Codice Civile art. 2267 - Responsabilità per le obbligazioni sociali.Responsabilità per le obbligazioni sociali. [I]. I creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale [2268]. Per le obbligazioni sociali [2266] rispondono inoltre personalmente [2740] e solidalmente [1292 ss.] i soci che hanno agito in nome e per conto della società [2266] e, salvo patto contrario, gli altri soci [204 trans.]. [II]. Il patto deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza, la limitazione della responsabilità o l'esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto conoscenza. InquadramentoNell'ambito delle società semplici vige la regola della responsabilità personale illimitata dei soci per le obbligazioni sociali. In ragione del disposto dell'art. 2267 c.c. occorre, tuttavia, distinguere fra i «soci che hanno agito in nome e per conto della società», la cui responsabilità personale è sempre illimitata e solidale e «gli altri soci», per i quali è possibile escludere o limitare la responsabilità o la solidarietà, a condizione che il patto limitativo sia «portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei». Quanto ai mezzi idonei, peraltro, è bene precisare che anche per le società semplici è oggi prevista l'iscrizione nel registro delle imprese ed, in particolare, che, per l'impresa agricola, all'iscrizione nella sezione speciale è stata attribuita piena valenza dichiarativa.
La posizione del socio illimitatamente responsabile di una società personale non è assimilabile a quella di un fideiussore, sia pure ex lege, poiché mentre quest'ultimo garantisce un debito altrui e per tale ragione, una volta effettuato il pagamento, ha azione di regresso per l'intero nei confronti del debitore principale e si surroga nei diritti del creditore (artt. 1949 e 1950 c.c.), il socio illimitatamente responsabile risponde con il proprio patrimonio di debiti che non possono dirsi a lui estranei, in quanto derivano dall'esercizio dell'attività comune (al cui svolgimento, data l'assenza di un'organizzazione corporativa, partecipa direttamente: artt. 2257 e 2258 c.c.), ed è anzi tenuto, come prevede l'art. 2280 c.c., ove i fondi sociali risultino insufficienti, a provvedere anche mediante contribuzioni aggiuntive a quelle effettuate all'atto dei conferimenti (Cass. I, n. 12310/1999): da tale diversità di caratteri i giudici di legittimità hanno dedotto l'impossibilità di ammettere un'azione di regresso contro la società del socio che abbia provveduto al pagamento di un debito sociale e l'inapplicabilità degli artt. 1953,1955 e 1957 c.c., che hanno la loro giustificazione nell'esigenza di salvaguardare la possibilità del regresso del fideiussore. Non vi è poi dubbio che il credito assistito da causa di prelazione (nella specie, si trattava di credito della amministrazione finanziaria assistito da privilegio generale) e vantato nei confronti di una società di persone conserva la prelazione anche qualora venga fatto valere nel fallimento in proprio del socio illimitatamente responsabile, non sussistendo diversità di causa tra le pretese azionabili nei confronti della società debitrice e dei soci della stessa illimitatamente responsabili, né sul piano oggettivo – trattandosi del medesimo credito – né sul piano soggettivo, in quanto obbligazione diretta del socio della stessa illimitatamente e personalmente responsabile (Cass. I, n. 10734/1994). Il principio della responsabilità illimitata e solidale dei soci, sancito dall'art. 2267 c.c., non è invece applicabile nei rapporti interni e, quindi, alle obbligazioni della società nei confronti dei soci, conformemente alla regola generale secondo cui, nei rapporti interni, l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi: pertanto, nel giudizio intrapreso dagli eredi del socio per la liquidazione della quota spettante al de cuius, la condanna dei soci superstiti va limitata alla loro quota interna di responsabilità, che può essere determinata dal giudice ai sensi dell'art. 2263 c.c., secondo il quale, salvo prova contraria, le quote si presumono uguali (Cass. I, n. 1036/2009). Sempre la Cassazione ha affermato che nella società in nome collettivo, così come in quella semplice, la responsabilità solidale e illimitata dei soci per le obbligazioni sociali è posta a tutela dei creditori della società e non di quest'ultima, sicché solo i creditori possono agire nei confronti dei soci per il pagamento dei debiti sociali e non anche la società, la quale a tale scopo non può nemmeno invocare la previsione dell'art. 1203, n. 3, in tema di surrogazione, applicabile solo nell'ipotesi di pagamento di un debito altrui (Cass. I, n. 6293/2014). Secondo le S.U., la responsabilità illimitata del socio illimitatamente responsabile di una società di persone per le obbligazioni sociali trae origine dalla sua qualità di socio e si configura come personale e diretta, anche se con carattere di sussidiarietà in relazione al preventivo obbligo di escussione del patrimonio sociale. Pertanto, l'atto con cui il socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo rilascia garanzia ipotecaria per un debito della società non può considerarsi costitutivo di garanzia per un'obbligazione altrui, ma per un'obbligazione propria (Cass. S.U., n. 3022/2015). Ha altresì precisato la S.C., in tema di società in nome collettivo, che il socio che abbia ceduto la propria quota risponde, nei confronti dei terzi, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento (anteriore) in cui il terzo sia venuto a conoscenza della cessione; l'indicata pubblicità costituisce, dunque, fatto impeditivo di una responsabilità da coobbligato, rispetto a debiti della società, altrimenti normale, sicché detta circostanza deve essere allegata e provata dal socio che opponga la cessione al fine di escludere la sua responsabilità (Cass. I, n. 6230/2013). È stato affermato che alle obbligazioni che trovano la loro fonte nella legge, come quelle di versamento dell'IVA, si applicano le previsioni generali di cui agli artt. 2267,2290 e 2300 c.c., secondo cui il socio di una società in nome collettivo che abbia ceduto la propria quota risponde, nei confronti dei terzi, ivi compresa l'Amministrazione finanziaria, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino al momento (anteriore) in cui il terzo ne sia venuto a conoscenza, non riscontrandosi alcuna disposizione che ne circoscriva la portata al campo delle obbligazioni di origine negoziale. L'adempimento dell'onere pubblicitario, quale fatto impeditivo di tale responsabilità deve essere allegato e provato dal socio che opponga la cessione (Cass. I, n. 20447/2011). Poiché, ai sensi dell'art. 2267 c.c. i soci rispondono personalmente delle obbligazioni assunte dalla società, la clausola di deroga alle norme in materia di competenza territoriale contenuta in un contratto concluso dalla società è vincolante sia per la medesima che per il singolo socio (Cass. I, n. 11950/2015). Le «obbligazioni sociali»: i fatti illecitiÈ pacifico che tra le «obbligazioni sociali» prese in considerazione dall'art. 2267 c.c. vanno ricomprese, non solo quelle di origine negoziale (assunte in nome e per conto della società: v. art. 2266 c.c.), ma anche quelle derivanti da fatti giuridici diversi e, in particolare, da fatti illeciti, purché compiuti dal rappresentante (per la spettanza dal potere rappresentativo nelle società personali v. art. 2266 c.c.) nell'ambito e nell'esercizio delle sue incombenze (Cass. I, n. 4768/1999). In applicazione di tali principî si è puntualizzato che il fatto illecito colposo di uno dei soci di una società di fatto, commesso nell'ambito dell'attività della stessa e per il raggiungimento dei suoi scopi, costituisce illecito della società ed impegna tutti i soci solidalmente ed illimitatamente (Cass. I, n. 6945/2007). Il fatto illecito, di conseguenza, impegna solidalmente e illimitatamente i soci, ed in capo al socio che abbia risarcito interamente il danno sorge il diritto di regresso nei confronti degli altri soci in misura corrispondente alle rispettive quote di partecipazione (Cass. I, n. 3512/1998). Sempre in argomento si è deciso che, in caso di infortunio sul lavoro subìto da dipendente di una società in nome collettivo, a seguito dell'accertamento della responsabilità penale del socio amministratore l'azione di regresso dell'Inail ai sensi dell'art. 11 del d.P.R. n. 1124/1965 è esperibile non solo nei confronti di tale socio, ma anche nei confronti della società in quanto, in relazione alla responsabilità civile cui fanno riferimento gli artt. 10 e 11, assume rilievo il fatto che, in base alle norme sulla responsabilità per le obbligazioni sociali nelle società personali (artt. 2267 e 2293 c.c.), il debito risarcitorio verso il lavoratore infortunato nasca dal fatto illecito tanto a carico dell'amministratore personalmente, quanto della società, e che, sul piano sistematico, la norma dell'art. 10, comma 3, sulla influenza della responsabilità da reato del dipendente, confermi l'esposizione all'azione di regresso dei soggetti civilmente responsabili (Cass. I, n. 4543/2004). Per quel che concerne gli illeciti puniti con l'irrogazione di sanzioni amministrative di carattere pecuniario tale principio deve essere coordinato con gli artt. 3 e 6, l. 24 novembre 1981, n. 689, dal cui combinato disposto si ricava che della singola violazione risponde la persona fisica che ha commesso l'illecito, salva la responsabilità solidale della società che, quando ha fatto fronte al pagamento della somma dovuta dall'autore della violazione, ha diritto di regresso nei suoi confronti «per l'intero». A tale riguardo si è precisato che il principio secondo cui la responsabilità per le sanzioni amministrative è personale (e che, quindi, della singola violazione risponde la persona fisica autore dell'illecito, salva la responsabilità solidale della società: artt. 3 e 6 l. n. 689/1981), comporta conseguenze applicative che possono differire a seconda della natura della condotta illecita per cui è comminata la sanzione amministrativa: se, infatti, per la violazione di legge è richiesto un comportamento positivo, la responsabilità della condotta illecita ricade solo su chi materialmente lo ha posto in essere; qualora, invece, sia in questione un comportamento omissivo, come il mancato versamento alle scadenze previste dalla legge dei contributi previdenziali dovuti per un lavoratore dipendente, rileva il dovere di provvedere incombente personalmente su ciascuno dei soci aventi il potere di amministrare la società, salva l'eventuale prova dell'esistenza di un amministratore preposto in via esclusiva alla gestione del personale e all'adempimento di tutti gli obblighi conseguenti (Cass. I, n. 14068/2002). A principî analoghi sono ispirati gli artt. 145, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, e gli artt. 195 e 196 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, che disciplinano l'irrogazione delle sanzioni amministrative di carattere pecuniario per la violazione delle norme in tema di disciplina delle attività creditizie e di intermediazione finanziaria, prevedendo tuttavia come obbligatorio il regresso della società nei confronti dei responsabili. Ma successivamente il sistema è stato radicalmente modificato, riconoscendo esplicitamente la responsabilità amministrativa degli «enti forniti di personalità giuridica» e delle «società e associazioni anche prive di personalità giuridica» (art. 1, comma 2, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231): cfr. Cass. pen. III, n. 45472/2016; sulle ragioni e la portata di tale innovazione, De Sensi, 311; Fassi, 1587. Responsabilità dei soci: a) i soci occultiDal comma 1 dell'art. 2267 c.c. si desume che, in mancanza di patto contrario, i soci di una società di persone che non abbiano agito in nome e per conto della società sono solidalmente responsabili per il soddisfacimento delle obbligazioni sociali con i soci che hanno agito in nome e per conto della società (Cass. I, n. 513/1968; Trib. Milano 12 giugno 1978), ferma restando, per ciascuno dei soci, la possibilità di eccepire, nei rapporti interni, l'esclusiva responsabilità di coloro che hanno abusato del potere di gestione (Trib. Milano 12 giugno 1978) e di agire in regresso nei confronti della società (Campobasso, 88; contra, tuttavia, Trib. Prato 24 novembre 1987) e comunque degli altri soci (App. Lecce 16 febbraio 1984). Dal collegamento di tale disposizione con l'art. 147, comma 2, l. fall., appare poi evidente che detta responsabilità colpisce non solo il socio palese ma anche quello occulto, ossia il socio la cui esistenza non era nota nel momento in cui è sorta l'obbligazione sociale (Cass. I, n. 2200/2003). Secondo la Cassazione, la situazione di socio occulto di una società in accomandita semplice – la quale è caratterizzata dall'esistenza di due categorie di soci, che si diversificano a seconda del livello di responsabilità – non è idonea, anche qualora una tale società sia irregolare, a far presumere la qualità di accomandatario, essendo all'uopo necessario accertare, di volta in volta, la posizione in concreto assunta dal socio, il quale, pertanto, assume responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, ai sensi dell'art. 2320, solo ove contravvenga al divieto di compiere atti di amministrazione o di trattare o concludere affari in nome della società, dovendosi così escludere una responsabilità illimitata per un socio accomandante occulto di una siffatta società (Cass. I, n. 23211/2012). Segue: b) natura illimitata e personale; il patto contrarioIl socio che ha agito in nome e per conto della società risponde con tutti i suoi beni, essendo la sua responsabilità, oltre che solidale, illimitata (Cass. I, n. 196/1978; Trib. Foggia 13 febbraio 1962). Lo stesso regime vale per gli «altri» soci: ma in questo caso la responsabilità può essere esclusa o limitata da un apposito patto sociale, che è tuttavia opponibile ai terzi solo se portato a loro conoscenza «con mezzi idonei» o se ne hanno avuto comunque conoscenza effettiva (art. 2267 c.c.). Se si tratta di società semplice assoggettata al regime della pubblicità legale, a rendere opponibile il patto basterà l'iscrizione nel registro delle imprese (Campobasso, 83) L'art. 2267 c.c. definisce inoltre la sua responsabilità come «personale». L'individuazione di questo carattere non è pacifica. In alcune decisioni, infatti, la responsabilità del socio è qualificata come responsabilità per debito proprio (Cass. I, n. 196/1978) in altre, come responsabilità per debito altrui (Cass. I, n. 5642/1984). La questione ha assunto rilevanza soprattutto in relazione alla ammissibilità del rilascio di garanzie personali (per lo più di tipo fideiussorio) da parte di soci illimitatamente responsabili in favore di creditori sociali: sul punto v. ora Cass.S.U., n. 3749/1989, che ha composto il contrasto emerso al riguardo nell'ambito della stessa Corte (Cass. I, n. 6810/1988; Campobasso, 88). Collegata al problema della natura, personale o meno, della responsabilità del socio per le obbligazioni sociali è l'ulteriore questione relativa all'efficacia verso i soci del giudicato e del titolo esecutivo ottenuto nei confronti della società. La tesi positiva è accolta da Cass. I, n. 613/2003 (ed, ancora, v. Cass. sez. lav., n. 30441/2017; Cass.. I, n. 1040/2009). Tale orientamento non può dirsi però definitivamente consolidato, in quanto la stessa Corte, traendo argomento dall'art. 1306 c.c., è giunta a conclusioni diametralmente opposte, escludendo che la sentenza resa nei confronti della società possa fare stato «contro» i soci illimitatamente responsabili e traendo da tale assunto argomento per negare al socio medesimo la legittimazione dell'opposizione di terzo nei confronti di una sentenza di condanna pronunciata contro la società (Cass. I, n. 1231/1999; e v. Cass. V, n. 13084/2011; Cass. I, n. 3658/2001). Favorevoli a questo orientamento, tra gli altri, Campobasso, 86, Rordorf, 248; contra, invece, G. Ferri, 190; Satta-Punzi, 387, ma solo limitatamente ai soci nominativamente indicati sul titolo giudiziale. Sempre in argomento i giudici di legittimità hanno puntualizzato: - che il socio di una società in nome collettivo non è legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi o all'esecuzione nei confronti della società, non essendo tenuto ad eseguire ciò cui è obbligata la società, ma dovendo soltanto sopportare le conseguenze dell'inadempimento di questa (Cass. I, n. 5995/1986); - che in caso di sentenza pronunciata nei confronti di un socio di una società in nome collettivo, ma in proprio, la società non può proporre appello, poiché, pur non avendo personalità giuridica, è sempre un centro distinto di interessi dotato di una propria capacità processuale, sicché l'impugnazione risulta proposta da un soggetto non avente legittimazione in quel giudizio (Cass. I, n. 797/1987). A sua volta, si è deciso che, essendo la società di persone un soggetto di diritto distinto dalle persone fisiche dei soci, il titolo esecutivo contro la società non ha efficacia contro il singolo socio (Trib. Vercelli, 23 ottobre 1990). In tema di finanziamenti dei soci di società di persone, la disciplina della postergazione dettata in materia di s.r.l. si applica in via analogica relativamente alla posizione dei soli soci a responsabilità limitata, attesa la permanenza delle esigenze di garanzia dei creditori terzi soddisfatta dalla normativa richiamata; con la conseguenza che i prestiti erogati dai soci accomandanti o dal socio di società semplice limitatamente responsabile ex art. 2267 c.c. sono postergati in sede di liquidazione della società, non rilevando a tal fine neppure la perdita della qualità di socio successiva all'erogazione del prestito (Trib. Santa Maria Capua Vetere, 29 luglio 2015). Segue: c) solidarietà; il patto contrarioI soci sono nei loro reciproci rapporti solidalmente responsabili: Campobasso, 86. Tale vincolo di solidarietà fa sì che il socio che ha pagato può sùbito esercitare il regresso verso gli altri soci, a norma dell'art. 1299, senza dover attendere la liquidazione della società (App. Lecce 16 febbraio 1984, cit.; in argomento, v. Cass. sez. lav., n. 3512/1998, secondo cui, in presenza di un illecito colposo di uno dei due soci di una società di fatto commesso nell'ambito dell'attività stessa costituisce illecito della società, il socio che abbia risarcito interamente il danno ha diritto di regresso nei confronti dell'altro socio). Anche la solidarietà può essere esclusa da un patto contrario rispetto ai soci che non hanno agito in nome e per conto della società. BibliografiaG.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; De Sensi, Adeguati assetti organizzativi e continuità aziendale: profili di responsabilità gestoria, in Riv. soc. 2017, 311; Fassi, L'estensione della nozione di «interesse di gruppo». La Cassazione ribadisce la validità delle conclusioni già raggiunte nei precedenti giurisprudenziali, in Cass. pen. 2017, 1587; G. Ferri, Manuale di diritto commerciale, a cura di Angelici e G.B. Ferri, Torino, 2016; Rordorf, La responsabilità per le obbligazioni sociali, in Soc. 1986, 248; Satta, Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 2014. |