La garanzia di responsabilità civile obbligatoria nei cantieri

Carmine Lattarulo
06 Luglio 2018

Nei cantieri e, più in generale, nelle aree private, opera la garanzia di responsabilità civile obbligatoria?
Massima

L'azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile spetta al danneggiato quando il sinistro sia avvenuto in un'area che, sebbene privata, possa equipararsi alla strada di uso pubblico, in quanto aperta a un numero indeterminato di persone, che vi hanno accesso giuridicamente lecito, pur se appartenenti a una o più categorie specifiche e pur se l'accesso avvenga per finalità peculiari e in particolari condizioni.

Il caso

Gli stretti congiunti di persona deceduta in un cantiere, vittima di sinistro, nella esecuzione di una manovra di scarico di sabbia trasportata su un veicolo di proprietà, agivano in giudizio per ottenere il risarcimento del danno. Il Tribunale, prima, e la Corte di appello, in sede di gravame, respingevano la richiesta risarcitoria, ritenendo non applicabile alle aree private la garanzia di responsabilità civile obbligatoria. I danneggiati ricorrevano dunque in Cassazione.

La questione

Nei cantieri e, più in generale, nelle aree private, opera la garanzia di responsabilità civile obbligatoria, atteso che l'azione di cui all'art. 144 d. lgs 209/2005 compete al danneggiato nei confronti della compagnia assicuratrice solamente con riguardo a un sinistro causato da un veicolo in circolazione su strade ad uso pubblico o su aree a queste equiparate, ex art. 122 d. lgs 209/2005?

Le soluzioni giuridiche

Il Supremo Collegio ribadisce il principio risalente, quanto poco applicato, secondo il quale l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile spetta al danneggiato quando il sinistro sia avvenuto in un'area che, sebbene privata, possa equipararsi alla strada di uso pubblico, in quanto aperta a un numero indeterminato di persone, che vi hanno accesso giuridicamente lecito pur se appartenenti a una o più categorie specifiche e pur se l'accesso avvenga per peculiari finalità e in particolari condizioni. La Cassazione ricorda i precedenti arresti (Cass. civ., sez. III, sent. 11 giugno 2012, n. 9441; Cass. civ., sez. III, sent. 27 ottobre 2005, n. 20911; Cass. civ., sez. III, sent. 11 aprile 2000, n. 4603).

Osservazioni

La materia è regolata da diverse sentenze della Suprema Corte, di costante ed pressoché uniforme orientamento, in sede civile e penale, di remota matrice (Cass. civ., sez. III, 7 dicembre 1979 n. 6362). Invero, la Corte di Cassazione ha emesso pochi arresti e la ragione va ricercata nei chiari principi della materia: ai fini della definizione di «strada», è rilevante, ai sensi dell'art. 2, comma 1, del nuovo codice della strada, la destinazione di una determinata superficie ad uso pubblico, e non la titolarità pubblica o privata della proprietà. È pertanto l'uso pubblico a giustificare, per evidenti ragioni di ordine e sicurezza collettiva, la soggezione delle aree alle norme del codice della strada (Cass. civ., sez. II 25 giugno 2008 n. 17350; Cass. civ., sez. I, 10 settembre 2003 n. 13217; Cass. civ., sez. III, 9 dicembre 1993 n. 12148). Non bisogna, quindi, accertare il soggetto proprietario per rinvenire il discrimen tra strada pubblica e privata, ma è necessario effettuare una verifica di fatto sulle modalità d'uso della stessa uti singuli o uti cives, nonché sulla pericolosità della circolazione che su di essa si svolge (Cass. civ., sez. III, 1 marzo 2007 n. 4793; Cass. pen., sez. IV, 14 ottobre 1999 n. 3169; Cass. pen., 15 maggio 1992, n. 5695; Cass. pen., 1 dicembre 1988, n. 11778). In materia di circolazione stradale, a un'area appartenente a privati è applicabile la disciplina del Codice della Strada, se l'uso di essa è consentito a tutti; invero, è l'uso pubblico o privato che rende applicabile alle aree la disciplina specifica sulla circolazione stradale (o meno), e non già l'appartenenza delle stesse a enti pubblici o privati (Cass. pen., 13 maggio 1988; Cass. pen., 8 maggio 1979; Cass. pen., 26 aprile 1980). Il punctum pruriens della questione è quindi l'individuazione del significato da ricondurre alla espressione “aree equiparate”: ai fini dell'applicazione della normativa del codice della strada, nonché della normativa sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, è rilevante soltanto l'uso pubblico della stessa, per tale intendendosi l'apertura dell'area e della strada ad un numero indeterminato di persone e cioè la possibilità giuridicamente lecita di accesso da parte del pubblico, ossia di tutti i soggetti diversi dai titolari dei diritti sull'area stessa (Cass. civ., sez. I, 7 maggio 1992 n. 5414). Per completezza, si rilevi che l'esistenza di un divieto di transito sulla stessa non ne elimina il carattere di strada pubblica, con la conseguenza che dei danni prodotti dalla circolazione di un veicolo, per quanto vietata, rispondono il conducente ed il proprietario ai sensi dell'art. 2054, comma 3, c.c., nonché l'assicuratore, ove si tratti di un veicolo a motore soggetto al regime di assicurazione obbligatoria, giusta il disposto della l. 24 dicembre 1969 n. 990 (Cass. civ., sez. III, 29 ottobre 2001 n. 13393).

La sentenza offre l'occasione per affrontare altro tema intimamente collegato ai sinistri che si verificano nei cantieri e di grande interesse: le operazioni di carico e scarico (e cioè quelle di cui si parla nella sentenza) non rientrerebbero, tout court, nella garanzia obbligatoria della responsabilità civile dei veicoli. Invero, il legislatore ha istituito l'assicurazione obbligatoria in materia, ponendo così la norma di ordine pubblico che ogni veicolo o natante deve essere assicurato; e ciò in vista della realizzazione, nel settore, delle esigenze di solidarietà sociale cui l'art. 2 Cost., ha conferito rilevanza costituzionale (Corte Cost. 29 marzo 1983 n. 77; Corte Cost. 14 aprile 1969 n. 82). Il principio ispiratore non è tuttavia solo di rango costituzionale, ma anche comunitario, come chiaramente affermato dalla Direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 e dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (C.G.UE., 4 settembre 2014, sez. III, n. C 162/13, C.G.UE., 9 giugno 2011 C-409/09, C.G.UE. 17 marzo 2011 C-484/09; C.G.UE. sez. I, 30 giugno 2005 C-537/03; C.G.UE. 28 marzo 1996 C-129/94). Nell'ampio concetto di circolazione stradale indicato nell'art. 2054 c.c. è compresa anche la posizione di arresto del veicolo, sia in relazione all'ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia in relazione alle operazioni eseguite in funzione della partenza o connesse alla fermata, sia ancora con riguardo a tutte le operazioni cui il veicolo è destinato a compiere risultando, invece, indifferente l'uso che in concreto si faccia del veicolo, sempreché esso rientri in quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo stesso può avere (Cass. civ., Sez. Un., 29 aprile 2015 n. 8620). Qualunque movimento rientra nella copertura assicurativa, è indifferente l'uso che se ne faccia (Cass. civ., sez. III, 19 ottobre 2016 n. 21097), non rileva la distinzione tra movimento dell'intera massa del veicolo e movimento d'una sua parte, né la distinzione tra veicoli monofunzionali e polifunzionali, tanto meno che il movimento non sia orizzontale (Cass. civ., sez. III 19 febbraio 2016 n. 3257; Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2015 n. 24622). La giurisprudenza è risalente (ex multis, Cass. civ., sez. III, 13 gennaio 2015 n. 281; Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2013 n. 5398; Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2012 n. 2491; Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2012 n. 2092; Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2010 n. 3108; Cass. civ., sez. III, 31 marzo 2008 n. 8305).

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