Brevi note su ISC e clausola floor nei mutui

Fabio Fiorucci
07 Giugno 2018

L'ISC non ha alcuna funzione o valore di “regola di validità”, tanto meno essenziale, del contratto poiché è un mero indicatore sintetico del costo complessivo del contratto e non incide sul contenuto della prestazione a carico del cliente ovvero sulla determinatezza o determinabilità dell'oggetto contrattuale, definita dalla pattuizione scritta di tutte le voci di costo negoziali; l'indicatore sintetico di costo ha valenza di "regola di comportamento", comportante una mera obbligazione risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale.
Massima

L'ISC non ha alcuna funzione o valore di “regola di validità”, tanto meno essenziale, del contratto poiché è un mero indicatore sintetico del costo complessivo del contratto e non incide sul contenuto della prestazione a carico del cliente ovvero sulla determinatezza o determinabilità dell'oggetto contrattuale, definita dalla pattuizione scritta di tutte le voci di costo negoziali; l'indicatore sintetico di costo ha valenza di "regola di comportamento", comportante una mera obbligazione risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale.

La presenza di una clausola floor non fa assumere al contratto di mutuo cui accede la natura di strumento finanziario, con conseguente applicabilità della disciplina tipica di tali strumenti (ad es. specifici obblighi informativi), non essendo siffatta clausola idonea a snaturare la preponderante natura creditizia del mutuo per fargli assumere i caratteri del derivato finanziario.

Il caso

Le questioni affrontate dal tribunale di Bologna - la pattuizione dell'ISC e della clausola floor nei contratti di mutuo - sono spesso oggetto di contenzioso bancario. In particolare, il giudice bolognese è stato chiamato a decidere 1) se ci sia e quale sia la sanzione in caso di omissione o di erronea indicazione del TAEG/ISC, posto che parte degli interpreti e della giurisprudenza hanno riportato la predetta regolamentazione nell'ambito dell'art. 117 TUB, nonché 2) se la clausola c.d. floor, con cui le parti stabiliscono in contratto che il tasso di interesse variabile non potrà mai essere inferiore ad una predefinita percentuale (ad es. 4%), configuri un derivato finanziario.

La questione

Il c.d. ISC è un indicatore sintetico del costo complessivo del finanziamento, avente lo scopo di consentire al cliente di conoscere il costo totale effettivo del credito.

Secondo una parte minoritaria della giurisprudenza di merito, la disciplina dell'ISC è ricavabile dall'art. 117 TUB. Al riguardo, è richiamato il disposto dell'art. 117, comma 8, il quale stabilisce che “la Banca d'Italia può prescrivere che determinati contratti…abbiano un contenuto tipico determinato” e che “i contratti difformi sono nulli”. Ne conseguirebbe che l'omessa indicazione del TAEG/ISC, ove previsto ed in quanto elemento tipico del contratto, ne comporterebbe la nullità per la mancanza dei requisiti minimi di trasparenza (Trib. Napoli 20 maggio 2015; Trib. Cagliari 29 marzo 2016; Trib. Torre Annunziata 18 febbraio 2016; Trib. Monza 24 novembre 2016; Trib. Padova 9 gennaio 2018); anche l'indicazione di un TAEG/ISC errato, poiché inferiore a quello effettivo, incorrerebbe nella sanzione di cui al comma 7 dell'art. 117 TUB (ricalcolo interessi al tasso BOT) in relazione al comma 6, il quale dispone che “sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali…che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati” (Trib. Chieti 23 aprile 2015; Trib. Agrigento 10 dicembre 2015; Trib. Tivoli 19 luglio 2016; Trib. Benevento 27 novembre 2007 e 21 ottobre 2015; Trib. Torre Annunziata 18 febbraio 2016).

Riguardo alla clausola floor, con cui le parti stabiliscono in contratto che il tasso di interesse variabile non potrà essere inferiore ad una predefinita percentuale (ad es. 4%), del tutto episodicamente la giurisprudenza (Trib. Udine 14 giugno 2017) ha ritenuto che tale pattuizione configuri uno strumento finanziario derivato, con conseguente violazione degli obblighi informativi di cui all'art. 21 TUF.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza del tribunale di Bologna, del tutto condivisibilmente, si conforma all'orientamento giurisprudenziale prevalente, secondo cui:

1) l'ISC non è un elemento essenziale del contratto disciplinato dall'art. 117 TUB;

2) la clausola floor non configura uno strumento finanziario derivato.

Secondo la giurisprudenza maggioritaria (Trib. Salerno 31 gennaio 2017 e 5 giugno 2017; Trib. Mantova 2 maggio 2017; Trib. Bergamo 25 luglio 2017, 9 settembre 2017 e 5 dicembre 2017; Trib. Bologna 29 settembre 2017 e 9 gennaio 2018; Trib. Livorno 19 luglio 2017; Trib. Mantova 20 dicembre 2017; Trib. Terni 15 febbraio 2018), l'ISC è una informativa precontrattuale relativa al costo dell'operazione, non è un tasso di interesse e non è un elemento essenziale del contratto di mutuo, come invece l'indicazione del tasso di interesse e gli altri prezzi e condizioni (cfr. l'art. 117, comma 4, TUB e le Istruzioni Trasparenza bancaria Bankitalia, Sez. III Contenuto dei contratti).

Tali conclusioni sono avvalorate dalla stessa disciplina della Banca d'Italia, che – sia nella originaria circolare del 2003, sia in quella del 2009 e successive modifiche – regola l'ISC nell'ambito delle rispettive “II Sezione”, dedicate, per l'appunto, alla “pubblicità e informazione contrattuale”, con totale pretermissione di ogni riferimento ad esso nell'apposita Sezione III, disciplinante i “requisiti di forma e di contenuto minimo dei contratti”: ciò a dimostrazione che tale disciplina non è stata evidentemente emessa in esecuzione dei poteri attribuiti alla Banca d'Italia dall'art. 117, comma 8, TUB, che si riferisce espressamente solo al “contenuto tipico determinato” del contratto.

Tale ricostruzione è ulteriormente confermata dalla disciplina Bankitalia, certamente non innovativa, del 2009, in forza della quale l'indicazione del TAEG/ISC è prevista unicamente nel foglio informativo e nel documento di sintesi e non nel contratto. In tale stato di cose, la omessa indicazione del TAEG/ISC non può prefigurarsi una violazione del comma 4 dell'art. 117 TUB, con le conseguenze sanzionatorie del comma 7, poiché se il TAEG/ISC non è un elemento essenziale del contratto, è esclusa anche ogni sua possibile assimilazione al TAN ovvero ad “ogni altro prezzo o condizione praticati” di cui al comma 4 dell'art. 117.

Riguardo all'indicazione di un ISC errato (ossia difforme da quello ricalcolato dall'attore), è abitualmente rilevato che mentre per i tassi ed i prezzi propriamente intesi, soccorre la disposizione di cui all'art. 117, comma 6, TUB, ai sensi della quale “sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati”, con riferimento alle clausole del contratto relative a costi che non siano stati inclusi, ovvero siano stati inclusi in modo non corretto nel TAEG/ISC indicato in contratto, la norma di riferimento è unicamente quella di cui all'art. 125-bis, TUB, la quale sancisce, fra l'altro, la nullità di dette clausole e la loro sostituzione ex lege, secondo le modalità di cui al comma settimo della stessa disposizione.

Tale disciplina, tuttavia è specificamente circoscritta alla clientela consumatrice: ne è espressamente esclusa ratione temporis (artt. 121 e 122 TUB) l'applicazione ai contratti relativi a finanziamenti destinati all'acquisto o alla conservazione di un diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o da edificare o garantiti da ipoteca su immobile .

In altri termini, i commi sesto e settimo dell'art. 117 TUB (relativi alla pattuizione di interessi, prezzi e condizioni, non costi, del finanziamento) non hanno nulla a che vedere con la tematica dell'ISC/TAEG e delle conseguenze della sua erronea indicazione in contratto (Trib. Roma 3 gennaio 2018; Trib. Roma 5 aprile 2017; Trib. Roma 8 maggio 2017; Trib. Cagliari 4 ottobre 2016; Trib. Mantova 2 maggio 2017; Trib. Busto Arsizio 19 luglio 2017; Trib. Bologna 29 settembre 2017; Trib. Modena 26 settembre 2017; Trib. Monza 23 febbraio 2018; Trib. Napoli 12 marzo 2018). Ad ogni buon conto, invocare l'art. 117, comma 6, TUB implicherebbe, per espressa previsione normativa ("... prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati"...), che il confronto dovrebbe essere operato tra l'ISC pattuito in contratto e quello pubblicitato dalla banca, non quello ricalcolato dal perito di parte.

L'errata indicazione contrattuale dell'ISC può determinare, nell'eventualità, la responsabilità (precontrattuale) della banca (ABF Roma 9450/2016 e 4953/2016; ABF 3278/2017, 3492/2017; Trib. Bologna 29 settembre 2017 e 9 gennaio 2018, cit.; Trib. Sulmona 30 ottobre 2017; Trib. Milano 26 ottobre 2017 e 7 novembre 2017; Trib. Mantova 20 dicembre 2017; Trib. Milano 11 gennaio 2018; Trib. Roma 23 febbraio 2018; Trib. Monza 23 febbraio 2018; Trib. Napoli 12 marzo 2018).

Resta comunque da evidenziare la significativa circostanza che eventuali scostamenti minimali/irrisori tra ISC pattuito e ISC effettivo non configurano ragionevolmente alcuna violazione della normativa sulla trasparenza bancaria e che eventuali criticità inerenti all'indicatore sintetico di costo non sono causa di nullità se sono correttamente esplicitati nel contratto di mutuo tutti i tassi, i costi dell'operazione e i criteri di indicizzazione (Trib. Roma 5 aprile 2017 e 19 aprile 2017; Trib. Napoli 9 gennaio 2018; Trib. Cagliari 4 ottobre 2016; Trib. Monza 17 agosto 2017; Trib. Torino 28 settembre 2017).

Trattando ora della clausola floor, anche nella circostanza la giurisprudenza prevalente - nell'escludere che rientri nell'ambito di applicazione dell'art. 1341 c.c. - ne ha sancito la legittimità se indicata in contratto in modo chiaro e comprensibile (cfr. art. 34 Cod. cons.: "la valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell'oggetto del contratto, né all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile"); anche laddove la clausola floor fosse, per ipotesi, uno strumento derivato riconducibile nell'ambito della disciplina del TUF, la sua legittimità sarebbe comunque assicurata se indicata in contratto con modalità "corrette, chiare e non fuorvianti", come previsto dall'art. 21 TUF (ABF Milano n. 688/2011; ABF Roma n. 2688/2011 e 8605/2014; ABF Napoli n. 395/2012 e n. 2735/ 2014; ABF nn. 7669/2015, 7355/2015; ABF 8867/2016; ABF 10381/2016; Trib. Como 13 luglio 2017; Trib. Trento 6 luglio 2017; Trib. Bologna 26 giugno 2017 e 31 gennaio 2018; Trib. Lanciano 17 ottobre 2017 e 20 novembre 2017; Trib. Chieti 3 ottobre 2017).

In argomento, la decisione in commento evidenzia che equiparare la clausola floor ad uno strumento derivato è "una vera e propria acrobazia logica e dialettica", considerato che "non si è in presenza di un contratto d'investimento mobiliare ma di un contratto di mutuo, dove la prestazione del mutuante è già avvenuta, mentre deve avvenire soltanto quella del mutuatario, e dove l'unica “alea” consiste proprio nell'inadempimento di quest'ultimo; contratto tipico, quindi, con causa e funzione tipizzati, che trova la sua disciplina positiva nelle norme del codice civile e del TUB, nonché in quella secondaria ad opera del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del CIPE e della Banca d'Italia espresse in materia bancaria e creditizia”.

In altri termini, osserva correttamente il tribunale di Bologna, operazioni siffatte non hanno altra funzione che quella di fungere da modalità di esecuzione di obbligazioni essenziali di pagamento del contratto di mutuo e, quindi, non hanno il fine di realizzare un investimento, in quanto il mutuatario mira solamente ad ottenere fondi in previsione dell'acquisto di un bene e non già, ad esempio, a gestire un rischio di cambio o a speculare sul tasso di cambio di una valuta estera et similia, specialmente quando sussiste una previsione chiara e determinata in ordine al tasso d'interesse, che esclude ogni rilevanza a meccanismi aleatori, giuridicamente rilevanti e facenti parte come tali del contenuto del contratto.

Conclusioni

Per quanto sopra evidenziato, è sicuramente dotata di ragionevolezza logico-giuridica l'elaborazione giurisprudenziale secondo cui: 1) l'ISC non è un elemento essenziale del contratto (di mutuo) disciplinato dall'art. 117 TUB; 2) la clausola floor non configura uno strumento finanziario derivato in grado di travolgere la funzione creditizia del mutuo.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.