Codice Civile art. 2282 - Ripartizione dell'attivo.

Lorenzo Delli Priscoli
Francesca Rinaldi

Ripartizione dell'attivo.

[I]. Estinti i debiti sociali, l'attivo residuo è destinato al rimborso dei conferimenti. L'eventuale eccedenza è ripartita tra i soci in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni [2265].

[II]. L'ammontare dei conferimenti non aventi per oggetto somme di danaro è determinato secondo la valutazione che ne è stata fatta nel contratto o, in mancanza, secondo il valore che essi avevano nel momento in cui furono eseguiti.

Inquadramento

Posto che nello scioglimento di una società semplice i soci hanno diritto alla ripartizione di somme in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni, solo dopo che, estinti i debiti sociali e destinato il residuo attivo al rimborso dei conferimenti, vi sia ancora una eccedenza attiva da ripartire (Cass. I, n. 511/1970), il socio che voglia ottenere la sua quota sul patrimonio sociale, deve provocare la liquidazione ed attendere i risultati: con la conseguenza che, fino a quando la liquidazione non sia stata compiuta, la sua domanda, diretta ad ottenere il pagamento della quota, deve essere dichiarata improponibile (Cass. I, n. 2099/1970).

Il diritto del socio a partecipare alla distribuzione del residuo attivo del patrimonio sociale, dopo che siano stati pagati i debiti, restituiti i beni ricevuti in godimento e rimborsati i conferimenti, investe tutte le entità patrimoniali ed i profitti della società stessa, ivi compresi, pertanto, quegli incrementi derivanti da migliorie ed opere di trasformazione di beni sociali (Cass. I, n. 5876/1979).

Tuttavia, salvo patto contrario, il socio non può pretendere, in sede di ripartizione degli utili la quota relativa all'avviamento dell'azienda, giacché l'avviamento non è un elemento, ma una qualità dell'azienda e non può perciò essere considerato come avente esistenza separata dall'azienda stessa (Cass. I, n. 242/1955).

Deve altresì evidenziarsi che, in tema di società di fatto, la Cassazione ha affermato che qualora non si sia proceduto alla liquidazione della società, che è soltanto facoltativa, il diritto del socio alla liquidazione della quota si prescrive con decorrenza dalla cessazione dell'attività sociale (Cass. I, n. 7964/2017).

Natura del credito

Il rimborso dei conferimenti ai sensi dell'art. 2282, prima parte, c.c. è eseguito con moneta avente il medesimo valore nominale di quello dell'epoca del conferimento (Cass. I, n. 811/1951)

Prescrizione

Il diritto del socio di una società di persone a partecipare alla distribuzione del residuo attivo del patrimonio sociale, in conseguenza dello scioglimento della società stessa, non può essere fatto valere prima del verificarsi di tale scioglimento, il quale, pertanto, segna il dies a quo per il decorso del relativo termine di prescrizione (Cass. I, n. 5876/1979).

È nullo ai sensi degli artt. 2252 e 1350 n. 9 c.c. il contratto verbale costitutivo di una società ove vi sia stato il conferimento in godimento di beni immobili essenziali al raggiungimento dello scopo sociale. Per effetto della nullità i rapporti tra i soci sono disciplinati dall'art. 2033 c.c., qualora la società non abbia iniziato ad operare. Quando, invece, la società abbia concretamente operato, si deve procedere alla liquidazione dei beni, secondo quanto previsto dagli artt. 22802282 c.c., procedendosi in via preliminare al pagamento dei creditori sociali (Trib. Termini Imerese, 21 maggio 2002).

Conferimento d'opera e servizi

I profili maggiormente controversi nell'analisi del ruolo del capitale sociale nelle società di persone, va indubbiamente annoverato il tema della imputazione a capitale del conferimento d'opera e servizi (d'ora in poi, per brevità, «conferimento d'opera»). Al di là dei dubbi talora sollevati circa la effettiva diffusione della figura del socio d'opera nelle società personali (Weigmann, 51, il quale mette in evidenza le ragioni fiscali che dovrebbero indurre a preferire l'inquadramento del prestatore d'opera come lavoratore subordinato.), il problema della possibilità e/o doverosità della «capitalizzazione» del conferimento in questione (e, nell'affermativa, delle relative forme e condizioni) presenta notevole rilevanza: il problema di fondo è, per un verso, il dilemma tra libertà di iniziativa economica dei soci nella organizzazione del patrimonio stabilmente destinato all'impresa e interessi dei creditori alla «credibilità» del programma stabilito dai soci al riguardo. Per altro verso, si tratta di definire il rapporto tra assegnazione delle pretese sul patrimonio sociale ai soci e tipologia dell'investimento effettuato dagli stessi. La soluzione è indubbiamente difficile. La disciplina delle società di persone presenta dati normativi non univoci sul punto (cfr. artt. 2295, n. 6 e 7; 2282, commi 1 e 2, c.c.), a differenza di quanto si registra nel campo delle società di capitali (il cui sistema prevede espressamente un inderogabile divieto di imputazione a capitale del conferimento, nel caso delle s.p.a. – art. 2342, ult. comma, c.c.; mentre ammette siffatta operazione nelle s.r.l., a condizione che vengano fornite determinate garanzie – art. 2464, comma 6, c.c.). Del resto, l'ampia e risalente discussione che il tema ha generato tra gli interpreti (soprattutto teorici) non è pervenuta a soluzioni diffusamente condivise, e merita comunque di essere aggiornata alla luce sia delle più recenti acquisizioni teoriche in merito al concetto di capitale sociale, sia delle indicazioni che si possono trarre dalla disciplina delle società di capitali come riformata nel 2003 (Campobasso, 78). Il rapporto tra conferimento d'opera e capitale sociale viene correntemente affrontato prendendo le mosse da una concezione unitaria del capitale sociale. In particolare, individuata nel capitale sociale (nominale) una regola di indisponibilità del netto (anche nelle società di persone), e riconosciuta la molteplicità di funzioni della regola in questione, si opta per una concezione del capitale sociale ancorata alla funzione considerata prevalente  in esso; funzione poi alternativamente individuata nella garanzia (indiretta) dei creditori sociali (funzione «vincolistica»), oppure nella organizzazione dell'investimento dei soci (in punto di determinazione dell'utile distribuibile e/o dei diritti sociali: funzione «organizzativa»): Cuomo, 203.

Il socio d'opera, benché non conferisca beni, acquista il diritto agli incrementi societari sia che siano distribuiti come utili sia che siano accumulati nel patrimonio; di conseguenza, al momento della liquidazione della quota sociale il socio d'opera, che non avrà diritto al rimborso del conferimento ex art. 2282 c.c. ha però diritto ex art. 2289 c.c. alla liquidazione in danaro della quota di patrimonio rappresentato dagli incrementi non distribuiti; sul valore della quota liquidata va applicata la sola imposta graduale di registro (Cass. I, n. 5126/1985).

Procedure concorsuali

Al credito (del socio), quando ha natura di versamento integrativo del capitale sociale della società fallita e non di mutuo, va applicata la disposizione dell'art.  2282 c.c., applicabile anche alle società di capitali (art. 2452,2453,2497,2623 n. 2, 2625 c.c.): Cass. I, n. 3363/2000.

Il creditore che vede il suo credito ammesso come chirografo in sede di verificazione dello stato passivo, senza alcuna specifica connotazione che comporti la cosiddetta postergazione, è posto sullo stesso piano degli altri creditori chirografari ed in sede di riparto non potrà che concorrere con questi nella distribuzione dell'attivo residuato al pagamento delle spese e dei crediti di cui ai numeri 1) e 2) dell'art. 111 l. fall. La postergazione costituisce una connotazione del credito, che va accertata in sede di verifica dello stato passivo ed opposta con il ricorso di cui all'art. 100 l. fall. (nella fattispecie, i ricorrenti invocavano l'applicazione al fallimento della norma di cui all'art.  2282 c.c., prevista in tema di liquidazione delle società): Cass. I, n. 3363/2000.

La maggioranza assoluta del capitale, richiesta dall'art. 152, comma 2, legge fall., ai fini della validità della proposta di concordato nella società in nome collettivo, va calcolata con riferimento al capitale sociale costituito dalle quote di partecipazione dei soci, di regola proporzionate ai conferimenti (art. 2263 c.c.) e non al diverso criterio previsto dall'art. 2257, comma 3, c.c. (secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili) ovvero a quello di ripartizione dell'attivo contenuto nell'art.  2282 c.c. (in proporzione della parte di ciascun socio nei guadagni): Cass. I, n. 4669/1990.

Imposta di registro

Ai fini dell'imposta di registro ex art. 27 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, sulla cessione di quota di partecipazione in società in accomandita semplice in cui vi siano conferimenti d'opera, la base imponibile, cioè la parte del patrimonio sociale corrispondente alla quota ceduta, va stabilita tenendo conto di tali conferimenti, in quanto elementi concorrenti alla formazione del patrimonio sociale (art.  2282 c.c.), e procedendo alla relativa valutazione, che non risulti già dal contratto costitutivo della società, alla stregua del criterio ivi previsto di ripartizione degli utili e delle perdite utilizzabile, in virtù dell'art. 2263 c.c. per la determinazione della misura degli apporti dei singoli soci, quando nel contratto sociale sia fissata la ripartizione dei profitti e delle perdite, ma non siano valutati detti importi (Cass. I, n. 650/1982).

Bibliografia

G.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; Cuomo, Conferimento d'opera e capitale sociale nelle società di persone, in Riv. soc. 2017, 203; Weigmann, Capitale, utili e riserve nella società di persone, in Giur. comm. 1986, I, 51.

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