Codice Civile art. 2292 - Ragione sociale.

Lorenzo Delli Priscoli
Francesca Rinaldi

Ragione sociale.

[I]. La società in nome collettivo agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di uno o più soci con l'indicazione del rapporto sociale [2563, 2567].

[II]. La società può conservare nella ragione sociale il nome del socio receduto o defunto, se il socio receduto o gli eredi del socio defunto vi consentono [207 trans.].

Inquadramento

Dal comma 1 della disposizione in epigrafe si ricava che nella ragione sociale delle società commerciali di persone deve essere indicato almeno il nome di uno dei soci, comprensivo del prenome e del cognome (G.F. Campobasso, 329; Cottino, 239; G. Ferri, 348; Gambino, 268).

In giurisprudenza, si veda Trib. Vicenza 6 ottobre 1984, in Soc. 1985, 519; Trib. Vasto 25 ottobre 1985, in Foro it. 1986, I, 2358.

Il cambiamento del legale rappresentante e la modifica della ragione sociale avvenuti nel corso del processo non comportano la trasformazione della società in un diverso soggetto giuridico (Cass. II, n. 20839/2017).

La modifica della persona dei soci e della ragione sociale non comporta l'estinzione della società e la nascita di un nuovo soggetto, costituendo le società di persone soggetti di diritto distinti dai soci e, come tali, centri autonomi d'imputazione di situazioni giuridiche ad esse immediatamente riconducibili (Cass. II, n. 18409/2014).

Il nome deve essere indicato per intero ed essere quindi comprensivo sia del prenome che del cognome (Trib. Vasto 25 ottobre 1985, cit.; Trib. Vicenza 6 ottobre 1984, cit.; Trib. Milano 6 dicembre 1967, in Foro pad. 1968, I, 933).

Confondibilità

L'inserzione del nome di un socio nella ragione sociale di una società in nome collettivo non è tuttavia legittima se può indurre confusione con altra impresa (App. Torino 3 gennaio 1955, Foro it. 1955, I, 1286; Trib. Cremona 31 dicembre 1954, ivi 1955, I, 2, 393).

In proposito si è statuito che, ai fini di valutare la virtuale possibilità di confusione tra le denominazioni sociali di due società regolari, ai sensi dell'art. 2564 c.c. (richiamato dal successivo art. 2567 c.c.), per l'oggetto delle imprese ed il luogo in cui queste sono esercitate, non è necessario prendere in considerazione le attività effettivamente svolte dalle società (ed eventualmente anche quelle complementari ed analoghe), essendo sufficiente il rapporto tra i rispettivi oggetti sociali, risultanti dagli atti costitutivi sottoposti a pubblicità, costituendo l'oggetto sociale, non solo la sfera di azione tecnica della società, ma altresí l'esteriorizzazione della sua potenzialità espressiva ed espansiva, immediatamente percepibile da tutti i soggetti che entrino in rapporto con essa, in forma negoziale o concorrenziale (Cass. I, n. 2881/1989).

Esclusività

La ragione sociale di una società appartiene a quest'ultima, che ha il diritto di utilizzarla in via esclusiva anche nei confronti dei propri soci receduti od esclusi (Trib. Milano 9 aprile 1970, in Giur. it. 1971, I, 2, 310).

Occorre tener presente, per quanto riguarda la posizione dei soci, che il conferimento del proprio nome da parte di soci di una società in nome collettivo deve intendersi limitato al termine convenuto per la durata della società, qualora sia stata esclusa la possibilità di una proroga tacita (App. Venezia 20 marzo 1950, in Dir. fall. 1950, II, 137).

Si ammette tuttavia che l'ex socio di una società sciolta e posta in liquidazione può utilizzare la ragione sociale della società cessata come ditta ed insegna della nuova iniziativa imprenditoriale cui egli abbia deciso di dare vita (Pret. Verona 17 agosto 1988, in Giur. comm. 1989, II, 672).

Tutela

La tutela della denominazione della società postula una situazione di confondibilità fra attività imprenditoriali; detta tutela, pertanto, non è invocabile da una società, qualora essa, pur senza estinguersi, abbia interrotto l'attività prevista come oggetto sociale nel suo statuto (come deve presumersi dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, in difetto di prova contraria), e sia poi rimasta inoperosa per un lasso di tempo tale da privare quella denominazione di ogni funzione distintiva dell'attività, oggetto dell'esercizio d'impresa (nella specie, circa undici anni) (Cass. I, n. 3514/1989).

Abuso di denominazione bancaria

L'art. 133 del nuovo t.u. delle leggi in tema di attività bancaria e creditizia approvato con il d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (in vigore dal 1° gennaio 1994) punisce l'abuso di denominazione bancaria. Una disposizione analoga era contenuta nella legge bancaria abrogata (art. 96, l. 7 marzo 1938 n. 141) e in relazione ad essa si era statuito che l'uso della parola «bank» nella ragione sociale di una società in nome collettivo non fosse da solo sufficiente ad integrare gli estremi del reato previsto dagli artt. 2 e 96 della legge bancaria: il reato di cui agli artt. 2 e 96 della legge bancaria non si configurava quindi tutte le volte che l'uso della denominazione di «banca», «banco», «cassa di risparmio» e simili, per le circostanze concrete della condotta realizzata, non fosse effettivamente idoneo a determinare la lesione o la messa in pericolo dell'affidamento dei terzi (Pret. Napoli 2 aprile 1974, in Banca, borsa, tit. cred. 1974, II, 383).

Si vedano, altresì, i commenti agli artt. 2326,2453,2463,2463-bis, 2515 c.c.

Bibliografia

Bozzi, Le denominazioni sociali tra tutela civile e tutela mercantile, in Riv. dir. comm. 1999, II, 150; G.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; Cottino, Diritto commerciale, I, 2, Padova, 1994; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016; Gambino, Impresa e società di persone, Fondamenti di diritto commerciale, Torino, 2009; L. Mandrioli, La modifica della ragione sociale nella società in nome collettivo in caso di recesso per giusta causa, in Giur. comm. 1999, II, 93; Nazzicone, Denominazione sociale della srl uni personale, in Soc. 1999, 612.

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