La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e le ripercussioni nel processo alla persona giuridica
14 Maggio 2018
Massima
In tema di responsabilità degli enti, in presenza di una sentenza di applicazione della particolare tenuità del fatto, nei confronti della persona fisica responsabile della commissione del reato, il giudice deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio il reato fu commesso; accertamento di responsabilità che non può prescindere da una opportuna verifica della sussistenza in concreto del fatto reato, in quanto l'applicazione dell'art. 131-bis c.p. non esclude la responsabilità dell'ente, in via astratta ma la stessa deve essere accertata effettivamente in concreto; non potendosi utilizzare, allo scopo, automaticamente la decisione di applicazione della particolare tenuità del fatto, emessa nei confronti della persona fisica. Il caso
Il procuratore generale presso la Corte d'appello di Firenze proponeva ricorso per cassazione per violazione degli articoli 8 e 66 del d.lgs. 231 del 2001, chiedendo l'annullamento della sentenza emessa dal tribunale di Grosseto che dichiarava non punibile l'imputato, ai sensi dell'art. 131-bis c.p. e dichiarava l'assenza di responsabilità della società per l'illecito amministrativo contestato. Il ricorrente, in particolare, lamentava che l'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto comportava la sussistenza del reato, nonché la sua riconducibilità agli imputati e doveva ritenersi, pertanto, irrilevante per l'applicazione delle sanzioni dell'ente. La questione
La questione di diritto che viene devoluta al Supremo Consesso inerisce il tema dell'accertamento della responsabilità dell'ente, nelle ipotesi di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto nei confronti dell'imputato persona fisica. Le questioni giuridiche
La Corte di cassazione sottolinea, anzitutto, che il quesito non trova una specifica regolamentazione normativa, in quanto il d.lgs. 231 del 2001, all'art. 8, disciplina unicamente la sussistenza autonoma della responsabilità dell'ente quando l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile, oppure quando il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia. A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 28 del 16 marzo 2015, infatti, che ha introdotto la nuova causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p., il quadro giuridico della responsabilità amministrativa degli enti è rimasto immutato. Il Supremo Consesso, dunque, individua due possibili soluzioni giuridiche. La prima, adottata dalla decisione impugnata, trova fondamento da una lettura “a contrario” dell'art. 8 del d.lgs. 231 del 2001 e consiste nel ritenere che, non prevedendo, tale norma, espressamente tra le ipotesi che determinano una permanenza della responsabilità dell'ente le cause di non punibilità, la responsabilità dell'ente dovrebbe essere esclusa quando l'imputato viene ritenuto non punibile ex art. 131-bis c.p. Altro e contrapposto orientamento interpretativo, invece, ritiene irragionevole una responsabilità dell'ente nelle ipotesi di estinzione del reato e non anche nelle ipotesi di reato accertato ma non punibile. Con riferimento a tale secondo filone giurisprudenziale, la Corte di cassazione richiama il principio affermato, in tema di prescrizione del reato, secondo cui in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice deve procedere ad un autonomo accertamento della responsabilità dell'ente, nel cui interesse e nel cui vantaggio l'illecito è stato commesso. Accertamento che, evidentemente, non può prescindere da una verifica in ordine alla sussistenza del reato presupposto. Tale soluzione è condivisa dal Supremo Consesso anche con riferimento alla declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Del resto, motiva la Corte, la sentenza che applica la predetta causa di non punibilità esprime un giudizio di affermazione di responsabilità dell'imputato e di esistenza del fatto reato. A tale riguardo, la Corte di cassazione ricorda che la sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 131-bis c.p. viene iscritta nel casellario giudiziale e, a mente dell'art. 651-bis c.p.p., ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo di danno, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e della riconducibilità all'imputato. L'effetto di giudicato, tuttavia, se non espressamente previsto, non può essere esteso per via analogica alla sentenza di applicazione dell'art. 131-bis c.p., potendo integrare, una siffatta operazione, a giudizio della Corte di legittimità, una lesione irrimediabile del diritto di difesa della persona giuridica. Afferma, infatti, la Corte che non è in alcun modo possibile riconoscere incidenza di giudicato alla sentenza che pronuncia la non punibilità per particolare tenuità del fatto nel giudizio relativo alla responsabilità della persona giuridica. Pertanto, in definitiva, l'applicazione dell'art. 131-bis c.p., a giudizio della Corte, non esclude, in via astratta, la responsabilità dell'ente ma neppure la afferma in via automatica, dovendo la stessa essere accertata effettivamente in concreto. Conseguentemente, i giudici della Corte Suprema concludono che in presenza di una sentenza di applicazione della tenuità del fatto nei confronti dell'autore dell'illecito, il giudice deve procedere ad un autonomo accertamento della responsabilità amministrativa dell'ente, nel cui interesse o nel cui vantaggio il reato è stato commesso, verificando, necessariamente, la sussistenza in concreto del fatto reato. Osservazioni
Come noto, su delega formulata dalla legge 67 del 28 aprile 2014 è stato adottato il d.lgs. 28/2015, contenente le disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto. In estrema sintesi, la norma prevede la possibilità di dichiarare non punibili i reati, delitti o contravvenzioni, puniti con una pena detentiva, sola o congiunta alla pena pecuniaria, che non superi i cinque anni, allorquando l'offesa sia di particolare tenuità e quando il comportamento non risulti abituale. Come è stato osservato, il mancato recepimento di tale novum normativo nel corpo del d.lgs. 231 del 2001, ha lasciato agli interpreti il compito ricercare la soluzione ritenuta maggiormente rispettosa delle norme. Le ripercussioni di tale lacuna non sono di poco momento, in quanto numerosi reati presupposto della responsabilità amministrativa dell'ente rientrano, per i limiti edittali previsti, nella cornice di applicabilità della causa disciplinata all'art. 131-bis c.p. Basti pensare, ai reati ambientali, a quelli societari, ai reati di contraffazione, ai delitti contro il patrimonio e ad alcuni di quelli contro la pubblica amministrazione. Per quanto qui rileva, la sentenza in commento si pone in netto contrasto non solo con la giurisprudenza maggioritaria, ma anche con la dottrina che si era occupata dell'argomento, che si erano espresse nel senso di mandare l'ente esente da responsabilità nelle ipotesi di non punibilità dell'autore per particolare tenuità del fatto. Non da ultimo, la soluzione adottata dai giudici di legittimità collide anche con l'orientamento espresso dalle circolari esplicative e di applicazione delle disposizioni in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, diffuse dalle Procure, laddove si affermava il principio esattamente contrario in tema di archiviazione, secondo cui, non essendo stata introdotta una clausola di salvaguardia come quella di cui al già citato art. 8, «l'archiviazione per la causa di non punibilità in esame riguardante la persona fisica si estende senza dubbio anche a quella giuridica». Del resto, non si comprende come possa giungersi ad un'affermazione di colpevolezza dell'ente se l'autore del reato presupposto è stato ritenuto non punibile perché l'offesa è particolarmente tenue. Appare di tutta evidenza che tale giudizio si ripercuota, indiscutibilmente, anche sull'illecito amministrativo dipendente da quello stesso reato presupposto. D'altronde come potrebbe non estendersi tale effetto sull'accertamento della responsabilità all'ente: se l'offesa è tenue per l'imputato (che deve aver commesso il fatto nell'interesse o a vantaggio dell'ente), come potrebbe non esserlo anche nei confronti della persona giuridica? Eppure di questo stesso avviso, come abbiamo visto, non è la sentenza qui commentata. A seguito di tale contraddittorio intervento ermeneutico, si auspica che, quantomeno, la declaratoria di non punibilità ottenuta dalla persona fisica per particolare tenuità del fatto spieghi i suoi effetti sul trattamento sanzionatorio applicato all'ente riconosciuto, eventualmente, responsabile dell'illecito amministrativo, ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. 231del 2001, che prevede proprio una diminuente di pena allorquando ricorrono una serie di circostanze, tra cui, la particolare tenuità del danno. Il presente commento risulterebbe incompleto se non si prendesse in considerazione una circostanza che appare mutata, rispetto al quadro normativo preso in esame dalla Corte di cassazione nella sentenza che qui si è illustrata. Essa è rappresentata dalla delega al Governo, contenuta nella Riforma Orlando, entrata in vigore lo scorso 3 agosto 2017, per l'emanazione di decreti legislativi, tra cui, quello relativo alla revisione della disciplina del casellario giudiziale che pone proprio, quale direttiva, quella di eliminare l'iscrizione dei provvedimenti applicativi della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, prevedendo che sia il pubblico ministero a verificare, prima dell'emissione del provvedimento, l'occasionalità del fatto addebitato. Tale considerazione, ovviamente, non inficia totalmente le argomentazioni offerte dalla Corte di cassazione ma ne rivela, ancora una volta, le criticità. Se infatti di “cripto-condanna” si era parlato nella sentenza commentata, quale argomento per rafforzare la tesi seguita dalla Corte di cassazione, con la prossima modifica legislativa, l'uso di tale aggettivo potrebbe risultare improprio. Il quesito che, tuttavia, non ha trovato alcuna risposta nella sentenza qui commentata è se la particolare tenuità del fatto, quale causa di esclusione della punibilità, possa essere applicata, autonomamente, a prescindere dalle sorti del procedimento a carico dell'autore persona fisica del reato, all'ente. In assenza di arresti giurisprudenziali sul punto e di una espressa previsione normativa sembra doversi optare per la soluzione negativa, a riprova del fatto che la disciplina di cui al d.lgs. 231 del 2001 presenta diverse distonie rispetto alle previsioni codicistiche, che si traducono in ingiustificate diversità di trattamento; soprattutto se si interpreta l'art. 131-bis c.p., così come molti autorevoli autori hanno fatto, una vera e propria di “depenalizzazione mascherata”. |