Mala gestio dell'assicuratore? Attenzione, la compagnia assicuratrice risponde oltre i limiti del massimale, ma ..

Enrico Basso
08 Ottobre 2018

Quando sia stata accertata la mala gestio della lite da parte di una compagnia assicuratrice, l'assicurato può pretendere di essere risarcito oltre il valore del massimale di polizza e, in caso affermativo, entro che limiti?
Massima

L'assicuratore della responsabilità civile, che si sia reso responsabile verso l'assicurato per mala gestio c.d. “diretta” del sinistro, risponde integralmente oltre i limiti del massimale solo nel caso in cui il massimale fosse capiente all'epoca dell'illecito e, soltanto successivamente, sia divenuto incapiente per un ritardo imputabile all'assicuratore. Viceversa, qualora all'epoca dell'illecito il massimale fosse già incapiente, l'assicuratore sarà tenuto a pagare soltanto gli interessi legali maturati sul massimale non pagato tempestivamente.

Il caso

Tizio muore dopo essere stato investito da un veicolo condotto da Caio, appartenente ad Alfa Sas e assicurato con Beta Ass.ni.

La moglie e le figlie di Tizio, tramite il proprio legale, formulano una proposta transattiva alla compagnia assicuratrice, vantaggiosa per l'assicurato ma eccedente il massimale di polizza; l'offerta viene quindi respinta.

Gli eredi di Tizio, allora, citano in giudizio Caio, Alfa Sas e Beta Ass.ni per ottenere il risarcimento dei danni patiti in seguito al decesso del loro congiunto. Inoltre, agendo in surroga ex art. 2900 c.c., deducono anche la responsabilità di Beta Ass.ni verso Alfa Sas per il colposo ritardo nel pagamento dell'indennizzo, chiedendone la condanna al pagamento oltre il massimale, per mala gestio c.d. propria.

Il Tribunale liquida il danno in € 650.000, ma condanna Beta Ass.ni a mallevare l'assicurata soltanto nei limiti del massimale residuo, pari a € 40.000. Gli eredi di Tizio, allora, appellano la sentenza del Tribunale, lamentando l'omessa pronuncia sulla condanna di Beta Ass.ni per mala gestio; la Corte territoriale, ritenuto che se la compagnia assicuratrice fosse stata diligente e solerte l'assicurato avrebbe potuto invocare una garanzia superiore di € 15.000 (corrispondenti alla rivalutazione del massimale nelle more del giudizio), accoglie parzialmente la domanda e condanna Beta Ass.ni a pagare ai danneggiati quest'ulteriore somma.

A questo punto, gli eredi di Tizio ricorrono in Cassazione, deducendo un vizio violazione di legge in relazione agli artt. 1175, 1176, 1218, 1224, 1375, 1917 e 2900 c.c., assumendo che, una volta accertata la condotta inadempiente dell'assicuratore, il limite del massimale viene meno tout court.

La questione giuridica

La questione affrontata dalla sentenza in commento è la seguente: quando sia stata accertata la mala gestio della lite da parte di una compagnia assicuratrice, l'assicurato può pretendere di essere risarcito oltre il valore del massimale di polizza e, in caso affermativo, entro che limiti?

Le soluzioni giuridiche

A) Cenni sulla mala gestio

Prima di procedere all'esame della soluzione interpretativa offerta da Cass. civ. n. 9666/2018, ci sembra utile spendere qualche parola sulla c.d. mala gestio dell'assicuratore.

Normalmente, le polizze assicurative contengono una clausola definita come “patto di gestione della lite”, che consente all'assicuratore di assumere -fin quando ne abbia interesse- la gestione delle vertenze tanto in sede stragiudiziale che giudiziale, sia civile che penale. Pur dovendosene valutare i contenuti caso per caso, sulla base di questo patto l'assicuratore si attiva fin dalla fase stragiudiziale con la propria struttura, per acquisire i dati e le informazioni rilevanti sulle circostanze di fatto, per effettuare la stima dei danni, per gestire le trattative con il danneggiato volte a definire transattivamente la vertenza e, in caso d'insuccesso, per difendere l'assicurato in giudizio. Secondo la tesi prevalente, il patto in questione va ricondotto allo schema negoziale del mandato in rem propriam previsto dall'art. 1723, comma 2 c.c. (cfr. Cass. civ., sez. III, 27 aprile 1990, n. 3548).

L'assicuratore della responsabilità civile, quindi, oltre a dover tenere indenne l'assicurato di quanto questi dovrà pagare al danneggiato (art. 1917 c.c.), ha anche l'obbligo di dare esecuzione al mandato con diligenza (art. 1710 c.c.) e di risarcire l'assicurato del danno sofferto in conseguenza del sinistro nei limiti stabiliti dal contratto (art. 1905 c.c.).

In tale contesto, viene definita come responsabilità da mala gestio quella particolare forma di responsabilità in cui incorre l'assicuratore, allorquando arrechi pregiudizio all'assicurato disattendendo l'obbligo generale di comportarsi diligentemente (art. 1176 c.c.) e secondo buona fede (art. 1375 c.c.) e correttezza (art. 1175 c.c.) nella fase di gestione della lite. La giurisprudenza, inoltre, ha ritenuto che tale responsabilità possa sussistere non solo quando l'assicuratore abbia formalmente assunto la gestione della lite e l'abbia condotta senza la diligenza necessaria per tutelare, oltre ai propri interessi, anche quelli dell'assicurato; ma anche quando «senza un apprezzabile motivo, rifiuti di gestire la lite e/o se ne disinteressi in modo da recare pregiudizio allo stesso assicurato» (cfr. Trib. Torre Annunziata, 28 aprile 2014; Cass. civ., sez. III, 5 marzo 1994, n. 2177).

Occorre precisare che esistono due forme di mala gestio: quella cosiddetta impropria e quella propria.

La mala gestio impropria è una forma di responsabilità extracontrattuale nei confronti del danneggiato, fondata sulla sua costituzione in mora ai sensi dell'art. 145 d.lgs. n. 209 del 2005 (c.d. “Codice delle Assicurazioni Private”; in precedenza il riferimento normativo era dato dall'art. 22 l. n. 990/1969), non seguita dal dovuto pagamento entro il c.d. spatium deliberandi di 60 giorni, per la quale l'assicuratore risponde (ex art. 1224 c.c.) a titolo di rivalutazione ed interessi anche oltre il limite del massimale, senza necessità che il danneggiato formuli specifica domanda, essendo sufficiente la richiesta di integrale risarcimento dei danni. A ben vedere, si tratta in realtà di una responsabilità da colpevole ritardo, che solo per convenzione si continua a definire mala gestio (cfr. Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 2016, n. 3014).

La mala gestio propria, invece, si ha nei confronti dell'assicurato per condotte dell'assicuratore contrarie agli obblighi di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto, che lo espongono anche oltre il massimale, richiedendosi però -a differenza della mala gestio impropria- una specifica domanda in tal senso dell'assicurato-danneggiante. È una forma di responsabilità di natura evidentemente contrattuale, casi tipici della quale possono ravvisarsi quando l'assicuratore rifiuti ingiustificatamente di addivenire a una transazione proposta dal danneggiato -poi rivelatasi, secondo una prognosi ex ante, ragionevole e vantaggiosa per l'assicurato- oppure quando l'assicuratore gestisca la lite curando eccessivamente i propri interessi a danno dell'assicurato, ad esempio tenendo una condotta processuale ispirata esclusivamente da fini dilatori. Sul tema, cfr. Cass. civ., 17 febbraio 2016, n. 3014; Cass. civ., 28 giugno 2010, n. 15397; Cass. civ., 5 agosto 2005, n. 16598; Cass. civ., 4 febbraio 2005, n. 2276; Cass. civ., 22 dicembre 2004, n. 23819; Cass. civ., 8 luglio 2003 n. 10725

Un altro punto interessante, sul quale la giurisprudenza di legittimità si è divisa, riguarda il momento in cui può sorgere una condotta di mala gestio nei termini appena illustrati. “In illiquidis non fit mora”: secondo questo principio, l'orientamento più datato riteneva che l'assicuratore potesse essere tenuto a pagamenti di somme eccedenti il massimale di polizza solo a partire dal momento in cui venisse giudizialmente o negozialmente accertata la responsabilità dell'assicurato, nonché quantificato l'ammontare delle somme dovute al terzo, dato che solo in tale momento il credito dell'assicurato verso l'assicuratore diventa liquido ed esigibile (cfr. Cass. civ., sez. III, 7 maggio 1996, n. 4240; Cass. civ., sez. III, 3 marzo 1989, n. 1193). Tale impostazione pare oggi superata da un orientamento più recente, in base al quale «affinché possa configurarsi una responsabilità che superi i limiti del massimale per "mala gestio" dell'assicuratore della responsabilità civile non è necessario che questi ometta il pagamento dell'indennizzo quando il debito dell'assicurato verso il terzo danneggiato sia stato accertato e quantificato con sentenza passata in giudicato ovvero per effetto di accordo negoziale, ma è sufficiente che vi sia stato l'omesso pagamento nonostante la responsabilità dell'assicurato e l'ammontare del danno fossero determinabili dall'assicuratore alla stregua dell'ordinaria diligenza e del principio di buona fede» (Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25091; in senso conforme cfr. Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2008, n. 11908 ; Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 1994, n. 1376).

B) Le soluzioni offerte da Cass. civ., n. 9666/2018

Nel caso di specie, i danneggiati si erano lamentati (agendo in surroga ex art. 2900 c.c., si rammenta) che l'assicuratore non avesse accettato la proposta transattiva formulata dal loro legale nella fase stragiudiziale; e poiché se l'avesse fatto avrebbe estinto ogni obbligazione dell'assicurato nei loro confronti, così evitando che il danno lievitasse fino alla misura liquidata dal tribunale, chiedevano che l'assicuratore fosse dichiarato responsabile per mala gestio, oltre i limiti del massimale e per l'intero importo che l'assicurato doveva pagar loro.

La sentenza in commento affronta la questione del limite del massimale nel caso di mala gestio propria, evidenziando che detto limite non viene meno del tutto, per ciò solo che vi sia stato inadempimento dell'assicuratore.

Ponendosi sul solco dei precedenti tracciati da Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2014 n. 13537 e Cass. civ., sez. VI 3, ord. 26 aprile 2017 n. 10221, il Supremo Collegio ha ribadito il principio secondo cui, per stabilire quali siano le conseguenze dell'inadempimento dell'assicuratore in caso di mala gestio propria, occorre distinguere tre ipotesi.

  • La prima eventualità è che, nonostante la mala gestio ed il ritardato adempimento, il massimale resti capiente: in tal caso si applicheranno semplicemente le regole sulla mora nelle obbligazioni di valore (e, se trattasi di RCA, l'assicuratore potrà andare incontro unicamente alle sanzioni amministrative previste dall'art. 315 cod. ass.).
  • La seconda eventualità è che il massimale, capiente all'epoca dell'illecito, sia divenuto incapiente al momento del pagamento: in tal caso l'assicurato potrà pretendere dall'assicuratore una copertura integrale, senza riguardo alcuno al limite del massimale, giacché l'assicuratore dovrà in tale ipotesi risarcire non il fatto dell'assicurato (per il quale vige il limite del massimale), ma il fatto proprio, e cioè il pregiudizio al diritto di garanzia dell'assicurato, derivato dal colposo ritardo nell'adempimento.
  • La terza eventualità è che il massimale assicurato già all'epoca del sinistro fosse incapiente: in tal caso, poiché se anche l'assicuratore avesse tempestivamente pagato l'indennizzo, l'assicurato non avrebbe comunque ottenuto una copertura integrale della propria responsabilità, sarà tenuto a pagare gli interessi legali -o eventualmente il maggior danno ex art. 1224, comma 2 c.c.- sul massimale. Con la precisazione che, costituendo il debito dell'assicuratore un'obbligazione di valuta, non sarà possibile cumulare la rivalutazione del massimale e gli interessi, ma delle due l'una: o il danneggiato dimostra di avere patito un "maggior danno" (cioè un pregiudizio causato dal ritardo nell'adempimento non assorbito dagli interessi legali) ed allora avrà diritto al risarcimento di quest'ultimo; ovvero nulla dimostra a tal riguardo, e allora gli spetteranno i soli interessi legali.
Osservazioni

Nel caso di specie, i ricorrenti-danneggiati non hanno tenuto conto del fatto che la loro proposta transattiva -rifiutata dall'assicuratore nella fase stragiudiziale- eccedeva il massimale, già incapiente all'epoca del sinistro. L'assicuratore aveva, quindi, tutto il diritto di rifiutare quella proposta e sarebbe uscito indenne dal giudizio se solo avesse messo a disposizione dell'assicurato l'intero massimale, ritirandosi dalla gestione di una lite le cui sorti, da quel momento, avrebbero riguardato il solo danneggiante-assicurato.

Pare a chi scrive che il principio enunciato dal Supremo Collegio sia da condividere.

La tentazione di utilizzare lo strumento della responsabilità per mala gestio propria (magari anche attraverso l'azione surrogatoria) per aggredire un soggetto economicamente solido (la compagnia assicuratrice) al posto di un soggetto non sempre solvibile e talvolta sotto-assicurato (il danneggiante) a volte può essere forte, ma nel nostro ordinamento giuridico neppure l'assicuratore più negligente o più spregiudicato può essere condannato a risarcire per intero il danno causato dall'assicurato, se questo non rientra nei limiti previsti dalla polizza.

Disancorare la responsabilità per mala gestio dalla capienza del massimale all'epoca del sinistro significherebbe esattamente questo, contravvenendo ai principi fondamentali in materia di risarcimento del danno contrattuale che, se da un lato dev'essere integrale, dall'altro non può certo mettere il creditore-assicurato in una posizione più vantaggiosa dell'esatto adempimento.

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