La regola dell'assorbimento del cd. superminimo e le sue eccezioni
05 Settembre 2018
Il caso
Il ricorrente aveva presentato ricorso contro l'ex datore di lavoro richiedendo che gli venisse riconosciuto per l'intero rapporto di lavoro la qualifica di quadro anziché quella di impiegato di II livello in base al CCNL terziario. In base all'effettiva qualifica sosteneva di aver diritto a delle differenze retributive.
Oltre alle differenze retributive per il diverso inquadramento, chiedeva il riconoscimento del superminimo che gli era stato promesso al momento dell'assunzione e che, dopo un breve periodo, non gli era stato più corrisposto. Eccepiva, infatti, che, al momento della sottoscrizione del contratto, le parti si erano accordate oralmente per una retribuzione netta mensile pari ad € 3.000,00, superiore, quindi, a quella stabilita dal CCNL terziario.
Questa somma era stata conosciuta in forza delle sue capacità gestionali e della sua pregressa esperienza trentennale nella vendita di autoveicoli, la tipologia di mercato in cui operava l'odierna convenuta.
Domandava, infine, il riconoscimento degli straordinari non versati.
La convenuta si costituiva contestando tutte le richieste del ricorrente. Sosteneva il corretto inquadramento del lavoratore in relazione alle mansioni effettivamente svolte e negava l'esistenza di un accordo orale per un compenso netto mensile di € 3000,00 diversamente a quanto pattuito nel contratto di lavoro individuale che, oltre ai minimi tabellari, prevedeva una voce di retribuzione di € 557,00 versata a titolo di “anticipo di aumenti futuri”.
Contestava in ultimo lo svolgimento di straordinari. La questione
Nel caso di riconoscimento al lavoratore di una qualifica superiore per le mansioni effettivamente svolte rispetto a quelle indicate nel contratto di lavoro, l'eventuale superminimo, presente nella buste paga e versato durante il rapporto di lavoro, deve essere considerato per la determinazione di quanto dovuto a titolo di differenze retributive, comportando così una riduzione della pretesa creditoria del lavoratore, oppure deve essere escluso da tale calcolo? Soluzioni giuridiche
Il Giudice respinge le richieste del ricorrente. Rileva, infatti, che non era stata fornita alcuna prova in relazione all'accordo orale di un compenso mensile di € 3.000,00 netti diversamente da quanto stabilito nel contratto di lavoro.
Ritiene, inoltre, non provato lo svolgimento di straordinari.
Per quanto riguarda il diverso inquadramento giunge alla conclusione che non possa essere riconosciuta la qualifica di quadro poiché non ha rinvenuto nell'istruttoria elementi dai quali desumere che il ricorrente svolgeva funzioni di rilevante importanza per il raggiungimento degli obbiettivi dell'azienda, così come stabilito dall'art. 107 CCNL terziario che disciplina le mansioni tipiche del quadro.
Tuttavia accerta che il ricorrente avrebbe dovuto essere inquadrato al I livello di funzionario in relazione alle funzioni svolte, anziché al II livello come erroneamente indicato nel contratto di lavoro. Ciononostante esclude differenze retributive a favore del ricorrente. Evidenzia che la voce aggiuntiva rispetto ai minimi tabellari presente in busta paga e definita “anticipo aumenti futuri” copre ampiamente le differenze retributive dovute dal non corretto inquadramento. Osservazioni
La sentenza in commento rientra nel consolidato orientamento, sia della giurisprudenza di merito che di legittimità (Trib. Milano, sez. lav., 20 febbraio 2018, n. 461, Cass., sez. lav., 20 marzo 1998 n. 2984, Cass., sez. lav. 9 luglio 2004, n. 12788; Cass., sez. lav., 29 settembre 2012, n. 14689), che sancisce il cd. assorbimento dei superminimi con le maggiorazioni di retribuzione stabilite dai contratti collettivi.
La regola dell'assorbimento sussiste, come nella sentenza qui commentata, anche nel caso in cui venga accertato un errato inquadramento del lavoratore. Ne consegue, quindi, che quanto versato a titolo di superminimo deve essere considerato nel calcolo delle differenze retributive derivante dal corretto inquadramento contrattuale accertato dal giudice.
L'assorbimento del superminimo rappresenta pertanto la regola a meno che sia espressamente prevista una clausola dal contenuto opposto nel contratto individuale o collettivo.
Un'ulteriore ipotesi di cumulo del superminimo con l'aumento della retribuzione previsto dai rinnovi del contratto collettivo, è costituita dal comportamento delle parti durante il rapporto di lavoro (quindi per fatti concludenti): il datore di lavoro continua a corrispondere l'intero superminimo nonostante l'aumento della retribuzione minima in base ai rinnovi del contratto collettivo successivi al momento della sottoscrizione del contratto individuale (Cass., sez. lav., 29 agosto 2012, n. 14689).
L'ulteriore caso in cui il lavoratore ha diritto al mantenimento del superminimo è quando questo viene riconosciuto al lavoratore in relazione alle sue particolari capacità rispetto alla media, quindi per intuitu paersonae (Cass., sez. lav., 17 luglio 2008, n. 19750). Conclusioni
Sulla scorta dell'orientamento giurisprudenziale sia di merito che di legittimità la conclusione non può non essere che la regola è l'assorbimento e l'eccezione è il non assorbimento del superminimo.
La sentenza di merito tuttavia non fornisce, nemmeno per relationem, la motivazione giuridica che giustifica il principio di assorbimento del superminimo.
L'aggancio normativo è l'art. 2077 c.c. La norma richiamata stabilisce la prevalenza del contratto collettivo su quello individuale a meno che quest'ultimo preveda un trattamento di maggior favore per il lavoratore.
Sin qui la norma sembrerebbe giustificare la tesi opposta, quella del cumulo del superminimo e non del suo assorbimento. Tuttavia la norma viene interpretata nel senso che il raffronto deve essere effettuato non tra le singole clausole, ma in base ai trattamenti complessivi per ogni singolo istituto stabiliti nei due contratti, individuale e collettivo. Non è possibile, quindi, un'applicazione contestuale e parziale del contratto collettivo nazionale e di quello individuale, prevedendo che ogni singolo punto debba essere regolato dalla fonte negoziale che prevede condizioni migliori per il lavoratore. La ragione che esclude il possibile cumulo della disciplina del contratto collettivo con quello del contratto individuale, applicando clausola per clausola la miglior disciplina proveniente da una delle due fonti, è che si verrebbe a creare un regolamento d'interessi non voluto dai contraenti.
Sulla base di questa tecnica del raffronto, la giurisprudenza (Cass., sez. lav., 23 gennaio 2006, n. 1261) ritiene che le clausole che determinano la voce superminimo facciano parte dell'istituto retribuzione e, quindi, quest'ultime non possano essere considerate atomisticamente. Il confronto deve essere, quindi, effettuato sul trattamento complessivo che il lavoratore beneficia in base alla fonte negoziale applicata e, sulla base di questa analisi, bisogna individuare quello che deve essere considerato di miglior favore ed applicato integralmente (v. Cass., 25 ottobre 1978, n. 4855, MGL, 1979, 570, che ha teorizzato il principio in base al quale il raffronto deve essere non clausola per clausola, ma sul trattamento complessivo di cui beneficia il lavoratore. In dottrina, v. Meucci M., La dinamica dei trattamenti più favorevoli al lavoratore, LPO, 1980, 591 ss.). |