato nel compimento dell'atto, non avendone la rappresentanza legale (Cass., I, n. 554/1962).

La riscossione di capitali.

Il secondo comma dell'art. 394 c.c. prevede che il minore emancipato possa riscuotere capitali, con l'assistenza del curatore e senza l'autorizzazione dell'Autorità giudiziaria (diversamente da quanto previsto per il minore ex art. 320 c.c.), «sotto la condizione di un idoneo impiego».

Al curatore, con riferimento alla riscossione di capitali, è quindi riconosciuto un particolare controllo sull'atto giuridico che il minore emancipato vuole compiere. Egli, pur non amministrando i beni, è infatti tenuto a prestare il proprio assenso al compimento dell'atto voluto dal minore, tuttavia previa valutazione globale degli interessi patrimoniali del minore ( Bucciante, 745).

Ciò comporta che ove il curatore ritenga che il reimpiego delle somme non sia corrispondente agli interessi del minore possa rifiutare il proprio assenso ed il tal caso possa trovare applicazione la disposizione contenuta nell'art. 395 c.c. (ove sussistano i diversi presupposti ivi indicati).

Qualora la modalità di reimpiego risulti inidonea per colpa del curatore questi ne risponderà secondo le regole generali della responsabilità civile (Cattaneo, 428; Dell'oro, 46).

È stato evidenziato che la riscossione di capitale, costituisce un atto di straordinaria amministrazione, il quale tuttavia non è sottoposto all'autorizzazione del Giudice tutelare, diversamente da quanto previsto per il minore sottoposto a tutela o all'esercizio della responsabilità genitoriale.

Vi è quindi chi ritiene che, proprio in forza della natura dell'atto, qualora debbano essere riscossi dei capitali e debba esserne contestualmentedisposto il reimpiego(e così anche nel caso di solo reimpiego delle somme) sarebbe necessaria, oltre all'assenso del curatore, anche l'autorizzazione del Giudice tutelare (sul punto Dell'Oro, 46; Comporti, 547, ritiene che, in tema di emancipazione il reimpiego debba essere parificato alla riscossione, quanto alla disciplina, e che, pertanto, non sia necessaria l'autorizzazione del Giudice tutelare ma sia sufficiente l'assistenza dl curatore).

Il minore che non sia stato autorizzato all'esercizio del commercio necessita dell'assistenza del curatore per la sottoscrizione di cambiali ed assegni. In tal caso il curatore, firma i titoli con la dicitura, per assistenza (art. 9 r.d., 14 dicembre 1933, n. 1669) ed in assenza di tale dicitura ne risponde personalmente (Dell'Oro, 48).

In forza di quanto previsto dall'art. 165 c.c. il minore, ammesso a contrarre matrimonio, è altresì capace di stipulare le relative convenzioni matrimoniali con l'assistenza dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale su di lui, del tutore, o del curatore speciale nominato ai sensi dell'art. 90 c.c. Ove il minore intenda passare a nuove nozze le relative convenzioni richiedono inoltre l'assistenza del curatore ordinario ai sensi dell'art. 392 c.c.

La capacità del minore emancipato nel processo

Fra gli atti che il minore emancipato è capace di compiere con l'assistenza del curatore, l'art 394, c. 2 c.c. enuncia esplicitamente lo «stare in giudizio sia come attore che come convenuto», senza limitare tale capacità ad alcune categorie di procedimenti.

Anche da un punto di vista strettamente processuale, quindi, l'emancipato ha la capacità di stare in giudizio ed al curatore spetta soltanto la assistenza (condizione necessaria e sufficiente di detta capacità), con la conseguenza che solo al minore, soggetto del rapporto processuale, spetta il diritto di proporre impugnazione e non al curatore che, non essendo il rappresentante, potrebbe agire in giudizio soltanto facendo valere nel processo in proprio nome un diritto altrui, cioè quale sostituto processuale: il che è escluso, in quanto la sostituzione processuale non è ammessa se non nei casi espressamente previsti dalla legge (Cass.II, n. 903/1972). In forza del principio testé evidenziato è inammissibile l'impugnazione che sia proposta dal curatore ancorché nell'interesse dell'inabilitato (Cass. I, n. 5359/1992).

Il curatore dell'inabilitato (e analogamente dell'emancipato) inoltre non assume il ruolo né di rappresentante legale né di sostituto processuale dell'incapace, svolgendo solo funzioni di assistenza e di supporto. Ciò comporta che in caso di citazione in giudizio del solo curatore è radicalmente invalida la sentenza pronunciata a conclusione di un procedimento parimenti nullo (Cass. VI-II, n. 1773/2015, fattispecie in tema di inabilitazione). Tale nullità, inoltre, ove investa il giudizio di primo grado, può essere fatta valere in sede di gravame ai sensi dell'art. 161 c.p.c., e non esime il giudice d'appello dal dovere di pronunciare nel merito, in contraddittorio del curatore, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione della causa al primo giudice (Cass., I n. 7764/1990 in Giust. civ. mass., 1990, 1424).

Secondo autorevole dottrina la disposizione in commento attribuisce al minore emancipato una capacità processuale generale, potendo quindi esli stare in giudizio in ogni tipo di causa senza che sia necessaria a tal fine l'autorizzazione giudiziale (Comporti, 549).

Si ritiene inoltre che qualora il minore abbia intrapreso il procedimento senza l'assistenza del curatore, l'intervento di questi nel corso del giudizio abbia effetto sanante (Dell'Oro, 48).

L'autorizzazione giudiziale

Qualora il minore debba compiere un atto di straordinaria amministrazione trova applicazione il terzo comma della disposizione in commento, il quale prevede che il minore debba non solo essere assistito dal curatore ma anche autorizzato dall'Autorità giudiziaria.

La disposizione prevede in realtà tre distinte fattispecie: 1 ) qualora il minore emancipato debba compiere «gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione» deve essere non solo assistito dal curatore ma deve anche essere autorizzato dal Giudice tutelare; 2) qualora l'atto da compiersi sia uno di quelli di cui all'art. 375 c.c. ed il curatore non sia il genitore del minore emancipato è necessaria l'assistenza del curatore e l'autorizzazione del Giudice tutelare; 3) qualora l'atto da compiersi sia uno di quelli di cui all'art. 375 c.c. ed il curatore sia il genitore del minore emancipato, solo in tal caso oltre all'assistenza del curatore era necessaria l'autorizzazione del Tribunale ordinario, previa acquisizione del parere del Giudice tutelare. In relazione a questa ultima ipotesi, a seguito dell'intervento del d.lgs. n. 149/2022, per i procedimenti introdotti in data successiva al 28 febbraio 2023, è  competente il Giudice tutelare.

La diversa disciplina nel caso in cui sia il genitore del minore emancipato a svolgere la funzione di curatore è giustificata dalla necessità di parificare il trattamento di tali atti a quelli posti in essere dal genitore nei casi previsti dall'art. 320 c.c.( si veda: Dell'Oro, 54, Bucciante, 747, Comporti, 542).

Tra il comma 2 ed il comma 3 dell'art. 394 c.c. vi è inoltre una diversità terminologica, atteso che nel primo si utilizza l'espressione «assistenza» nel secondo «consenso». Tale diversità terminologica non ha tuttavia particolare rilievo né sottende a qualche finalità del legislatore poiché le due espressioni si equivalgono (Comporti, 551, Dell'Oro, 51).

Dovrà essere chiesta l'autorizzazione del Giudice tutelare per alienare i frutti, costituire pegni ed ipoteche, fare compromessi, transazioni ed accettare i concordati (si veda in merito il commento sub art. 375 c.c.).

I citati negozi, disciplinati dall'art. 375 c.c., incidono sul patrimonio del minore in modo tale da assumere, per le loro conseguenze, un'importanza economico-patrimoniale maggiormente rilevante rispetto agli atti di ordinaria amministrazione.

Gli atti previsti dall'art. 375 c.c. in particolare sono dotati:

1) di una efficacia «produttiva di acquisto a favore di terzi con corrispondente perdita a carico del minore» (n. 1 art. 375 c.c.);

2) di un efficacia «sostitutiva della quota ideale del diritto del minore con l'individuazione di una porzione materiale di tali beni» (n. 3 art. 375 c.c.);

3) di un efficacia «sostitutiva della giurisdizione dello stato nelle controversie» in cui è parte il minore (n. 4 art. 375 c.c. l'espressioni sono di De Cupis, 477).

L'elencazione degli atti di cui all'art. 375 c.c. non ha carattere tassativo; di talché, dovranno essere valutati l'incidenza e gli effetti nel caso concreto dell'atto sul patrimonio del minore emancipato.

Tra gli atti oggetto di autorizzazione vi sono lo scioglimento della comunione e la divisione.

Deve inoltre specificarsi che è necessaria l'autorizzazione del Tribunale anche per promuovere un giudizio di divisione, diversamente da quanto previsto quindi nel primo comma dello stesso articolo. Tale eccezione al principio generale non è suscettibile di interpretazioni estensive, pertanto non è necessaria l'autorizzazione con riferimento all'azione di rescissione della divisione eriassunzione della divisione già promossa dall'emancipato con l'assistenza del curatore (in merito Cass. n. 3549/1954; Cass. n. 3301/1981).

 A seguito della novella normativa l'autorizzazione dovrà essere concessa dal Giudice tutelare.

L'autorizzazione deve precedere l'atto, diversamente non può essere sanato da un'autorizzazione successiva ma è possibile una successiva convalida (Cattaneo, 428 il quale si riferiva sia all'autorizzazione del Giudice tutelare che del Tribunale).

Il conflitto di interessi

Qualora nasca un conflitto di interessi tra il minore ed il curatore, è nominato un curatore speciale ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 320 c.c.

Ciò si verifica nel caso in cui il curatore sia portatore di un interesse incompatibile con quello del minore emancipato, tale da non poter essere soddisfatto se non con sacrificio dell'interesse del minore (Dell'Oro, 65, Santarcangelo, 602). Qualora il curatore sia portatore di un proprio interesse non in contrasto con quello dell'emancipato, pertanto, la disposizione in commento non trova applicazione, non sussistendo alcuna situazione di pregiudizio, anche se solo potenziale, per il minore emancipato ( Comporti, 550, Dell'Oro, 65).

In questo senso si è espressa anche la giurisprudenza in alcune risalenti decisioni (Cass.I,n. 1051/1966; Cass. II,n. 1039/1962).

Il conflitto di interessi è determinato dalla sussistenza di un pericolo di danno ovvero da pericolo di abuso da parte dei rappresentanti, dal quale possa derivare danno al rappresentato. Il pericolo, per essere tale, deve essere attuale e sussistere pertanto al momento della conclusione del negozio (Bucciante, 637, in tema di conflitto tra genitori e minore ma il principio è applicabile anche alla fattispecie in oggetto; in merito altresì Dell'Oro, 66).

Si ritiene che il conflitto disciplinato dalla norma possa anche realizzarsi in forma indiretta, allorché i genitori o il curatore perseguano un interesse non loro ma di una terza persona (Bucciante, 578; Dell'Oro 72), oltre che relativo a questioni di carattere esclusivamente morale (Dell'Oro, 62).

Qualora si verifichi il conflitto di interessi, nel silenzio della legge, deve ritenersi che chiunque vi abbia interesse, in primo luogo quindi gli stessi minore e curatore, possano rivolgersi al Giudice tutelare per chiedere la nomina di un curatore speciale ( Jannuzzi, 250). Qualora, peraltro, il conflitto dovesse sorgere nel corso di un procedimento giudiziale, sono legittimati anche il Pubblico ministero e i terzi interessati (in questo senso Dell'Oro, 70).

Il Giudice tutelare decide con decreto motivato, reclamabile dinanzi al Tribunale ex art. 45 disp. att. c.c.

Il curatore speciale nominato ha inoltre gli stessi poteri del curatore che sostituisce ma, diversamente dall'ipotesi prevista dall'art 395 c.c. (di cui in seguito), non è autorizzato dal Giudice tutelare a compiere l'atto. Il curatore è tenuto a valutare il negozio, in relazione agli interessi patrimoniali dell'emancipato, e laddove lo ritenga utile è tenuto a chiedere l'autorizzazione al compimento all'Autorità competente (che potrà essere il Giudice tutelare o il Tribunale in composizione collegiale, sul punto Jannuzzi, 250).

Il curatore speciale dell'emancipato, anche se nominato dal giudice per un determinato atto (nella specie, per assistere la minore nel giudizio di annullamento di matrimonio promosso dal marito), ha gli stessi poteri che avrebbe il curatore, se non sussistesse il conflitto d'interessi, cioè solo il potere di assistere il minore e non quello di rappresentarlo (Cass. I, n. 554/1962).

Bibliografia

Bucciante, La potestà dei genitori, la tutela e l'emancipazione, in Rescigno (diretto da), Trattato di diritto privato, Torino 1997; Cattaneo, Emancipazione, (dir. civ.) Digesto civile, VII, Torino 1991, 416; Comporti, Dell'emancipazione, in Cian-Oppo-Trabucchi (diretto da), Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova, 1992; Dell'Oro, Dell'emancipazione dei minori affidati alla pubblica o alla privata assistenza e dell' affiliazione, in Comm. S.B., Bologna-Roma, 1972; Jannuzzi, in Lorefice (a cura di), Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2000; Pazè, La tutela e la curatela dei minori, in Zatti (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, Milano, 2012; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione, II, Milano, 2003; Stella Richter-Sgroi, Delle persone e della famiglia. La tutela e l'emancipazione, in Commentario del codice civile, Torino, 1967.

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