Legge - 19/02/2004 - n. 40 art. 6 - (Consenso informato) (1) .(Consenso informato) (1) . Art. 6. 1. Per le finalità indicate dal comma 3, prima del ricorso ed in ogni fase di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita il medico informa in maniera dettagliata i soggetti di cui all'articolo 5 sui metodi, sui problemi bioetici e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all'applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per l'uomo e per il nascituro. Alla coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, come alternativa alla procreazione medicalmente assistita. Le informazioni di cui al presente comma e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna e dell'uomo devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole e consapevolmente espressa. 2. Alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi economici dell'intera procedura qualora si tratti di strutture private autorizzate. 3. La volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è espressa per iscritto congiuntamente al medico responsabile della struttura, secondo modalità definite con decreto dei Ministri della giustizia e della salute, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tra la manifestazione della volontà e l'applicazione della tecnica deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell'ovulo . 4. Fatti salvi i requisiti previsti dalla presente legge, il medico responsabile della struttura può decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assistita, esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario. In tale caso deve fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione. 5. Ai richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, devono essere esplicitate con chiarezza e mediante sottoscrizione le conseguenze giuridiche di cui all'articolo 8 e all'articolo 9 della presente legge. (1) Vedi D.M. 16 dicembre 2004, n. 336. InquadramentoSi veda, per un commento riguardante il consenso, sub art. 4. Con riferimento specifico alla revoca del consenso, la Corte costituzionale (sent. n. 161 del 2023) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale ordinario di Roma, in composizione monocratica in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 6, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui non prevede la revocabilità del consenso prestato dall'uomo dopo la fecondazione dell'embrione, ma prima dell'impianto, quando, in considerazione del decorso del tempo, si sia disgregato il progetto di coppia. Il fatto che la donna, la Corte ha affermato, possa sempre rifiutare il trasferimento in utero dell'embrione non realizza una disparità di trattamento rispetto all'uomo, in ragione dell'eterogeneità delle situazioni. Sebbene, infatti, il divieto di revoca del consenso sia riferito a ciascuno dei soggetti coinvolti è indubbio che la norma censurata non possa condurre a ipotizzare un impianto coattivo nei confronti della donna, che si tradurrebbe in un trattamento sanitario, estremamente invasivo, che non può in alcun modo esserle imposto. La stessa sentenza ha precisato che il consenso prestato alla PMA, irrevocabile dal momento della fecondazione dell'ovulo, ha una portata ulteriore rispetto al mero consenso informato al trattamento medico: si è in presenza, infatti, di un atto finalisticamente orientato a fondare lo stato di figlio, che comporta una specifica assunzione di responsabilità riguardo alla filiazione. L'irrevocabilità del consenso prestato dall'uomo alla PMA è funzionale a salvaguardare l'ntegrità psicofisica della donna dalle ripercussioni negative che su di lei produrrebbe l'interruzione del percorso intrapreso, ormai giunto alla fecondazione. La norma che stabilisce l'irrevocabilità del consenso dopo la fecondazione dell'ovulo si colloca al limite delle cosiddette «scelte tragiche», caratterizzate dall'impossibilità di soddisfare tutti i confliggenti interessi coinvolti nella fattispecie. Nel nostro ordinamento, la ricerca, nel rispetto della dignità umana, di un ragionevole punto di equilibrio, eventualmente anche diverso da quello attuale, fra le diverse esigenze in gioco in questioni che toccano temi eticamente sensibili non può che spettare primariamente alla valutazione del legislatore, alla luce degli apprezzamenti correnti nella comunità sociale, ferma restando la sindacabilità da parte di della Corte costituzionale delle scelte operate, al fine di verificare che con esse sia stato realizzato un bilanciamento non irragionevole. Se è vero che la possibilità di una scissione temporale tra la fecondazione e l'impianto si ripercuote indubbiamente sulla libertà dell'uomo di autodeterminarsi, quando, per il decorso del tempo, sia venuta meno quell' affectio familiaris sulla quale si era fondato il comune progetto di genitorialità, tuttavia il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti insito nella norma censurata non è irragionevole. La centralità che il consenso assume nella PMA fa sì che l'uomo, reso edotto del possibile ricorso alla crioconservazione, sia consapevole della possibilità di diventare padre: ciò rende difficile inferire una radicale rottura della corrispondenza tra libertà e responsabilità. Inoltre, il consenso dell'uomo va oltre agli interessi inerenti la propria sfera individuale, coinvolgendo altri interessi costituzionalmente rilevanti, attinenti alla donna e all'embrione. Ove si considerino, pertanto, la tutela della salute fisica e psichica della madre e la dignità dell'embrione crioconservato risulta non irragionevole la compressione, in ordine alla prospettiva di una paternità, della libertà di autodeterminazione dell'uomo. La norma censurata, benché introdotta in un contesto in cui la PMA avrebbe dovuto svolgersi in uno stesso ciclo e, in linea generale, senza crioconservazione, mantiene, quindi, un non insufficiente grado di coerenza anche nel nuovo contesto ordinamentale risultante dagli interventi della Corte costituzionale. Non sfuggono, tuttavia, la complessità della fattispecie e le conseguenze che la norma censurata produce in capo all'uomo, spettando tuttavia al legislatore ricercare un ragionevole punto di equilibrio, eventualmente anche diverso, salvo il sindacato sulla verifica della sua ragionevolezza. La sentenza citata ha dichiarato non fondata anche la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal medesimo Tribunale di Roma, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 8 CEDU quanto al diritto al rispetto della propria vita privata, dell'art. 6, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui non prevede la revocabilità del consenso prestato dall'uomo dopo la fecondazione dell'embrione ma prima dell'impianto, quando, in considerazione del decorso del tempo, si sia disgregato il progetto di coppia. Sul punto la decisione ha affermato che, pur riguardando l'art. 8 CEDU anche le decisioni di avere o non avere un figlio, si deve escludere che la norma censurata superi il margine di apprezzamento riconosciuto allo Stato italiano, in quanto , come precisato dalla stessa Corte europea dei diritti dell'uomo, il ricorso al trattamento di fecondazione in vitro dà luogo a delicate questioni etiche e concerne aree in cui manca un consenso europeo. 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