Codice Civile art. 392 - Curatore dell'emancipato (1).Curatore dell'emancipato (1). [I]. Curatore del minore sposato con persona maggiore di età è il coniuge. [II]. Se entrambi i coniugi sono minori di età, il giudice tutelare può nominare un unico curatore, scelto preferibilmente fra i genitori. [III]. Se interviene l'annullamento per una causa diversa dall'età, o lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o la separazione personale, il giudice tutelare nomina curatore uno dei genitori, se idoneo all'ufficio, o, in mancanza, altra persona. Nel caso in cui il minore contrae successivamente matrimonio, il curatore lo assiste altresì negli atti previsti nell'articolo 165. (1) Articolo così sostituito dall'art. 7 l. 8 marzo 1975, n. 39. Il testo precedente recitava: «[I]. Il giudice tutelare nomina un curatore al minore emancipato. [II]. Se il minore ha genitori, è curatore il genitore al quale spetterebbe l'esercizio della patria potestà se il minore non fosse emancipato. [III]. Se il minore è la donna maritata, essa ha per curatore il marito ovvero il curatore o il tutore del marito. [IV]. Se è vedova ovvero legalmente separata, ha per curatore il padre o la madre; in loro mancanza, il giudice tutelare le nomina un curatore. La stessa disposizione si applica nel caso di separazione di beni». InquadramentoGli organi permanenti della curatela sono il Giudice tutelare, il tribunale ed il curatore, mentre organo speciale ed eventuale è il curatore speciale disciplinato dagli artt. 394, ultimo comma, c.c. e 395 c.c. Preliminarmente deve specificarsi che il Giudice tutelare competente territorialmente è quello del luogo dove è la sede principale degli affari ed interessi del minore secondo quanto prevede l'art. 343 c.c. Per quanto concerne in particolare l'Autorità giudiziaria da ultimo citata, deve evidenziarsi che l'intervento giudiziale nell'ambito della curatela si presenta come meno penetrante di quello previsto in tema di tutela. Nella precedente formulazione l'art. 392 c.c. prevedeva «un ampio sistema di c.d. delazione legale del curatore», cioè un ampia ricorrenza della figura del curatore ex lege senza necessità di nomina da parte del Giudice tutelare, ed un sistema del tutto marginale di curatela giudiziale o dativa, cioè di nomina del curatore da parte del Giudice tutelare qualora il minore non avesse avuto genitori» (così Comporti, 538). Deve infatti osservarsi che dopo essere stata abrogata la disposizione che prevedeva l'emancipazione a seguito del provvedimento del Giudice tutelare, i compiti di quest'ultimo sono alquanto ridotti e relativi, esclusivamente, alla sfera patrimoniale dell'emancipato. Qualora il curatore sia il coniuge, peraltro, non è necessario alcun provvedimento di nomina da parte del Giudice tutelare, derivando la sua designazione direttamente dalla legge. Sicché, i compiti del Giudice tutelare, diversamente da quanto avviene per la tutela dei minori, sono limitati e specifici. Difatti egli nomina il curatore del minore emancipato, nel caso in cui tale funzione non possa essere esercitata dal coniuge (perché minorenne), ed il curatore speciale, qualora il curatore rifiuti di prestare il proprio assenso ad un atto di straordinaria amministrazione di utilità evidente per il patrimonio dell'emancipato, oltre a provvedere alla sospensione e rimozione del predetto, nei casi previsti dall'art. 384 c.c., alla concessione dell'autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione, di cui all'art. 394 c.c. ed alla pronuncia del parere nei casi previsti dall'art. 397 c.c. e 375 c.c. Inoltre il Giudice tutelare, qualora entrambi i coniugi siano minori di età, ha la facoltà di nominare un unico curatore, in luogo di due curatori, per entrambi valutando e motivando l'opportunità di scelta. Anche il rapporto tra giudice tutelare e curatore è diverso da quello che regola il rapporto tra Giudice tutelare e tutore. Al curatore non è infatti riconosciuta alcuna funzione attiva ma di mero controllo su alcuni e specifici atti che il minore decida di compiere, ne consegue peraltro che al curatore non spettino poteri di vigilanza sul minore né compiti in tema di cura della persona (in questo senso Bucciante, 739). In particolare, al curatore sono riconosciuti alcuni specifici poteri quali: la possibilità di chiedere la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'impresa commerciale e di chiedere l'interdizione del minore emancipato nell'ultimo anno di minore età, oltre che quello di opporsi al matrimonio, ex art. 102 c.c., qualora il minore intenda passare a nuove nozze.. Ciò comporta, inevitabilmente, che la responsabilità del curatore e le condotte negligenti che possono determinare la sua sospensione o rimozione non possano che essere diverse e circoscritte rispetto alle diverse ed innumerevoli fattispecie che possono comportare la rimozione del tutore ex art. 384 c.c. Il Giudice tutelare, nell'esercizio delle sue funzioni, tuttavia mantiene un potere di vigilanza, quantunque labile, anche nei confronti del curatore e, in forza di quanto previsto dall'art. 44 disp. att. c.c., ha il potere di convocarlo e chiedere informazioni e chiarimenti sulle attività svolte in assistenza dell'emancipato ma non può imporgli direttive, in quanto così invaderebbe la sua area di discrezionalità (in questo senso Bucciante, 739). Egli può peraltro chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi corrispondano alle sue funzioni, al fine di attuare i suoi compiti di vigilanza di cui all'art. 344, comma 1, c.c.. Il Tribunale ordinario era competente ad autorizzare l'emancipato al compimento degli atti di cui all'artt. 375 e 394 c.c. ed a pronunciare l'autorizzazione (e la relativa revoca) all'esercizio dell'impresa commerciale di cui all'art. 397, comma 1, c.c. In forza dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 149/2022 tale competenza è venuta meno ed oggi il giudice competente ad autorizzare il compimento dei predetti atti è il Giudice tutelare. Per la disciplina transitoria trova applicazione l'art. 35 del d.lgs. n. 149/2022, così come modificato dall'art. 1, comma 380, lettera a) della l. n. 197/2022, il quale prevede che le disposizioni del decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio si applicano le disposizioni anteriormente vigenti. Il curatore dell'emancipatoIl curatore dell'emancipato è, di diritto, il coniuge maggiorenne. Come già osservato il predetto diviene curatore automaticamente, a seguito del matrimonio e senza che sia necessario un provvedimento dell'Autorità giudiziaria. È opportuno chiarire quanto testé affermato. La delazione della curatela al coniuge deriva direttamente dalla legge ma può capitare che il coniuge non possa svolgere la funzione di curatore dell'emancipato. Ciò avviene qualora anche il coniuge sia minorenne, quando non sia persona idonea all'ufficio o quando, anche per altra ragione, non abbia la piena capacità di agire. In tal caso la nomina discende dal decreto motivato del Giudice tutelare il quale è tenuto a scegliere il curatore, preferibilmente tra i genitori dell'emancipato (Dell'Oro, 24, si parla in questo caso di curatela dativa). L'aver utilizzato l'avverbio «preferibilmente» comporta che il Giudice non sia obbligato a scegliere uno dei genitori dell'emancipato quale suo curatore ma rende necessario che il provvedimento, discostandosi dall'indicazione del legislatore, sia adeguatamente motivato. Qualora sia necessaria la nomina di un curatore per entrambi i coniugi emancipati, ma minorenni, il Giudice tutelare potrà nominare un solo curatore per entrambi salvo che particolari circostanze (ad esempio ingenti e distinti patrimoni) non rendano opportuna la nomina di due curatori (in questo senso Comporti, 539). La curatela è inoltre un ufficio obbligatorio, per il quale non è prevista la possibilità di essere dispensati o esonerati. Le attività in cui esso si sostanzia, che non si traducono nella gestione del patrimonio dell'emancipato o nell'esercizio di poteri relativamente alla sfera personale di quest'ultimo, non rende possibile applicare al curatore dell'emancipato la disciplina prevista per il tutore in tema di dispensa obbligatoria e facoltativa (Dell'Oro, 28; ma si veda anche Cattaneo, 422). Esso è altresì un ufficio di diritto privato disciplinato da norme di diritto pubblico, che non richiede nemmeno il giuramento, come atto formale, per l'assunzione dell'incarico, derivante, come già evidenziato, direttamente dalla legge (in merito Bucciante, 739; Jannuzzi, 206; Pazè, 367). Come la tutela, è un ufficio gratuito. Deve chiedersi se al curatore dell'emancipato possa essere riconosciuta l'equa indennità disciplinata dall'art. 379, comma 2, c.c. La dottrina ritiene che debba escludersi la possibilità di riconoscere l'equa indennità al curatore in considerazione dell'assenza del potere di di gestire il patrimonio del minore, e stante la limitatezza delle attività che egli è in concreto chiamato a svolgere con l'integrazione della volontà dell'emancipato nel compimento dei soli atti di straordinaria amministrazione (in questo senso Dell'Oro, 29, Comporti, 541; Cattaneo, 422). Il curatore dell'emancipato inoltre non ha la cura della persona, non ne amministra i beni e non rappresenta il minore verso l'esterno. Ciò comporta, pertanto, che egli non rappresenti né integri la volontà del minore per quanto concerne le decisioni in ordine alla salute; sicché, diversamente dal tutore, egli non ha alcuna competenza in tema di interruzione di gravidanza della minore di anni diciotto alla quale si applicheranno i principi e le disposizioni di cui alla l. 22 maggio 1978, n. 194. L'assenza di poteri inerenti alla cura della persona e del potere di rappresentanza dell'emancipato comporta altresì che egli non sia tenuto ad educare, istruire o mantenere il minore, salva comunque la possibilità di tentare di persuadere l'emancipato nel compiere, o non compiere, un determinato atto (del resto il curatore dell'emancipato è di regola il coniuge). L'assenza di tali doveri determina che il curatore non risponde del fatto illecito commesso dall'emancipato ai sensi dell'art 2048 c.c., diversamente dal genitore o dal tutore convivente con il pupillo (Bucciante, 739). Con riferimento alla gestione del patrimonio, al curatore non spetta alcun potere, essendo egli chiamato ad integrare la volontà dell'emancipato solo nei casi previsti dal legislatore (cioè nel compimento di atti di straordinaria amministrazione). Da questo discende che il curatore non è tenuto a rendere il conto dell'attività svolta né, tanto meno, gli può essere imposta la prestazione di un'idonea cauzione. Il curatore è comunque tenuto, nell'esercizio delle proprie funzioni, ad osservare la diligenza media del buon padre di famiglia, potendo rispondere dei danni arrecati con la propria condotta all'emancipato. Diversamente, per i danni arrecati ai terzi, attraverso il compimento di un atto tra quelli di cui all'art. 394 c.c., parte di dottrina ritiene che poiché egli si limita ad assistere l'emancipato e ad integrarne la volontà, già formata, non vi sarebbe alcun profilo di responsabilità in capo al curatore (si veda Cattaneo, 541). Diversamente, altra condivisibile dottrina, ritiene che proprio la circostanza secondo cui il curatore integra la volontà dell'emancipato (tanto che senza la sua manifestazione di volontà l'atto non può essere compiuto) determina la possibilità di riconoscere in capo a quest'ultimo la responsabilità per il danno arrecato a terzi derivante dall'atto posto in essere (in questo senso Comporti, 541). La cessazione della curatelaLa curatela cessa con il compimento della maggiore età. Questa costituisce la ragione prima ed il naturale epilogo della curatela. Accanto a tale evento, il legislatore ne prevede degli altri, taluni direttamente riferibili alla persona dell'emancipato, altri relativi alla persona del curatore ed altri ai presupposti che hanno determinato l'emancipazione del minore. Nell'ambito delle prime cause vi è la morte del minore mentre con riferimento alla persona del curatore vengono in considerazione la morte, la sopravvenuta incapacità o la rimozione dall'ufficio. Con riferimento alle cause di cessazione, connesse alle vicende matrimoniali, l'emancipazione cessa in seguito all'annullamento del matrimonio per difetto di età. In tal caso, il minore torna ad essere sottoposto alla responsabilità genitoriale ovvero alla tutela. L'emancipazione, infatti, viene meno in quanto in questo caso a giustificare l'annullamento è la circostanza dell'avvenuta verifica dell'assenza del controllo sulla maturità del minore ovvero che tale accertamento sia nullo. In tal caso, è stato osservato, viene a mancare «un valido accertamento di quella qualità del soggetto che ne può giustificare l'emancipazione» (Cattaneo, 420). La condivisibile tesi prevalente ritiene che in tal caso la cessazione dell'emancipazione operi con effetto ex tunc. Diversamente, qualora il matrimonio venga annullato per una causa diversa dall'età, ovvero si verifichi una delle altre fattispecie previste dal terzo comma dell'art. 392 c.c., il Giudice tutelare nomina curatore uno dei genitori, se idoneo all'ufficio, ed in mancanza altra persona. Sicché, ove si verifichi una delle circostanze testé indicate, è evidente che non cessi l'emancipazione essendo espressamente prevista la sola sostituzione del curatore da parte del Giudice tutelare (sul punto Cattaneo, 420 c.c.). Inoltre l'emancipazione non cessa anche qualora il minore non abbia promosso l'azione di annullamento, in caso di matrimonio contratto in violazione dell'art. 84 c.c., entro un anno dal compimento della maggiore età, qualora vi sia stato concepimento ovvero sia stata accertata la volontà di mantenere il vincolo matrimoniale. Diversamente, qualora il matrimonio sia inesistente, mancando il contenuto minimo dell'atto, l'emancipazione non può che cessare atteso che non vi sussistono i presupposti perché la curatela possa ritenersi esistente (in merito si veda Comporti, 532), Qualora l'emancipazione venga meno, ed in particolare a seguito di annullamento del matrimonio per difetto di età, si pone, infine, il problema di stabilire quale sorte abbiano gli atti posti in essere dall'emancipato. In particolare, la risposta varia a seconda che si ritenga che l'emancipazione cessiex tunc o ex nunc (per la tesi prevalente che ritiene che l'emancipazione cessi con effetto ex tuncCattaneo, 420). Seguendo la tesi prevalente, gli atti posti in essere dal minore prima dell'annullamento del matrimonio saranno annullabili (egli difatti era solo apparentemente capace). Vale la pena evidenziare che questa stessa autorevole dottrina evidenzia che qualora tali atti siano stati autorizzati dal Giudice tutelare o dal tribunale (nei casi di cui agli artt. 394,395 e 397 c.c.) il loro annullamento non pregiudica i diritti acquisitati in buona fede da terzi, e ciò anche in forza di quanto prevede l'art. 742 c.p.c. (Cattaneo, 420). BibliografiaBucciante, La potestà dei genitori, la tutela e l'emancipazione, in Rescigno (diretto da) Trattato di diritto privato, Torino 1997; Cattaneo, Emancipazione, in Dig.civ., VII, Torino, 1991; Comporti, Dell'Emancipazione, Cian-Oppo-Trabucchi (a cura di), Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova 1992; De Cupis, Della tutela dei minori, in Cian-Oppo-Trabucchi (diretto da), Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova, 1992; Dell'Oro, Dell'emancipazione dei minori affidati alla pubblica o alla privata assistenza e dell'affiliazione, in Comm. S.B., Bologna- Roma, 1972; Jannuzzi in Lorefice (a cura di), Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2000; Pazè, La tutela e la curatela dei minori, in Zatti (diretto da) Trattato di diritto di famiglia, Milano, 2012; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione, II, Milano, 2003; Stella Richter- Sgroi, Delle persone e della famiglia, in Commentario del codice civile, Torino, 1958. |