Codice Civile art. 396 - Inosservanza delle precedenti norme.InquadramentoQualora il minore compia un attosenza osservare le disposizioni contenute nell'art. 394 c.c. esso potrà essere anullato. Ciò può verificarsi in diverse circostanze. L'atto può essere compiuto senza la necessaria assistenza del curatore ovvero in forza di un consenso viziato, senza l'autorizzazione del Giudice tutelare o del Tribunale nei casi in cui ciò è previsto; potrà altresì essere compiuto previa necessaria autorizzazione ma viziata, in quanto carente di un elemento fondamentale come il parere del Giudice tutelare. La Corte di Cassazione, con risalente decisione, ha ritenuto che il provvedimento di volontaria giurisdizione che autorizza l'alienazione di beni acquista efficacia con il decorso dei termini per il reclamo ma non acquista la forza di giudicato. Sicché, qualora venga impugnato il negozio autorizzato «l'illegittimità del provvedimento autorizzativo può essere dedotta a fondamento dell'impugnazione in qualsiasi momento». Con la medesima sentenza, peraltro, è stato evidenziato che il parere del Giudice tutelare, ove previsto per il compimento dell'atto, pur costituendo un elemento essenziale del procedimento di autorizzazione, ove non richiesto non determina l'inesistenza giuridica del provvedimento autorizzativo ma «rende soltanto annullabile l'atto e tale invalidazione non incide sul diritto degli acquirenti in buona fede che abbiano contrattato sul fondamento di una situazione apparentemente legittima. (in merito Cass.S.U., n. 417/1952, la corte nel caso di specie, relativo ad una alienazione di un bene dotale di una minore emancipata, ha altresì specificato che qualora la vendita venga effettuata per un prezzo superiore a quello autorizzato, il mancato reimpiego dell'eccedenza non toglie validità alla vendita ma importa la nullità del pagamento eseguito senza l'osservanza del reimpiego con obbligo pertanto di rinnovarlo). Sono inoltre annullabili gli atti posti in essere con il curatore in conflitto di interessi con il minore, come nel caso previsto dall'art. 394 c.c., nonché gli atti posti in essere in modo difforme da quanto previsto dall'Autorità giudiziaria. Nella fattispecie da ultimo citata, tuttavia, ove l'atto posto in essere sia più limitato, nel contenuto, rispetto a quello autorizzato, si ritiene che esso non sia annullabile (Bucciante, 749). Sono annullabili peraltro gli atti che hanno la struttura di negozi giuridici, con la conseguenza che la norma in commento non sarà applicabile alla riscossione dei capitali. Il pagamento effettuato al minore emancipato senza l'assistenza del curatore ricade pertanto nell'ambito dell'art. 1190 c.c., con la conseguenza che il debitore non è liberato se non prova che il pagamento è stato rivolto a vantaggio dell'incapace (in questo senso Bucciante, 749). Sotto il profilo della legittimazione ad agire, il negozio posto in essere in violazione della norma in commento è annullabile, su istanza del solo minore (ed in caso di sua premorienza dei suoi eredi, aventi causa), ad eccezione del curatore non avendo poteri di rappresentanza e dei genitori del minore, essendo cessato l'esercizio della responsabilità genitoriale da parte di questi ultimi (con riferimento a tale ultima circostanza, Dell'Oro, 75; in questo senso anche Comporti, 554). Per quanto concerne il curatore, peraltro, deve evidenziarsi che questi è tenuto ad assistere il minore ove egli intenda promuovere l'azione secondo quanto prevede l'art. 394, comma 2, c.c. Il legislatore, anche con riferimento al minore emancipato, conferma la sua predilezione per l'annullabilità rispetto alla più grave nullità laddove vengano compiuti atti in violazione delle norme poste a tutela dell'incapace. La scelta per la meno grave sanzione dell'annullabilità è quindi, anche in questo caso, giustificata dalla necessità di lasciare al minore la valutazione in merito alla utilità dell'atto. Nei confronti dell'atto compiuto dal minore emancipato, peraltro, trovano applicazione le disposizioni in tema di incapacità legale. Trova altresì applicazione la disposizione contenuta nell'art. 1443 c.c., con la conseguenza che ove l'atto venga annullato, il minore non è tenuto a restituire la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a sua vantaggio. In caso di annullamento, peraltro, il terzo in buona fede non può invocare l'art. 1445 c.c., salva l'applicaiblità degli artt. 2652 n. 6 c.c. e 742 c.p.c., qualora l'annullamento sia determinato dalla nullità del provvedimento autorizzativo (in questo senso Cattaneo, 427). L'azione si prescrive in cinque anni decorrenti non dal compimento dell'atto ma dal compimento della maggiore età del minore, ovvero dalla sua morte se antecedente (in questo senso si veda Dell'Oro, 75; Comporti, 555). L'annullamento potrà essere ottenuto indipendentemente dal raggiungimento della prova del pregiudizio subito dal minore e dalla circostanza che l'altro contrante fosse in mala fede; con la conseguente opponibiità ai terzi, fatti salvi gli effetti della trascrizione sanante ai sensi dell'art. 2652 c.c. (in merito Cattaneo, 415). Inoltre trova applicazione la disposizione di cui all'art. 1426 c.c., qualora il minore con raggiri abbia occultato la propria età, con la conseguenza che la semplice dichiarazione resa dal predetto non è ostativa al promuovimento dell'azione di annullamento (sul punto Bucciante, 745; Comporti, 555). Il negozio, tuttavia, può essere convalidato dal minore con l'assistenza del curatore e previa autorizzazione alla convalida da parte dell'autorità giudiziaria competente (in questo senso Bucciante, 749). Con riferimento al difetto di assistenza, sotto il profilo processuale, esso non è contemplato dalla disposizione in commento ma soggiace alle regole generali e può, pertanto, essere sanato nel corso del giudizio a norma dell'art. 182 c.p.c. (Bucciante, 749; in merito alla inapplicabilità della disposizione in commento agli atti processuali, Cattaneo, 428). Il conflitto di interessi.Al curatore, peraltro, si applicano le disposizioni contenute nell'art. 378 c.c., per cui valgono anche nei suoi confronti i divieti previsti per il tutore, in quanto anch'egli è tenuto svolgere l'ufficio affidato nell'esclusivo interesse del minore emancipato. Eventuali situazioni di conflitto sono pertanto soggette ad una specifica disciplina al fine di evitare che le scelte del curatore vengano adottate non nel superiore interesse del minore. Ciò implica che il curatore, come il tutore ed il protutore, non possa rendersi acquirente direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore sia in caso di interposizione fittizia che reale. Il divieto, è stato osservato da autorevole dottrina, si fonda sulla presunzione assoluta dell'esistenza di un'opposizione di interessi tra il tutore ed il minore nel caso di alienazioni (o comunque di atti dispositivi come la permuta) dal minore al suo rappresentante legale (in merito Dell'Oro, 240; De Cupis, 495). Esso deve essere inquadrato nella complessa normativa rivolta a proteggere il minore contro i pregiudizi che possono derivargli dall'opposizione di interessi tra lui e il soggetto investito del potere di amministrare il suo patrimonio e di rappresentarlo (De Cupis, 495). Valgono in questa sede le osservazioni già effettuate con riferimento agli atti posti in essere dal tutore e dal protutore, con la specificazione fondamentale che il curatore, non rappresenta il minore emancipato.Anche nella disciplina prevista per l'emancipazione il legislatore ha quindi ritenuto opportuno evitare il compimento di un atto eccedente l'ordinaria amministrazione possa essere determinato da un interesse personale del curatore. Ciò comporta peraltro che il divieto si estenda, nel caso disciplinato dal primo comma dell'art. 378 c.c., anche qualora vi sia stata l'autorizzazione del Tribunale, previo parere favorevole del Giudice tutelare, atteso che il divieto si fonda su una presunzione di esistenza di un conflitto di interessi prevista dalla legge (in questo senso Dell'Oro, 248). In particolare, va ribadito che il divieto previsto dall'art. 378 c.c. riguarda non solo l'acquisto per «via traslativa», dei beni e dei diritti già appartenenti al minore, ma anche quello per via «derivativa-costitutiva», di diversi diritti, implicanti il godimento di beni del minore (in questo senso, De Cupis, 496). Con riferimento al divieto, di cui al primo comma dell'art. 378 c.c, il termine acquirente deve intendersi equivalente all'espressione soggetto che acquisita beni o diritti con negozi tra vivi anche diversi dalla compravendita come la permuta o altro contratto atipico ad essa assimilabile (Cass. II, n. 932/1970). È stato inoltre evidenziato, in una risalente decisione della Corte d'appello di Venezia, che il divieto esplica la sua efficacia anche se l'acquisto sia stato effettuato dal protutore, previa autorizzazione del Tribunale, su parere favorevole del giudice tutelare (App. Venezia, 26 febbraio 1947, Foro. pad., 1947, I, 692). Diversamente, nel caso in cui il curatore voglia prendere il locazione o in affitto i beni del minore, sebbene anche in questo caso sussista un'ipotesi di opposizione di interessi, il legislatore consente al Giudice tutelare di autorizzare, con le opportune cautele, tale negozio (De Cupis, 497). Tale disposizione non pone distinzioni in merito alla natura dei beni o alla durata del contratto come è invece previsto per le locazioni con persone diverse dal tutore e dal protutore nei casi previsti dall'art. 374 c.c. (Dell'Oro, 261). Il curatore non può divenire cessionario di alcuna ragione o credito verso il minore, ciò è previsto al fine di prevenire l'opposizione di interessi che potrebbe determinarsi tra il tutore, o il protutore ed il minore (Dell'Oro, 264) e, dunque, anche tra il curatore ed il minore emancipato. L'incapacitàL'incapacità giuridica che colpisce il curatore, così come il tutore o il protutore, che si aggiunge a quella prevista dall'art. 350 c.c. n. 3, ha carattere relativo: rende incapace di divenire titolare di diritti già appartenenti solo ad un determinato soggetto (in questo senso e con riferimento alla tutela, De Cupis 496, Dell'oro, 241). Il divieto di ricevere donazioni Non si estende, infine, al curatore il divieto di ricevere donazioni da parte dell'assistito una volta cessato l'ufficio, attesa l'assenza, sotto il profilo procedimentale, di alcun conto finale che debba essere depositato dal curatore (Dell'Oro, 78). La violazione del divieto previsto dall'art. 378 c.c. L'atto posto in essere dal curatore del minore emancipato in violazione della disposizione di cui all'art. 378 c.c. è annullabile su istanza del minore, eredi ed aventi causa ma non su istanza del curatore che lo abbia compiuto. BibliografiaBucciante, La potestà dei genitori, la tutela e l'emancipazione, in Rescigno (diretto da), Trattato di diritto privato, Torino 1997; Bisegna, Tutela e curatela, Noviss. Dig., XIX, Torino, 1973; Cattaneo, Emancipazione, (dir.civ.) Digesto civile, VII; Torino 1991; Comporti, Dell'emancipazione, in Cian-Oppo-Trabucchi (diretto da) Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova, 1992; De Cupis, Della tutela dei minori, in Cian-Oppo-Trabucchi (diretto da), Commentario al diritto italiano della famiglia, Padova, 1992; Dell'Oro, Dell'emancipazione, dei minori affidati alla pubblica o alla privata assistenza e dell'affiliazione, in in Comm. S.B., Bologna-Roma, 1972; Dell'Oro, Tutela dei minori, in Comm. S.B., Bologna- Roma, 1979; Jannuzzi in Lorefice (a cura di), Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2000; Pazè, La tutela e la curatela dei minori, in Zatti (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, Milano, 2012; Santarcangelo, La volontaria giurisdizione, II, Milano, 2003; Stella Richter-Sgroi, Delle persone e della famiglia. La tutela e l'emancipazione, in Commentariodel codice civile, Torino, 1958. |