I compensi dell’amministratore di società fallita, tra bancarotta preferenziale e per distrazione

04 Giugno 2018

Integra il reato di bancarotta preferenziale, laddove sussista violazione della par condicio creditorum, e non per distrazione, la condotta dell'amministratore della società fallita che abbia soddisfatto il proprio credito per compensi e rimborsi spese, quando di tali importi sia accertata la congruità.
Massima

Integra il reato di bancarotta preferenziale, laddove sussista violazione della par condicio creditorum, e non per distrazione, la condotta dell'amministratore della società fallita che abbia soddisfatto il proprio credito per compensi e rimborsi spese, quando di tali importi sia accertata la congruità.

Risponde viceversa di bancarotta fraudolenta per distrazione l'amministratore della società poi fallita che abbia ottenuto il pagamento di somme a titolo di compensi e spese in assenza di delibera assembleare o di altri elementi idonei a fondare un giudizio di congruità delle somme prelevate.

Il caso

All'attenzione della Suprema Corte, la difesa dell'imputato ha portato una doppia sentenza conforme di condanna, per il reato di bancarotta fraudolenta “preferenziale”, così riqualificata, già dal giudice di primo grado, l'imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, sotto il profilo della condotta distrattiva.

Ad H.W.R., imputato ricorrente, era stato contestato il reato previsto dall'art. 216 l. fall., per avere egli prelevato, quale amministratore di una società di capitali poi dichiarata fallita e nel momento in cui la stessa già versava in stato di decozione, importi pari ad € 124.869,00 a titolo di emolumenti per la sua attività di amministratore, in carenza di apposita delibera assembleare che lo autorizzasse.

Tale condotta era stata qualificata dal P.M. procedente come distrattiva in pregiudizio del patrimonio della società, mentre poi le sentenze del G.U.P. e della Corte d'Appello avevano riqualificato la pur ritenuta responsabilità dell'amministratore inquadrandola nella fattispecie della bancarotta preferenziale.

Con un articolato ricorso ex art. 606 c.p.p. il Difensore di H.W.R., nel richiedere l'annullamento della sentenza di condanna, ha svolto 6 motivi, sia in punto di falsa applicazione di legge - in merito alla sussistenza del reato ritenuto in sentenza -, sia in punto di determinazione della pena, riconoscimento di attenuanti, risarcimento del danno e subordinazione dei benefici di legge alla sua effettiva esecuzione.

Il supremo Collegio ha accolto, ritenendolo fondato, il primo motivo di ricorso, dichiarando poi assorbiti gli altri. Con tale motivo, la difesa aveva lamentato la violazione dell'art. 216, comma 3, L. Fall., la violazione dell'onere probatorio, l'illogicità della motivazione quanto alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato.

L'analisi della doglianza del ricorrente attiene alla mancanza di prova sull'elemento indefettibile della lesione della par condicio creditorum, con riferimento alla presenza o meno di altri crediti equivalenti o prevalenti, con conseguente mancanza del dolo specifico in capo all'imputato; e proprio su questi elementi i giudici di merito erano incorsi in una motivazione non esente dal vizio di illogicità.

La Suprema Corte ha accolto i rilievi critici sui punti qui evidenziati, svolgendo alcune considerazioni che costituiscono ora oggetto di valutazione.

Le questioni

La sentenza in commento, nell'analisi dei motivi di ricorso, pone il focus sul tema della liceità dei pagamenti di compensi e spese da parte dell'amministratore di società in decozione, e la rilevanza di tale condotta, una volta dichiarato il fallimento, quale reato di bancarotta fraudolenta, sotto il profilo preferenziale o distrattivo.

Diversi sono i punti di cui la decisione in esame si occupa.

Innanzitutto la condotta materiale di cui si pretende la natura di illecito penale, ovverosia il soddisfacimento, da parte dell'amministratore di una società, di un proprio credito nella fase di crisi della società stessa (melius: in un periodo pre-fallimentare caratterizzato da irrimediabile stato di decozione). Tale condotta materiale, che di per sé si connota come penalmente rilevante, assume tuttavia diverso inquadramento normativo sulla scorta di un dato, consistente nella esistenza o meno di una deliberazione sulle spese ed emolumenti spettanti all'amministratore. La delibera, cioè, che sia stata assunta dall'assemblea della società in epoca antecedente certifica come credito certo e congruo quello di cui l'amministratore si soddisfa.

Ovviamente la congruità degli importi non è da desumersi unicamente dalla presenza di una delibera, ben potendosi invece inferire anche da altri elementi, quali – come nel caso di specie – gli emolumenti in precedenza già riconosciuti agli amministratori della società. Ciò che rimane indiscusso, tuttavia, è che sulla valutazione di congruità o di arbitrarietà del credito si fonda la linea di discrimine, secondo la pronuncia in esame, tra un fatto astrattamente distrattivo ovvero discriminante tra creditori omogenei. Ed infatti, bancarotta preferenziale e bancarotta per distrazione tutelano due differenti beni giuridici: l'una la equa e corretta soddisfazione di creditori di grado omogeneo, l'altra il mantenimento del patrimonio societario che deve essere preservato da atti dissipativi.

E dunque, secondo la sentenza in commento, la condotta serbata dall'imputato ricorrente, riconosciuti gli elementi di congruità degli importi prelevati a titolo di emolumenti, deve essere inquadrata correttamente nella fattispecie della bancarotta preferenziale. Ciò, sempre a detta della sentenza de qua, nel solco di un orientamento consolidato della giurisprudenza della Suprema Corte, che ha fissato e ribadito i caratteri distintivi delle due fattispecie di reato in questi precisi termini (si vedrà, infra, che tale orientamento ha conosciuto, invece, diversi andamenti nel tempo).

A questo punto però, come si comprende, una volta chiarita la materialità della condotta dell'amministratore, occorre mettere in luce un altro indefettibile elemento, direttamente correlato poi all'elemento psicologico del reato, ovverosia la violazione della par condicio creditorum.

Se questo tema può sembrare scontato, viceversa la Suprema Corte nel caso in esame ha rilevato l'illogicità delle decisioni dei giudici di merito sul punto. Occorre chiarire in modo schematico: prima di tutto, l'alterazione dell'ordine di soddisfazione dei creditori di pari rango è l'elemento oggettivo del reato direttamente correlato a quello soggettivo, quale dolo specifico di recare vantaggio ad un creditore a discapito degli altri (riducendo la quantità di denaro disponibile a questo fine).

In secondo luogo, il concetto di par condicio fa riferimento a pari o superiore grado tra diversi creditori, ditalchè la valutazione della pretesa violazione deve farsi solo con riferimento a crediti assistiti dagli stessi o maggiori privilegi o prelazioni rispetto a quello soddisfatto, e non a qualsiasi altro credito.

Ebbene, se così è, ne consegue la necessità che la violazione della par condicio creditorum sia sorretta da precisa prova. E questo onere probatorio è ineludibile ai fini dell'affermazione di responsabilità, non essendo ammissibili sul punto, da parte del giudicante, deduzioni o valutazioni apodittiche. In particolare poi, l'esistenza di altri crediti asseritamente violati è un accertamento positivo il cui onere probatorio grava sull'organo di accusa e che non può essere presunto dal giudice sulla scorta di regole processuali estranee al processo penale.

Nel caso oggetto della sentenza, la Cassazione ha rilevato il difetto nel percorso argomentativo dei giudici territoriali, i quali hanno presunto la presenza di altri creditori privilegiati che potessero concorrere con i crediti dell'amministratore, nonostante non si fosse formata sul punto alcuna prova, ed anzi emergesse in atti una realtà contraria (l'unico dipendente era già stato in precedenza interamente soddisfatto, mentre la moglie del ricorrente, pur prestando la propria opera nella società, non risultava essere dipendente, né avere alcun credito a questo titolo).

La decisione della Suprema Corte, dunque, in applicazione ai precitati principi, ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d'Appello territoriale, che ha omesso un severo controllo sulla formazione della prova su aspetti costitutivi del reato per cui è stata pronunciata condanna.

Osservazioni

La sentenza in epigrafe da un lato sembra volersi inserire, per espresso riferimento del relatore in parte motiva, in un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (laddove scandisce i caratteri distintivi tra bancarotta preferenziale e distrattiva, nella fattispecie che ne occupa), mentre, sotto altro profilo, affronta e puntualizza argomenti “di contorno” di un certo interesse, in ciò sollecitata dal diffuso ricorso difensivo su numerosi aspetti.

Il primo aspetto, costituente il nucleo centrale dell'interpretazione di diritto che si trae dalla pronuncia in commento, appare perspicuo e condivisibile, anche se, più che ad un consolidato orientamento interpretativo, ci si trova di fronte ad una delle diverse indicazioni che nel corso del tempo il Supremo Collegio ha fornito sul punto. Ed infatti, non si può ignorare che anche in tempi molto recenti, la Cassazione si è espressa in modo diametralmente difforme, sancendo che “L'amministratore che si ripaghi di un proprio credito verso la società, risponde del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e non bancarotta preferenziale” (da ultimo Cass. pen., n. 55409/2017; conforme: Cass. pen., n. 47616/2014).

Questo difforme orientamento trova le sue ragioni sulla osservazione che la qualità di creditore, assunta dall'agente nel caso di specie, non è scindibile da quella di amministratore della società, che, per una sorta di prevalenza sulla prima, lo vincola comunque ad obblighi di fedeltà e di tutela degli interessi sociali.

Anche la sentenza qui in commento prende in considerazione, in parte motiva, la natura del credito dell'amministratore alla luce della normativa contenuta nell'art. 2751 bis c.c., ma solo al fine di stabilire – e ciò in contrapposizione con quanto stabilito dalla Corte distrettuale – che il credito dell'amministratore per i propri emolumenti non è di natura privilegiata rispetto agli altri crediti, trattandosi di un'attività svolta in immedesimazione organica con la società stessa.

Resta, invece, da sottolineare che la linea interpretativa sancita, in punto di diritto, dalla Cassazione nella sentenza in oggetto (ma analogamente, ex pluris, in Cass. pen., n. 48017/2015 e Cass. pen., n. 5186/2013) presuppone l'irrilevanza, ai fini della qualificazione giuridica del reato come bancarotta preferenziale, della specifica qualità di amministratore della società, ponendo viceversa il focus, come già detto supra, sugli elementi della congruità della somma prelevata e della violazione della par condicio creditorum.

Resta da sottolineare, da ultimo, il richiamo esplicito della Corte di legittimità al corretto governo, da parte del giudicante, della disciplina della prova, sia sotto il profilo della ripartizione del relativo onere, sia sulla inammissibilità di sopperire alla mancanza di prova positiva con deduzioni anche rivenienti dall'applicazione del principio processual-civilistico di “non contestazione”, inesistente nel rito penale.

Conclusioni

La sentenza oggetto di esame si rivela, ad un'attenta lettura, densa di valutazioni ed approfondimenti su aspetti diversi, rispetto alla questione centrale su cui la decisione ha fatto perno e che qui interessa. Essa ripercorre un'analisi completa della fattispecie e giunge a conclusioni condivisibili, sotto il profilo dogmatico, ma, come si è visto, nient'affatto scontate nello sviluppo giurisprudenziale di legittimità.

D'altro canto, anche l'opposto orientamento non è immotivato, né facilmente criticabile.

Rimane, ad oggi, fermo il punto che la condotta dell'amministratore che si soddisfi, in un momento di crisi aziendale, dei propri emolumenti e spese - siano essi congrui o meno, prestabiliti o meno - costituisce atto dotato di rilevanza penale sotto il profilo della bancarotta fraudolenta. Sul corretto inquadramento di tale rilievo, in bilico tra violazione preferenziale o condotta appropriativa/distrattiva, sembrano potersi prevedere ulteriori ed alterne decisioni, fino ad una auspicabile interpretazione definitiva.

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