Codice Civile art. 52 - Effetti della immissione nel possesso temporaneo.Effetti della immissione nel possesso temporaneo. [I]. L'immissione nel possesso temporaneo dei beni deve essere preceduta dalla formazione dell'inventario dei beni [769 ss. c.p.c.]. [II]. Essa attribuisce a coloro che l'ottengono e ai loro successori l'amministrazione dei beni dell'assente, la rappresentanza di lui in giudizio e il godimento delle rendite dei beni nei limiti stabiliti nell'articolo seguente [725 c.p.c.]. InquadramentoSecondo la formulazione della norma in commento, l’immissione nel possesso temporaneo dei beni deve essere preceduta dalla formazione dell’inventario, e ciò al fine di tutelare la posizione dell’assente. Tale adempimento tutela, infatti, la legittima aspettativa dell’assente alla conservazione del suo patrimonio per l’eventualità del suo ritorno. Si vuole cioè garantire che nel caso in cui l’assente ritorni il patrimonio gli sia restituito nell’esatta consistenza in cui è rimasto relitto per tutta la durata della sua assenza. Ed è così essenziale che si proceda all’inventario dei beni, prima dell’effettiva immissione nel possesso temporaneo, perché così facendo si procede alla verifica dell’esatta consistenza del patrimonio facente capo all’assenza, in vista di una sua conservazione e gestione. In questo senso, l’inventario costituisce lo strumento in base al quale operare un raffronto tra la consistenza del patrimonio dell’assente al momento del suo ritorno e quello esistente al tempo dell’immissione temporanea nel possesso. Si comprende, quindi, la ragione per cui il legislatore ha preteso la redazione dell’inventario quale condizione necessaria per l’immissione nel possesso temporaneo dei beni (Romagnoli, 261). La posizione giuridica degli immessi nel possesso temporaneo dei benisi discute, in dottrina, se e come qualificare giuridicamente gli immessi nel possesso temporaneo dei beni. Per una parte della dottrina, l'immesso è titolare di un diritto di godimento dei beni dell'assente e di un potere di amministrazione degli stessi beni (così Palazzo, 468, il quale ricorre alla categoria dei diritti senza soggetto, per concludere nel senso che «l'immesso si ritrova titolare di un potere-dovere di amministrazione sui beni dell'assente e non di un diritto di proprietà, amministrazione che implica un potere di disposizione il cui limite è segnato dal criterio del vantaggio e del buon governo del patrimonio»): secondo altri, gli immessi nel possesso sarebbero da qualificare come meri usufruttuari (Callegari, 1127); per altri, ancora, la posizione degli immessi nel possesso sarebbe più correttamente accostabile a quella del curatore o amministratore di beni ereditari, come previsto dagli agli art. 460, 529 e 644 c.c. (Cicu, 42). In tutti questi casi, gli immessi sarebbero titolari di un potere gestorio nel proprio interesse. Vi è pure chi, in posizione intermedia, qualifica l'immissione nel possesso temporaneo dei beni quale «successione provvisoria a causa di assenza» (Bianca, 261: «I diritti dei successori provvisori dell'assente si determinano secondo le norme della successione a causa di morte» ), riconoscendo in capo agli immessi diritti successori – pur condizionati al superamento della situazione di incertezza – sul patrimonio dell'assente. In senso opposto, si è ritenuto si è in presenza di un fenomeno di rappresentanza legale, sia sul piano sostanziale che processuale, che legittima gli immessi ad agire sì in nome proprio, ma per conto dell'assente (per Romagnoli, 267, quindi, gli immessi sarebbero titolari di un diritto di godimento su cosa altrui, sul presupposto che i beni rimangono in capo all'assente, dato che non è ravvisabile alcun fenomeno successorio). È stata altresì accostata la posizione degli immessi a quella derivante dalla sostituzione processuale (dell'assente) nel proprio interesse (Zatti, 260). In quest'ultimo senso, gli immessi vedono tutelata la loro aspettativa alla successione dell'assente, sostituendosi a quest'ultimo nell'amministrazione e gestione del suo patrimonio (Zatti, 266). Altri, infine, rinunciano ad una qualificazione giuridica, prendendo atto che, in effetti, si è in presenza di un posizione complessa, « un unicum, difficilmente inquadrabile ed assimilabile in altre figure, e che trova i suoi caratteri proprio nella specifica disciplina in esame, del tutto sui generis » (in questi termini ,del tutto condivisibili, Dogliotti, 454). La responsabilità dell'immessoCome sancito dalla disposizione in commento, gli immessi sono tenuti all'amministrazione ed alla gestione del patrimonio dell'assente, nel senso che gli stessi non sono tenuti soltanto alla conservazione del patrimonio ma anche ad una gestione “dinamica”, potendo compiere atti di ordinaria amministrazione e, quanto agli atti di straordinaria amministrazione, con i limiti di cui all'art. 54 c.c., a cui commento si rinvia. Come efficacemente osservato in dottrina, « l'immesso si ritrova titolare di un potere-dovere di amministrazione sui beni dell'assente e non di un diritto di proprietà, amministrazione che implica un potere di disposizione il cui limite è segnato dal criterio del vantaggio e del buon governo del patrimonio » (Palazzo, 474; così anche Romagnoli , 289). Gli immessi sono inoltre tenuti a rappresentare in giudizio l'assente. Quanto al godimento delle rendite, si rinvia al commento dell'art. 53 c.c. Si comprende, a questo proposito, che l'eventuale mala gestio del patrimonio dell'assente sarà fonte di responsabilità per gli immessi, i quali saranno tenuti al risarcimento del danno per inadempimento nei confronti dell'assente (Palazzo, 476), i quali siano venuti meno all'obbligo di agire con «la diligenza del buon padre di famiglia» (richiamando analogicamente il precetto di cui all' art. 1710 c.c., in tema di mandato). Sul punto, si ritiene addirittura, nei casi più gravi, che si possa rideterminare la cauzione o, al limite, procedere con la revoca dell'immesso. |