Codice Civile art. 2265 - Patto leonino.

Lorenzo Delli Priscoli
Francesca Rinaldi

Patto leonino.

[I]. È nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite [1419, 2263].

Inquadramento

L'ampia libertà concessa dall'ordinamento ai soci di determinare le quote di partecipazione di ciascuno di essi agli utili ed alle perdite, espressione dell'autonomia privata riconosciuta dalla previsione della libertà di iniziativa economica dell'art. 41, comma 1, Cost., trova un limite nel divieto di patto leonino, stabilito dall'art. 2265 c.c., il quale sanziona con la nullità il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili ed alle perdite, espressione dei principî di solidarietà economica e uguaglianza di cui agli artt. 2 e 3 Cost., dei principî di correttezza, buona fede, divieto dell'abuso del diritto e divieto dell'abuso di dipendenza economica di cui all'art. 9 della legge 10 agosto 1998, n. 192, nonché della funzione causale stessa del contratto di società, che ha per scopo la ripartizione degli utili fra i soci. Ha così affermato la Cassazione che il motivo della nullità del patto leonino (che presuppone la previsione dell'esclusione totale e costante del socio dalla partecipazione al rischio d'impresa o dagli utili, ovvero da entrambi: Cass. I, n. 642/2000) comminata dalla legge è nel suo contrasto con l'essenza della società, in quanto non è possibile essere soci senza essere al tempo stesso partecipi dei risultati dell'attività sociale (Cass. I, n. 1686/1963).

A sua volta, il Tribunale di Roma ha precisato che il divieto del patto leonino attua nel contratto di società il principio di equivalenza delle prestazioni imponendo a ciascun socio di contribuire, al pari degli altri, agli utili ed alle perdite. Tuttavia, secondo i giudici romani, tale equivalenza non va intesa in senso assoluto e, pertanto, a colui che detiene i beni o servizi produttivi più efficienti può consentirsi una maggior partecipazione agli utili, e minore alle perdite, sempre che ciò non debba escludere la possibilità di queste o di quelli (Trib. Roma 5 maggio 1960).

La ratio del divieto di patto leonino è stata ribadita di recente (Cass. I, 17500/2018, in motivazione; in precedenza, Cass. I, n. 8927/1994): essa «risiede nel preservare la purezza della causa societatis, cui vanno ricondotte tutte quelle diffuse opinioni secondo cui una diversa regolamentazione, tale da escludere del tutto un socio dagli utili o dalle perdite, finirebbe per contrastare con il generale interesse alla corretta amministrazione delle società, inducendo il socio a disinteressarsi della proficua gestione (anche intesa con riguardo all'esercizio dei suoi diritti amministrativi) e non “prodigarsi” per l'impresa, quando non, addirittura, a compiere attività “avventate” o “non corrette”». Onde l'indagine del giudice del merito deve essere diretta a valutare se «la causa societatis del rapporto partecipativo del socio in questione permanga invariata nei confronti dell'ente collettivo».

Per un approfondimento di carattere comparativo sul divieto del patto leonino cfr. Terranova, 813 ss.

Ambito di applicazione del divieto di patto leonino

 

La dottrina, come anche la giurisprudenza, ritiene che il disposto dell'art. 2265 esprima un principio generale, applicabile a tutti i tipi di società. Si osserva, infatti, che lo stretto collegamento che sussiste fra il divieto di patto leonino e lo stesso concetto di società induce a ritenere che la norma, benché topograficamente collocata nella disciplina della società semplice, si applichi anche a tutte le società lucrative, comprese le società di capitali. La dottrina prevalente, in particolare, ritiene che il principio della nullità del patto leonino si applichi alle società di capitali, non in via analogica, ma direttamente (Abriani, 77) e la Suprema Corte reputa l'art. 2265 c.c. una norma trans tipica (Cass. n. 8927/1994; Cass. n. 17498/2018).

Secondo i giudici di legittimità il divieto vale soltanto per il contratto di società e non è quindi applicabile al contratto di cointeressenza agli utili senza partecipazione alle perdite (Cass. I, n. 2671/1969).

Si è inoltre deciso che la locazione di una quota sociale ad altro socio verso un corrispettivo esclude ogni possibilità di richiamo al patto previsto e vietato dall'articolo in esame, in quanto il contenuto del contratto importa pagamento di una somma quale corrispettivo del godimento di diritti temporaneamente trasmessi da un socio all'altro e si concreta in un contratto di scambio, estraneo ad ogni fine associativo (Cass. I, n. 787/1966). Analogamente esula ogni possibilità di richiamo al c.d. patto leonino in una convenzione che importi il pagamento di una somma quale corrispettivo del godimento di diritti temporaneamente trasmessi da un gruppo di soci ad altro gruppo di soci, cioè in un contratto di scambio, nel quale esula ogni intento associativo (Cass. I, n. 1636/1963).

Al contrario, è stato ritenuto nullo il patto con cui un socio di una società in accomandita semplice viene privato della partecipazione agli utili, in cambio di un compenso fisso mensile che prescinde totalmente dall'ammontare degli utili effettivi (Pret. Torino 28 maggio 1976), statuendosi inoltre che tale patto comporta la nullità dell'intero contratto di società.

La Cassazione ha ribadito che il divieto del patto con il quale uno o più soci sono esclusi, in modo totale e costante, dagli utili o dalle perdite non è applicabile al contratto di associazione in partecipazione, per il quale l'unica regola inderogabile è quella, stabilita dall'art. 2553 c.c., del divieto di partecipazione dell'associato alle perdite in misura superiore al suo apporto; e che le parti possono quindi determinare la partecipazione alle perdite in misura diversa da quella della partecipazione agli utili ovvero escludere del tutto la partecipazione alle perdite, così come avviene nel contratto di cosiddetta cointeressata impropria, specificamente contemplato dall'art. 2554 c.c. (Cass. I, n. 24376/2008).

In giurisprudenza, poi, è consolidato l'orientamento che sottopone al vaglio di compatibilità con il divieto del patto leonino le clausole contenute in patti parasociali (cfr. Trib. Milano 30/12/2012).

Si è affermato, infatti, che il divieto di patto leonino ex art. 2265 c.c. si applica anche in  relazione a quei patti parasociali che comportino l'esclusione totale e costante di uno o più soci dal rischio d'impresa o dalla partecipazione agli utili. Invero, sebbene il patto parasociale assuma valenza meramente obbligatoria fra coloro che l'hanno sottoscritto (senza vincolare la società), nondimeno, lo stesso si presenta collegato al contratto di società poiché tendente a realizzare un risultato economico unitario, il che vale a ricondurre il patto formalmente estraneo al contratto di società all'interno dell'operazione societaria ed a sottoporlo alla relativa disciplina. Di conseguenza, il patto parasociale utilizzato dalle parti come strumento elusivo del divieto previsto all'art. 2265 c.c. è nullo allorquando sia finalizzato alla realizzazione dell'effetto vietato dalla legge e non tuteli un interesse meritevole ai sensi dell'art. 1322 c.c. (Trib. Bologna, 22  luglio 2019).

L’opzione put e patto leonino

Un tema a parte è quello della validità del patto parasociale c.d. put con riguardo alle azioni. Si tratta dell'accordo interno tra i soci, alcuni dei quali si obbligano a manlevare un altro dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l'attribuzione del diritto di vendita (c.d. put) entro un termine dato ed il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale a prezzo predeterminato, anche comprensivo di somme versate nelle more alla società.

La questione è stata di recente affrontata dalla C.S., sulla premessa che la ratio del divieto di patto leonino vada ricondotta ad una necessaria suddivisione dei risultati dell'impresa economica, tuttavia quale tipicamente propria dell'intera compagine sociale e con rilievo reale verso l'ente collettivo; mentre nessun significato assume il trasferimento del rischio puramente interno fra un socio e un altro socio o un terzo, allorché non alteri la struttura e la funzione del contratto sociale, né modifichi la posizione del socio in società (così, in motiv.). Essa ha, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «È lecito e meritevole di tutela l'accordo negoziale concluso tra i soci di società azionaria, con il quale gli uni, in occasione del finanziamento partecipativo così operato, si obblighino a manlevare un altro socio dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l'attribuzione del diritto di vendita (c.d. put) entro un termine dato ed il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale a prezzo predeterminato, pari a quello dell'acquisto, pur con l'aggiunta di interessi sull'importo dovuto e del rimborso dei versamenti operati nelle more in favore della società» (Cass. I, 17500/2018; cfr. altresì, Cass. I n. 27227/2021).

Per completezza, si ricordano peraltro le decisioni anteriori di merito.

Era stato affermato che non incorrono nel divieto di patto leonino, di cui all'art.  2265 c.c., gli accordi parasociali intercorrenti tra i soci di comando di una società di capitali e una finanziaria regionale, finalizzati alla cessione temporanea a scopo di finanziamento di una porzione della loro partecipazione sociale verso un determinato corrispettivo, laddove la partecipazione temporanea sia minoritaria e sussista evidente estraneità del socio finanziatore rispetto alla gestione della società (Trib. Trieste, Sez. spec. impresa, 8 maggio 2017).

L'accordo dei soci esterno al contratto sociale dal quale scaturisca in concreto un'esclusione assoluta e costante del rischio d'impresa e al quale non corrisponda alcun interesse meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c., configura elusione del divieto di patto leonino ai sensi e per gli effetti di cui all'art.  2265 c.c. (App. Milano, 19 febbraio 2016, n. 636).

La predeterminazione del prezzo di riacquisto della partecipazione rientra nella normale alea contrattuale della compravendita legata al patto d'opzione e non ricade nel divieto ex art.  2265 c.c., volto solo a evitare accordi endosocietari che alterino la ripartizione del rischio d'impresa, in modo assoluto e costante (Trib. Milano, 13 settembre 2011).

Il patto di retrocessione delle azioni a un prezzo predeterminato, contenuto in un contratto di compravendita, è nullo, ai sensi dell'art.  2265 c.c., comportando una esclusione del socio dal rischio di impresa e una conseguente «deresponsabilizzazione» del socio nell'esercizio dei diritti sociali, salvo che lo specifico contenuto del patto risulti funzionale a ulteriori interessi meritevoli di tutela e comunque connessi al buon esito dell'andamento dell'impresa sociale (Trib. Milano, 30 dicembre 2011).

È nulla per contrasto con l'art.  2265 c.c. l'opzione di vendita di azioni (put) ottenuta dal socio con accordo parasociale con la quale il socio concedente si obbliga a pagare all'opzionario, quale prezzo di vendita, una somma, maggiorata di interessi convenzionali, comprendente quanto dall'opzionario originariamente pagato per l'acquisto delle azioni incrementato di ogni versamento a patrimonio netto effettuato dall'opzionario alla società (aumenti di capitale, finanziamenti a fondo perduto o altri conferimenti senza diritto di rimborso) sino all'esercizio dell'opzione (Trib. Milano 30 dicembre 2011).

Con specifico riferimento alle società di capitali si è poi statuito che la categoria delle azioni privilegiate nella riduzione del capitale sociale per perdite non contrasta con il divieto del patto leonino, in quanto la partecipazione alle perdite non viene esclusa ma solo posticipata rispetto alle azioni ordinarie (Trib. Verona 9 febbraio 1989; Trib. Udine 10 aprile 1981).

Nello stesso senso parte della dottrina (Caselli, 688), mentre altra è contraria (Guglielmucci, 884; Minervini, 771).

Per una rivisitazione in chiave sistematica della ratio del divieto di patto leonino, v. E. Barcellona, 24  e, in questo codice, sub art. 2341 bis.

Conseguenze della violazione del divieto

Il patto leonino è nullo ma non invalida il contratto di società (Cass. I, n. 626/1955, che fonda tale conclusione sulla considerazione che, venuto meno il patto, la ripartizione degli utili trova i criteri sussidiari di determinazione nelle presunzioni fissate dalla legge).

È stato successivamente ribadito che, in forza del disposto dell'art.  2265 c.c., devono considerarsi nulle le clausole statutarie o i patti parasociali che comportino l'esclusione totale e costante di uno o di alcuni dei soci dalla partecipazione al rischio d'impresa ed agli utili ovvero da entrambe (Trib. Roma 5 luglio 2017, n. 13683).

Anche in dottrina è pacifico che la sanzione prevista per il patto leonino consiste nella nullità della sola atto clausola contenente la convenzione leonina, facendo salva la validità della partecipazione sociale e del contratto di società. La nullità del rapporto sociale determinerebbe, infatti, un’ingiusta sanzione a carico del socio escluso dagli utili ed un improprio vantaggio a favore del socio escluso dalle perdite (Abriani, 98).

Dalla nullità del patto discende, in assenza di diversa regolamentazione contrattuale, l’applicazione dell’art. 2263 c.c. che, in tema di ripartizione dei guadagni e delle perdite, in assenza di una previsione nel contratto di società, prevede la determinazione in proporzione ai conferimenti; in questo modo si possono recuperare i risultati dell’attività sociale verificatasi medio tempore e, sulla base di essi, si può anche liquidare la partecipazione sociale  (Capelli,  1796). 

Bibliografia

Abriani, Il divieto del patto leonino. Vicende storiche e prospettive applicative, Milano, 1994; Barcellona, Clausole di put &  call a prezzo predefinito. Fra divieto di patto leonino e principio di corrispettività, Milano, 2004; Capelli, Diritti patrimoniali dei soci e patto leonino, in Trattato delle società diretto da Donativi, Tomo I, Utet, 2022, 1774 ss.; Caselli, Azioni privilegiate e partecipazioni alle perdite, in Giur. comm. 1980, I, 688; Guglielmucci, Le azioni postergate nelle perdite, in Giur. comm. 1982, II, 884; Minervini, Partecipazioni a scopo di finanziamento e patto leonino, in Contr. impr. 1988, 771; Terranova, Il divieto del patto leonino: un’analisi comparata alla luce della recente riforma del diritto belga, in Nuove leggi civ., 2020, 813 ss

 

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