Codice Civile art. 182 - Amministrazione affidata ad uno solo dei coniugi (1).

Gustavo Danise

Amministrazione affidata ad uno solo dei coniugi (1).

[I]. In caso di lontananza o di altro impedimento di uno dei coniugi l'altro, in mancanza di procura del primo risultante da atto pubblico o da scrittura privata autenticata [1392], può compiere, previa autorizzazione del giudice e con le cautele eventualmente da questo stabilite, gli atti necessari per i quali è richiesto, a norma dell'articolo 180, il consenso di entrambi i coniugi.

[II]. Nel caso di gestione comune di azienda, uno dei coniugi può essere delegato dall'altro al compimento di tutti gli atti necessari all'attività dell'impresa [2204].

(1) Articolo così sostituito dall'art. 61 l. 19 maggio 1975, n. 151. L'art. 55 della stessa legge, ha modificato l'intitolazione di questa Sezione e soppresso la suddivisione in paragrafi.

Inquadramento

L'art. 182 rientra nell'ambito dell'amministrazione della comunione legale tra coniugi, disciplinandone le modalità di esercizio in caso di lontananza o legittimo impedimento (malattia ad es.) di uno dei coniugi. Infatti, l'altro, se non già in possesso di una procura alla gestione conferitigli dal consorte prima dell'allontanamento o della malattia, può rivolgersi al giudice per essere autorizzato al compimento di atti di straordinaria amministrazione. Quindi, anche questa disposizione richiede l'autorizzazione del giudice per il compimento di un atto di straordinaria amministrazione; ma si differenzia dall'art. 181 c.c. per i presupposti costitutivi (dissenso tra i coniugi in un caso; impedimento oggettivo di uno dei due nell'altro). In chiave critica, va osservato che poiché entrambe le disposizioni mirano ad assicurare il corretto funzionamento dell'amministrazione dei beni in comunione legale nel caso in cui uno dei coniugi non voglia o non possa esprimere il consenso al compimento di un atto, e prevedono lo stesso strumento di risoluzione (autorizzazione del giudice), il legislatore avrebbe potuto inserirle in un unico articolo, invece di dedicarvi articoli distinti. Il capoverso dell'art. 182 prevede la possibilità di un coniuge di delegare espressamente l'altro al compimento di atti di straordinaria amministrazione che afferiscono all'impresa gestita congiuntamente. La norma ha lo scopo di rendere più snello e dinamico l'esercizio dell'amministrazione dell'impresa in comunione legale. Le norme codicistiche sulla comunione legale si applicano anche alle unioni civili se non disposto diversamente dai costituenti con convenzione matrimoniale come sancito dall'art. 1 comma 13 l. n. 76/2016; per cui la trattazione di quest'articolo si estende anche alle unioni civili.

L'amministrazione affidata ad un solo coniuge: presupposti

Ciascun coniuge può compiere autonomamente atti di straordinaria amministrazione ex art. 180 c.c., previa autorizzazione del giudice, in caso di lontananza o legittimo impedimento dell'altro. Quanto al presupposto della «lontananza», la dottrina maggioritaria ritiene che tale nozione non si riferisca a qualsiasi temporaneo allontanamento di un coniuge (per un viaggio di lavoro ad es.), ma solo a quello repentino ed inaspettato che si traduca in un oggettivo impedimento a partecipare alla stipula di un atto urgente o a rilasciare apposita procura (Giusti, 165; Napoli, 405; Bruscuglia, 269; Valignani, 487). Si perviene a tale opzione ermeneutica valorizzando il richiamo, contenuto nella norma, alla mancanza di procura risultante da atto pubblico o da scrittura privata autenticata: infatti, in caso di allontanamento temporaneo per un motivo determinato (turismo, viaggio di lavoro), il coniuge assente può rilasciare ex ante o ex post (a seconda del momento in cui sopravviene l'esigenza di compiere l'atto di straordinaria amministrazione) all'altro coniuge una procura scritta al compimento dell'atto anche in suo nome e per suo conto. È evidente allora che l'autorizzazione giudiziale sostitutiva ex art. 182 riguardi i casi in cui un coniuge si sia allontanato repentinamente e non sia raggiungibile dall'altro coniuge, il quale, non potendo farsi rilasciare una procura speciale al compimento di un determinato atto, e non possedendola già, sarebbe impossibilitato a disporre. In proposito, si evidenzia che l'ipotesi tipica di allontanamento che rileva ai fini dell'art. 182 è la scomparsa del coniugeex art. 48 c.c.: la previsione della curatela provvisoria per la conservazione dei beni personali dello scomparso si affianca, ma non interferisce né è inconciliabile con il rimedio previsto dall'art. 182 nell'ambito della comunione legale (Giusti, 168; De Paola, 557; contra Gabrielli, 52 secondo cui la disciplina giuridica dell'art. 48 c.c. è speciale rispetto a quella descritta nell'art. 182). Diversamente l'assenza e la dichiarazione di morte presunta sono cause di scioglimento della comunione legale; pertanto non è loro applicabile l'art. 182 (Valignani, 487). Per quanto concerne l'altra causale per l'attivazione del procedimento ex art. 182, la dottrina sottolinea che la nozione di «impedimento» ingloba ogni situazione di fatto o di diritto, che renda impossibile a uno dei coniugi l'effettivo esercizio del potere di amministrazione, come, ad esempio, l'incapacità di intendere e di volere procurata da una malattia. Secondo alcuni anche l'abbandono della casa coniugale integrerebbe il requisito in questione, perché si tradurrebbe in un impedimento oggettivo a compiere un atto, a prescindere dagli effetti sanzionatori dell'allontanamento dalla casa coniugale previsti dall'art. 146 c.c. (Giusti, 166; in senso contrario Finocchiaro A. e M., 1064). Lo scrivente avversa tale affermazione, in quanto l'abbandono della casa coniugale, così come la latitanza, integrano al limite la causale dell'allontanamento e non quella di «altro impedimento», che evidentemente si riferisce a fattori personali o giuridici diversi dalla lontananza fisica. Ad opinar diversamente, le due causali si confonderebbero perdendo l'autonomia concettuale ed ontologica loro riservata dal legislatore della riforma del diritto di famiglia. È sorto un contrasto in dottrina sulle condizioni per l'applicabilità dell'art. 182 nell'ipotesi di impedimento per incapacità di intendere e di volere di un coniuge. Infatti, se è pacifico in dottrina e giurisprudenza che il rimedio dell'autorizzazione giudiziale sostitutiva sia attivabile da un coniuge in caso di incapacità di intendere e di volere transeunte e temporanea dell'altro (ad es. perché versa in stato di coma a causa di una grave malattia o di un infortunio), con riguardo ad un atto urgente la cui stipula si rende necessaria proprio durante questo periodo, si registrano, diversamente, difformità di vedute nell'ipotesi in cui l'incapacità di intendere e di volere sia permanente o quanto meno destinata a protrarsi per molto tempo. In tale caso, infatti, soprattutto in giurisprudenza è emersa la posizione secondo cui occorre applicare, in favore del coniuge incapace, uno degli istituti di rappresentanza ed assistenza previsti nel codice (interdizione, inabilitazione ed amministrazione di sostegno), le cui rispettive discipline giuridiche non lascerebbero spazio applicativo per l'autorizzazione giudiziale ex art. 182. Basti pensare alla pronuncia di interdizione che esclude di diritto il coniuge interdetto dall'amministrazione della comunione legale e prevede un diverso regime di autorizzazioni giudiziali per il compimento di atti di straordinaria amministrazione finalizzati alla conservazione del suo patrimonio. La dottrina maggioritaria sostiene invece che lo stato di incapacità di intendere e di volere di un coniuge non imponga necessariamente una pronuncia di interdizione, inabilitazione o amministrazione di sostegno, ben potendo l'altro coniuge richiedere di volta in volta l'autorizzazione ex art. 182 al compimento di specifici atti di straordinaria amministrazione senza incidere formalmente sullo stato e la capacità del consorte (Anelli, 330; Galasso, 333). Quanto agli aspetti processuali, si richiamano in questa sede le annotazioni già espresse nel commento all'art. 181 c.c. Si tratta quindi di un procedimento di V.G. definibile dal Tribunale in composizione collegiale con decreto emesso in Camera di Consiglio(artt. 737 ss. c.p.c.). Occorre solo sottolineare che il coniuge ricorrente non può agire per farsi autorizzare in via generale e preventiva al compimento di tutti gli atti di straordinaria amministrazione che riterrà di disporre; l'autorizzazione giudiziale si riferisce a singoli atti, per cui il coniuge interessato dovrà intentare un procedimento per ogni atto di straordinaria amministrazione che intenda compiere (Santarcangelo, 492 ss.; Gabrielli-Cubeddu, 130). La norma prevede che il giudice, nell'autorizzare l'atto, possa stabilire eventuali cautele, per la tutela delle ragioni del coniuge lontano o impedito, come ad es. disponendo l'accantonamento di somme o un vincolo di reimpiego delle somme conseguite dall'atto di spettanza del coniuge pretermesso (Santosuosso, 253).

Il comma 1 della disposizione in commento ha trovato scarsa applicazione. Si segnalano solo due pronunce di merito in cui si affrontano i presupposti e le causali per l'attivazione del procedimento di autorizzazione giudiziale. Si è ritenuto che l'autorizzazione prevista dall'art. 182 comma 1, presuppone un impedimento di carattere temporaneo e transeunte, mentre in caso di impedimento di carattere permanente si deve ricorrere alla esclusione del coniuge dalla amministrazione, ex art. 183 comma 1 c.c., ovvero al procedimento di interdizione, se l'impedimento è determinato da abituale capacità di intendere e di volere (App. Milano 7 marzo 2003). In senso conforme anche Trib. Torino, 25 ottobre 1999 ove si specifica che ai fini dell'autorizzazione prevista dall'art. 182, l'impedimento per motivi di malattia mentale di uno dei coniugi ad amministrare i beni in comunione legale, non deve essere né permanente, né di assai lunga durata; poiché in tali casi, il consenso richiesto dall'art. 180 c.c., può essere responsabilmente espresso da un rappresentante del coniuge impedito, vale a dire da un tutore provvisorio.

Il problema del rilascio di procura generale o speciale.

In presenza della causali di allontanamento o altro impedimento di un coniuge, l'altro coniuge può chiedere l'autorizzazione giudiziale al compimento di un atto, se non in possesso di procura rilasciata con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Il capoverso dell'art. 182 ammette che ciascun coniuge possa delegare l'altro al compimento di atti inerenti all'azienda gestita da entrambi. Tali norme hanno suscitato il problema in dottrina dell'ammissibilità della rappresentanza volontaria nell'ambito dell'amministrazione della comunione legale dei beni; con il corollario della possibilità o meno per un coniuge di rilasciare una procura generale, ad es., all'altro per compiere tutti gli atti inerenti alla famiglia o all'azienda comune per i quali sia richiesto il suo consenso (art. 180 comma 2 c.c.). Il problema nasce dal contrasto tra le due norme in commento, che parrebbero ammettere tale possibilità (soprattutto il comma 2 perché non prevede limiti e condizioni per la delega) ed il disposto dell'art. 210 comma 3 c.c. che, viceversa, sancisce la inderogabilità delle norme della comunione legale relative all'amministrazione dei beni della comunione, tra cui va compreso l'art. 180 comma 2 c.c. Secondo una prima impostazione il rapporto tra l'art. 182 comma 1 e 2, da un lato, e gli artt. 180 comma 2 posto in relazione all'art. 210 comma 3 c.c., dall'altro, sarebbe di specialità, per cui la regola basilare è l'inammissibilità della rappresentanza volontaria nell'ambito della comunione legale, mentre l'art. 182 comma 2 contiene due deroghe a tale principio (Busnelli, 50; Acquarone, 550; Auletta, 371 ss.). Un'altra corrente di pensiero sostiene, all'opposto, la piena ammissibilità della rappresentanza volontaria nella comunione legale, con la possibilità per ciascun coniuge di rilasciare liberamente la procura generale o singole procure speciali all'altro per la stipula di atti di straordinaria amministrazione, sottolineando che l'art. 182 descrive semplicemente due ipotesi particolari del suddetto principio generale (Finocchiaro M., 56 ss.; Corsi, 127; Giusti, 178; Anelli, 322; Valignani, 493 che sottolinea che soltanto il rilascio di una procura irrevocabile sia inammissibile). I fautori della prima tesi eccepiscono che se è possibile rilasciare una procura generale all'altro coniuge per il compimento di qualsivoglia atto di straordinaria amministrazione, non si spiega il motivo per cui il legislatore abbia ritenuto di dettare la specifica disciplina dell'art. 182, potendo la validità della procura desumersi dall'applicazione delle regole generali in materia di rappresentanza volontaria; l'eccezione riguarda in particolare il comma 2 della disposizione: se si ammette indistintamente l'applicazione della disciplina sulla rappresentanza volontaria anche all'amministrazione della comunione legale, non si comprende il motivo per cui il legislatore abbia espressamente previsto la possibilità della delega al compimento di atti inerenti all'azienda gestita da entrambi, dal momento che, in assenza di tale previsione, i coniugi sarebbero potuti pervenire comunque al medesimo risultato sulla base delle norme contenute negli artt. 1387 e 1392 c.c. La previsione dell'art. 182 cpv. c.c. non può spiegarsi in altro modo, se non ritenendo inammissibile ed inapplicabile all'amministrazione legale tra coniugi la rappresentanza volontaria, alla luce dell'art. 210 comma 3 c.c., e considerando l'art. 182 comma 2. un'eccezione a tale regola, prevista dal legislatore per assicurare maggiore dinamicità e celerità nella gestione di un'azienda in comunione (Bruscaglia, 273; Busnelli, 1397 ss.; Galasso, 338). Diversamente, vi è unanimità di vedute in dottrina circa l'ammissibilità del rilascio di procure speciali per il compimento di singoli atti; non si rinvengono dati normativi ostativi né ragioni plausibili per la compressione della libertà negoziale dei coniugi a farsi rappresentare nella stipula di singoli atti di straordinaria amministrazione (Giusti, 179; De Paola, 565; Schlesinger, 189), non venendo aggirato in tale modo il principio dell'amministrazione congiunta per gli atti di straordinaria amministrazione, giacchè la procura rilasciata da un coniuge non sarebbe generale ed in bianco, ma specifica e determinata, e pertanto anche ben ponderata (Bruscaglia, 275; De Paola, 565 ritiene che nella procura speciale debbano essere indicati gli estremi precisi dell'atto da compiere, come ad es. i riferimenti catastali dell'immobile da alienare o da acquistare; ciò perché, secondo l'Autore, il coniuge che compie l'atto deve agire più come un nuncius dell'altro, esprimendone la volontà, che come un rappresentante giuridico vero e proprio). Per quanto concerne la forma della procura, l'art. 182 comma 1 c.c. stabilisce che deve essere rilasciata con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Non si tratta di una forma speciale o di una deroga al principio di libertà della forma degli atti negoziali, ma di diretta applicazione dell'art. 1392 c.c., dal momento che la procura in ispecie è richiesta per il compimento di atti di straordinaria amministrazione ex art 180 comma 2 c.c. che richiedono la forma scritta. Si discute in dottrina, altresì, dell'ammissibilità del rilascio di procura a terzi per il compimento di atti di amministrazione della comunione legale. Parte autorevole della dottrina si esprime in termini positivi, non potendosi negare al coniuge il rilascio a terzi di procura generale per l'esercizio dei poteri di coamministrazione dei beni in comunione (Bruscaglia, 275; Valignani, 493). Altra parte della dottrina nega tale possibilità perché sarebbe inconciliabile con il rapporto coniugale, connotato da intuitus personae, che riguarda anche la gestione del patrimonio, che, per effetto del matrimonio e della volontà di non optare per un regime diverso da quello della comunione legale, appartiene in «proprietà solidale» ad entrambi i coniugi e non è quindi esercitabile da terzi (Busnelli, La “comunione legale”, 51; Smiroldo, 725 ss.; Bruscuglia, 276).

Bibliografia

Acquarone, Amministrazione e responsabilità dei beni della comunione, in Il nuovo diritto di famiglia. Contributi notarili, Milano, 1975, 550; Anelli, L'amministrazione della comunione legale, in Tratt. Zatti, III, Milano, 2002, 330 ss.; Auletta, Se sia ammissibile il rilascio di procura per l'amministrazione della comunione legale, in Questioni di diritto patrimoniale della famiglia, Padova, 1989, 371 ss.; Bruscuglia, Amministrazione dei beni della comunione legale, in Tr. Bessone, Il dirittodi famiglia, IV, II, Torino, 1999, 269 ss.; Busnelli, Impresa familiare e azienda gestita da entrambi i coniugi, in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1976, 1397 ss.; Busnelli, La «comunione legale» nel diritto di famiglia riformato, in Riv. not. 1976, I, 50; Corsi, Il regime patrimoniale della famiglia, in Tr. Cicu - Messineo, I, Milano, 1979, 127; De Paola, Il diritto patrimoniale della famiglia coniugale, II, Milano, 1995; Finocchiaro A. e M., Diritto di famiglia, Milano, 1984; Finocchiaro M., La procura nel regime patrimoniale tra coniugi, in Vita not. 1978, 56 ss.; Gabrielli-Cubeddu, Il regime patrimoniale dei coniugi, Milano, 1997; Gabrielli, Le autorizzazioni giudiziali nella disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi, in Riv. dir. civ. 1981, I, 52 ss.; Galasso, Del regime patrimoniale della famiglia,Art. 182, in Comm. S.B., Bologna-Roma, 2003, 333 ss.; Giusti, L'amministrazione dei beni della comunione legale, Milano, 1989; Napoli, Notazioni sulla esclusione del coniuge dall'amministrazione, in Rass. dir. civ. 1980, 405 ss.; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione, Regime patrimonialedella famiglia, IV, Milano, 1989; Santosuosso, Delle persone e della famiglia, in Comm. cod. civ., I, 1, Torino, 1983, 253 ss.; Schlesinger, in Comm. Cian-Oppo-Trabucchi, Padova, III, 1992, 189; Smiroldo, Cenni sulla forma della procura nella comunione legale, in La comunione legale, a cura di Bianca, I, Milano, 1989, 725 ss.; Valignani, L'amministrazione dei beni in comunione, in Tratt. Ferrando, II, Bologna, 2008, 487 ss.

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