Codice Civile art. 397 - Emancipato autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale.Emancipato autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale. [I]. Il minore emancipato può esercitare un'impresa commerciale senza l'assistenza del curatore, se è autorizzato dal giudice tutelare, sentito il curatore1. [II]. L'autorizzazione può essere revocata dal giudice tutelare su istanza del curatore o d'ufficio sentito il minore emancipato 2. [III]. Il minore emancipato, che è autorizzato all'esercizio di una impresa commerciale, può compiere da solo gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, anche se estranei all'esercizio dell'impresa [394, 774]. [1] Comma modificato dall'art. 1, comma 8, lett. c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha sostituito le parole «se è autorizzato dal giudice tutelare, sentito il curatore» alle parole «, se è autorizzato dal tribunale, previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". [2] Comma modificato dall'art. 1, comma 8, lett. c), n. 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 che ha sostituito le parole «dal giudice tutelare su istanza del curatore o d'ufficio sentito il minore emancipato» alle «dal tribunale su istanza del curatore o d'ufficio, previo, in entrambi i casi, il parere del giudice tutelare e sentito il minore emancipato» (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il citato decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoiIn precedenza il minore emancipato, che fosse stato autorizzato dal tribunale (art. 38 disp.att. c.c.), previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore, ad esercitare un'impresa commerciale senza l'assistenza del curatore, acquistava la capacità di compiere da solo ogni atto eccedente l'ordinaria amministrazione (come anche a partecipare ad una società in nome collettivo o quale accomandatario ad una società in accomandita), anche se estraneo all'esercizio dell'impresa (art. 397 c.c.), salvi gli atti specificamente vietati dalla legge. A seguito della novella legislativa di cui al d.lgs. n. 149/2022 l'autorizzazione è concessa dal Giudice tutelare il quale può però revocarla su istanza del curatore o d'ufficio, previo, in entrambi i casi, sentito il minore emancipato. La norma disciplina, esclusivamente, l'impresa commerciale. Le ragioni che hanno indotto il legislatore a disciplinare solo l'impresa commerciale sono da rinvenirsi nella necessità di proteggere il minore emancipato, come tutti i soggetti incapaci o parzialmente incapaci, dal compimento di atti potenzialmente economicamente pregiudizievoli per il patrimonio e per la sua conservazione (in questo senso Cattaneo, 433), indipendentemente dal possibile fallimento. Ne consegue che, seguendo questa tesi, la disciplina ed il procedimento di cui alla disposizione in commento debbano trovare applicazione anche nei confronti delle piccole imprese commerciali sussistendo anche in questo caso rischi, meramente economici, derivanti dall'attività commerciale (in questo senso Cattaneo, 433, Comporti, 557). Questa non è l'unica disposizione che il legislatore dedica all'esercizio dell'impresa commerciale da parte dei soggetti incapaci: difatti l'art. 320 c.c., c. 3, prevede che il minore, sottoposto alla responsabilità genitoriale, possa essere autorizzato a continuare l'esercizio dell'impresa commerciale (analoga disposizione è prevista per l'inabilitato ex art. 425 c.c. e per il minore in tutela ex art. 371 c.c.). Nelle fattispecie di cui agli artt. 397 c.c. e 320 c.c. il legislatore si è preoccupato di prevedere forme, differenti, di controllo da parte dell'Autorità giudiziaria. Tuttavia, mentre nel caso del minore sottoposto alla responsabilità genitoriale è possibile la sola continuazione dell'impresa commerciale (in merito si rinvia al commento dell'articolo 320 c.c. ove si fa riferimento alle diverse tesi dottrinali in tema di acquisto di impresa), nel caso del minore emancipato è prevista la diversa possibilità che egli intraprenda l'esercizio di un'impresa (in merito, Dell'Oro, 79). La diversità esistente tra le due disposizione è determinata dalla ratio legis dell'art. 397 c.c. Essa è stata infatti tradizionalmente ravvisata nell'incoraggiare il minore ad entrare a far parte del mondo del lavoro intraprendendo un'attività (Dell'Oro, 80; Santarcangelo, 776). Nel caso del minore emancipato non si tratta difatti solo ed esclusivamente di svolgere attività tese alla conservazione del patrimonio ma anche tese a consentirgli di intraprendere attività che siano conformi alle sue scelte ed alle sue inclinazioni (Comporti, 556). In entrambe le fattispecie, inoltre, non si fa riferimento all'esercizio dell'impresa agricola, attesa l'assenza dei rischi tipici dell'impresa commerciale (in merito Dell'Oro, 81). Differenti sono infine i controlli da parte dell'Autorità giudiziaria, funzionali al rilascio dell'autorizzazione. Nel caso disciplinato dall'art. 320 c.c. il Giudice dovrà valutare la convenienza della continuazione; dunque valuterà l'attività di impresa e tutto quanto ad essa inerente, rapportandolo alla situazione patrimoniale del minore. Diversamente, nell'ipotesi disciplinata dall'art. 397 c.c., l'oggetto della valutazione non è oggettivo ma soggettivo, ricadendo il giudizio dell'Autorità giudiziaria sulla acquisita piena capacità e maturità del minore emancipato, senza che alcuna valutazione coinvolga l'attività di impresa che, peraltro, non è detto che già esista, ben potendo l'autorizzazione preludere alla costituzione di una nuova impresa commerciale. Con specifico riferimento al giudizio sulla capacità e maturità, esso non può che essere particolarmente rigoroso e deve tenere conto della formazione professionale del minore nonché delle sue esperienze lavorative e di studio, in considerazione delle rilevanti conseguenze derivanti dall'autorizzazione del Tribunale (in questo senso Dell'Oro, 80; Comporti, 556). Si discute inoltre in merito alla possibilità che il Tribunale, dopo aver ritenuto il minore non sufficientemente maturo per intraprendere l'esercizio di un' impresa, stimi comunque utile la continuazione della stessa. In tale ultimo caso, secondo taluni, potrebbero trovare applicazione analogica le disposizioni di cui all'art. 425 c.c., con conseguente nomina di un institore,;secondo altri, invece, ciò non sarebbe possibile, evidenziandosi come non sia previsto che alla curatela possano essere applicate le disposizioni in tema di inabilitazione (per la prima tesi, Cattaneo, 436, Bucciante, 751; per la seconda, Dell'Oro, 80). La capacità del minore e l'esercizio dell'impresaQualora il minore venga autorizzato ad esercitare l'impresa commerciale egli può compiere, da solo e quindi senza l'assistenza del curatore speciale, tutti gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, anche se estranei all'esercizio dell'impresa; l'autorizzazione infatti ha valenza generale (Bucciante 751). L'ampiezza di questa norma porta l'interprete a chiedersi se, in seguito all'autorizzazione di cui all'art. 397 c.c., al minore emancipato sia riconosciuta una capacità di agire piena e parificata a quella di colui il quale abbia compiuto la maggiore età (in questo senso, Pazè, 411; Stella Richter-Sgroi, 480). A ben vedere, la risposta che deve darsi al quesito è negativa. La capacità riconosciuta all'incapace, per quanto ampia, è circoscritta al compimento di taluni specifici atti, quelli relativi all'impresa e quelli di straordinaria amministrazione. Resta infatti possibile la revoca dell'autorizzazione concessa, così come restano vigenti le disposizioni che vietano al minore emancipato di fare donazioni e di accettare l'eredità con beneficio d'inventario ( Comporti, 556). A ciò si aggiunga che esistono ulteriori fattispecie che prevedono la necessaria assistenza per il compimento di taluni atti come le convenzioni matrimoniali ed in tema di prescrizione viene in considerazione la disposizione di cui all' art. 2941 c.c. Peraltro, l'autorizzazione concessa non determina alcun obbligo di esercitare l'impresa commerciale (sul punto Bucciante, 751). Il procedimentoL'istanza avente ad oggetto l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa commerciale deve essere presentata con ricorso al Giudice tutelare, per i procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023, mentre per quelli pendenti in tale data resta competente il Tribunale per i minorenni del luogo ove risiede il minore. L'autorotià giudiziaria provvede con decreto motivato. Valgono le osservazioni rese in passato in relazione ai poteri del Tribunale. In particolare si ritiene che l'autorità giudiziaria possa disporre ogni altro mezzo di prova al fine di verificare la sussistenza delle condizioni necessarie per l'accoglimento della domanda (Santarcangelo, 777). Il ricorso può essere presentato dal minore ma non dal curatore, non avendo quest'ultimo potere di rappresentanza. Del resto è lo stesso articolo 397 c.c. che, utilizzando l'espressione «se è autorizzato dal Tribunale», sottintende come l'unico soggetto legittimato a presentare il ricorso sia il solo minore emancipato (in questo senso Dell'Oro, 90). Diversamente, per quanto concerne l'impugnazione del decreto, si ritiene che, oltre al minore, sia legittimato a proporre reclamo anche il curatore, essendo stato sentito nell'ambito del procedimento (in questo senso Dell'Oro, 92), oltre che legittimato a proporre reclamo anche il Pubblico ministero (in merito Santarcangelo, 778). Nelle more della definizione del procedimento il Giudice tutelare può autorizzare l'esercizio provvisorio dell'impresa (in questo senso Dell'Oro, 91; Cattaneo, 436). Con riferimento al procedimento teso ad autorizzare il minore all'esercizio dell'impresa commerciale, con risalente decisione, è stata ritenuta necessaria la comunicazione formale al Pubblico ministero del decreto del tribunale autorizzativo l'esercizio di una impresa da parte di un minore (art. 397 c.c.), ai sensi e per gli effetti degli artt. 740 e 741 c.p.c. ma è stato inoltre specificato che essa possa essere sostituita da equipollenti. A tal fine, in particolare, è stato ritenuto sufficiente il fatto che il Pubblico ministero in occasione di altro provvedimento conseguenziale e successivo (di autorizzazione a contrarre mutuo) fosse venuto a conoscenza ufficiale e certa (attraverso copia inviatagli di ufficio) anche del precedente decreto autorizzativo all'esercizio dell'impresa (Cass.. I, n. 2239/1964). È appena il caso di rammentare che la Corte Costituzionale (Corte cost. n. 1957/1988) ha dichiarato manifestamente infondata l'eccezione d'incostituzionalità degli artt. 390 e 397 c.c., in relazione all'art. 3 Cost., sollevata dal Tribunale di Agrigento ( in Giur. cost. 1988, II, 855) circa la rilevata disparità di trattamento del minore ultrasedicenne coniugato rispetto a quello non emancipato in relazione all'autorizzazione all'esercizio dell'impresa. Ha osservato, infatti, la Corte che l'emancipazione di diritto ha uno specifico fondamento nel matrimonio, in ragione dell'incompatibilità dello stato coniugale col perdurare della soggezione alla potestà dei genitori o alla tutela. In questo senso, diametralmente opposta è la posizione del minore ultrasedicenne non coniugato, onde l'esclusione nei suoi confronti della possibilità di emancipazione per provvedimento del giudice è una scelta discrezionale del legislatore in nessun modo censurabile alla stregua del principio di cui all'art. 3 Cost. essendo l'emancipazione giudiziale un istituto (soppresso nel 1975) diverso dall'emancipazione di diritto. La revoca dell'autorizzazioneIl curatore mantiene un potere di controllo in merito all'operato del minore, autorizzato all'esercizio dell'impresa commerciale. Di talché, ove egli ritenga che tale esercizio sia pregiudizievole per il minore, (in caso ad esempio di cattiva o negligente gestione) è legittimato a ricorrere al Tribunale per chiedere la revoca dell'autorizzazione (in merito, Dell'Oro, 97, Santarcangelo, 778). In questo caso, conformemente a quanto previsto per l'ipotesi di autorizzazione, sono sentiti il minore ed il pubblico ministero mentre viene acquisito il parere del Giudice tutelare. Nulla vieta, peraltro, che venga sentito anche il curatore, sebbene tale eventualità non sia espressamente prevista dalla norma, stante l'opportunità di acquisire informazioni dal predetto (in merito Dell'Oro, 97). Peraltro, a seguito della revoca dell'autorizzazione, il minore deve essere assistito dal curatore per il compimento di tutti gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione e si ritiene che possa essere autorizzata la continuazione dell'impresa con richiesta, a tal fine, della nomina di un istitore, ovvero la continuazione con l'assistenza del curatore ovvero si può procedere all'affitto, trasformazione o liquidazione dell'impresa (Dell'Oro, 100; Santarcangelo, 779). In particolare, in tal caso, così come nel caso in cui il minore sia già titolare di un'impresa commerciale (ad .es. perché ereditata) e non ritenga di chiedere l'autorizzazione di cui all'articolo in commento, autorevole dottrina ritiene che possa essere comunque consentito il proseguimento dell'attività imprenditoriale. Tale tesi trova il proprio fondamento in altre disposizioni del codice che espressamente prevedono tale possibilità per gli altri soggetti incapaci o limitatamente capaci, ex artt. 320,371,424 e 425 c.c. (Cattaneo, 436). Qualora peraltro il minore eserciti più imprese, la revoca può concernere tutte o talune di esse; in tal caso, infatti, il Tribunale è tenuto a valutare l'incapacità del minore ad esercitare l'impresa con riferimento a ciascuna delle imprese (in merito Dell'Oro, 98). La partecipazione ad una societàLa partecipazione del minore emancipato ad una società in nome collettivo, così come ad una società in accomandita (semplice o per azioni), qualora il minore sia socio accomandatario, è soggetta alla disciplina prevista dalla disposizione di cui all'art. 397 c.c.(artt. 2294,2315 c.c.; 208 disp. att. c.c.). In merito l'art. 2294 c.c. prevede espressamente che «la partecipazione di un incapace alla società in nome collettivo è subordinata in ogni caso all'osservanza delle disposizioni degli art. 320, 371, 397, 424 e 425» . La necessità dell'autorizzazione, nelle fattispecie sopra indicate, discende dal rischio economico che può derivare al minore dalla partecipazione a tali imprese, nonché dalla assoggettabilità alla disciplina del fallimento (in questo senso Dell'Oro, 87). Difatti i soci, in tali casi, sono solidalmente ed illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali e pertanto esposti a tutti i rischi inerenti all'attività sociale Anche l'accomandatario è soggetto infatti alla responsabilità propria dei soci di società in nome collettivo (Cattaneo, 434). Diversamente, non è necessaria l'autorizzazione del Tribunale ove il minore partecipi ad una società di capitali e quindi per la partecipazione a società per azioni, società a responsabilità limitata o per l'assunzione della qualità di socio accomandante (Cattaneo, 435; Comporti, 556). In tal caso, infatti, la partecipazione sorge tramite l''acquisto di quote e, pertanto, deve essere autorizzata dal Giudice tutelare. Non è, inoltre, necessaria l'autorizzazione del Tribunale qualora il minore partecipi ad una società semplice o in accomandita semplice in qualità di socio accomandante (in merito Dell'Oro, 86). Qualora, poi, il minore divenga l'unico azionista, ovvero detentore delle quote della società, si ritiene che debba essere chiesta l'autorizzazione al Tribunale, in quanto in tal caso l'emancipato assume la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali (in questo senso, Jannuzzi-514). Si discute se sia necessaria l'autorizzazione con riferimento alle piccole imprese (in merito, Dell'Oro 82, Jannuzzi, 493). La mancanza dell'autorizzazione rende, infine, annullabile il contratto di società, ma solo con riferimento al vincolo relativo al minore emancipato. La mancanza dell'autorizzazione può essere sanata così come essere fatta valere, ma legittimato a tal fine è solo il minore emancipato (in questo senso, Cattaneo, 435). BibliografiaBucciante, La potestà dei genitori, la tutela e l'emancipazione, in Rescigno (diretto da), Trattato di diritto privato, Torino, 1997; Cattaneo, Emancipazione, (dir. civ.) Digesto civile, VII; Torino 1991; Comporti, Dell'emancipazione, in Cian-Oppo-Trabucchi (diretto da), Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova, 1992; Dell'Oro, Dell'emancipazione dei minori affidati alla pubblica o alla privata assistenza e dell' affiliazione, in Comm. S.B., Bologna-Roma, 1972; Jannuzzi, in Lorefice ( a cura di), Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2000; Pazè, La tutela e la curatela dei minori, in Zatti (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, Milano, 2012; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione, II, Milano, 2003; Ruperto, voce Emancipazione, (dir. civ.), in Enc. dir., XIV, Milano 1965; Stella Richter-Sgroi, Delle persone e della famiglia. La tutela e l'emancipazione, in Commentariodel codice civile, Torino, 1958. |