La portata degli obblighi informativi gravanti sugli intermediari finanziari ed il danno conseguente alla loro omissione

Giovanni Bombaglio
09 Aprile 2018

Può configurarsi una differenziazione degli obblighi informativi di cui agli artt. 21 T.U.F. e 28 e 29 del Reg. Consob 11522/1998 in ragione sia del tipo di contratto intercorso tra l'intermediario ed il risparmiatore, sia della pregressa esperienza dell'investitore?
Massima

L'obbligo informativo sancito all'art. 28 del Regolamento Consob n. 11522/1998 (c.d. Regolamento Intermediari ratione temporis applicabile) costituisce una disposizione di carattere generale, valevole per qualsiasi servizio d'investimento, che prescinde dalla pregressa esperienza ed attitudine finanziaria dell'investitore.

Esso si concretizza in un obbligo per l'intermediario di fornire informazioni specifiche e concrete avuto riguardo ai titoli oggetto dell'investimento, la cui omissione incide sulla corretta formazione delle scelte d'investimento dei risparmiatori, con conseguente responsabilità risarcitoria dell'intermediario.

Il caso

La vicenda in oggetto tra origine dal danno subito da alcuni investitori in conseguenza dell'acquisto di obbligazioni emesse dalla Repubblica argentina nell'anno 2011.

In particolar modo si evince come la Corte di merito, facendo proprio quanto statuito dal Giudice di prime cure, abbia escluso che la banca che ha consigliato e fatto acquistare ai ricorrenti i predetti strumenti finanziari abbia tenuto una condotta contraria agli obblighi informativi su di essa gravanti.

Infatti, la Corte d'Appello di Venezia ha ritenuto che l'intermediario abbia assolto gli obblighi informativi a lui imposti dall'ordinamento poiché, essendo il contratto che lo legava agli odierni ricorrenti qualificabile come un contratto di deposito ed amministrazione titoli anziché di gestione di portafogli, sarebbe stata sufficiente la consegna ai risparmiatori del documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari all'atto dell'acquisto delle obbligazioni.

La Corte di merito ha inoltre stabilito che, quand'anche si volesse astrattamente rimproverare all'intermediario il mancato assolvimento degli obblighi summenzionati, tale condotta dovrebbe nondimeno considerarsi priva di incidenza causale avuto riguardo alle scelte d'investimento dei risparmiatori.

La questione

Le questioni in esame sono le seguenti:

- Può configurarsi una differenziazione degli obblighi informativi di cui agli artt. 21 T.U.F. e 28 e 29 del Reg. Consob 11522/1998 in ragione sia del tipo di contratto intercorso tra l'intermediario ed il risparmiatore, sia della pregressa esperienza dell'investitore?

- Quale incidenza causale riveste l'omesso adempimento degli obblighi informativi imposti agli intermediari finanziari dalla normativa tanto primaria, quanto secondaria, avuto riguardo alla corretta formazione della volontà del risparmiatore e come si ripartisce tra le parti l'onere probatorio?

Le soluzioni giuridiche

a) Sulla portata generale degli obblighi informativi

Per quanto attiene alla prima delle questioni sottoposte alla attenzione della Corte di legittimità, non può non considerarsi come la stessa ritenga priva di rilevo giuridico l'asserita gradazione degli obblighi informativi di cui all'art. 21 d.lgs. n. 58/1998, in funzione della tipologia di contratto stipulato tra intermediario ed investitore.

La Suprema Corte sancisce, infatti, che quanto disposto all'art. 28 del Regolamento Consob n. 11522/1998 (ratione temporis rilevante) non può che riferirsi a tutti “i tipi di servizi d'investimento” e quindi anche al contratto di deposito titoli in amministrazione, in tal senso richiamando anche un precedente conforme (Cass. civ, sez. I, sent., 3 luglio 2017, n. 16318).

Il Giudice di legittimità manifesta, inoltre, quali caratteristiche debbano avere le predette informazioni per considerare assolto l'obbligo gravante sull'intermediario.

Richiamando diversi precedenti conformi, gli Ermellini insistono sulla natura “bespoke” della informativa che deve essere resa all'investitore, la quale deve essere specifica, concreta, “ritagliata sul singolo prodotto finanziario”, ed a prescindere dal “peso dell'investimento rispetto al patrimonio complessivamente investito”.

Degno di nota appare l'assunto in forza del quale il dovere dell'intermediario di fornire le informazioni al cliente non possa essere rapportato al background finanziario dell'investitore.

La pronuncia in commento sembra, pertanto, aderire all'orientamento maggioritario secondo cui, anche in presenza di un operatore qualificato (dovendosi considerare tali sia quei soggetti qualificati espressamente dal legislatore come “clienti professionali di diritto”, sia coloro che richiedono alla banca di essere considerati clienti professionali sottoscrivendo un'apposita dichiarazione), la portata degli obblighi informativi resta immutata.

Diversamente opinando si finirebbe per legittimare l'applicabilità all'operatore qualificato di un regime deteriore rispetto a quello risultante dall'applicazione della teoria generale dei contratti.

b) Sull'incidenza causale delle omesse informazioni e la ripartizione dell'onere probatorio

Avuto riguardo alla seconda questione sottoposta all'attenzione della Corte, quest'ultima, in termini del tutto inequivoci, dispone che l'asserita irrilevanza causale sancita dal Giudice di merito con riferimento alla condotta omissiva tenuta dall'intermediario non possa trovare accoglimento.

Viene, infatti, riconosciuta la configurabilità di un nesso eziologico tra la mancata - o comunque - inesatta informazione e l'acquisto dei prodotti finanziari (da cui trae origine il danno subito dall'investitore).

Il Giudice di legittimità perviene a tale conclusione in ragione dei peculiari e pregnanti doveri informativi che la normativa primaria e secondaria, nella consapevolezza della c.d. “superiorità informativa” di cui gode l'intermediario, pone nell'interesse dei risparmiatori al fine di consentire loro di operare scelte d'investimento consapevoli.

Infatti, la Corte statuisce che la condotta dell'intermediario che ometta di onorare i compiti d'informazione a lui imposti dall'ordinamento è (presuntivamente) idonea a determinare un “disorientamento del risparmiatore” che può considerarsi causa di effetti pregiudizievoli.

Con riferimento alla ripartizione dell'onere probatorio è necessaria una breve premessa sulla natura della responsabilità dell'intermediario finanziario in caso di omissione degli obblighi informativi.

Infatti, superato il pregresso orientamento (Cass. civ, sez. I, 29 settembre 2005, n. 19024) che qualificava l'inosservanza dei predetti doveri esclusivamente in termini di responsabilità precontrattuale (ex art. 1337 c.c.) conseguente alla conclusione di un contratto valido ed efficace, ma sconveniente, le Sezioni Unite, con le note sentenze gemelle Cass. civ., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724 e 26725, hanno definitivamente riconosciuto che la responsabilità ascrivibile all'intermediario che agisca in violazione dei doveri informativi a lui imposti possa avere natura tanto precontrattuale quanto contrattuale, in ragione del frangente temporale in cui si realizza la condotta (stipulazione del contratto vs. esecuzione delle operazioni d'investimento).

La pronuncia in commento sembra attribuire natura contrattuale alla responsabilità dell'intermediario e ciò ha evidenti ripercussioni avuto riguardo al riparto dell'onere probatorio.

Infatti, mentre è onere dell'investitore sia allegare l'inadempimento dell'intermediario finanziario agli obblighi di cui all'art. 21 T.U.F., sia fornire la prova dell'esistenza di un pregiudizio patrimoniale dovuto all'investimento eseguito è, di contro, compito dell'intermediario fornire la prova liberatoria, ovvero dimostrare di aver agito secondo diligenza (in questo caso ai sensi del secondo comma dell'art. 1176 c.c.).

In particolar modo, la Suprema Corte dispone che per vincere la presunzione di responsabilità l'intermediario è tenuto a dare la prova positiva di “sopravvenienze che risultino in sé atte a deviare il corso della catena causale emergente dal vigente sistema normativo delineato dalla disciplina di settore”.

In altri termini, sussiste una presunzione iuris tantum (e, quindi, vincibile) secondo cui l'omessa informazione resa dall'intermediario può considerarsi causa del danno patito dall'investitore consistente nell'acquisto di prodotti finanziari difformi dalle esigenze finanziarie e dalla propensione al rischio di quest'ultimo.

Per converso, l'intermediario andrà esente da responsabilità ove sia in grado di dimostrare di aver agito con la specifica diligenza richiesta dal combinato disposto di cui agli artt. 21 T.U.F. e 26 - 28 del Reg. Consob n. 11522 del 1998.

Osservazioni

Alla luce di quanto esposto appare evidente che, qualora l'intermediario fornisca al risparmiatore un'informazione generica, non strutturata sulle sue effettive esigenze, cui faccia seguito l'acquisto di strumenti finanziari pregiudizievoli per l'investitore, la giurisprudenza di legittimità ritiene sussistente (in via presuntiva) un nesso causale tra l'omessa informativa ed il danno subito dall'investitore.

La ratio dell'obbligo d'informazione attiva posto a carico dell'intermediario deve essere individuata nell'intenzione del Legislatore di apprestare in favore del risparmiatore (parte debole del rapporto negoziale) una serie di presidi onde consentire a quest'ultimo di effettuare una scelta consapevole allorché si appresti ad acquistare prodotti finanziari.

Infatti, l'omessa informativa da parte dell'intermediario si presume essere causa del danno subito dall'investitore che per effetto della stessa abbia effettuato una scelta non consapevole.

L'investitore, per ottenere tutela risarcitoria, dovrà, in primis, allegare specificamente il deficit informativo (artt. 21 T.U.F. e 28 - 29 Reg. Intermediari ratione temporis), possibilmente non soltanto indicando le norme che si ritengono violate, ma anche specificando sotto quale profilo le stesse siano state disattese dall'intermediario.

Quanto alla prova del nesso di causalità occorre osservare come la giurisprudenza, con soluzione particolarmente favorevole all'investitore, ritenga che l'omessa informativa comporti un alleggerimento dell'onere della prova, da intendersi non sino al punto di esonerare l'investitore dalla prova del danno, bensì di consentire in via presuntiva l'accertamento del nesso di causalità tra condotta e danno (conseguenza).

Il danno risarcibile dovrà essere quantificato mediante una valutazione di tipo ipotetico – probabilistico che tenga conto, nel rispetto dei criteri di congruità ed equità, della differenza tra il valore originario dell'investimento, l'utilità tratta (i ratei di interessi percepiti) ed il valore attuale dei bond che potranno, come spesso avviene in casi simili, essere ritrasferiti all'intermediario.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.