Il conferimento di beni in un trust non deve essere assoggettato all'imposta di registro in misura proporzionale
06 Agosto 2018
Massima
Secondo la Corte di Cassazione, il trust non rappresenta "un atto avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale", cui applicarsi, in via residuale, l'imposta in via proporzionale del 3%, ai sensi dell'art. 9 tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986. Infatti, tale norma disciplina tutte le fattispecie fiscalmente rilevanti diverse da quelle indicate nelle restanti disposizioni, purchè , però, si tratti di fattispecie onerose, e, in questo specifico senso, aventi un contenuto patrimoniale Il caso
La Corte di Cassazione, con le sentenze del 30 maggio 2018, n.13626, e del 13 giugno 2018, n. 15469, si è espressa in merito al regime fiscale da applicare, ai fini delle imposte indirette, in caso di conferimento di beni in un trust. Entrambe le pronunce sono concordi nel ritenere che l'atto istitutivo di un trust non può essere annoverato nell'alveo degli atti a contenuto patrimoniale ai fini dell'imposta di registro, per il sol fatto che il consenso prestato dal disponente riguarda un vincolo su beni muniti di valore economico. Una diversa conclusione contrasterebbe, sia con le caratteristiche tipiche del trust come istituto giuridico, sia con le caratteristiche del sistema impositivo di registro, in cui l'elemento essenziale, cui connettere la nozione di prestazione "a contenuto patrimoniale", è l'onerosità. Infatti, l'art. 9 della tariffa, parte 1, DPR 131/1986 (Testo Unico imposta di registro) rappresenta una clausola di chiusura finalizzata a disciplinare tutte le fattispecie fiscalmente rilevanti diverse da quelle indicate nelle restanti disposizioni, purchè, però, si tratti di fattispecie onerose, e in questo specifico senso aventi un contenuto patrimoniale. La lettura di tale norma non può essere dissociata da quanto previsto dall'art. 43 del T.U., il quale definisce la base imponibile per l'applicazione dell'imposta. In particolare, la lettera h) di tale disposizione prevede che si deve fare riferimento "all'ammontare dei corrispettivi in danaro pattuiti per l'intera durata del contratto". E questo dimostrerebbe che, ai sensi dell'art. 9 della tariffa, la prestazione "a contenuto patrimoniale" sarebbe quella onerosa (Cass.,n.975/2018). Le due pronunce sono anche concordi a ritenere che non sarebbe applicabile al trust l' art. 2, comma47, del D.L. n. 262/2006, che ha introdotto “l'imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione”, la cui disciplina sarebbe stata indicata per relationem nelle regole contenute nel D. Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, "concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni". In particolare, la sentenza del 13 giugno 2018, n. 15469, che si è occupata di un trasferimento di un immobile, ha escluso che "il conferimento dei beni in trust dia luogo ad un reale trasferimento imponibile", perchè contrario "al programma negoziale di donazione indiretta per cui è stato predisposto e che prevede la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua segregazione fino al trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari". La sentenza del 30 maggio 2018, n.13626, invece, che si è occupata di un trust c.d. “solutorio”, ritiene che la tesi, secondo la quale l'ambito di applicazione dell'imposta di donazione sarebbe stato esteso anche ai vincoli di destinazione , non sarebbe condivisibile. Infatti, se questo fosse confermato, si arriverebbe all'errata conclusione che si tratterebbe di un nuovo tributo che prescinderebbe dal trasferimento di ricchezza discendente dal conferimento di beni e che, per tale motivo, troverebbe il suo presupposto impositivo nella semplice costituzione di "vincoli d'indisponibilità". Neppure il dato letterale autorizzerebbe una tale conclusione, dal momento che l'unica imposta espressamente istituita è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni, alla quale, per ulteriore espressa disposizione, debbono andare anche assoggettati i "vincoli di destinazione"; con la scontata conseguenza che il presupposto dell'imposta rimane quello stabilito dall'art. 1 D.Lgs. n. 346/1990, ovvero quello del reale trasferimento di beni o diritti e, quindi, quello del reale arricchimento dei beneficiari.
Al contrario, però, della sentenza n. 15469, la n. 13626 ritiene che, nel caso specifico, l'imposta di donazione sarebbe da applicare, con l'aliquota maggiore dell'8%, al momento del trasferimento dei beni nel trust. Tali diverse conclusioni dimostrano come, dal punto di vista dell'imposizione indiretta, il trattamento tributario della segregazione dei beni in un trust è ancora oggetto di contrasti giurisprudenziali.
La questione
Si ricorda che, secondo la Convenzione dell'Aja del 1985, ratificata senza riserve dall'Italia con legge 16 ottobre 1989, n. 364, il trust è un rapporto giuridico che nasce da un atto dispositivo inter vivos o mortis causa, con cui il soggetto disponente (“settlor”) trasferisce tutti o parte dei suoi beni (asset) ad un “trustee”, il quale avrà il compito di amministrarli e gestirli secondo quanto previsto nell'atto istitutivo del trust e nell'interesse di un beneficiario o al fine del raggiungimento di un determinato scopo (purpose). Figura egualmente tipica dell'istituto del trust è quella del guardiano (“protector o enforcer”), nominato dal disponente quale supervisore dell'operato del “trustee”, il quale avrà, in particolare, il potere di revocare e sostituire il “trustee” medesimo. L'effetto principale e connaturato al trust e, più precisamente, al sotteso atto di dotazione dei beni, è il c.d. "effetto segregativo" che determina la separazione dei beni conferiti nei confronti sia del patrimonio del disponente, sia del patrimonio del trustee, con la conseguenza che i medesimi beni non potranno essere oggetto di azioni esecutive e/o cautelari da parte dei creditori, una volta decorso il termine annuale previsto dal nuovo art. 2929-bis c.c., quanto da quelli del “trustee”. Come segnalato da autorevole dottrina (Consiglio Nazionale del Notariato, studio n. 305-2015), la perdurante assenza di una disciplina nazionale ha posto il problema della legittimità del c.d. trust “interno”, ovvero del trust in cui tutti gli elementi soggettivi e oggettivi siano legati ad un ordinamento, come quello italiano, che non qualifica lo specifico rapporto come trust. Tale problematica sembrerebbe essere risolta, almeno in parte, con la legge sul c.d. “Dopo di noi” (Legge 22 giugno 2016, n. 112), laddove, per la prima volta, viene disciplinato dal punto di vista civilistico l'istituto del trust. Con la costituzione di vincoli di destinazione, tra i quali potrebbe rientrare anche l'istituto del trust, sorge il dubbio se le imposte indirette debbano essere applicate in misura proporzionale nel momento della segregazione dei beni o successivamente. Secondo la tesi della sentenza del 13 giugno 2018, n. 15469, ciò dovrebbe verificarsi al momento in cui i beni immobili verranno trasferiti ai beneficiari. Al contrario, invece, la sentenza del 30 maggio 2018, n. 13636, ritiene che il trasferimento ad un trust, costituito da parte di una società per azioni, con lo scopo di alienare delle quote di una società a responsabilità limitata, conferite nel relativo fondo, per provvedere al pagamento della propria esposizione debitoria, sconterebbe immediatamente l'imposta di donazione dell'8%. In particolare, i giudici di legittimità ritengono che, con tale tipologia di trust, non essendo auto-dichiarato, si viene a realizzare un trasferimento di beni a favore del trustee, con emersione della potenziale capacità economica del destinatario (immediato) del trasferimento. Per questo motivo, non essendoci rapporti di parentela, di affinità o di coniugo, tra la società disponente ed i futuri beneficiari (i relativi creditori), sarebbe giustificata l'applicazione dell'aliquota residuale dell'8%.
Le soluzioni giuridiche
Le ragioni della decisione n. 15469 della Suprema Corte, si baserebbero sul fatto che, con il conferimento dei beni in trust, non vi sarebbe stato alcun trasferimento di ricchezza, presupposto che, invece, si verificherebbe solamente al momento dell'assegnazione degli immobili ai beneficiari. Pertanto, l'imposta di donazione non dovrebbe essere applicata, mentre le imposte ipotecarie e catastali lo dovrebbero essere in misura fissa e non proporzionale. Nella decisione in commento viene citata anche la sentenza della SupremaCorte del 26 ottobre 2016, n. 21614, che ha sancito importanti principi in merito alla tassazione indiretta dei trust. In particolare, con tale pronuncia non è stata condivisa la tesi dell'Agenzia delle Entrate, secondo la quale gli "effetti segreganti" del trust, anche se "auto-dichiarato", danno luogo ad un trasferimento dei beni. Infatti, con l'atto di costituzione dell'istituto, non vi sarebbe il trasferimento di ricchezza liberale e, come tale, da tassazione ai fini dell'imposta di donazione. Del resto, tale interpretazione troverebbe conferma in alcuni documenti della stessa amministrazione finanziaria (si citano le Circolari n. 48/E del 6 agosto 2007 e la n. 3/E del 22 gennaio 2008), laddove è stato sostenuto che il trust, in assenza di conferimento, sconterebbe soltanto l'imposta di registro in misura fissa, atteso che, in questo caso, sarebbe mancante qualsiasi trasferimento di ricchezza, con la conseguenza che l'atto di costituzione del trust, non accompagnato da alcun conferimento, non andrebbe assoggettato all'imposta di successione e donazione proprio perché quest'ultima non è un'imposta d'atto e bensì un'imposta che tassa il trasferimento di ricchezza liberale. Infatti, la costituzione del trust, come è normale che avvenga per "i vincoli di destinazione", produce soltanto efficacia "segregante" dei beni eventualmente in esso conferiti e questo, sia perché degli stessi il trustee non è proprietario, bensì amministratore, sia perché i ridetti beni non possono che essere trasferiti ai beneficiari in esecuzione del programma negoziale stabilito per la donazione indiretta. Pertanto, nella fattispecie in esame mancherebbe un reale trasferimento che è invece all'evidenza impossibile, dal momento che sarebbe del tutto contrario al programma negoziale di donazione indiretta per cui è stato predisposto, il quale prevede la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua "segregazione" fino al trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari. L'assenza di un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti non permetterebbe di considerare verificato il presupposto impositivo della liberalità e, quindi, dell'applicazione dell'imposta di donazione.
Le conclusioni, invece, della sentenza n. 13626 sarebbero a favore dell'applicazione immediata dell'imposta di donazione, in quanto, nel caso di specie. il trasferimento a favore dell'attuatore farebbe emergere la potenziale capacità economica del destinatario (immediato) del trasferimento. Infatti, coerentemente con la natura e l'oggetto del tributo, sarebbero rilevanti i vincoli di destinazione in grado di determinare effetti traslativi in vicende non onerose, collegati al trasferimento di beni e diritti, che realizzano un incremento stabile, misurabile in moneta, di un dato patrimonio con correlato decremento di un altro. Il vincolo di destinazione, in tal caso, sarebbe idoneo a produrre un effetto traslativo funzionale al (successivo ed eventuale) trasferimento della proprietà dei medesimi beni vincolati a favore di soggetti beneficiari diversi dal soggetto disponente" senza alcun effetto di segregazione del bene. E questo si verificherebbe nel caso oggetto della controversia dove i contraenti vollero il reale trasferimento delle quote e dei relativi diritti al trustee, sia pure ai fini della liquidazione, e quindi il reale arricchimento del beneficiario. In merito alla natura dell'atto di istituzione del trust, è necessario ricordare che la stessa Suprema Corte recentemente ha sancito che un trust c.d. “solutorio” avrebbe natura onerosa, al contrario di quello costituito, ad esempio, per la soddisfazione dei bisogni della famiglia (così Cass. 29 maggio 2018, n. 13388). Se tale interpretazione fosse stata confermata anche dalla pronuncia n.13626, avendo il trasferimento come oggetto delle quote, sarebbe stata applicabile l'imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell'art. 11 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, mentre l'imposta di donazione non sarebbe stata dovuta, mancando l'elemento della gratuità.
Osservazioni
Dal punto di vista dell'imposizione indiretta, il trattamento tributario della segregazione dei beni in un trust è stato oggetto di numerosi contrasti giurisprudenziali. Infatti, l'oggetto della discussione si basa sulla problematica del momento in cui si possa definire realizzato il presupposto impositivo ed, in particolare, se, all'atto del conferimento dei beni da parte del disponente, siano dovute l'imposta di donazione e le altre imposte indirette in misura proporzionale (registro, ed ipotecarie e catastali, qualora siano presenti dei beni immobili), oppure in misura fissa. Per quanto riguarda l'imposta di donazione, secondo alcune pronunce giurisprudenziali della Corte di Cassazione, ogni fonte di costituzione di vincoli di destinazione sarebbe assoggettabile all'imposta di donazione (ordinanza della Cass., n. 3735/15, Cass. n. 3886/2015, Cass. n. 3737/2015). La tesi dei giudici di legittimità appena citati sarebbe coerente con quanto stabilito dall'Agenzia delle Entrate (con la Circolare n. 3/E del 2008, par. 5.4.2), la quale ha chiarito che la costituzione di beni in trust rileva, in ogni caso, ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni, indipendentemente dal tipo di trust utilizzato. Tale affermazione trarrebbe giustificato motivo dalla natura patrimoniale del conferimento in trust, nonché dall'effetto segregativo che esso produce sui beni conferiti indipendentemente dal trasferimento formale della proprietà e, da ultimo, dal complessivo trattamento fiscale del trust che escluderebbe dalla tassazione il trasferimento dei beni a favore dei beneficiari. La Cassazione, con le pronunce in commento, è giunta sostanzialmente alle medesime conclusioni, seppur attraverso un percorso ermeneutico differente. In particolare, avrebbe preso le mosse dall' art. 2, comma47, D.L. n. 262/2006, che ha introdotto “l'imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni” del D.Lgs. n. 346/1990 (vecchio testo unico dell'imposta sulle successioni e donazioni). Pertanto, stante il dato normativo letterale poc'anzi riportato, il legislatore avrebbe introdotto, accanto all'imposta sulle successioni e donazioni, una nuova fattispecie impositiva sulla costituzione di vincoli di destinazione, che, peraltro, a differenza dell'imposta su successioni e donazioni, prima non esisteva nell'ordinamento e colpisce soltanto la costituzione del vincolo di destinazione, a prescindere dall'esistenza di qualsivoglia trasferimento. Di diverso avviso, invece, è parte della giurisprudenza di merito (così, ad esempio, la c.t.p. Milano, con sentenza del 24 gennaio 2017, n. 670), la quale ha stabilito che, contrariamente a quanto affermato dalla S.C. con le pronunce sopracitate, l'imposta di donazione non è dovuta all'atto di passaggio dei beni dal disponente al trustee, così come le altre imposte indirette sono da applicare in misura fissa. Neppure nei trust con finalità liquidatorie (si rinvia al Consiglio Nazionale del Notariato, con lo studio n. 305-2015, “Trust liquidatorio e trust a supporto di procedure concorsuali”, approvato nella seduta del 12-13 gennaio 2016), si ravviserebbe un vincolo di destinazione tassabile con l'imposta sulle donazioni, dal momento che il beneficiario sarebbe titolare di una mera aspettativa giuridica che non gli consente, al momento della istituzione del vincolo, di conseguire la titolarità di beni e diritti segregati. Pertanto, mancherebbe quell'indice di sopravvenuto arricchimento tassabile, espressione di effettiva e attuale capacità contributiva, quale presupposto dell'applicabilità dell'imposta (C.T.R. Lombardia, sezione di Milano, del 13 maggio 2016, n. 2845). Contra, invece, altri giudici di merito (C.T.R. Lombardia, 9 dicembre 2015, n. 5278/7/15). E' necessario a questo punto rilevare che la Corte di Cassazione, con sentenze successive a quelle sopra citate (con la sentenza del 18 dicembre 2015, n. 25478 e la sentenza del 17 gennaio 2018, n.975), ha sancito l'inapplicabilità delle imposte sui trasferimenti in misura proporzionale (nel caso della causa, si trattava di quella di registro) al momento del conferimento dei beni in trust, in quanto, fino al momento del loro passaggio ai beneficiari, non si verificherebbe alcun arricchimento da sottoporre a tassazione. Pur occupandosi di una vicenda sorta precedentemente all'entrata in vigore del D.L.n. 262/2006, le stesse pronunce potrebbero rappresentare un ripensamento da parte della Suprema Corte nel ritenere corretto di non applicare l'imposta di donazione al momento del trasferimento dei beni in trust. In ogni caso, al fine di stabilire l'aliquota, che varia dal 4% all'8%, e la franchigia dell'imposta di donazione, è necessario verificare il rapporto di parentela tra affidante e beneficiario. Si ricorda, però, che, in applicazione del comma 4-ter dell'art. 3 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, la costituzione del vincolo di destinazione in un trust disposto a favore dei discendenti del settlor non è soggetto all'imposta qualora abbia ad oggetto aziende o rami di esse, quote sociali o azioni, purché siano soddisfatte le condizioni prescritte dal predetto art. 3, comma 4-ter (Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 6 agosto 2007, n. 48.). La Suprema Corte (con sentenza del 7 marzo 2016, n. 4482) si è espressa anche in merito alla tassazione indiretta di un trust, conformandosi all'indirizzo giurisprudenziale, che sancisce l'applicazione dell'imposta donazione dell'8% per (quasi) tutti i vincoli di destinazione. Rispetto alle precedenti pronunce, è stato però stabilito che l'istituzione di vincoli per cui è prevista una specifica disciplina o mirati a effetti espressamente approvati dal legislatore (quale la definizione dei rapporti delle imprese in crisi) potrebbero non ricadere nell'applicazione della relativa imposta. Altra giurisprudenza (sentenza C.T.P. Trevisodel 12 gennaio 2018, n. 26/4/18), al contrario, ritiene che l'imposta di donazione deve sempre essere applicata solo in quei casi in cui, con il vincolo di destinazione, si manifesta l'arricchimento di un beneficiario che ha ricevuto da un determinato soggetto determinati beni per effetto di uno spostamento patrimoniale motivato da intenti liberali o a seguito di atti gratuiti. Qualora il vincolo di destinazione ottenuto con il trust non comporti questo, la tassazione non potrebbe avvenire, considerato che il mero effetto segregativo non manifesta di per sé alcuna maggiore capacità contributiva concreta ed attuale, ex art.53 della Costituzione, nè in capo al disponente, nè rispetto ai beneficiari. Anzi, in molti casi, l'istituzione di un vincolo di destinazione non comporta arricchimento, ma al contrario, limitando la libera disponibilità dei beni, è indicativo di un impoverimento. Non convince neppure la tesi erariale secondo la quale i vincoli di destinazione sarebbero colpiti da una nuova imposta statuita dall'art. 2, comma 47, delD.L. n. 262 del 2006, la quale, al contrario, avrebbe di fatto introdotto esplicitamente l'istituzione della sola imposta delle successioni e delle donazioni. Per l'introduzione di una nuova imposta, come previsto dall'art. 23 della Costituzione, sarebbe servita una specifica legge che disciplini alcuni elementi fondamentali, quali, possono essere i soggetti passivi a cui applicarla, la base imponibile, le aliquote, la territorialità, e altro. Inoltre, si ricorda che, con la legge del “Dopo di noi”, è stata introdotta un'esenzione dall'imposta di donazione per il conferimento di beni in un trust istituiti a favore di persone con disabilità gravi. Tale esenzione è anche prevista per il trasferimento dei beni ai soggetti che hanno istituito il trust, nel caso di premorienza del beneficiario rispetto agli stessi disponenti; al contrario, qualora vi sia la morte del disabile e i beneficiari del ri-trasferimento non siano i disponenti, è stata prevista l'applicazione dell'imposta di donazione, tenendo conto, per l'applicazione delle aliquote e delle franchigie, del rapporto di parentela o coniugio intercorrente tra disponente e destinatari del patrimonio residuo (così l'art. 6 della legge 22 giugno 2016, n. 112). L'introduzione di tale norma potrebbe dimostrare come l'intento del legislatore sia quello, da un lato, di esentare da imposta di donazione i vincoli di destinazione meritevoli di tutela; dall'altro lato, invece, essendo stata prevista la relativa tassazione solamente in caso di “ri-trasferimento” dei beni a soggetti diversi dai disponenti, ciò confermerebbe come l'imposta di donazione si applichi solamente a quegli atti che comportano un arricchimento effettivo in capo al “dante causa” ed esclusivamente in quel momento. Infine, è necessario ricordare che, come riportato dalla stampa specializzata (S.Pellegrino in Euroconference news del 29-30-31 gennaio 2018), in data 3 ottobre 2017 sarebbe stata depositata la proposta di legge n. 4675, finalizzata all'introduzione di una disciplina organica dei trust anche nell'ambito della fiscalità indiretta. In particolare, la fiscalità indiretta del trust verrebbe a dipendere dal fatto che questo persegua o meno una finalità liberale: quando il trust è liberale, questo soggiacerebbe all'imposta sulle successioni e donazioni, mentre quando è non liberale entrerebbe in gioco l'imposta di registro.
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